Diritto Tributario

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Accesso alle cartelle di pagamento

Cons. di Stato, sez. IV, sentenza n. 4821 del 26 settembre 2013
Data: 
26/09/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

N. 04821/2013REG.PROV.COLL.

N. 01879/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1879 del 2013, proposto da: 
*******S.R.L., rappresentato e difeso dall'avv. *********, con domicilio eletto presso ********* in Roma, via *********, 114;

contro

Equitalia Sud Spa Già Equitalia Etr Spa, rappresentato e difeso dall'avv. ********, con domicilio eletto presso ******** in Roma, via *******, N.8;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO: SEZIONE I n. 00081/2013, resa tra le parti, concernente silenzio serbato su istanza di accesso alle cartelle esattoriali

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Equitalia Sud Spa Già Equitalia Etr Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 luglio 2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati ******** su delega dell'avvocato ****** e ***** su delega dell'avvocato ***********;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Catanzaro, l’attuale appellante società *******srl in liquidazione, agiva per l’annullamento del silenzio rigetto sulla istanza di accesso ai documenti inoltrata in data 24 aprile 2012 e ricevuta in data 26 aprile 2012, al fine di ottenere copia con relativi referti di notifica, di tutte le cartelle esattoriali emesse nei propri confronti motivando la richiesta in considerazione della notizia, informalmente appresa, della esistenza di svariate cartelle esattoriali emesse nei confronti della Automeccanica Cosentina spa, ora *******srl, pur senza avere mai ricevuto la relativa notifica.

Rispetto a tale richiesta Equitalia rimaneva silente e inerte, con conseguente necessità di attivare il rimedio proposto.

In giudizio resisteva Equitalia, deducendo la tardività del ricorso, perché, risalendo la istanza al 26 aprile 2012, il silenzio rifiuto si sarebbe concretizzato in data 26 maggio 2012, mentre il ricorso è stato notificato in data 26 giugno 2012 e cioè oltre i trenta giorni; deduceva la inammissibilità riguardando la richiesta tutte le cartelle esattoriali emesse; rilevava la inesistenza del diritto di accesso trattandosi di procedimenti tributari.

Il giudice di primo grado, in accoglimento della dedotta eccezione, dichiarava la tardività del ricorso, che avrebbe dovuto essere proposto entro il giorno 25 giugno 2012 (lunedì) mentre era stato proposto il giorno dopo (il 26 giugno 2012).

Avverso tale sentenza viene proposto appello deducendo: 1) in primo luogo la tempestività del ricorso per avvenuta consegna del ricorso all’ufficiale giudiziario della Corte di Appello di Catanzaro in data 25 giugno 2013 e costituendo principio in materia che debba aversi riguardo, ai fini del perfezionamento da parte di chi è onerato, al momento della consegna e non della effettiva notifica (che rileva invece nei confronti del destinatario da tale data); 2) nel merito, la fondatezza della pretesa, dovendosi ritenere che anche l’avvenuto deposito degli estratti di ruolo in giudizio non sarebbe sufficiente a considerare assolti gli obblighi di accesso in favore dell’istante, dovendosi ritenere necessaria la integrale produzione di ciascuna cartella esattoriale con relative notifiche per consentire all’interessato o ricorrente di avere certezza in ordine al complessivo ammontare ed alle relative causali delle pretese tributarie o fiscali a suo nome.

Si costituiva Equitalia deducendo la infondatezza del ricorso, ribadendo la tardività del ricorso originario, la sua inammissibilità per estrema genericità e la sua infondatezza.

Alla camera di consiglio del 30 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato.

E’ errata la pronuncia di prime cure, laddove ha concluso per la tardività del ricorso originario.

Con riguardo alla tardività del ricorso originario, l’art. 116 c.p.a. al primo comma dispone che il ricorso per l’accesso vada proposto mediante notificazione entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio.

Come deduce l’appellante e contrariamente a quanto ha statuito il primo giudice, deve tenersi conto del principio (espresso dal Giudice delle leggi con sentenza n.477 del 2002) secondo cui il momento in cui la notifica deve ritenersi perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui deve ritenersi perfezionata nei confronti del destinatario.

A seguito della sentenza della Corte cost. n. 477 del 26 novembre 2002, le cui statuizioni sono state poi recepite in via legislativa dall'art. 2 comma 1 lett. e), l. 28 dicembre 2005 n. 263, è stato stabilmente introdotto nell'ordinamento giuridico il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, di guisa che per il notificante essa si intende perfezionata al momento della consegna del plico all' ufficiale giudiziario , mentre per il notificatario il perfezionamento si determina solo al prodursi della legale conoscenza dello stesso (tra tante, Consiglio Stato sez. V, 9 marzo 2009, n. 1365).

Sotto tale profilo, quindi, la sentenza è errata e deve accogliersi il primo motivo di appello, essendo il ricorso originario stato proposto entro i trenta giorni dal termine in cui si era formato il silenzio avverso la richiesta di accesso.

In ordine alla richiesta di accesso, ai sensi dell'art. 26, d.P.R. n. 602 del 1973, è fondata l'istanza del contribuente, spiegata nei confronti del concessionario della riscossione (nella specie, a fronte del timore dell'esposizione ad una azione di pignoramento presso terzi), finalizzata ad accedere alle cartelle esattoriali ed alle relative intimazioni, assumendo di non avere mai ricevuto le corrispondenti notifiche.

L’avvenuto deposito degli estratti di ruolo non sarebbe sufficiente a considerare assolti gli obblighi di accesso richiedendosi la integrale produzione di ciascuna cartella esattoriale con relative notifiche per consentire all’interessato odierno appellante di avere certezza in ordine al complessivo ammontare ed alle relative causali delle pretese fiscali o tributarie a suo nome.

Non costituisce giusta ragione del diniego il fatto che si tratti di procedimenti tributari, al fine di escludere il diritto all’accesso, né che la richiesta della *******riguardi ben 55 cartelle di pagamento.

Sebbene l'art. 24, l. n. 241 del 1990 escluda il diritto d' accesso, tra l'altro, nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano, è da ritenere che la detta norma debba essere intesa, secondo una lettura della disposizione costituzionalmente orientata, nel senso che la inaccessibilità agli atti di cui trattasi sia temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento con l'adozione del procedimento definitivo di accertamento dell'imposta dovuta sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo. In ragione di ciò deve riconoscersi il diritto di accesso qualora l'Amministrazione abbia concluso il procedimento, con l'emanazione del provvedimento finale e quindi, in via generale, deve ritenersi sussistente il diritto di accedere agli atti di un procedimento tributario ormai concluso.

D’altra parte, l’interesse del contribuente alla ostensione degli atti che sono posti a presupposto o propedeutici a procedure di riscossione è riconosciuto anche in via legislativa, ponendo precisi obblighi in capo al concessionario alla riscossione.

Ai sensi dell'art. 26 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, "il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso del ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione".

L'art. 26 comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, nel disporre che il concessionario di esattoria deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso di ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione, introduce due obblighi per la Società concessionaria: la conservazione per cinque anni; l'obbligo di esibizione a richiesta del contribuente; conseguentemente, dal momento che la cartella esattoriale costituisce presupposto della iscrizione di ipoteca immobiliare, la richiesta di accesso, ai sensi degli artt. 22 ss., l. n. 241 del 1990, alla cartella è strumentale alla tutela dei diritti del contribuente in tutte le forme consentite dall'ordinamento giuridico ritenute più rispondenti ed opportune; la cartella esattoriale deve essere rilasciata, in copia, dalla società concessionaria al contribuente che abbia proposto, o voglia proporre ricorso avverso atti esecutivi iniziati nei suoi confronti.

La norma introduce due obblighi per la Società concessionaria: la conservazione per cinque anni; l'obbligo di esibizione – quale forma di accesso speciale - a richiesta del contribuente.

Dal momento che la cartella esattoriale costituisce presupposto di procedure esecutive la richiesta di accesso alla cartella è strumentale alla tutela dei diritti del contribuente in tutte le forme consentite dall'ordinamento giuridico ritenute più rispondenti ed opportune essa deve essere rilasciata, in copia, dalla società concessionaria al contribuente che abbia proposto, o voglia proporre ricorso, avverso atti esecutivi iniziati nei suoi confronti.

Ritenere (come vorrebbe la società resistente) diversamente implicherebbe, sostanzialmente, introdurre una limitazione all'esercizio della difesa in giudizio del contribuente, o, in ogni caso, rendere estremamente difficoltosa la tutela giurisdizionale del contribuente che dovrebbe impegnarsi in una defatigante ricerca delle copie delle cartelle.

La detta limitazione colliderebbe con i principi costituzionale che garantiscono la tutela giurisdizionale, e con il principio, di rango costituzionale, di razionalità.

Ciò è sufficiente a sostenere l'azione dell’appellante, il quale, temendo di trovarsi esposto ad una azione di pignoramento da parte del concessionario per la riscossione, ha chiesto di poter accedere alle cartelle esattoriali ed alle relative intimazioni proprio in quanto assume di non avere mai ricevuto le corrispondenti notifiche, aspetto questo che evidenzia in punto di interesse, quale sia la posizione di diritto che il ricorrente possiede in ordine all'accesso medesimo.

Il ricorso in appello è dunque fondato e come tale va accolto, ordinando alla resistente società Equitalia spa di esibire i documenti richiesti dal ricorrente e di rilasciarne copia.

Per le considerazioni che precedono in accoglimento dell’appello e in riforma dell’appellata sentenza il ricorso va accolto, e per l'effetto va ordinato alla appellata società Equitalia di esibire copia delle cartelle e delle relative notifiche all’appellante.

La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto ordina alla appellata società Equitalia di esibire copia delle cartelle e delle relative notifiche all’appellante entro il termine di giorni trenta dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

Condanna la parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in complessivi euro tremila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Nicola Russo, Presidente FF

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

La determinazione delle tariffe Tarsu non ha efficacia retroattiva.

