Pubblico Impiego, Scuola e SanitĂ 

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Pubblico impiego e giurisdizione del g.a.

Tar Catania, sez. II, sentenza n. 2394 del 2 ottobre 2013
Data: 
02/10/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza breve

 

"Ai fini delle giurisdizione, tuttavia, è del tutto irrilevante la provenienza dell’atto relativo al rapporto di lavoro controverso, dovendo verificarsi esclusivamente se esso concerna obiettivamente la gestione del rapporto, il quale, come sancito dall’art. 2, secondo e terzo comma, d.lgs. n. 165/2001, è disciplinato contrattualmente e dalle fonti di diritto privato"

 

N. 02394/2013 REG.PROV.COLL.

 

N. 02049/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2049 del 2013, proposto da: 
****************, rappresentato e difeso dall’Avv. ***********, con domicilio presso la Segreteria del Tar di Catania, in Catania, Via Milano 42/a; 

contro

Comune di Trecastagni, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. **********, con domicilio presso lo stesso, in Catania, Via *********** 145; 

per l’annullamento

della deliberazione n. 114 in data 17 maggio 2013 della Giunta Municipale di Trecastagni.

 

 

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Trecastagni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2013 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a..;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

 

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente è Ispettore Capo di Polizia Municipale presso il Comune di Trecastagni e con determina sindacale n. 28 del 2 novembre 2011 è stato distaccato, con decorrenza dall’1 dicembre 2011, presso il Settore Tributi e Commercio.

Ritenendo di aver comunque diritto, sebbene distaccato presso il Settore Tributi e Commercio, alla corresponsione dell’indennità di partecipazione al piano di miglioramento dei servizi di Polizia Municipale per il mese di dicembre 2011 e per l’anno 2012, il ricorrente ha proposto ricorso avverso il Comune di Trecastagni innanzi alla Sezione Lavoro del Tribunale di Catania.

Con deliberazione n. 114 del 17 maggio 2013 la Giunta Municipale di Trecastagni ha preso atto della cessata partecipazione del ricorrente al piano di miglioramento dei servizi di Polizia Municipale con decorrenza dall’1 gennaio 2013.

Con il presente gravame il ricorrente ha impugnato tale atto innanzi a questo Tribunale.

Il Comune di Trecastagni si è costituito in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso (anche per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo) e sollecitando in subordine il suo rigetto nel merito.

Nella camera di consiglio del 25 settembre 2013, sentiti i difensori delle parti, come indicato in verbale, anche in merito alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è manifestamente inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, di talché può essere definito con sentenza ai sensi dell’art. 60 c.p.a., essendo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima sua notificazione, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.

Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto, ai sensi dell’art. 63, primo comma, d.lgs. n. 165/2001, sono devolute al giudice ordinario, salve le eccezioni contemplate dalla medesima disposizione e dal successivo quarto comma, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, secondo comma, del decreto stesso.

Nell’odierna camera di consiglio il difensore del ricorrente ha rappresentato al Collegio di aver proposto ricorso innanzi a questo Tribunale in quanto l’atto impugnato promana dalla Giunta Municipale.

Ai fini delle giurisdizione, tuttavia, è del tutto irrilevante la provenienza dell’atto relativo al rapporto di lavoro controverso, dovendo verificarsi esclusivamente se esso concerna obiettivamente la gestione del rapporto, il quale, come sancito dall’art. 2, secondo e terzo comma, d.lgs. n. 165/2001, è disciplinato contrattualmente e dalle fonti di diritto privato ivi indicate.

Né può ritenersi che nella specie si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 2, primo comma, d.lgs. n. 165/2001, in quanto la delibera impugnata non costituisce un cosiddetto atto “macro-organizzativo” (non concernendo la fissazione delle “linee fondamentali di organizzazione degli uffici”, l’individuazione “degli uffici di maggiore rilevanza” e dei “modi di conferimento della titolarità” dei medesimi o la determinazione delle “dotazioni organiche complessive”).

Va indicato il giudice ordinario quale giudice munito di giurisdizione, innanzi al quale il processo potrà essere riproposto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11, secondo comma, c.p.a..

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: 1) lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ed indica il giudice ordinario quale giudice munito di giurisdizione; 2) compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Salvatore Veneziano, Presidente

Daniele Burzichelli, Consigliere, Estensore

Diego Spampinato, Primo Referendario

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sul regime di assunzione negli atenei: misure di contenimento della spesa e L. n. 240/2010

Tar Catania, sez. III, sentenza del 16 maggio 2013, n. 1404
Data: 
16/05/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

 

 

N. 01404/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01637/2012 REG.RIC.

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Catania/Sezione%203/2012/201201637/Provvedimenti/stemma.jpg

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1637 del 2012, proposto da *********, rappresentata e difesa dagli avv.ti ***************, ********* e *************, con domicilio eletto presso quest'ultimo, in Catania, via *************, 37;

contro

Università degli Studi di Catania, in persona del Rettore legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento,

previa sospensione,

"della nota del 30 aprile 2012 prot. n. 33742 di protocollo, con cui il Rettore dell'Università degli Studi di Catania ha denegato alla ricorrente la nomina a professore universitario di II fascia per il settore scientifico-disciplinare IUS/07-Diritto del lavoro presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Catania, con la conseguente immissione nel relativo ruolo, nonché di ogni altro atto e/o provvedimento, antecedente o successivo, comunque presupposto, connesso o consequenziale, anche di natura istruttoria (ivi espressamente compresi, ove occorra e nelle parti d’interesse: a) le delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, rispettivamente del 21 febbraio 2011 numero 116 e del 25 febbraio 2011 numero 181, nella parte in cui il Rettore ritiene che non si debba procedere alla chiamata di docenti risultati idonei a seguito di procedure di valutazione comparativa bandite dall’Università Kore di Enna, qualora detta Università non proceda alla chiamata di alcuno degli idonei; b) le delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, rispettivamente del 26 aprile 2011 numero 180 e del 28 aprile 2011 numero 298; c) il decreto rettorale del 30 dicembre 2011; d) le delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, rispettivamente del 13 febbraio 2012 numero 84 e 86 e del 17 febbraio 2012 numero 176 e 177; e) la delibera del Senato Accademico del 15 marzo 2012 numero 111 e la consequenziale delibera del Consiglio di Amministrazione non conosciuta);

"NONCHE’

"- per il conseguente riconoscimento del diritto della Professoressa Cinzia ********* alla nomina a professore universitario di II fascia per il settore scientifico-disciplinare IUS/07 - Diritto del lavoro presso la Facoltà di Economia (oggi, Dipartimento Economia e Impresa) dell’Università degli Studi di Catania, con la conseguente immissione nel relativo ruolo, con decorrenza dall’8 settembre 2011;

"- ed in ogni caso, per il riconoscimento del diritto della ricorrente al risarcimento per equivalente dei danni diretti e indiretti, anche morali, subiti e subendi a causa dei provvedimenti impugnati, nella misura che sarà meglio specificata in corso di causa o in quella che (il) Tribunale riterrà equa, derivanti tra l’altro dalla perdita economica per la mancata e comunque ritardata nomina a professore associato a partire dall’8 settembre 2011, dalla lesione della sua immagine professionale e dalla mancata progressione nella sua carriera universitaria".