Tar Palermo, sez. I, sentenza del 07 giugno 2013, n. 1280
Data: 
07/06/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza breve

"Ai sensi dell’art. 1, c. 169, l. 296/2006, le tariffe e le aliquote relative alla TARSU deliberate dagli enti locali, anche se approvate successivamente all'inizio dell'anno di esercizio, purché entro entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento; non possono però, operare retroattivamente per l'anno precedente".

 

N. 01280/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00969/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 969 del 2013, proposto da ***** *******, rappresentata e difesa dall’avv. ******, presso il cui studio, sito in Palermo, via *****, n. 24, elettivamente domiciliata;

contro

il Comune di Lercara Friddi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. ******** presso il cui studio, sito in via *******, n. 241, è elettivamente domiciliato;

nei confronti di

Co.In.R.E.S. – Consorzio Intercomunale Rifiuti Energia e Servizi, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento:

- della deliberazione della Giunta Comunale di Lercara Friddi n. 56 del 27/2/2013 avente ad oggetto “Esecuzione sentenza TARS n. 379/2013 – Tariffe TARSU Anno 2012” e dell’allegata tabella A;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione del Comune di Lercara Friddi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2013 il Cons. dott.ssa Federica Cabrini;

Uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

 

Visti gli artt. 55 e 60 c.p.a.;

Accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;

Ritenuto che il ricorso possa essere deciso con sentenza in forma semplificata;

Dato avviso di ciò ai difensori delle parti presenti, come da verbale;

Ritenuto che il ricorso è fondato per come di seguito specificato;

Rilevato che con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione del principio di irretroattività e legalità in quanto la delibera è stata adottata nel 2013, ma è destinata ad operare anche per l’anno 2012;

Ritenuto che la censura è fondata atteso che:

- l’art. 1, c. 169, l. 296/2006 recita: “Gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno”;

- nel caso di specie la delibera è stata adottata in data 27/2/2013 e la data fissata per la deliberazione del bilancio di previsione era il 31 ottobre 2012 (v. art. 29, c. 16 quater, d.l. 216/2011, conv. in l. n. 14/2012 e decreto del Ministro dell’Interno 2/8/12), di talché detta delibera non può operare retroattivamente anche per anno 2012;

Ritenuto irrilevante che la deliberazione n. 56/2013 sia stata adottata “ora per allora” atteso che:

- la precedente delibera era stata adottata da organo incompetente (e per tale motivo è stata annullata dal T.a.r.) di talché non ha prodotto effetti;

- la nuova delibera è stata adottata da organo diverso da quello indicato dal T.a.r. e non costituisce ottemperanza al giudicato e di talché può operare solo per il futuro;

Rilevato che con il secondo motivo di ricorso si lamenta il difetto di motivazione ed istruttoria posto che la delibera impugnata non reca alcuna indicazione delle ragioni sottese al raddoppio della tariffa relativa ai locali adibiti ad uso abitazione, garage, magazzini, nonché agli uffici pubblici, professionali, commerciali, etc.;

Visto il disposto dell’art. 69, c. 2, d.lgs. n. 507/1993 che recita: “Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3”;

Rilevato che effettivamente la delibera impugnata non contiene alcuna motivazione dell’aumento tariffario disposto, né offre a supporto dell’assunto relativo all’aumento dei costi del servizio alcuno degli elementi indicati nella norma citata;

Rilevato che non risulta nemmeno richiamata alcuna relazione del responsabile del servizio da cui sia dato desumere la motivazione di cui trattasi (relazione di per sé ritenuta sufficiente secondo il più recente orientamento della giurisprudenza del C.g.a.);

Ritenuto pertanto che, assorbiti i profili non esaminati, il ricorso debba essere accolto, ancorché solo nei limiti dell’interesse della ricorrente in relazione alla categoria di immobili per la quale ella è tenuta al pagamento dell’imposta;

Ritenuto, quanto al regime delle spese di giudizio, che:

- la ricorrente ha presentato in data 14/5/2013 domanda volta ad ottenere il patrocinio a spese dello Stato;

- l’apposita Commissione non si è ancora riunita al fine di deliberare l’istanza;

- sulla predetta istanza si deve pertanto pronunciare (definitivamente) il Collegio;

- sussistono i presupposti, documentati nella relativa istanza, per la fruizione del gratuito patrocinio, tenuto conto di quanto dispone in proposito l'artt. 76 e 119 del d.P.R. n. 115/2002 e ss.mm. e ii.;

Ritenuto che le spese del giudizio possano compensarsi tra le parti costituite ed essere dichiarate irripetibili nei confronti del Co.In.R.E.S., che non si è opposto al ricorso.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Palermo, Sezione terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la deliberazione della Giunta Comunale di Lercara Friddi n. 56 del 27/2/2013 avente ad oggetto “Esecuzione sentenza TARS n. 379/2013 – Tariffe TARSU Anno 2012” e l’allegata tabella A, nei limiti di interesse della ricorrente.

Ammette la ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

Compensa le spese tra le parti costituite.

Dichiara irripetibili le spese nei confronti del Co.In.R.E.S.

Manda alla Segreteria per inviare, ai sensi dell’art. 99 del D.P.R. n. 115/2002, copia della presente sentenza nonché di tutti gli atti relativi all’istanza di ammissione a gratuito patrocinio, alla Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Palermo – per gli accertamenti fiscali di competenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Filoreto D'Agostino, Presidente

Federica Cabrini, Consigliere, Estensore

Giovanni Tulumello, Consigliere

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

L'estratto di ruolo quale atto interno all'Amministrazione non può formare oggetto di autonoma impugnazione dinnanzi al giudice tributario

C. Cass., sentenza del 15 marzo 2013, n. 6610
Data: 
15/03/2013

 

"L'estratto di ruolo, quale interno all'Amministrazione, non può esser oggetto di autonoma impugnazione davanti al giudice tributario.
In mancanza di notifica dell'atto impositivo, non c'è alcun interesse concreto e attuale ex art. 100 c.p.c.
L'estratto di ruolo, quindi, può esser impugnato soltanto unitamente alla cartella che sia stata notificata. Ciò che è altresì confermato dalla struttura oppositiva del processo tributario, che non ammette preventive azioni di accertamento negativo del tributo"
 
Corte di Cassazione sentenza del 15 marzo 2013, n. 6610
 
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 89/02/07 la Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa - nel contraddittorio coll'Agenzia delle Entrate di Siracusa e con la Concessionaria per la riscossione S. S.p.A. accoglieva il ricorso avverso il Ruolo n. 5201/5202/150009/551/ SSN IRPEF 1992 1993 1994 1996 1998 proposto dal contribuente P. L.. Secondo la CTP il ruolo - della cui esistenza il contribuente sarebbe venuto a conoscenza "casualmente" - era ex art. 19, comma 1, lett. d), d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 tra gli atti autonomamente impugnabili e nella concreta fattispecie da annullarsi poiché la notifica della corrispondente cartella era da ritenersi inesistente in quanto non avvenuta entro i prescritti termini.
Avverso la sentenza della CTP proponeva appello l'Agenzia delle Entrate di Siracusa facendo valere, con unico mezzo, "solo la questione pregiudiziale relativa all'eccezione di inammissibilità del ricorso contro gli estratti del ruolo già sollevata in primo grado". Con sentenza n. 179/07/09 depositata in data 6.7.2009 la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia sez. staccata di Siracusa - in totale riforma della sentenza della CTP - dichiarava l’inammissibilità del ricorso del contribuente P. L. giacché era da "escludersi l'autonoma impugnazione del ruolo". Ruolo che, pertanto, poteva esser impugnato solo unitamente alla cartella ed a seguito della notifica di questa. Contro la sentenza della CTR, P. L. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi. S. S.p.A. resisteva con controricorso.
L'Agenzia delle Entrate non presentava difese. Ricorrente e controricorrente si avvalevano della facoltà di presentare memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivazione
I. Col primo motivo la sentenza era censurata à sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 e 100 c.p.c. e per il che il contribuente P. L. eccepiva il giudicato interno formatosi per non aver l'appellante Agenzia delle Entrate impugnato il capo della prima decisione che aveva statuita la nullità dell'impugnato ruolo per inesistenza della notifica della corrispondente cartella e con la conseguente perdita di interesse processuale dell'Agenzia delle Entrate di Siracusa ad appellare davanti alla CTR e cosicché formulava il quesito: "se configuri o meno violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 e 100 c.p.c. il mancato rilievo, a cura del giudice d'appello, dell'exceptio rei iudicati, prospettata in secondo grado dal contribuente appellato nei termini sopra descritti e della conseguente inammissibilità dell'appello erariale per mancanza di interesse processuale".
Con secondo motivo la sentenza veniva censurata à sensi ancora dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione efalsa applicazione dell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992 da interpretarsi in modo contrario a quello fatto proprio dalla CTR e cioè che lo stesso consenta di impugnare autonomamente il ruolo senza preventiva notifica della cartella e per il che era formulato il quesito: "se costituisca o meno violazione dell'art. 19, comma 1, lett. d) d.lgs. n. 546 del 1992 la statuita inammissibilità del ricorso proposto avverso estratto al ruolo, fondata sulla circostanza che «i ruoli sono atti interni dell'amministrazione che potranno esser impugnati solo con l'impugnazione dell'atto impositivo (di regola cartella esattoriale) attraverso il quale il contribuente assume contezza dell'iscrizione a ruolo".
I due motivi di ricorso, che per la loro stretta connessione debbono andare esaminati congiuntamente, sono infondati.
In effetti, secondo il costante insegnamento di questa Corte, è possibile impugnare il ruolo soltanto a seguito dì notifica di un atto impositivo. E questo per la ragione che, diversamente, mancherebbe un interesse concreto ed attuale ex art.
100 c.p.c. ad impugnare una imposizione che mai è venuta ad esistenza e dappoiché il ruolo è un semplice atto interno all'Amministrazione. Ed è invero per tale motivo che il processo tributario ha semplice struttura oppositiva di manifestazioni di volontà fiscali "esternate" al contribuente, senza cioè che possa farsi luogo a preventive azioni di accertamento negativo del tributo (Cass. n. 1630 del 2008; Cass. n. 23619 del 2006). Deve poi esser fatto osservare come la questione della possibilità o no di impugnare in via autonoma il ruolo, presenta natura preliminare di merito e quindi assorbente ogni altra. E colla conseguenza che, avendo la CTR accolto la impugnazione statuendo la non autonoma impugnazione del ruolo in assenza di notifica della cartella, l'eventuale giudicato interno formatosi sulla circostanza della inesistenza o della mancanza di notifica della cartella è irrilevante. Difatti, la declaratoria di inammissibilità della impugnazione del solo ruolo per mancanza di interesse processuale ex art. 100 c.p.c., prescinde dalla circostanza che la cartella sia stata o meno notificata o sia stata notificata in modo inesistente. 
Ex art. 384, comma 1, c.p.c. i principi da enunciarsi son perciò quelli appresso:
1. "L'estratto di ruolo, che è atto interno all'Amministrazione, non può esser oggetto di autonoma impugnazione davanti al giudice tributario. E questo perché, senza notifica di un atto impositivo, non c'è alcun interesse concreto e attuale ex art. 100 c.p.c. a radicare una lite tributaria. L'estratto di ruolo, quindi, può esser impugnato soltanto unitamente alla cartella che sia stata notificata. Ciò che è altresì confermato dalla struttura oppositiva del processo tributario, che non ammette preventive azioni di accertamento negativo del tributo".
2. "La questione della possibilità o no di impugnare in via autonoma l'estratto ruolo, presenta natura preliminare di merito assorbente ogni altra. Cosicché, nel caso in cui la CTR abbia accolto la impugnazione statuendo la non autonoma impugnazione dell'estratto di ruolo, l'eventuale giudicato interno formatosi sulla circostanza della inesistenza o della mancanza di notifica della cartella è da ritenersi irrilevante in quanto non preclusivo della statuizione in parola".
II. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso, condanna il contribuente P. L. a rimborsare alla resistente S. S.p.A. le spese processuali che si liquidano in € 2.025,00 per compensi ed oltre a € 200,00 per esborsi ed oltre ad accessori di legge.