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Catania;

Visti gli atti acquisiti con ordinanza presidenziale istruttoria n. 8300/2012;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2013 il dott. Calogero Ferlisi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

--- 1. Col ricorso in epigrafe la Dott.ssa *********, espone che dal 2005 è ricercatore di ruolo a tempo indeterminato nel settore scientifico disciplinare IUS/07 - Diritto del lavoro presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Catania e che, altresì, è risultata idonea (con giudizio positivo unanime della Commissione) nella procedura di valutazione comparativa indetta nel 2008 dall‘Università Kore di Enna, Facoltà di Giurisprudenza, per la copertura di un posto di professore universitario di seconda fascia nel medesimo settore disciplinare IUS/07 - Diritto del lavoro.

Poiché l'Università Kore di Enna non procedeva alla nomina, nei termini all'uopo prestabiliti (60 gg. dall'approvazione degli atti della relativa procedura), la ********* faceva istanza, in data 9.6.2011, ex art. 5 D.P.R. 117/2000 per essere "chiamata" dalla Facoltà di Economia dell'Università di Catania, "dove tuttora sussistono carenze di docenti nelle discipline del settore scientifico disciplinare del diritto del lavoro" (così a pag. 4 del ricorso).

--- 2. Il Consiglio della Facoltà di Economia, in data 8.9.2011, proponeva formalmente “all’unanimità agli organi di autogoverno dell’ateneo la nomina …” la nomina della ricorrente, rilevando per un verso “.. .la carenza di docenti nella nostra Facoltà e nelle discipline del settore IUS/07...” e per altro verso la corrispondenza del “...profilo accademico e scientifico della candidata idonea, dott.ssa Cinzia ********* …., alle esigenze didattico-scientifiche della ns. Facoltà relativamente al settore scientifico-disciplinare IUS/07- Diritto del lavoro...”.

A tale favorevole determinazione, tuttavia, non seguiva alcun ulteriore atto, tanto che l'interessata, con atto del 27.3.2012, diffidava formalmente l'Università "… a dare corso alla deliberazione del Consiglio di Facoltà …".

--- 3. Col decreto indicato in epigrafe il Rettore ha respinto la domanda in argomento sulla base di varie considerazioni tra cui:

- la necessità della sottoposizione dell'istanza di chiamata alla "previa deliberazione degli organi accademici";

- l’introduzione del limite delle assunzioni al "… 50% della spesa relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente" ed "alla destinazione vincolata dei punti organico disponibili" per assunzione di personale;

- l'applicazione per l’anno accademico 2010/2011 dei criteri o di priorità di chiamata per gli "idonei in valutazioni comparative bandite dall’ateneo" di Catania;

- l'assenza di disponibilità di punti organico per l’anno 2011;

- l'assenza di disponibilità per l'anno 2011-2012 di chiamata da altri atenei avendo l'ateneo catanese " … superato, alla data del 31.12.2011, il limite di cui all’articolo 51, comma 4, della legge 27.12.1997, n. 449 (rapporto tra assegni fissi e fondo di finanziamento ordinario pari al 90%), secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 1, primo periodo, della legge 9.1.2009, n. 1".

- l'intervenuta emanazione, con D.R. 1231 del 4.4.2012, del "Regolamento per la procedura di chiamata dei professori ai sensi dell’art. 18 della L. 240/2010", che, nel contesto della riforma universitaria, non consentirebbe più di procedere a "chiamate «nominative» di idonei in valutazioni comparative”, ma solamente di “attivare le procedure per la chiamata secondo quanto previsto dalla norma regolamentare".

--- 4. Avverso tale atto insorge la ricorrente protestandone l'illegittimità sotto diversi profili, postulando, inoltre, il proprio diritto al risarcimento in forma specifica mediante declaratoria, ex art. 34 cod. proc. amm., del diritto alla "chiamata", sulla base del parere favorevole espresso, in data 8 settembre 2011, dal Consiglio della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Catania e della disponibilità dei "punti organico" (in seguito P.O.) necessari (appena 0,20).

Con unico articolato motivo deduce: "Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 5 del D.P.R. 23 marzo 2000 numero 117. dell’articolo 2 della legge 210/98 e dell’articolo 2 della legge 240/2010 - Violazione dell’articolo 8 dello Statuto dell’Università degli Studi di Catania - Incompetenza - Eccesso di potere per difetto di motivazione, di presupposti e d’istruttoria, illogicità, arbitrarietà, contraddittorietà e disparità di trattamento". Assume in concreto che:

a) le disposizioni di cui all'art. 5 D.P.R. n. 117/2000 troverebbero applicazione anche dopo la riforma di cui alla L. n. 240/2010, come previsto dall'art. 29, commi 2 e 4, della stessa legge;

b) nella specie il Consiglio della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Catania, si è espresso favorevolmente con parere dell'8 settembre 2011, conclamando quindi "il diritto della ricorrente al suo inserimento nel ruolo di professore associato" e comunque vincolando gli altri Organi dell'Ateneo a motivare specificatamente un eventuale diniego;

c) di contro, il Rettore, ha riscontrato il predetto atto di diffida, con l’impugnato provvedimento 30 aprile 2012, con il quale ha, "motu proprio", comunicato il diniego alla chiamata senza in alcun modo investire della questione gli Organi accademici predetti.

--- 5. In termini di stretto diritto, l'interessata lamenta, preliminarmente, l'incompetenza del Rettore, dato che l'art. 8, lett. i), dello Statuto dell'Università degli Studi di Catania riserverebbe il potere de quo al Consiglio di Amministrazione (in seguito: C.diA.), come del resto riconosciuto dallo stesso Rettore nella motivazione del provvedimento impugnato.

Quanto al merito dei motivi ivi addotti, la ricorrente assume che:

a) il Rettore non avrebbe potuto e dovuto richiamare le pregresse decisioni degli organi di governo dell'ateneo, dato che nello stesso decreto impugnato si riconosce espressamente che "il procedimento relativo alla chiamata degli idonei in valutazioni comparative bandite da altro ateneo non può esaurirsi nella semplice proposta chiamata da parte del Consiglio di Facoltà, dovendosi perfezionare attraverso una apposita deliberazione da parte degli organi di governo dell’ateneo", sicché lo stesso Rettore - sottolinea la ricorrente - finisce per esaltare "… in maniera illogica e contraddittoria, il vizio che irrimediabilmente lo affligge" (pag. 12 del ricorso);

b) è pur vero che il C.diA. ed il Senato Accademico (in seguito: S.A.) nel febbraio del 2011 avrebbero deliberato di chiamare solo i professori risultati idonei in concorsi interni (ossia indetti dall'Università di Catania), ma in seguito sono stati chiamati candidati risultati idonei in procedure indette da altre Università, e ciò in relazione alla riscontrata disponibilità di adeguati "punti organico" ed al fatto che trattavasi di personale già in servizio presso l'Università di Catania (ossia in relazione a presupposti valevoli anche per la ricorrente, che in atto è in servizio presso l'Università di Catania come ricercatrice);

c) in tale contesto, la motivazione del provvedimento impugnato non spiegherebbe perché solo la ricorrente sia rimasta esclusa dalla chiamata; ed anzi l'impugnato diniego sarebbe da imputare ad un certo atteggiamento ostracistico dell'Università di Catania verso quella di Enna, dove la ricorrente è risultata idonea;

d) il decreto impugnato è stato emesso, non solo senza investire della questione il C.dA. e il S.A., ma senza considerare che, ben dopo la presentazione dell'istanza della ricorrente, il Rettore, con decreto 27.10.2011, ha proceduto direttamente alla chiamata del prof. *********, presso la Facoltà di Ingegneria, impegnando 0,20 P.O., tanti quanti ne sarebbero occorsi per la chiamata della *********;

f) in realtà, già al momento della presentazione dell'istanza della ricorrente, sussistevano adeguati P.O. e risorse finanziarie tali da consentirne la chiamata alla stregua della deliberazione di merito espressa dal C.diF.;

g) i limiti di assunzione ex art. 51, comma 4, L. n. 449/1997 non rileverebbero nella specie, in quanto essi opererebbero dal gennaio 2012, dovendosi altresì considerare che è sopravvenuta l'ulteriore provvista finanziaria del Ministero per l'anno 2011 (tanto che nel medesimo anno sarebbero stati chiamati ben otto docenti interni più quattro esterni);

h) tale ulteriore provvista, pari a 17,20 P.O., era certamente adeguata per l'assunzione della ricorrente (per la quale ne sarebbero occorsi - come già detto - solo 0,20);

i) comunque, anche prima della detta provvista finanziaria, l'Università avrebbe avuto a disposizione ben 7 P.O. (ric. pag. 19) ed avrebbe potuto procedere - se lo avesse voluto - alla chiamata della ricorrente in conformità al ricordato parere unanime espresso dal C.diF.;

l) quanto alle delibere del S.A. e C.diA. del febbraio e del marzo 2012, che sconsigliano di sospendere le procedure di chiamata fino all'adozione del regolamento ex art. 18 L. n. 240/2010, confermerebbero le buone ragioni della ricorrente;

m) il nuovo regolamento per la procedura di chiamata (ex art. 18 L. n. 240/2010, c.d. "riforma Gelmini") è stato approvato con decreto del Rettore del 30.3.2012, sicché, "ratione temporis", sarebbe irrilevante nella odierna fattispecie, maturata in epoca precedente;

n) comunque, l'art. 29, comma 4, L. n. 240/2010, tiene ferma la posizione di "Coloro che hanno conseguito l'idoneità per i ruoli di professore associato e ordinario" che "possono comunque essere destinatari di chiamata ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, fino al termine del periodo di durata dell'idoneità stessa previsto dall'articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230" (cinque anni).

--- 6. Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l'Amministrazione intimata, che, con rituale memoria difensiva, contesta le addotte censure chiedendone la reiezione con ogni conseguente statuizione sulle spese. In particolare, l'Amministrazione assume che:

- la proposta della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Catania non era determinante occorrendo anche la decisione finale del S.A. e del C.diA.;

- nella specie mancavano, comunque, i due presupposti minimi per la chiamata: la disponibilità dei P.O. e la possibilità di assunzione alla stregua dei limiti introdotti dalla L. n. 1/2009);

- l'impugnato decreto rettorale è ampiamente motivato;

- al momento della presentazione dell'istanza della ricorrente (9.6.2011) "non sussisteva per l'anno 2011 alcuna disponibilità di P.O. per assunzioni di professori di II fascia" (così a pag. 8 della memoria di costituzione)

- il caso del prof. *********, che è stato "chiamato" nel settembre del 2011 (ed a cui fa riferimento la ricorrente), sarebbe diverso, in quanto la relativa procedura era stata indetta dalla stessa Università di Catania.

--- 7. All'udienza camerale del 18.7.2012 l'esame dell'istanza di sospensione del provvedimento impugnato è stato rinviato al merito su richiesta della difesa attrice.

--- 8 . Acquisizioni istruttorie sono state disposte con ordinanza presidenziale del 6/12/2012 n. 8300, eseguita dall’Amministrazione onerata in data 18/01/2013, con relazione (datata 19.12.2012 sottoscritta dal Dirigente dott. C. Vicarelli), ed allegati, con cui si illustra il modo in cui sono stati impegnati i 5,40 P.O. asseritamente disponibili per l'anno 2011.

--- 9. Con memoria depositata in data 9.3.2013, la ricorrente ha insistito per l'accoglimento del gravame, soffermandosi in particolare:

- sul tardivo deposito degli atti richiesti con la citata ordinanza istruttoria entro il termine (perentorio) ivi assegnato e sulla genericità della tabella (informale) allegata alla relazione fatta pervenire dall'Amministrazione; tabella che non terrebbe conto della delibera del S.A. 110/2009-10 e della delibera 471/2010 del C.diA. che prevedevano, per le assunzioni, percentuali da calcolarsi su ciascuna Facoltà e non genericamente sull'Ateneo;

- sull'atteggiamento (oppositivo) assunto dall'Università di Catania verso l'Università Kore di Enna che emergerebbe chiaramente: a) dalla delibera del S.A. n. 116 del 21 febbraio 2011, pag. 12; b) dalla delibera C.diA. n. 181 del 25 febbraio 2011, pag. 25; c) dalla delibera C.diA. n. 298 del 28 aprile 2011, pag. 58

- sull'omessa investitura dei competenti Organi di ateneo (C.diA. e S.A.);

- sull'ipotesi che gli 0,20 P.O. (sufficienti alla nomina della ricorrente) sarebbero stati utilizzati dal Rettore per la nomina del prof. ********* proprio al fine di superare, nell'ottobre del 2011, l'inevitabile accoglimento dell'istanza della ricorrente;

- sulla erroneità della dedotta in capienza dei P.O. disponibili, pari a 5,40, in quanto dalla delibera del S.A. del 26.4.2011 risultano chiamati quattro docenti esterni all’Ateneo o estranei ai ruoli delle Università, riconosciuti idonei in valutazioni comparative bandite dall'Università di Catania o da altra sede universitaria. Tra essi due docenti (La Mendola e Biagioli), le cui proposte di chiamata sono espressamente subordinate all’autorizzazione, da parte del Ministero, dell’attivazione del nuovo corso di laurea di "Scienze della formazione primaria";

- sulla circostanza che l'addotta carenza di P.O. sarebbe fittizia, tanto è vero che tutte chiamate sono state fatte a valere sul fabbisogno del personale per gli anni 2008-2010, ossia lasciando fuori le disponibilità straordinarie relative all'anno 2011-2012;

- sulla confusione che la relazione della P.A. farebbe tra i limiti di spesa per le assunzioni ex L. 1/2009 e P.O. residui che, viceversa, potevano essere liberamente utilizzati;

- sull'art. 29 comma 4, l. 240/2010 che prevederebbe, comunque, la possibilità di chiamata degli idonei fino alla scadenza dell'idoneità.

--- 10. Alla pubblica udienza del 10 aprile 2013, presenti i Difensori delle parti - che hanno ulteriormente illustrato le proprie difese e le formulate conclusioni - la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

--- 1. Col provvedimento in epigrafe, adottato dopo quasi un anno dall'istanza della ricorrente (dietro formale diffida della stessa in data 27.3.2012) il Rettore dell'Università di Catania ha respinto detta istanza sulla base delle seguenti considerazioni:

a) il procedimento relativo alla chiamata degli idonei in valutazioni comparative bandite, come nel caso della ricorrente, da altro ateneo non può esaurirsi "nella semplice proposta di chiamata da parte del Consiglio di Facoltà, dovendosi perfezionare attraverso una apposita deliberazione da parte degli organi di governo dell’ateneo";

b) "… per quanto attiene alla destinazione vincolata dei punti organico disponibili per assunzione di personale", il Senato Accademico (S.A.) e il Consiglio di amministrazione (C.diA.), sin dal dicembre 2009, hanno "… adottato stringenti criteri al fine di stabilire le priorità nelle assunzioni degli idonei in valutazioni comparative di I e di II fascia, criteri in virtù dei quali è stato determinato l’ordine con il quale si è proceduto alle assunzioni di personale docente per l’anno accademico 2010/2011, dando assoluta priorità agli idonei in valutazioni comparative bandite dall’ateneo".