Relata in bianco? La notifica della cartella è nulla, non inesistente

C. Cass., sentenza del 15 marzo 2013, n. 6613
Data: 
15/03/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

 

 
REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE TRIBUTARIA 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
Dott. GRECO Antonio - Presidente - 
Dott. SAMBITO Maria G.C. - rel. Consigliere - 
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere - 
Dott. CIGNA Mario - Consigliere - 
Dott. PERRINO Angelina Maria - Consigliere - 
ha pronunciato la seguente: 
sentenza 
sul ricorso 4871-2008 proposto da: 
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che 
lo rappresenta e difende ope legis; 
- ricorrente - 
 
contro 
(…) SNC in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ************ 11, presso lo studio dell'avvocato SINIBALDI MICHELE, rappresentato e difeso dall'avvocato ****** giusta delega a margine; 
- controricorrente - 
e contro 
(…) SPA; 
 
- intimato - avverso la sentenza n. 100/2006 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO, depositata il 22/12/2006; 
 
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/11/2012 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO; 
udito per il ricorrente l'Avvocato LA GRECA, che ha chiesto l'accoglimento; 
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso 
per l'accoglimento del ricorso. 
 
Svolgimento del processo 
La CTR della Sicilia, con sentenza n. 100/24/06 depositata il 22.12.2006, ha confermato la statuizione d'annullamento della cartella di pagamento relativa ad IVA e sanzioni del 2000, emessa - a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione mod. Unico 2001 - nei confronti della (…)S.n.c. di (…), perché "pervenuta senza relata di notifica e senza data e, quindi, non notificata per come previsto dal secondo comma dell'art. 149 c.p.c.". 
Per la cassazione di tale sentenza, propone ricorso l'Agenzia delle Entrate, cui resiste la contribuente con controricorso. 
Motivi della decisione
Motivazione semplificata ai sensi del DP del 22.12.2010. 
Disattesa l'eccezione d'inammissibilità del ricorso, che è stato consegnato per la notifica il 6.2.2008, ultimo giorno utile in riferimento al termine lungo (un anno e quarantasei giorni) dal 22.12.2006, data di deposito della sentenza; con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia deduce violazione e falsa applicazione 
del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, artt. 137, 149 e 156 c.p.c., sottoponendo, in conclusione, il seguente quesito "dica codesta SC se incorra nella violazione delle norme in rubrica il giudice del merito che, in una fattispecie di notifica della cartella esattoriale effettuata a mezzo posta ex art. 149 c.p.c., pervenuta con relata di notifica in bianco ritenga detta notifica inesistente e non già nulla, con conseguente inapplicabilità del principio del raggiungimento dello scopo". Il motivo è fondato. Premesso che è incontroverso che il piego contenente la cartella esattoriale è stato recapitato alla contribuente (che riconosce che l'atto, non notificato vite, le era "pervenuto") questa Corte intende dare continuità al principio (Cass. n. 2272 del 2011, SU n. 19854 del 2004) - che può estendersi al caso, qui rilevante, di cartella di pagamento emessa del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis - secondo cui la natura sostanziale e non processuale dell'avviso di accertamento tributario non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l'applicazione, per l'avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l'applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l'effetto di sanare la nullità della notificazione dell'avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 c.p.c.. Nella specie, la circostanza che la relata non sia stata compilata non da luogo ad inesistenza della notifica - che si verifica quando il relativo tentativo sia avvenuto in luogo e con modalità tali che non sussista alcun collegamento con il destinatario - ma a nullità, che è stata sanata con la proposizione del ricorso da parte della destinataria stessa. 
L'accoglimento del motivo comporta la cassazione della sentenza con rinvio, per l'esame delle ulteriori questioni dedotte, al giudice d'appello che provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio  di legittimità. 
P.Q.M. 
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Sicilia, anche, per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. 
 
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2012. 
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2013

Tarsu : la mera variazione delle aliquote tariffarie dei tributi locali non rientra nella competenza del consiglio comunale.

CGA, sentenza del 11 marzo 2013, n. 325
Data: 
11/03/2013

 

 

 

1. La mera variazione della tariffa TARSU, a fronte del variare dei costi, è in realtà un atto praticamente vincolato e scevro di quei momenti di discrezionalità che sono invece insiti nella regolamentazione generale del tributo e nella disciplina generale della tariffa (ad es. individuazione di ca-tegorie di soggetti obbligati, fissazione di esenzioni o agevolazioni etc.) espressamente riservata al Consiglio.

Per questa ragione questo Consiglio di Giustizia in sede sia giurisdizionale che consultiva si è da tempo orientato nel senso che la revisione delle aliquote dei tributi locali è da considerare atto sostanzialmente gestionale – applicativo, rientrante in una disciplina di dettaglio, e quindi non riconducibile tra gli atti di regolamentazione generale del tributo.

2. In Sicilia spetta al sindaco – salvo diversa previsione statutaria – la competenza a disporre le variazioni delle aliquote dei tributi comunali

 

N.  325/13   Reg.Sent.

 

N.     505      Reg.Ric.

 

ANNO  2012

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

            Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso in appello n. 505/2012 proposto da

COMUNE DI SCIACCA,

in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. xxxxxxx ed elettivamente domiciliato in Palermo, via xxxxxxxx n. 19, presso lo studio dell’avv. xxxxxxxxxxx;

c o n t r o

xxxxx,xxxxx,xxxxxx,xxxxx,xxxxxxx,xxxx, rappresentati e difesidall’avv. xxxxxxxxx ed elettivamente domiciliati in Palermo, corso xxxxxxxxx n. 74, presso l’avv. xxxxxxxx;

e nei confronti di

SOGEIR ATO AGI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,

ASSESSORATO REGIONALE DELLE AUTONOMIE LOCALI E DELLA FUNZIONE PUBBLICA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difesodall’Avvocatura dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via Alcide De Gasperi n. 81, è per legge domiciliato;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sede di Palermo (sez. I) - n. 950 dell’11 maggio 2012.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati e dell’assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 9 gennaio 2013 il Consigliere Vincenzo Neri;

Uditi, altresì, l’avv. A. Serra per il comune appellante, l’avv. A. Scaduto per gli appellati e l’avv. dello Stato Tutino per l’assessorato intimato;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con deliberazione n. 66 del 2010 il sindaco del comune di Sciacca ha disposto l’aumento, nella misura del 35% rispetto al 2009, delle tariffe della tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani – TARSU per l’anno 2010.

Tale deliberazione è stata impugnata avanti al T.A.R. Palermo dagli odierni appellati e, con la sentenza in epigrafe indicata, l’adito Tribunale ha accolto il ricorso ed ha annullato la delibera sindacale di variazione delle aliquote.

A sostegno del decisum il Tribunale ha osservato che la variazione della tariffa TARSU rientra nelle competenze del Consiglio comunale.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esa-me dal soccombente comune di Sciacca, il quale ne ha chiesto l’annul-lamento previa sospensione dell’esecutività.

Si sono costituiti gli appellati, instando per il rigetto dell’appel-lo; si è costituito altresì l’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica chiedendo che fosse dichiarata la sua “estraneità” al rapporto controverso e comunque insistendo per l’inammissi-bilità o l’infondatezza del ricorso.

Con ordinanza n. 414 del 2012 questo Consiglio ha accolto l’istanza cautelare.

Le parti hanno presentato memorie, insistendo nelle già rassegnate conclusioni.

All’udienza del 9 gennaio 2013 l’appello è stato trattenuto in decisione.

D I R I T T O

Su espressa eccezione avanzata con memoria del 23 ottobre 2012, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso nei confronti dell’Assessorato regionale delle autonomie locali e funzione pubblica per difetto di legittimazione passiva non risultando impugnato alcun atto adottato dalla predetta amministrazione regionale.

Nel merito l’appello del comune – tendente a dimostrare la competenza del sindaco di Sciacca per l’adozione dell’atto di variazione della tariffa – è fondato. Questo Consiglio, infatti, si è già pronunciato su vicenda analoga ritenendo che la mera variazione delle aliquote tariffarie dei tributi locali non rientra nella competenza del consiglio comunale.

Le pregevoli argomentazioni avanzate dagli appellati, dunque, a sostegno della decisione del TAR devono quindi essere respinte (senza necessità di rimettere la questione all’adunanza plenaria, così come richiesto dagli appellati a pagina 11 del controricorso) alla luce di quanto, con ampia motivazione, è già stato affermato dalla altra sentenza di questo CGA: “… nella Regione Siciliana, dotata di competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, ai sensi dell’art. 13 l.r. n. 7 del 1992 come integrato dall'art. 41 l.r. n. 26 del 1993, il sindaco compie tutti gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo statuto non siano specificamente attribuiti alla competenza di altri organi del comune, degli organi di decentramento, del segretario e dei dirigenti.

Pertanto, la competenza c.d. residuale – che nell’ordinamento nazionale è attribuita alla giunta comunale dall’art. 48 T.U. n. 267 del 2000 – spetta in Sicilia al sindaco.

Inoltre, sul piano delle fonti, è ormai assodato che l'art. 1 della l.r. n. 48 del 1991, nel richiamare le norme della legge nazionale n. 142 del 1990, ha operato un rinvio recettizio e statico e non già formale e dinamico, sicché l'ordinamento regionale non subisce automatiche modifiche per l'intervento (o, specularmente, per l’eliminazione) di norme statali” (cfr. C.G.A. n. 403 del 2010).

Il che comporta in concreto – ma sul punto si ritornerà – l’inap-plicabilità diretta in Sicilia delle norme generali del T.U.E.L. di cui al citato D. l.vo n. 267 del 2000.

Ciò chiarito, l’art. 32 comma 2 della ridetta legge n. 142 del 1990 (oggi ancora in vigore in Sicilia per come appunto recepita dalla l.r. n. 48 del 1991) stabilisce che il consiglio comunale ha competenza limitatamente a “l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi”… omissis … Secondo la sentenza impugnata – che richiama il conforme orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con le sentenze n. 16870 del 2003 e n. 23836 del 2009 – la misura di un tributo costituisce elemento essenziale e qualificante dello stesso, inserendosi nella definizione degli elementi strutturali dell’obbligazione di imposta e quindi nella sua regolamentazione generale.

A ciò deve aggiungersi, secondo il T.A.R., che nel caso della TARSU o della omologa T.I.A. la legislazione tributaria nazionale non fissa (come avviene invece per altri tributi locali) una aliquota massima e minima e quindi una forbice all’interno della quale le amministrazioni locali possono in concreto scegliere l’aliquota da applicare, ma demanda invece al comune di approvare una tariffa svincolata da limiti preordinati: sarebbe quindi improprio sottrarre al consiglio quale organo rappresentativo la possibilità di incidere in modo così ampiamente discrezionale sul potere impositivo dell’ente.

Le argomentazioni ora sinteticamente riprodotte non sono, a giudizio di questo Collegio, condivisibili.

Per quanto riguarda la latitudine della potestà impositiva, giova in primo luogo ricordare che in generale l’art. 61 del D. L.vo n. 507 del 1993 impone la copertura tariffaria di almeno il 50% (in alcuni casi il 70%) del costo del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e che in Sicilia l’art. 4 della l.r. n. 9 del 2010 impone la copertura integrale dei costi connessi all’espletamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti in ambito comunale.

Quindi – nonostante l’autorevolezza dei precedenti giurisprudenziali valorizzati dal T.A.R. – ritiene il Collegio che la mera variazione della tariffa TARSU, a fronte del variare dei costi, sia in realtà un atto praticamente vincolato e scevro di quei momenti di discrezionalità che sono invece insiti nella regolamentazione generale del tributo e nella disciplina generale della tariffa (ad es. individuazione di ca-tegorie di soggetti obbligati, fissazione di esenzioni o agevolazioni etc.) espressamente riservata al Consiglio.

Per questa ragione questo Consiglio di Giustizia in sede sia giurisdizionale che consultiva si è da tempo orientato nel senso che la revisione delle aliquote dei tributi locali è da considerare atto sostanzialmente gestionale – applicativo, rientrante in una disciplina di dettaglio, e quindi non riconducibile tra gli atti di regolamentazione generale del tributo (cfr. CGA decisione n. 420 del 2006 e parere n. 101 del 2006).

In analoga ottica del resto la prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva già da tempo chiarito che la variazione di aliquote non rientra nella categoria degli atti fondamentali concernenti l’istituzione e l’ordinamento del tributo, o la disciplina generale della tariffa, che restano demandati al consiglio comunale (V sez. n. 424 del 1997, n. 14912 del 2002 e n. 2782 del 2003).

Secondo questo Collegio l’indirizzo giurisprudenziale, ora richiamato merita di essere confermato, per le ragioni di tipo sistematico e testuale, ora esposte.

Nè infine risulta condivisibile l’argomento interpretativo “a contrario” che la sentenza impugnata trae dalla normativa contenuta nell’art. 42 comma 2 lettera f) del T.U. n. 267 del 2000.

Come è noto, la disposizione in questione ricalca pedissequamente quella contenuta nell’art. 32 della legge n. 142 ma – aggiungendovi un inciso – esclude espressamente dalle competenze del consiglio in materia di tributi locali la “determinazione delle relative aliquote”.

Secondo il T.A.R. tale espressa esclusione, pur non direttamente applicabile in Sicilia per mancato recepimento del TUEL, dimostra la volontà del Legislatore di innovare il vecchio art. 32 della legge n. 142 del 1990 (tuttora in vigore in Sicilia) nella parte in cui demanda al consiglio comunale la determinazione delle aliquote.

A giudizio di questo Collegio tale tesi interpretativa non può essere condivisa per ragioni sistematiche.

In tal senso va sottolineato che, come evidenziato dalla Corte costituzionale, la delega per il nuovo testo unico sull’ordinamento de-gli enti locali, conferita al Governo con l’art. 31 della legge n. 265 del 1999, consentiva al legislatore delegato solo il coordinamento – per quanto sostanziale e ad ampio raggio – delle disposizioni legislative vigenti, esclusa quindi ogni innovazione (Corte cost. n. 220 del 2003).

Come altresì osservato dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato, la funzione assegnata al TUEL è in sostanza pur sempre quella di facilitare l’applicazione delle leggi preesistenti, evitando duplicazioni, prendendo atto di abrogazioni anche tacite, valorizzando univoche soluzioni interpretative divenute diritto vivente, senza innovare alla loro sostanza, operazione, questa, che deve passare attraverso il vaglio e la decisione del Parlamento attraverso gli strumenti legislativi diretti ed indiretti (A.G. parere n. 87 del 2000).

Da quanto precede consegue che alla nuova norma non può attribuirsi carattere novativo, risultando essa piuttosto indirizzata a formalizzare in via ricognitiva gli approdi interpretativi (il diritto vivente) ai quali era in precedenza già pervenuta la maggioritaria giurisprudenza amministrativa in ordine alla vexata quaestio ora in esame.

“Sulla base delle considerazioni che precedono resta quindi confermato che in Sicilia spetta al sindaco – salvo diversa previsione statutaria – la competenza a disporre le variazioni delle aliquote dei tributi comunali …” (C.G.A., 27 novembre 2012 n. 1046).

Venendo al caso di specie l’articolo 12 dello Statuto del comune di Sciacca assegna al consiglio comunale la competenza a determinare “l’indirizzo politico e amministrativo su tutte le attività del Comune, nelle forme previste dal presente statuto e dalla legge esercitando il relativo controllo” nonché la competenza ad adottare “tutti gli atti fondamentali di propria competenza”; manca quindi nello statuto una attribuzione di competenza nel senso auspicato dagli appellati. Analogamente l’articolo 26 nessuna attribuzione specifica (in relazione alla fattispecie sottoposta all’attenzione del collegio) riserva alla giunta comunale. Conseguentemente, per le ragioni prima esposte, la competenza deve essere individuata in capo al sindaco anche in ragione del chiaro disposto dell’articolo 24, comma 3, dello Statuto nella parte in cui assegna al sindaco la competenza “su tutte le altre materie, che per legge o per statuto non siano attribuite alla competenza di altri organi”.

Né, in senso diverso, può avere valore il richiamo all’articolo 68 dello Statuto (secondo quanto argomentato a pagina 9 del controricorso) poiché, a giudizio del Consiglio, la locuzione “L’ordinamento della finanza locale è riservato alla legge” non può determinare uno spostamento delle attribuzioni rispetto a quanto prima detto.

Sempre a giudizio del Consiglio non sussiste neppure il paventato dubbio di illegittimità costituzionale dell’articolo 13 l.r. cit per contrarietà all’articolo 23 Costituzione perché il principio della riserva di legge (relativa) previsto per le prestazioni patrimoniali e personali concerne il rapporto tra la legge e gli atti a questa subordinati ma non riguarda l’aspetto concernente il riparto di competenze tra i diversi organi di un unico ente rimanendo, peraltro, esclusa la possibilità di avanzare un parallelismo tra Parlamento, consiglio regionale e consiglio comunale; inoltre per le ragioni prima indicate non vi è un difetto di chiarezza e tassatività (pure alla luce di quanto previsto dallo Statuto del contribuente) nella norma regionale che, anzi, proprio per evitare qualunque dubbio prevede un criterio di carattere generale-resi-duale.