c) il S.A. e il C.diA., hanno deliberato, nel mese di febbraio 2011, di "prendere in considerazione esclusivamente le proposte di chiamata in corso d’anno di docenti risultati idonei a seguito di valutazioni comparative bandite dall’Ateneo e di rinviare l’esame delle proposte di chiamata di docenti risultati idonei in valutazioni comparative bandite da altra sede"; indi ("considerata la disponibilità residua di punti organico a valere sulla programmazione triennale di fabbisogno di personale per il 2008-2010 nonché quelli ancora utilizzabili per assunzioni nell’anno 2011" così nel provv. impugnato) hanno deliberato, nel mese di aprile 2011, di procedere alle assunzioni valutando:

- "preliminarmente le proposte di chiamata di idonei in valutazioni comparative bandite dall’Ateneo",

- "quindi, le proposte di chiamata relative a docenti già in servizio presso l’Ateneo risultati idonei in valutazioni comparative bandite da altra sede universitaria",

- "infine, le proposte di chiamata relative a docenti esterni all’Ateneo o estranei ai ruoli delle Università risultati idonei in valutazioni comparative bandite da altra o da questa sede universitaria, per i quali sarebbe stato possibile richiedere un apposito finanziamento ministeriale";

d) in relazione a tali deliberati l'ateneo "ha potuto disporre esclusivamente la nomina di un professore di II fascia idoneo in valutazione comparativa bandita dall'Ateneo nell’anno 2008" (il riferimento è, con ogni evidenza, al caso del Prof. *********, sopra ricordato).

Nel citato provvedimento, infine, si fa osservare che:

1) "Per quanto attiene alle chiamate di idonei effettuate da altri atenei nel corso del 2012, alle quali la S.V. fa riferimento, si rende noto che questo ateneo, avendo superato, alla data del 31.12.2011, il limite di cui all’articolo 51, comma 4, della legge 27.12.1997, n. 449 (rapporto tra assegni fissi e fondo di finanziamento ordinario pari al 90%), secondo quanto disposto dall’art. 1, comma I, primo periodo, della legge 9.1.2009, n. 1, non può ad oggi procedere all’assunzione di personale";

2) "Considerato peraltro che, con D.R. 1231 del 4.4.2012, l’ateneo ha provveduto ad emanare il «Regolamento per la procedura di chiamata dei professori ai sensi dell’art. 18 della L. 240/2010», non è più possibile procedere a chiamate «nominative» di idonei in valutazioni comparative, ma attivare le procedure per la chiamata secondo quanto previsto dalla norma regolamentare".

In termini puramente estrinseci, quindi, il provvedimento è sorretto da ampia ed articolata motivazione. Su di essa, tuttavia, e sulla complessa vicenda collegata, tanto alle misure di contenimento di spesa ex L. n. 449/1997 cit., e alla disponibilità, o meno, di "punti organico", sono stati disposti, con ordinanza presidenziale n. 8300/2012, incombenti istruttori a carico dell'Amministrazione, la quale ha prodotto, in data 18.1.2013, una relazione esplicativa e tabelle relative al computo dei P.O. disponibili ed utilizzati.

--- 2. Ciò posto, va respinta, preliminarmente, l'eccezione della ricorrente relativa al tardivo deposito degli atti richiesti con l'ordinanza citata; ciò in quanto il termine ivi assegnato all'Amministrazione ("entro venti giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza") non appare, né testualmente, né logicamente, di natura perentoria (sul principio che i termini vanno considerati di regola come ordinatori a meno che non siano dichiarati espressamente perentori o comunque altrimenti sanzionati, cfr. Cons. Stato sent. n. 8224 del 24 novembre 2010 - Sez. VI -).

--- 3. Va disattesa, anche, la dedotta genericità ed informalità della tabella dei P.O. allegata alla predetta relazione depositata dall'Università in esecuzione dell'istruttoria, dato che, contrariamente a quanto ritenuto dalla parte ricorrente, la relazione medesima specifica testualmente che la tabella riporta le "informazioni contenute nel sito ufficiale PROPER Cineca, relative alla programmazione del «fabbisogno di personale» per l'Università di Catania per l'anno 2011".

--- 4. Tale precisazione, peraltro, consente al Collegio dovere premettere come il nuovo regime delle assunzioni all'interno degli atenei sia condizionato (per quel che qui rileva) dall'art. 1, commi 1 e 3, D.L. 10 novembre 2008, n. 180, convertito nella legge 9 gennaio 2009, n. 1, da precisi limiti finanziari (vedasi anche l'art. 51, comma 4, L. n. 449/1997) e da disponibilità di utilizzo generate anno per anno dal c.d. "turn-over" dell'anno precedente: ossia il 50 per cento delle minori spese annuali derivanti dalle cessazioni (o dai trasferimenti in uscita) dell'anno precedente. E' notorio che, a tal fine, il Ministero si avvale di una speciale procedura informatica, c.d. "PROPER\CINECA", che calcola le risorse utilizzabili da ogni singolo ateneo (per le future assunzioni), considerando, per un verso le disponibilità del fondo di finanziamento ordinario e, per altro verso, le cessazioni ed i trasferimenti calcolati in termini di minori spese. Tali spese sono poi parametrate alle retribuzioni medie del personale cessato dal servizio e ciò per non mettere a rischio la stabilità dei futuri bilanci delle università; dato che il mero computo delle minori spese generate dall'uscita del personale docente, che di solito è in possesso di retribuzioni con notevole maturato economico, a fronte delle possibili nuove assunzioni (connotate da costi iniziali ridotti, ma con elevate dinamiche retributive collegate all'anzianità) sarebbe tale da implicare futuri impegni finanziari tali da vanificare, di fatto, la manovra di contenimento della spesa perseguita dalla normativa sopra richiamata. Da ciò l'uso della procedura informatica predetta, tesa a valutare, da un lato le risorse generate dal turn over (calcolate nel rispetto dei limiti finanziari di cui all'art. 51, comma 4, L. n. 449/1997, richiamata dall'art. 1, comma 1, D.L. 180/2008, cit.), dall'altro il "peso" effettivo delle nuove assunzioni.

In sostanza, un "Punto Organico" (P.O.) viene ormai definito come l'equivalente del costo medio annuale di un professore ordinario a tempo pieno; costo dal quale si procede per il calcolo del "costo equivalente" delle altre posizioni di docenza. Tale metodo ben si coglie nella Circolare esplicativa del Ministero dell'Istr. dell'Univ. e della Ricerca del 27.3.2009 prot. 478, Ufficio III, che riporta una tabella in cui sono "indicati i pesi, calcolati sulla base dei costi medi annui ed espressi in punti organico attribuiti a ciascuna qualifica".

Professori Ordinari P.O. 1,00,

Professori Associati P.O. 0,70,

Ricercatori P.O. 0,50,

Ricercatori cofinanziati dal M.I.U.R. P.O. 0,25;

con la ulteriore precisazione che "nei casi di passaggi di ruolo/categoria, all'interno dell'Ateneo, sarà considerato il differenziale in termini di punti organico":

Professore Ass. interno passaggio ad Ordinario P.O. 0,30,

Ricercatore interno passaggio ad Ordinario P.O. 0,50,

Ricercatore interno passaggio ad Associato P.O. 0,20.