Infine anche la documentazione prodotta in data 29 novembre 2012 dagli appellati non è utile sia perché nuova ai sensi dell’articolo 104, comma 2, c.p.a. sia perché relativa ad atti ormai superati dalle previsioni statutarie del 2008.

Conclusivamente l’appello del comune di Sciacca va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado avverso la determinazione sindacale n. 66/2010.

Ogni altro motivo od eccezione può essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese dei due gradi di giudizio sono compensate, vista la complessità delle questioni trattate.

P. Q. M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato

- accoglie l’appello proposto dal comune di Sciacca e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado avverso la determinazione sindacale n. 66/2010;

- dichiara inammissibile il ricorso nei confronti dell’Assessorato regionale delle autonomie locali.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo il 9 gennaio 2013 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori: Paolo Turco, Presidente, Antonino Anastasi, Vincenzo Neri, estensore, Giuseppe Mineo, Alessandro Corbino.

F.to Paolo Turco, Presidente

F.to Giuseppe Mineo, Estensore

Depositata in Segreteria

11 marzo 2013

Legittima la notifica della cartella di pagamento effettuata direttamente dal concessionario della riscossione

C. Cass. civ., sentenza del 17 gennaio 2013, n. 1091
Data: 
17/01/2013

 

CASSAZIONE N. 1091 DEL 17 GENNAIO 2013

Svolgimento del processo

******** proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di ***********, chiedendo dichiararsi la nullità di cartella emessa nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 36 bis del d.p.r. n. 600/1973 e dell'art. 54 bis del d.p.r. n. 633/1972, per complessivi euro 89.359,33 per mancato versamento IRAP ed IVA e relative sanzioni con riferimento all'anno di imposta 1993. In subordine, chiedeva la riduzione delle sanzioni applicate.

Nel giudizio si costituivano, contestando la fondatezza del ricorso l'Agenzia delle entrate e l' ************ s.p.a.

La contribuente, con memoria Integrativa, affermava di avere presentato, per l'anno in esame, istanza di condono tombale ai sensi della legge n. 289/2002, e, chiedeva, consequenzialmente, di dichiarare l'estinzione della sanzioni amministrative ex art. 9 della legge citata.

La C.T.P. rigettava il ricorso.

Con sentenza n. 19/40/06, depositata il 17.3.2006, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, rigettati tutti gli ulteriori motivi di appello proposti dalla contribuente, accoglieva il motivo relativo agli effetti della presentazione dell'istanza di condono e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarava dovute le imposte iscritte a ruolo con esclusione delle sole sanzioni mandando all'Ufficio per la liquidazione.

In particolare, per quello che qui interessa i Giudici di appello ritenevano:

- validamente effettuata, ai sensi dell'art. 21 d.p.r. n. 602/73, la notificazione della cartella;

- che il ruolo oggetto di causa, reso esecutivo il 28.12.2001, non rientrava tra quelli contemplati dall'art. 25 comma 3 quater del d.l. n. 472/97 che riguardava i ruoli resi esecutivi entro il 31.12.2000;

- che l'eventuale “mancata richiesta di chiarimenti”, dedotta come effettuata dall'Ufficio, era stata, comunque, colmata dall'indicazione riportata nella cartella impugnata la quale aveva messo in condizione la contribuente di potere eventualmente fruire delle riduzioni, di un terzo;

- applicabile alla fattispecie, in ordine all'eccepita decadenza dall'attività di notificazione, la legge n. 136/05 ai sensi della cui disciplina transitoria la cartella di pagamento doveva essere notificata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (e ciò per le dichiarazioni presentate entro il 31.12.2001), onde nella specie la notificazione (avvenuta, il 18.4.2003) della cartella (riferentesi alla dichiarazione del 1999) era tempestiva;

- la legittimità delle sanzioni irrogate nella misura del 30%;

- l'atto impugnato adeguatamente motivato ed infondati tutti gli altri vizi eccepiti dalla contribuente;

- l'estinzione delle sanzioni quale effetto premiale della semplice presentazione del condono ai sensi dell'art. 9 della legge 289/2002. Avverso detta sentenza, con atto notificato il 7.5.2007, proponeva ricorso, affidato ad unico motivo, l'Agenzia delle Entrate cui resisteva con controricorso.

Quest'ultima, con autonomo atto notificato il 30.4.2007, proponeva ricorso per la cassazione della stessa sentenza, affidato a tre motivi.

Resisteva ********* s.p.a. con controricorso o successiva memoria depositata ex art. 378 c.p.c.

Il Ministero dell'Economia e delle finanze e l'Agenzia delle Entrate non svolgevano attività difensiva.

Motivi della decisione

1. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

1.1 II ricorso della, previamente notificato è da considerarsi ricorso principale, mentre quello dell'Agenzia delle Entrate assume la veste di ricorso incidentale, seppur depositato per primo (22.6.07), dovendosi ribadire il principio che l'impugnazione proposta per prima assume caratteri ed effetti d'impugnazione principale e determina la costituzione del procedimento, nel quale debbono confluire, con natura ed effetti d'impugnazione incidentale, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza dalle altre parti soccombenti, con la conseguenza che il ricorso per cassazione, validamente ed autonomamente proposto dopo che altro ricorse sia stato già notificato ad iniziativa della controparte si converte, riunito in questo, in ricorso incidentale sempre che siano stati rispettati i termini.

3. Procedendo, quindi, all'esame del ricorso principale proposto da (…), con il primo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., si censura il capo della sentenza impugnata con cui era stata ritenuta valida la notificazione della cartella esattoriale in quanto realizzata nel pieno rispetto dell'art. 26 d.p.r. n. 602/73, costituente disciplina speciale e derogatoria della legge n. 890/92.

In particolare, secondo la prospettazione difensiva la notificazione della cartella, mancando la relata di notificazione, sarebbe inesistente e, quindi, insuscettibile di sanatoria anche a seguito della costituzione in giudizio del contribuente.

2.1. Il motivo è infondato.

La cartella esattoriale può essere notificata, ex art. 26 del d.p.r. 29.9.1973 n. 602, anche direttamente da parte del Concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso, secondo la disciplina degli art. 32 e 39 del d.m. 9.4.2001 è sufficiente, per il relativo perfezionamento che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz'altro adempimento ad opera dell'Ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza oltre che sull'avviso di ricevimento da restituire al mittente; ne consegue che se, manchino nell'avviso di ricevimento da restituire al mittente le generalità della persona cui l'atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come illeggibile, l'atto è pur sempre valido poiché la relazione tra la persona cui esse è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell'Ufficio postale, assistito dall'efficacia probatoria di cui all'art. 2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento della raccomandata (Cass. 27.5.2011 n. 11708).

3. Con il secondo motivo, proposto sempre ai sensi dell'art. 360, 1 comma n. 3 c.p.c., si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 3, 4, 5, o 6 della legge n. 241 del 1990 e 7 e 17 della legge n. 212 del 2000 e 19 del d. Igs. n. 546/1992 in punto di carenza di adeguata motivazione, omessa indicazione del funzionario responsabile, mancata allegazione degli atti citaci, omessa indicazione dell'autorità cui presentare il ricorso, violazione degli artt. 25 e 480 c.p.c. in punto di omessa sottoscrizione della cartella di pagamento.

3.1. Il motivo è inammissibile.

Il quesito di diritto che segue, ex art. 366 bis c.p.c., l'illustrazione del mezzo non è, infatti, conforme alle prescrizioni di legge, dovendo essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione sia del tutto inidonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo, sia perchè risolventesi in una tautologia o in un interrogativo circolare, sia perchè insufficiente a chiarire l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (cfr. Corte Cass. SU. 30.10.2008 n. 26020; id. SU 2.12.2008 n. 28536; id. sez. lav. 25.3.2009 n. 7197 id. TTT sez. 25.5.2010 n. 12712).

3.2 Nella specie, il quesito, nella sua formulazione generica e limitata, alla riproduzione del contenuto del precetto di legge, è inidoneo ad assumere rilevanza ai fini della decisione del corrispondente motivo mentre la norma impone al ricorrente di indicare l'orrore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie. (cfr. S.U. 9.7.2008 n. 18759 cit.).

4. Infine, con il terzo motivo, si deduce, ai sensi dell'art. 360 n.3 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione a falsa applicazione degli artt. 6 della legge 212/2000, art. 36 bis del d.p.r. n. 600 del 1973, ed art. 54 del d.p.r. n. 600 del 1973 e 54 del d.p.r. n. 633 del 1972.

4.1 II motivo è infondato dovendosi dare continuità al principio reiteratamente statuite da questa Corte secondo cui in tema di imposte sui redditi è legittima la cartella di pagamento che non sia preceduta dalla comunicazione dell'esito della liquidazione, prevista dal comma 3 dell' art. 36 bis del d.p.r. 29.9.1973 n. 600 sia perchè tale comunicazione, avendo la funzione di evitare, al contribuente la reiterazione di errori o di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali è un adempimento rivolto esclusivamente ad orientare il comportamento futuro dell'interessato ed esula, quindi, dall'ambito dell'esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti dall'emittenda cartella di pagamento (Cass. n. 26361/2010; Cass. n. 8342/2011; Cass. n. 8342/2012).

4.2. Per altro verso, il motivo è, comunque, inconducente laddove nessuna censura viene sollevata avverso l'accertamento in fatto compiuto dai Giudici di appello secondo cui la denunciata mancanza di comunicazione sarebbe, comunque, stata sanata dal contenuto della cartella impugnata od, in particolare, dall'avvertimento, in essa contenuto, della possibilità di avvalersi della riduzione di un terzo delle sanzioni.