In siffatto innovativo contesto (per la verità non adeguatamente illustrato dall'Amministrazione resistente) si spiega quel passaggio motivazionale del provvedimento impugnato laddove si rende noto alla ricorrente "… che questo ateneo, avendo superato, alla data del 3 1.12.2011, il limite di cui all’articolo 51, comma 4, della legge 27.12.1997, n. 449 (rapporto tra assegni fissi e fondo di finanziamento ordinario pari al 90%), secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 1, primo periodo della legge 9.1.2009, n. 1, non può ad oggi procedere all’assunzione di personale".

Il che, in sostanza, ha inteso significare che, per la specifica annualità del 2011, i P.O. disponibili, come generati dalla procedura "PROPER\CINECA" prima ricordata, erano, per l'Università di Catania, 5,40.

Dagli atti di causa risulta che di tali P.O. almeno 0,20 erano certamente disponibili alla data (9.6.2011) di presentazione dell’istanza della odierna ricorrente ed erano capienti per la chiamata in servizio della stessa, trattandosi di ricercatrice interna dell’Università di Catania.

--- 5. Passando al primo motivo di ricorso, nel quale si deduce l'incompetenza del Rettore, il Collegio non può che riscontrarne la fondatezza ai sensi dell'art. 8, lett. i) dello Statuto dell'Università di Catania, a tenore del quale compete al C.diA. "approvare le proposte di chiamata dei professori e dei ricercatori formulate dai dipartimenti" (o, come nella fattispecie, dalla Facoltà).

Non si vede, pertanto, come il Rettore potesse, ex sé, decidere sulla domanda della ricorrente, ossia senza investire l'Organo collegiale che, per Statuto, sarebbe stato l'unico competente a valutarla nel merito; tanto più che con atto dell'8.9.2011 il Consiglio della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Catania aveva già espresso parere pienamente favorevole alla chiamata della *********.

E' pur vero che - secondo quanto eccepito dall'Amministrazione - al parere predetto non si può attribuire quel valore di atto sostanzialmente definitivo che si postula in ricorso (se non altro per le limitazioni oggi nascenti dal complesso sistema dei "punti organico" di cui sopra), ma è altresì evidente che detto parere, per il suo contenuto e la sottostante valutazione del manifestato interesse della Facoltà di Economia alla chiamata della ricorrente, avrebbe richiesto, secondo palesi regole di buona amministrazione, oltre che di rispetto dello Statuto, una ulteriore valutazione, tecnico-didattica ed organizzativa, certamente non sussumibile nelle competenze proprie del solo Rettore.

--- 6. L'Amministrazione, per la verità, contesta la superiore censura, assumendo che nella fattispecie sarebbero mancati due presupposti minimi necessari per la valutazione dell'istanza, ossia la disponibilità dei P.O. e la possibilità di assunzione alla stregua dei limiti introdotti dalla L. n. 1/2009 (di conversione del D.L. n. 180/2008).

L'argomento, pur abilmente prospettato, non è convincente per varie ragioni.

Anzitutto, il Collegio deve rilevare che, in effetti, la prodotta relazione della P.A. del 19.12.2012, a firma del dott. Vicarelli, tende in qualche modo a tenere distinti il limite delle assunzioni sancito dall’art. 1 del D.L. n. 180/2008 (limite fissato in misura percentuale rispetto ai risparmi di spesa derivanti dalle cessazioni dal servizio nell’anno precedente) e i P.O. residui disponibili; di contro, dal compleso sistema sopra richiamato, sembra doversi desumere che i P.O. siano determinati (con la ricordata procedura PROPER) anche in relazione ai predetti limiti di spesa, sicché una volta verificatane la disponibilità ben possono essere utilizzati senza alcuna limitazione .

In altri termini, poiché i P.O. sono determinati proprio tenendo conto dei limiti di assunzione derivanti dal criterio di cui all'art. 1, commi 1 e 3, del d.l. n. 180/2008, la verificata capienza dei P.O. disponibili nella specie alla data 9.6.2011 (di presentazione dell'istanza della *********), o comunque alla data dell'8.9.2011 (di proposta di chiamata della stessa da parte del competente C.diF.), superava ogni profilo relativo alla ipotizzata ulteriore incidenza dei limiti di assunzione fissati dalla normativa in argomento.

Si aggiunga che nessuna norma pone condizioni pregiudiziali circa l’obbligo del Rettore di sottoporre al (C.diA.) e al S.A. le delibere relative all'esercizio della facoltà di chiamare gli idonei, come peraltro affermato dallo stesso Senato Accademico nella delibera n. 110 del 21.12.2009, in cui si legge che "in ogni caso, l’eventuale proposta di chiamata dell’idoneo da parte della Facoltà DOVRÀ COMUNQUE essere sottoposta all’attenzione del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione che delibereranno in ordine ai tempi della nomina e della presa in servizio nel rispetto dei criteri sopra definiti" (nel che concorda la stessa Avvocatura dello Stato laddove in memoria - v. pag. 3 - precisa che la procedura per la chiamata di un idoneo "vede il ruolo preponderante degli organi centrali di Ateneo che — unici competenti in materia — decidono, in ragioni delle disponibilità economiche e delle politiche di reclutamento adottate".

Non comprende, pertanto, il Collegio per quale ragione la sola istanza della ricorrente, per di più corredata dalla unanime proposta del Consiglio di Facoltà, non sia stata portata, “comunque”, all'attenzione dei detti Organi accademici secondo quanto stabilito a monte dalla delibera 110/2009 cit. e dallo stesso deliberato del C.diF..

--- 7. Per quanto concerne i "punti organico" disponibili nel 2011 ed i criteri concretamente applicati per il loro utilizzo, occorre precisare che:

- l'istanza della ricorrente è stata presentata il 9.6.2011 ed il parere favorevole del C.diF. è intervenuto l'8.9.2011, allorché, secondo quanto risulta dalle difese della stessa Amministrazione (e dalla tabella, dalla stessa versata in atti, relativa ai P.O. disponibili per il 2011), esistevano almeno 0,20 P.O. tali da consentire la chiamata dell'instante, essendo, questa, ricercatrice interna dell'Università di Catania;

- i predetti P.O. sono stati, invece, utilizzati successivamente, ossia nel mese di ottobre 2011, per la nomina del Prof. *********, così pretermettendo, di fatto, epperò illegittimamente, l'istanza della *********.

Né può valere, a giustificare l'atto impugnato, la circostanza che il Prof. *********, interno all'Università di Catania come l'odierna ricorrente, abbia conseguito l'idoneità con procedura indetta dalla medesima Università, così da rientrare nella categoria avente priorità di chiamata ai sensi dei deliberati del S.A. e dal C.diA.. il 28 aprile del 2011.

Tale profilo, invero, astrattamente corretto, non considera l'aspetto diacronico della vicenda, ossia la circostanza che il criterio "preferenziale" votato dagli Organi dell'Ateneo non poteva e non può che riferirsi all'esame contestuale (sincronico) di più istanze di chiamata, non anche ad una sorta di comparazione tra domande non contestuali, sì da determinare una sorta di possibile forma di "prenotazione" della chiamata per soggetti non (ancora) in posizione di effettiva concorrenza.

Eppure, ciò è proprio quanto è accaduto nel caso in esame, poiché l'istanza della ricorrente porta - come già detto - la data del 9.6.2011 ed il parere favorevole espresso dal Consiglio di Facoltà di Economia quella dell'8.9.2011, mentre la procedura valutativa cui ha partecipato il Prof. ********* si è conclusa il 5.8.2011 e comunque il parere favorevole alla chiamata, da parte del CdiF di Ingegneria, porta la data del 19.9.2011.