5. Con l'unico motivo di ricorso “incidentale”, articolato ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., l'Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 9 e 9 bis della legge 289/2002. Secondo la prospettazione difensiva, la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto che il perfezionamento del condono previsto dall'art. 9 della legge n. 289/2002 da parte della contribuente avesse comportato l'estinzione delle sanzioni irrogate e ciò in quanto, secondo detta norma, la procedura di condono non era ammessa per i debiti fiscali che sorgono a seguito dei controlli automatici, quali quelli effettuati nella specie, ai sensi dell'art. 36 bis e 54 bis.

Il motivo è inammissibile siccome inconferente con il decisum. Ed invero, con tale mezzo la ricorrente si limita ad eccepire la violazione degli artt. 9 e 9 bis della legge n. 289 del 2002, senza, però, nulla dedurre in ordine all'affermazione contenuta nella sentenza impugnata di avvenuto perfezionamento, nella specie, della proceduta di condono. A fronte di tale accertamento compiuto dal Giudice dei merito, non colpito da specifico mezzo di impugnazione, consegue l'irrilevanza delle questioni sollevate nel motivo, in quanto superare dagli acclarati regolarità e perfezionamento della procedura di condono. In conclusione, i ricorsi, proposti dalla contribuente e dall'Agenzia delle Entrate vanno rigettati. La reciproca soccombenza induce a compensare integralmente tra le parti le spese del grado.

PQM

Riuniti i ricorsi r.g n.132/07 e r.g. n.12862/07, li rigetta entrambi.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Sull'opposizione avverso le intimazioni di pagamento in materia contributiva

Tribunale Catania, sez. lavoro, sentenza del 10 ottobre 2012, n. 3940
Data: 
12/10/2012

 

Tribunale Catania - Lavoro Sentenza 3940 del 10.10.2012


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
II Giudice del lavoro, dott.ssa Claudia Cottini, all'udienza del 10 ottobre 2012, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, ha emesso, dandone integrale lettura, la seguente
SENTENZA EX ART. 429 C.P.C.
nella causa di previdenza iscritta al n. 13526/2011 R.G. promossa da P. S. (avv. Orazio Esposito), contro I.N.P.S. (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale), anche quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A., (avv. A. D. M.), e SERIT SICILIA S.P.A. (avv. A. S.), avente ad oggetto: opposizione avverso intimazione di pagamento n. 293 2011 ______, notificata in data 8 novembre 2011, con cui veniva richiesto il pagamento della complessiva somma di euro 5595,83, in relazione alla cartella di pagamento n. 293 2002 ______, notificata in data 19/3/2003, dell'importo di 4438,91, relativa a omesso versamento di contributi IVs e somme aggiuntive, di competenza degli anni 1995, 1996, 2000 e 2001.

Motivazione

Premesso il contenuto degli atti introduttivi e dei verbali di causa, da intendersi in questa sede integralmente richiamato, ritiene iI decidente che la domanda proposta vada accolta per le seguenti ragioni.
Vero è che la cartella esattoriale oggetto di opposizione, contrariamente a quanto asserito in ricorso, il 19/3/2003, è stata regolarmente notificata nei confronti del contribuente a mani proprie, come si evince dalla relata di notifica prodotta in giudizio dalla Serit Sicilia spa.
Tuttavia osserva il decidente che l'intangibilità del credito che segue alla mancata opposizione del ruolo nel termine dei 40 giorni previsto, a pena di decadenza, dall'art. 24 d.lgs n. 46/99 non preclude la possibilità di far valere con l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. eventuali fatti estintivi (come nella specie la prescrizione) del credito controverso formatisi successivamente a tale momento.
L'opposizione, in tal cAso, non essendo nell'art. 615 c.p.c. fissato alcun termine finale, è sempre proponibile fino all'esaurimento della procedura esecutiva.

L'eccezione di prescrizione sollevata da parte opponente è dunque in questi termini senz'altro tempestiva e va quindi esaminata nel merito.
In proposito, occorre prima di tutto porsi la questione se, una volta divenuto non più contestabile il credito contributivo, per mancanza di tempestiva opposizione ai sensi del d.lgs. 46/99, la successiva azione esecutiva sia sempre soggetta al termine di prescrizione quinquennale previsto dalla legge 335/95, ovvero a quello decennale previsto dall'art. 2953 c.c.
A tal riguardo ben può farsi riferimento ai principi sanciti dalla Suprema Corte con la pronuncia n.12263 del 25.5.2007, che, sebbene riferiti alle cd. Ingiunzioni fiscali, possono essere utilmente richiamati anche nella fattispecie concreta.
In particolare, la predetta sentenza, rilevato che l'ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo che cumula in sè le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, ha ritenuto che "la decorrenza del termine per l'opposizione, pur determinando la decadenza dall'impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l'effetto sostanziale dell'irretrattibilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente inapplicabilità dell'art. 2953 cod. civ. ai fini della prescrizione".
Alla stessa conclusione (inapplicabilità dell'art. 2953 cod. civ, ai fini della prescrizione) deve dunque pervenirsi mutatis mutandis anche nell'ipotesi in esame, dal momento che neppure ai ruoli formati dagli enti pubblici previdenziali per la riscossione dei crediti contributivi ed alle conseguenti cartelle esattoriali può assegnarsi natura giurisdizionale: la mancata opposizione nel termine rende definitivo e non più contestabile il credito dell'ente previdenziale, ma non comporta gli effetti di natura processuale riservati ai provvedimenti giurisdizionali e, quindi, l'idoneità al giudicato.
Necessario corollario è che l'azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non opposto ai sensi dell'art. 24 comma 5 del digs. 46/99 è soggetta non al termine decennale di prescrizione dell'actio iudicati previsto dall'art. 2953 c.c., bensi al termine proprio della riscossione dei contributi e, quindi, nel case di specie, al termine quinquennale introdotte dalla legge335/1995, neppure ravvisandosi alcuna novazione del credito, come, invece, dedotto dall'ente previdenziale.

Nella fattispecie, atteso che tra la data della notifica della cartella esattoriale concernente i contributi in questione, cioè il 19/3/2003, e la data della notifica della successiva intimazione di pagamento (8/11/2011) sono trascorsi più di cinque anni, è da ritenere che la prescrizione quinquennale è senz'altro già maturata, in assenza della prova di atti interruttivi intermedi (la difesa della Serit ha infatti genericamente dedotto l'esistenza di atti interruttivi, senza però darne prova in giudizio, essendo, peraltro, incorso nella decadenza dalla produzione di document ex articolo 416 c.p.c. in conseguenza della tardiva costituzione).
Pertanto, alla luce di quanto fin qui esposto, vanno dichiarati prescritti i crediti previdenziali in questione ed illegittima la loro iscrizione a ruolo.
Va, in conseguenza, annullata la cartella di pagamento opposta e la successiva intimazione di pagamento.
Le spese seguono la soccombenza e, per l'effetto, la Serit Sicilia (incaricata della fase di riscossione del credito) va condannata alla refusione delle spese sostenute dalla parte opponente, liquidate e distratte come da dispositivo.
Sussistono giusti motivi - attese le ragioni della decisione - per dichiarare compensate le spese di lite tra l'opponente e I'INPS.

PQM

definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, dichiara illegittima l'iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali riportati nella intimazione di pagamento impugnata, e, per l'effetto, annulla la detta intimazione e la sottostante cartella di pagamento n. 293 2002______, notificata in data 19/3/2003.
Condanna la Serit Sicilia s.p.a al pagamento, in favore della opponente, delle spese di giudizio, che liquida in complessivi 850,00, oltre a c.p.a. E i.v.a. come per legge, disponendone la distrazione a favore dell'avvocato Orazio Esposito che ne ha fatto richiesta ai sensi dell'93 c.p.c.
Compensa le spese tra l'opponente e I'INPS.
Catania, 10 ottobre 2012
IL GIUDICE DEL LAVORO
Dott.ssa Claudia Cottini
Depositato in cancelleria oggi 10 ottobre 2012

Le nuove prove in appello

CTR sez. staccata di Catania, sez. 34, n. 302/34/12
Data: 
19/07/2012
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI PALERMO SEZ. STACCATA DI CATANIA SEZIONE 34
riunita con l'intervento dei signori:
Arezzo Domenico – presidente e relatore -
Berretta Tommaso – Giudice -
Failla Carmelo – Giudice -
ha emesso la seguente 
SENTENZA


sull'appello n.3385/10 depositato il 7/06/2010
- avverso la sentenza n.303/08/2009 emessa dalla Commissione Tributatia provinciale di Catania
Contro: Agente di Riscossione Catania Serit Sicilia Spa

Svolgimento del processo

Il Sig. ______ ha proposto ricorso avverso la iscrizione ipotecaria n. 7___5 del 12-5-2008, effettuata dalla SERIT SICILIA spa in virtù della cartelle esattoriali nn.___, ____, _____, ____ eccependo per tutte la mancata notificazione, ed inoltre la prescrizione per le prime due e la nullità per la mancata indicazione del responsabile del procedimento per le ultime due. L'Agente per la riscossione è rimasto contumace.
La Commissione Tributaria provinciale di Catania ha accolto parzialmente il ricorso dichiarando la prescrizione in ordine alle prime due cartelle e rigettando la eccezione di nuIlità sollevata per le altre due.
Contro questa decisione ha proposto appello _____, affidandosi ad un unico motivo di censura. La appellata si è costituita in appello ed ha chiesto il rigetto dell'appello e comunque, in ordine alla nullità delle notifiche il proprio difetto di legittimazione passiva e la rimessione alla Commissione Tributaria provinciale, per la integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, a suo dire, litisconsorte necessaria. Ha anche prodotto, in appello, n. 4 estratti di ruolo con relative matrici.
All'udienza dell'1-3-2012 la causa è stata posta in decisione.