Pertanto, sembra evidente che l'Università abbia inteso, de facto, soprassedere alla disponibilità di 0,20 P.O., non dando corso all'istanza di chiamata della *********, in vista della utilizzazione di tale disponibilità per la chiamata di altro soggetto frattanto divenuto idoneo. Un criterio operativo, questo, che non è contemplato dalle delibere citate nel provvedimento impugnato, le quali, invece, muovono dal dall’implicito, quanto ovvio, presupposto della contestualità delle posizioni da raffrontare ai fini della individuazione del criterio di priorità da applicare. In particolare giova riportare quanto testualmente stabilito nella delibera del C.diA. 28.4.2011, pag. 57:

"Per una visione sistematica delle proposte di chiamata PERVENUTE, verranno preliminarmente prese in considerazione le proposte di chiamata di idonei in valutazioni comparative bandite dall'Ateneo, quindi le proposte di chiamata relative a docenti già in servizio presso l'Ateneo risultati idonei in valutazioni comparative bandite da altra sede universitaria, infine, le proposte di chiamata relative a docenti esterni all'ateneo o estranei ai ruoli delle Università, risultati idonei in valutazioni comparative bandite da altra o da questa sede universitaria". Laddove, l’uso del termine “pervenute” rende palese il criterio di contestuale esame delle domande di chiamata ai fini dell’applicazione dei criteri di priorità prestabiliti.

Da quanto detto segue che, alla data in cui è pervenuta l'istanza della ricorrente esisteva certamente la disponibilità di 0,20 P.O. e tale disponibilità esisteva anche alla data di adozione del parere favorevole espresso dal Consiglio della Facoltà di Economia in data 8.9.2011, sicché, in forza del secondo criterio di priorità deliberato dal S.A. e dal C.diA. il 28 aprile 2011, sussistevano tutti i presupposti, di fatto e di diritto, per procedere alla chiamata della ricorrente.

Resta, in ogni caso, la constatazione che, nel lasso di tempo (circa 10 mesi), intercorso tra l'istanza della ricorrente ed il provvedimento impugnato (30 aprile 2012), il Rettore non ha ritenuto - come prima rilevato - di portare detta istanza all'attenzione degli Organi di autogoverno dell'Ateneo. Di conseguenza, la ricorrente ha palesemente ragione quando lamenta che:

- per un verso lo stesso Rettore, nel motivare il diniego impugnato, afferma testualmente che "il procedimento relativo alla chiamata degli idonei in valutazioni comparative bandite da altro ateneo non può esaurirsi nella semplice proposta chiamata da parte del consiglio di facoltà, dovendosi perfezionare attraverso una apposita deliberazione da parte degli organi di governo dell’ateneo", dall'altro, tuttavia, ha provveduto direttamente, omettendo di portare la questione davanti ai detti Organi;

- il provvedimento impugnato ha finito con l'esaltare "in maniera illogica e contraddittoria, il vizio (di incompetenza NdiR) che irrimediabilmente lo affligge".

Ferma, dunque, la nomina del Prof. *********, la cui posizione è del tutto estranea al presente giudizio, appare rilevante nella fattispecie, oltre che il profilo di incompetenza prima esaminato, anche il profilo di censura relativo alla erroneità dei presupposti e della motivazione addotta nel provvedimento impugnato, laddove si assume l'inesistenza, a suo tempo, di P.O. disponibili (0,20) per l'esame di merito dell'istanza della ricorrente.

--- 8. In ordine poi alla esattezza del computo dei 5,40 P.O. indicati, nella ricordata relazione 19.12.2012 della P.A., come disponibili nell'anno 2011, va osservato che dalla delibera del S.A. del 26.4.2011 traspare una certa approssimazione sulla relativa stima, in quanto risultano chiamati ben quattro professori di II fascia "ESTERNI all'Ateneo o ESTRANEI ai ruoli dell'Università" (così a pag. 19 della delibera 26.4.2011 cit.), precisamente i docenti: Trebisacce Giovanbattista (valutazione comparativa bandita da Univ. di Roma 3); Frasca Francesco (valutazione comparativa bandita da Univ. di Messina); La Mendola Diego (valutazione comparativa bandita da Univ. di Catania); Biagioli Raffaella (valutazione comparativa bandita da Univ. di Suor Orsola Benincasa di Napoli).

Di conseguenza, poiché l'incidenza, in termini di “punti organico” dei docenti esterni è di 0,70, l'impegno complessivo avrebbe dovuto essere di 2,80 P.O. (e non come indicato nella relazione e nelle annesse tabelle di pp. 2,20) con conseguente sforamento dell’asserito limite di 5,40 P.O. .

Sta di fatto che non trova, allo stato, alcuna logica spiegazione la circostanza che per l'anno 2011 la sommatoria dei P.O. utilizzati alla data del 26 aprile 2011 risulti essere superiore al limite di 5,40 indicato nella relazione a firma del Dott. Vicarelli, depositata in atti dall’Università di Catania. Il che sembra dimostrare anche una certa approssimazione nella valutazione delle effettive disponibilità per una favorevole valutazione dell'istanza della ricorrente.

Restando in tema di aspetti poco perspicui (circa l'effettiva disponibilità di P.O. per l'anno 2011) il Collegio non può non rilevare, altresì, come l’esistenza di ulteriori possibilità (tali da soddisfare lo 0,20 P.O. richiesto per la chiamata della ricorrente) emerga, anche, dalla nota 26 luglio 2012, prot. n. 67140 (cfr. copia in atti), con la quale il Rettore dell'Università di Catania ha testualmente chiesto al M.I.U.R. — Direzione generale per l’università - di "confermare che qualora sussistano espressamente le condizioni ... e, in particolare, qualora residuino al 31.12.2011, punti organico a valere sulle programmazioni 2010 e 2011, che l’Ateneo possa procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato".

--- 9. Sotto diverso profilo, ma sempre in tema di disponibilità di P.O. e loro utilizzo, va considerato che nella detta delibera del S.A. del 26.4.2011, tra i quattro docenti esterni (riconosciuti idonei in valutazioni comparative bandite da Catania o da altra sede universitaria) chiamati dall’Ateneo catanese, figurano anche docenti (La Mendola Diego e Biagioli Raffaella), le cui nomine risultano essere state comunque subordinate ad un evento futuro ed incerto quale l’autorizzazione, da parte del Ministero, dell’attivazione del nuovo corso di laurea di "Scienze della formazione primaria". In questo caso, pertanto, non solo non è dato comprendere, in effetti, quali criteri di priorità siano stati applicati, ma emerge anche l'attuazione di una sorta di mera "prenotazione" della (possibile) chiamata dei predetti docenti; una prenotazione che, tuttavia, ha inciso per 1,40 P.O. tra quelli disponibili per l'anno 2011 e che, altrimenti, sarebbero stati ampiamente capienti per la chiamata della *********.

Sembra, in definitiva, che l'Università di Catania abbia fatto di tutto pur di non esaminare l'istanza della ricorrente, cercando: o di prenotare assunzioni per eventuali corsi di laurea di futura istituzione; o di assumere soggetti la cui posizione è venuta a maturare (è il caso *********) ben dopo la presentazione dell'istanza della *********.