Motivazione

L'appello è fondato.
1. Con l'unico motivo d'appello si censura la sentenza per il difetto di motivazione, su un punto
decisivo della controversia, e cioè sulla mancanza assoluta di notificazione delle cartelle in forza
delle quali è stato operata la iscrizione ipotecaria contestata.
Ed in effetti la impugnata decisione nulla dice in merito, mentre col ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente aveva chiaramente sollevato la eccezione quale primo e preliminare motivo. Ciò costituisce un chiaro difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia.
Non resta a questo Giudice che sopperire alla mancanza.
A questo rilievo l'Agente per la riscossione, rimasto contumace, non ha opposto nulla, per cui la Commissione Tributaria provinciale avrebbe dovuto, preso atto della mancata contestazione, accogliere il ricorso in via preliminare proprio per questo motivo.
A nulla rileva che solo in sede di appello l'Agente per la riscossione ha prodotto gli estratti di ruolo, con relative matrici.
Anzitutto perchè questa produzione è tardiva ed inammissibile.
L'art. 58 D.Lgs. 546/92 mentre vieta le nuove prove in appello, ammette la produzione di nuovi documenti. Si deve quindi distinguere tra queste due ipotesi previste dalla legge, atteso che i documenti sono comunque delle prove. Ed allora, in armonia anche con la ratio, oltre che con la lettera, delle disposizioni normative, la produzione documentale non deve avere valenza di prova (Cassazione civile, sez. trib., 11/11/2011 n.23590). Ne consegue che, nel caso in esame, la produzione si deve ritenere non consentita in quanto l'appello ha proprio dedotto la mancanza di notifica delle cartelle prodromiche alla iscrizione ipotecaria.
Tale interpretazione è confortata anche dal rilievo, di non trascurabile importanza, che, opinando diversamente per una libera ed assoluta facoltà di produzione documentale, verrebbero violati i principi di lealtà processuale e verrebbe compresso il diritto alla difesa, in quanto la parte avversa non potrebbe, per il divieto di cui all'art. 32 D.Lgs. 546/92, dedurre motivi aggiuntivi, ammessi solo in primo grado, e non in grado d'appello. E conseguentemente l'appellato perderebbe un grado di giudizio, per negligenza o per slealtà processuale dell'avversario. Senza dire che la interpretazione non restrittiva appare confliggente con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, tenuto conto che l'Agente per la riscossione avrebbe potuto costituirsi in primo grado ed in quella sede contraddire ai rilievi del ricorrente.
In ogni caso infine, anehe a voler ritenere ammissibile la contestata produzione documentale, i documenti offerti non appaiono decisivi per un efficace contrasto alla eccezione di mancanza di notifica, atteso che gli estratti di ruolo e le relative matrici non sono documenti opponibili al contribuente, perchè provenienti dalla parte che se ne intende avvalere.
In assenza di notifica delle cartelle la iscrizione ipotecaria è illegittima. 

2. Quanto al dedotto difetto di legittimazione passiva basta rilevare che nella disciplina della riscossione delle imposte la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza dell'interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito, a pena di decadenza della pretesa tributaria.
Ancorchè la notifica della cartella di pagamento è indubbiamente un atto del concessionario, titolare dell'azione di accertamento è anche l'Erario, che, nei confronti del contribuente è interlocutore legittimato a stare in giudizio. Nel caso di omessa o tardiva notifica quindi, se destinatario dell'impugnazione è l'Agente della riscossione, e questi non voglia rispondere dell'esito della lite, ha l' onere di chiamare in giudizio l'Agenzia delle Entrate, atteso che non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (Cassazione civile, sez. un, 25/07/2007, n.16412 Cassazione Civile, sez. trib., 11/01/2008, n. 476 - Cassazione civile, sez. trib., 30/06/2009, n. 15310).
Le responsabilità del concessionario restano una questione interna nei rapporti tra questi e l'Ente impositore, nei confronti del quale il primo dovrà rispondere dei danni provocati dalla di lui imperizia o negligenza. Rapporti cui resta tuttavia estraneo il contribuente.
Nella specie non vi è dubbio che la responsabilità della mancata notifica delle cartelle va posta in capo al concessionario per la riscossione; ma in ordine alle conseguenze di tale responsabilità questo Giudice non ha giurisdizione; ad eccezione dei rapporti interni a questo procedimento, che tuttavia vede parte del giudizio, oltre all'appellante, solamente il Concessionario per la riscossione.
Ogni altra questione resta assorbita.
Le spese seguono la soccombenza, comprese, pur in mancanza di specifica richiesta, quelle di primo grado (Cassazione civile, sez. II, 07/12/1999, n.13724)

PQM

accoglie l'apello proposto da ____ avverso la sentenza della Commissione Tributaria provinciale di Catania n.303/08/09 dep. il 22-4-2009, ed in riforma della stessa annulla le cartelle nn. _____, ____, ______ e _____, e dichiara illegittima la iscrizione ipotecaria n. ___ del 12-5-2008, disponendone la cancellazione. Condanna la Serit Sicilia Spa al rifondere a ______ le spese di entrambi i gradi del giudizio che liquida in € 2.500,00 quanto al primo grado e in € 2.200,00 quanto a questo grado, oltre IVA e cassa di previdenza se dovuti.
Catania, 1-3-2012
Depositata in segreteria il 19.07.2012

La produzione in appello delle relate di notifica delle cartelle costituisce una mera difesa, per cui non si applica il divieto di cui all'art. 57 D.Lgs. n. 546/1999

C. Cass., sez. VI, ordinanza del 25 giugno 2012, n. 10567
Data: 
25/06/2012
Tipo di Provvedimento: 
ordinanza

 

Corte di Cassazione 

Sezione VI

Svolgimento del processo

La controversia promossa da (..) contro Equitalia Gerit s.p.a. è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dalla Equitalia contro la sentenza della C.T.P. di …… n. 244/65/2008 che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’iscrizione ipot. n. …… per Irpef, Iva e Irap relative agli anni 2000-2002.

Il ricorso proposto si articola in unico motivo.

Nessuna attività difensiva ha svolto l’intimato.

Il relatore ha depositato relazione ex art. 380-bis c.p.c..

Il presidente ha fissato l’udienza del 24/5/2012 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio.

Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Motivi della decisione

La ricorrente censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione del DLgs. n. 546 del 1992, artt. 57, sostenendo l’erroneità del rigetto dell’appello sul presupposto che l’Equitalia, non costituita in prime cure, nel dedurre e comprovare in appello la ritualità delle notifiche delle cartelle di pagamento, avesse proposta una eccezione nuova, come tale inammissibile.

Il ricorso è fondato in quanto, da un canto, nel giudizio tributario è ammessa la produzione in appello di nuovi documenti (Cass. n. 3611 del 2006) e, dall’altro, la produzione in appello, come nel caso di specie, delle cartelle notificate (e delle quali era contestata dal contribuente l’avvenuta notifica) costituisce una mera difesa consentita alla parte rimasta contumace in prime cure, concernendo il divieto di cui al DLgs. n. 546 del 1992, art. 57, solo le eccezioni in senso stretto (Sez. 5^, Sentenza n. 12008 del 2011; Cass. n. 14020 del 2007).

Consegue, da quanto sopra, la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto ed il rinvio, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR del Lazio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR del Lazio.

Sull'opposizione al ruolo in materia contributiva e sulla legittimazione passiva del concessionario del servizio di riscossione

Tribunale Catania, sez. lavoro, sentenza del 15 giugno 2012, n. 2922
Data: 
15/06/2012

 

Tribunale Catania - Lavoro Sentenza 2922 del 15.06.2012

SENTENZA EX ART. 281 – sexies c.p.c.
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI CATANIA SEZIONE LAVORO


in composizione monocratica, nella persona del Magistrato ordinario Dott. Mario Fiorentino, in funzione di Giudice del Lavoro, nella causa civile iscritta al n. 3254/2009 R.G.L, avente ad oggetto opposizione al ruolo ex art. 24 D. lgs. 46/1999 , promossa da B. E. (con l'avv. V.P.), contro INPS e SCCI (con l'Avv.to R. V.), nonché contro SERIT (con l'Avv.to C. I.), dà lettura della seguente sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., che costituisce parte integrante del verbale di udienza al quale viene allegata.

Motivazione

Con l'odierno ricorso, depositato il 20.4.2009, parte attrice ha promosso opposizione avverso i ruoli di cui alle cartelle esattoriali numeri 293___ e 293___, per asserito omesso versamento di contributi previdenziali relativi agli anni 1998 e 2001, presuntivamente notificate il 29.3.2004, di cui è stato chiesto il pagamento anche con intimazioni notificate il 24.3.2009 (v. ricorso, pag. 2).
Deduce l'omessa notifica delle cartelle esattoriali e l'intervenuta prescrizione del credito.
Si sono costituite I'INPS e la SCCI le quali hanno chiesto il rigetto del ricorso.
Si è costituita tardivamente SERIT eccependo l'inammissibilità dell'opposizione, in quanto proposta oltre il termine di cui all'art. 24 quinto comma, del d.lgs. 46/199, visto che le cartelle esattoriali sono state notificate il 29.3.2004, come da relazioni di notificazione prodotte.
Preliminarmente, va qualificata l'azione svolta dal ricorrente.
In generale, va osservato come, in ordine ai motivi che attengono al merito della pretesa contributiva (contestazioni sull'an e sul quantum, eventi estintivi, impeditivi o modificativi del credito: ad es., prescrizione ex lege 335/1995, riduzioni per sgravi ed agevolazioni in genere; eventi che incidono sull'esigibilità: ad es., rimessioni in termini per eventi sismici, etc: eventi che impediscono l'iscrizione al ruolo, impugnazione di verbale di accertamento antecedente l'iscrizione al ruolo non ancora rigettata in primo grado, etc.), l'opposizione va qualificata come opposizione all'iscrizione a ruolo.
In ordine ai motivi che riguardano il difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo (ad es. inesistenza giuridica della cartella, sospensione del ruolo da parte del giudice del lavoro, fatti estintivi della pretesa successivi alla notifica della cartella di pagamento), l'opposizione va qualificata come opposizione all'esecuzione ex art. 29 d.lgs. 46/99.
In ordine ai motivi che attengano alla regolarità formale del titolo esecutivo, dell'intimazione di pagamento e degli atti propedeutici all'esecuzione forzata (nullità della cartella o dell'intimazione per omessa motivazione, violazioni del c.d. Statuo del contribuente, omessa notifica della cartella, nullità o inesistenza della notifica della cartella o dell'intimazione di pagamento, notifica della cartella di pagamento oltre il termine fissato a pena di decadenza dall'art. 25 del D.P.R. 602/1973, etc.), l'azione va qualificata come opposizione agli atti esecutivi ex art. 29 d.lgs. 46/1999.

Nel caso di specie, l'opposizione essendo incentrata su motivi che attengono al merito della pretesa contributiva (in particolare, l'opponente lamenta l'avvenuta prescrizione del credito in epoca anteriore alla notifica della cartella esattoriale, che assume omessa, mentre non deduce nessun motivo che attenga al difetto originario o sopravvenuto del titolo), deve essere qualificata come opposizione al ruolo.
Il termine per proporre l'opposizione, per motivi che attengono al merito della pretesa contributiva, è sancito dall'art. 24 del decreto legislativo 26 febbraio 1999 n.46 ai sensi del quale "contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore"
Tale termine decorre non dalla notifica dell'avviso di pagamento, ma dalla notifica della cartella di pagamento,.
Trattasi di termine avente, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, natura perentoria, essendo finalizzato a determinare nel tempo la facoltà del debitore di proporre opposizione e consentire, in tempi brevi, la costituzione di un titolo definitivo a favore dell'ente creditore.
La scadenza del termine per l'opposizione ha pertanto l'effetto preclusivo non soltanto con riferimento alla censura dei vizi formali della cartella, ma anche con riguardo alla possibilità di contestare nel merito la sussistenza del credito contributivo.
Pertanto, deve ritenersi inammissibile la richiesta della parte che, non avendo presentato opposizione alla cartella esattoriale, proponga, dopo la scadenza del termine dei quaranta giorni, un'azione di accertamento negativo del credito contributivo (Corte di Appello di Torino 4 novembre 2004 n.1406; Trib. Parma, 19 novembre 2004; Trib. Milano 7 marzo 2003).
Nè appare impugnabile l'intimazione di pagamento di cui all'art. 50 del D.P.R. 29 settembre 1973 n.602 (ai sensi del quale "Il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento. 2. Se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni. 3. L'avviso di cui al comma 2 è redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e perde efficacia trascorsi centottanta giorni dalla data della notifica").
Ed infatti, "In tema di riscossione di contributi previdenziali il titolo esecutivo è costituito dalla cartella esattoriale di pagamento, con la conseguenza che, in caso di omessa opposizione o di opposizione tardiva contro la stessa, diventa definitivo l'accertamento del credito contributivo in essa contenuto" (Trib. Caltanissetta, 23 novembre del 2004).
Ed invero, l'intimazione di pagamento di cui all'art. 50, comma 2, del DPR 29 settembre 1973 n. 602, che ha sostituito il cd. Avviso di mora, previsto dalla precedente normativa, non è un atto autonomo e, pertanto, contro lo stesso non possano sollevarsi contestazioni o pretese relative all'accertamento contenuto nel titolo esecutivo, costituto dalla cartella esattoriale, ma lo stesso può essere impugnato soltanto per vizi propri (come, ad esempio, vizi della notifica, non conformità al modello ministeriale previsto dal 3° comma dello stesso articolo 50 e simili, in tal senso Trib. Caltanissetta cit.).
Il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi va desunto dall'art. 617 c.p.c. (che attualmente prevede il termine perentorio di 20 giorni), atteso che, ai sensi dell'art. 29 decreto legislativo 26 febbraio 1999 n.46, "le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie".
Come in tutti i casi di opposizione soggetta a termini perentori (si veda in tema di opposizione al decreto ingiuntiv l'art. 641 c.p.c., allo stato passivo exc art. 98 l.fall., all'ordinanza ingiunzione ex lege 689/1981, agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.), è onere della parte che propone l'opposizione dimostrare l'avvenuto rispetto del termine perentorio, indipendentemente dall'eventuale eccezione della parte resistente, in quanto l'esame sul rispetto dei termini spetta esclusivamente al giudice, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, è la decadenza dal potere di proporre l'opposizione è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Parte opponente è dunque onerata dal dovere di rendere conoscibile al giudice la data della notifica dell'atto avverso il quale presenta l'opposizone
(si vedano sul punto Trib. Agrigento, 29/11/1995; Tribunale di Milano, 25/9/1995, Corte Appello Firenze 24/4/1994; Cass. 2898/93).
Or, nel caso di specie, le cartelle esattoriali impugnate, come emerge dalla documentazione prodotta dalla Serit, che va acquisita ai sensi dell'art. 421 c.p.c. (in quanto assolutamente necessaria ai fini della decisione della causa, gravando peraltro sul ricorrente l'onere della prova in ordine alla tempestività dell'opposizione), sono state ritualmente notificate il 29.3.2004, mentre l'impugnazione del ruolo è avvenuto con il deposito dell'odierno ricorso, il 20.4.2009, dunque oltre il termine di legge di quaranta giorni. Le intimazioni di pagamento sono state peraltro notificate, per stessa ammissione di parte ricorrente, il 24.3.2009, prima dunque del decorso del termine quinquennale dalla data di notifica delle cartelle.
L'opposizione si rivela pertanto inammissibile, in quanto proposta oltre il termine perentorio di 40 giorni previsto per l'opposizione per motivi di merito ex art.24 d.lgs. 46 cit., e oltre il termine di 20 giorni per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi, ex artt 617 c.p.c. E 29 d.lgs. 46 cit.
Nè, per quanto premesso, risulta ammissibile un'azione di accertamento negativo del debito.
Ciò premesso, essendo divenuta definitiva per mancata opposizione la cartella esattoriale cui si riferisce l'intimazione di pagamento opposta, l'odierno ricorrente non può sollevare alcuna contestazione sulla esistenza del credito vantato dall'inps, divenuto inoppugnabile per quanto sopra detto e non può riproporre, in questa sede, la questione dell'asserita non debenza dei contributi in contestazione, che è una questione di merito, che poteva essere dedotta solo in sede di opposizione alla cartella esattoriale, che nella specie, come si è detto, è stata omessa.
Per i motivi sopra esposti, l'opposizione al ruolo va dichiarata inammissibile.
In ordine all'opposizione al ruolo, va infine dichiarato il difetto di legittimazione passivo di SERIT.
Ed infatti, in caso di opposizione per motivi di merito, detta legittimazione spetta esclusivamente all'ente impositore, in quanto la società concessionaria del servizio di riscossione è titolare unicamente dell'azione esecutiva.
Ai sensi dell'art. 24 quinto comma, del d.lgs. 46/1999, come modificato dall'art. 4, d.l. 24 settembre 2002, n.209, conv. con modificazioni, in l. 22 novembre 2005, n.265, "contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore".
L'esclusione della qualità di litisconsorte necessario del concessionario è sata ripetutamente affermata dalla Suprema Corte anche sotto la vigenza del testo originario dell'art. 24 cit. La Corte ha in tal senso evidenziato che "secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nel giudizio di opposizione proposta ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 avverso la cartella esattoriale notificata dall'istituto di credito concessionario per la riscossione di contributi previdenziali pretesi dall'INPS, la legittimazione passiva spetta unicamente a quest'ultimo ente, quale titolare della relativa potestà sanzionatoria, mentre la notifica nei confronti del concessionario – prevista dall'art. 24 cit., convertito in L. n.265 del 2002) – svolge solo la funzione di una denunziatio litis (cfr., da ultimo, Cass. n.11746 del 2004; n. 11274 del 2007; cfr. altresì, Cass., S.U., n. 16412 del 2007, ove – con riferimento al processo tributario – la precisazione dell'inesistenza di un litisconsorzio necessario anche in caso di opposizione fondata su vizi procedurali dell'atto di esazione e rivolta al solo ente impositore); tale denuntiatio, deve aggiungersi, si riferisce al concessionario che ha notificato la cartella, e non anche all'eventuale nuovo concessionario subentrato nel servizio, il quale è del tutto estraneo anche rispetto al rapporto di esazione, salvi gli effetti di cui all'art. 111 c.p.c. derivanti dal trasferimento della concessione (cfr. Cass. n.13458 del 2000; n.2735 del 2004)" (Cass., civ. Sez. lav., 12 maggio 2008 n.11687).
Deve pertanto escludersi che il concessionario possa essere legittimato passivo dell'opposizione, relativamente alle contestazioni che attengono al merito della pretesa contributiva.
Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. E sono liquidate equitativamente come in dispositivo nei confronti dell'INPS.
Possono compensarsi nei confronti della Serit, attesa la tardiva costituzione di quest'ultima.

PQM

Il Tribunale di Catania, in funzione di Giudice del Lavoro, disattesa ogni ulteriore domanda, eccezione e difesa, nel procedimento in epigrafe indicato, così statuisce:
DICHIARA inammissibile l'opposizione a tuolo e agli atti esecutivi;
DICHIARA il difetto di legittimazione passiva di Serit con riguardo all'opposizione al ruolo;
CONDANNA l'opponente al pagamento delle spese processuali, in favore di INPS-SCCI, che si liquidano in complessivi € 500 oltre iva e cpa se dovute come per legge;
COMPENSA le spese nei confronti della SERIT;
Così deciso e pubblicato in Catania 15 giugno 2012
Il Giudice
Dott. Mario Fiorentino