In relazione ai fatti sopra indicati, sub 7. e 8., emerge, dunque, la fondatezza del sospetto avanzato dalla ricorrente di un certo atteggiamento oppositivo dell'Università resistente verso l'Università Kore di Enna e quindi, di riflesso, verso i docenti che avessero conseguito l'idoneità presso quest'ultima. Un atteggiamento che peraltro trova un certo testuale risconto, tra l'altro:

a) nella delibera del S.A. n. 116 del 21 febbraio 2011, nella quale a pag. 12 si può leggere che:

"Inoltre, il rettore pone all’attenzione del Senato la situazione determinatasi a seguito del comportamento sin qui tenuto dall’università Kore di Enna in ordine alle chiamate dei docenti risultati idonei nelle procedure di valutazione comparativa bandite da quella sede universitaria. Infatti, come peraltro più volte contestato da questa Università - in particolare con le note trasmesse al M.i.u.r. il 16 febbraio 2010 e l’11 giugno 2010, l’Università Kore ha bandito procedure di valutazione comparativa a posti di professore di I e di II fascia, senza poi procedere, in più occasioni, alla chiamata di alcuno degli idonei … Per quanto sopra e anche al fine di evitare che lo sviluppo di carriera dei docenti dell’università di Catania possa risentire di condizionamenti esterni, il rettore ritiene di stabilire, in via generale, di non procedere alla chiamata di docenti risultati idonei a seguito di procedure di valutazione comparativa bandite dall’università Kore di Enna, qualora detta Università non proceda alla chiamata di alcuno degli idonei";

b) nella delibera del C.dA. n. 298 del 28 aprile 2011, doc. n. 15, in cui a pag. 58 si legge che "Per quanto attiene alle proposte di chiamata di idonei in valutazioni comparative bandite dall’università Kore di Enna, si dà atto che il suddetto Ateneo ha già proceduto alla chiamata dell’altro docente risultato idoneo, così come registrato al relativo albo telematico del M.i.u.r. ".

E, nel contesto di tale ultima delibera, non può ritenersi privo di significato il fatto che il prof. G. Pignataro abbia ritenuto di dover precisare che era NON OPPORTUNO" … che nelle premesse della presente deliberazione risulti che si procede alla chiamata di idonei in valutazioni comparative bandite dall’Università Kore di Enna, dando atto che detto Ateneo ha già proceduto alla chiamata dell’altro docente risultato idoneo. Le questioni riguardanti i rapporti con I ‘Università Kore devono trovare soluzione in altra sede").

Precisazione, quest’ultima, che intende chiaramente sottolineare (secondo un palese canone di buona amministrazione e di parità di trattamento tra tutti gli idonei astrattamente interessati a possibile chiamata) che le istanze dei soggetti che hanno conseguito l’idoneità presso l'Università di Enna non potevano essere iscritte in una sorta di "black list" limitativa, a priori, di ogni speranza di accesso all'Università di Catania.

--- 10. Ulteriori profili di illegittimità, secondo quanto dedotto col secondo motivo di gravame, sussistono anche per quanto riguarda il mancato utilizzo delle disponibilità relative al "piano straordinario" per il 2011 che gli organi di Ateneo hanno deciso di utilizzare nell'anno 2012, ammontanti a ben 17,20 P.O. .

Secondo l'Università tale disponibilità avrebbe potuto essere utilizzata, ex art. 29 (Norme transitorie e finali), comma 2, L. n. 240/2010, solamente per le chiamate effettuate ai sensi dell'art. 18 della stessa legge, il cui regolamento l'Ateneo catanese ha approvato solo in data 30.3.2012.

L'argomento non appare convincente. Infatti, l'art. 29 cit. nei primi due commi dispone come segue:

"1. Fermo restando quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca, le università possono avviare esclusivamente le procedure previste dal presente titolo.

"2. Le università continuano ad avvalersi delle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di assunzione in servizio, fino alla adozione dei regolamenti di cui all'articolo 18, comma 1".

Ma al successivo comma 4 specifica anche che "…. 4. Coloro che hanno conseguito l'idoneità per i ruoli di professore associato e ordinario possono comunque essere destinatari di chiamata ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, fino al termine del periodo di durata dell'idoneità stessa previsto dall'articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230. …".

Orbene, ad avviso del Collegio, il comma 4 costituisce norma di carattere speciale e di chiusura, che, nel contesto della radicale riforma del sistema universitario apportata dalla L. n. 240/2010, scaturisce dall'esigenza di tenere, comunque, ferme le posizioni (e le aspettative) dei soggetti che abbiano conseguito l'idoneità secondo la pregressa normativa. In questi casi, pertanto l'ultrattività della normativa anteriore alla riforma del 2010 è da ritenersi agganciata, non tanto alla data di adozione del regolamento ex art. 18, ma alla scadenza del "termine del periodo di durata dell'idoneità stessa previsto dall'articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230"; di guisa che entro tale termine è ammessa la chiamata degli idonei a prescindere dall'approvazione o meno del regolamento ex art. 18.

In sostanza, il rapporto tra il citato comma 2 (che rinvia all'art. 18 ed al regolamento contenente le nuove norme sul reclutamento dei docenti universitari) e il comma 4 (che comunque rende valide le idoneità conseguite secondo la normativa antecedente la riforma) è tra norma generale e norma speciale sicché quest'ultima deve prevalere sulla prima.

Ad ogni modo, il Collegio deve anche rilevare che::

- pochi giorni prima dell’adozione del regolamento di cui sopra, l’Università di Catania ha ritenuto di chiamare altri due docenti esterni (delibb. S.A. 13.2.201 e 15.3.2012 e delib. 17.2.2012 del C.diA.) al fine di non indire “una ulteriore procedura selettiva” e così, evidentemente, fare subito fronte alle esigenze delle relative strutture, utilizzando parte dei 17,20 P.O. del “piano straordinario” 2011/2012;

- nessun argomento difensivo è stato speso in atti dall’Amministrazione per chiarire la ragione per la quale non sia stato fatto altrettanto per coprire subito le esigenze didattico-scientifiche della Facoltà di Economia, ossia mediante la chiamata della odierna ricorrente a valere sulla disponibilità dei P.O. al medesimo "piano straordinario" del 2011/2012.

Sussiste, quindi, una, quanto mai, palese disparità di trattamento in danno della ricorrente laddove l’Amministrazione resistente, a mezzo della prodotta relazione del 19.12.2012, fa riferimento solo ai P.O. residui relativi alla programmazione per l’a.a. 2010-2011, lasciando fuori la disponibilità del piano straordinario del 2011-2012.

E comunque, la complessità della situazione così determinatasi giustificava pienamente – come più vole osservato - l'intervento degli organi di governo dell'ateneo.

--- 11. In relazione alla domanda di risarcimento in forma specifica - e quindi di accertamento, ex art. 34, comma 1 lett. c) cod. proc. amm., del diritto della ricorrente alla chiamata -, il Collegio ritiene che possa essere accolta avuto riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente, sia alla data di presentazione della domanda per cui è causa (8.9.2011), sia alla data del parere favorevole reso dal Consiglio della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Catania, con conseguente declaratoria dell’obbligo dell'Amministrazione di utilizzare i punti organico comunque residui, ivi compresi i P.O. del menzionato "piano straordinario".

--- 12. In conclusione, il provvedimento impugnato va annullato e per l'effetto, in accoglimento della domanda di accertamento, ex art. 34, comma 1 lett. c) cod. proc. amm., va altresì dichiarato il diritto della ricorrente alla chiamata, a valere se del caso anche sulla disponibilità di 17,20 punti organico di cui alla dotazione straordinaria del 2011.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato, con conseguente declaratoria ex art. 31, comma 1 lett. c) cod. proc. amm. del diritto della ricorrente alla chiamata secondo quanto specificato in motivazione.

Condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi Euro. 1.500,00 (millecinquecento\00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Calogero Ferlisi, Presidente, Estensore

Gabriella Guzzardi, Consigliere

Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Referendario

     
     

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

   
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Nel caso di irrogazione delle sanzioni disciplinari del rimprovero verbale e della censura, la competenza appartiene al capo della struttura

Tar Catania, sez. II, sentenza del 02 maggio 2013, n. 1278
Data: 
02/05/2013

 

N. 01278/2013 REG.PROV.COLL.

N. 05671/1995 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5671 del 1995, proposto da: 
**********, rappresentata e difesa dagli avv. ********** e *********, con domicilio eletto presso il primo, in Catania, via **********, 37; 

contro

Comune di Riposto (CT), in persona del legale rappresentante p.t.,rappresentato e difeso dall'avv. *******, con domicilio eletto presso il medesimo in Catania, via **********, 39/A; 

per l'annullamento

del provvedimento 6 agosto 1995, prot. ris. n. 21, col quale il Sindaco del Comune di Riposto ha inflitto alla ricorrente la sanzione disciplinare della censura, nonché di tutti gli atti e provvedimenti antecedenti, susseguenti, connessi, presupposti e conseguenziali, ivi compresa, ove occorra, la nota di contestazione dell'addebito 26 giugno 1995 a firma del vice-Sindaco.

 


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Riposto (Ct);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2013 il dott. Rosalia Messina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 


FATTO e DIRITTO

1. - La ricorrente, dipendente del Comune di Riposto con la qualifica di istruttore, addetta all’autentica di certificati presso l’Ufficio Anagrafe, impugna il provvedimento, di estremi specificati in epigrafe, col quale il Sindaco del predetto Comune ha irrogato nei suoi confronti la sanzione disciplinare della censura.

Nel provvedimento del Sindaco e nella precedente nota di addebito si legge che il 26 giugno 1995 un cittadino in attesa di autenticare alcuni documenti si era lamentato del modo in cui la signora ******* si era rivolta a lui; si legge, altresì, che, invitata dal vice-Sindaco a spiegare il proprio comportamento, la signora aveva risposto in modo generico, oltre che polemico e irriguardoso; infine, che l’interessata, invitata a giustificarsi per iscritto, non aveva fatto pervenire alcuna nota di chiarimenti.

Secondo la prospettazione fornita dalla ricorrente, era stato il cittadino ad apostrofarla in modo inurbano ed ella si era poi rifiutata di fornire spiegazione al vice-Sindaco del Comune di Riposto, il quale le chiedeva spiegazioni sull’accaduto, ritenendolo privo di competenza in ordine ai fatti avvenuti.

Avverso detto provvedimento vengono dedotte le censure di seguito sintetizzate:

1) Incompetenza del Sindaco e del vice-Sindaco; violazione dell’art. 59 del d. l.vo n. 29/1993.

La sanzione oggetto di controversia è stata irrogata dal Sindaco e non – come secondo la ricorrente sarebbe stato necessario ai sensi della disposizione invocata - dal capo della struttura in cui ella prestava servizio.

2) Eccesso di potere per mancanza dei presupposti di fatto, difetto di istruttoria e di motivazione, ingiustizia grave e manifesta; eccesso di potere per sviamento.

La ricorrente sostiene di non essere incorsa in alcuna violazione dei propri doveri e di avere fatto notare al vice-Sindaco, intervenuto a seguito del contrasto fra lei e un cittadino, che avrebbe reso conto del proprio comportamento al proprio capo-servizio o al Segretario comunale.

Si è costituito in resistenza il Comune di Riposto, difendendo la legittimità del provvedimento impugnato.

2. - Il Collegio esamina il primo motivo di gravame e lo ritiene fondato.

Occorre prendere le mosse dall’art. 59 d. lgs. n. 29/1993 (ora sostituito dall'art. 55 del d. lgs. 30. 3. 2001, n. 165) , che, al comma quarto, recita: “Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente”.

La norma è chiara nello stabilire che, nel caso di irrogazione delle sanzioni disciplinari del rimprovero verbale e della censura, la competenza appartiene al capo della struttura (cfr.: Tar Puglia, sede di Lecce, II, n. 755 del 1999; Tar del Lazio, sede di Roma, I, n. 1976 del 1999 Tar Lombardia, sede di Brescia 24 luglio 2001, n. 615; Tar Abruzzo, sede de L'Aquila, 9 agosto 2005, n. 719).

Va anche precisato che l’art. 72 del d. lgs. n. 29/1993 (Norma transitoria)rimanda, per quanto attiene alla materia disciplinare, alla regolamentazione di cui agli accordi contrattuali, e, fino a quando questa non sarà intervenuta, al T.U. di cui al DPR n. 3/1957, ma ciò solo per quanto non modificato dall’art. 59, che quindi, nella parte in cui stabilisce la competenza del capo della struttura all’adozione della censura e del rimprovero verbale, trova immediata applicazione (per completezza, si ricorda che il su citato art. 72 è stato abrogato dall’art. 43 del d. lgs. n. 80/1998).

Per altro, il CCNL del comparto del personale delle Regioni e delle autonomie locali (normativo 1994 – 1997, economico 1994 – 1995), prevede, all’art. 43 (Norma finale), segnatamente al comma primo, quanto segue: “Per tutte le materie e gli istituti non disciplinati dal presente contratto, ai sensi dell' art. 72 del d.lgs. n. 29 del 1993, continuano ad applicarsi le vigenti norme di legge, nonché degli accordi di lavoro del comparto già recepiti con decreti del Presidente della Repubblica o con leggi regionali ai sensi della legge 29 marzo 1983, n. 93. In caso di controversie trovano applicazione le disposizioni dell' art. 13”.

Le disposizioni di cui al Capo V (Norme disciplinari) del Titolo III (Rapporto di lavoro) di detto CCNL (artt. 23 – 27) non regolano la competenza in materia disciplinare; ciò conferma che la vicenda oggetto della presente controversia ricade nell’ambito applicativo dell’art. 59 d. l.vo n. 29/1993.

Per completezza, si ricorda che il su citato art. 72 è stato abrogato dall’art. 43 del d. lgs. n. 80/1998.

Pertanto, assorbite le ulteriori censure, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) - definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie, per l’effetto annullando il provvedimento impugnato.

Le spese di lite, poste a carico del Comune di Riposto, si liquidano – in favore della ricorrente – in € 1.500,00 (euro millecinquecento/00), oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali, se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Salvatore Veneziano, Presidente

Rosalia Messina, Consigliere, Estensore

Daniele Burzichelli, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Contenimento della spesa pubblica, risoluzione del rapporto d’impiego e facoltà di autolimitazione: l'art. 16, comma 11, D.lg. n. 98/2011

Tar Catania, Sez. III, sentenza del 16 gennaio 2013, n. 57
Data: 
16/01/2013

"Sebbene l’art. 16, 11 c., del d.l. 6.07.2011 n. 98, (secondo cui la risoluzione del rapporto d’impiego ex art. 72, 11 c., del d.l. 25.06.2008 n. 112 non necessita di ulteriore motivazione qualora l’Amministrazione abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi) sia espressamente ispirata ad obiettivi di contenimento della spesa pubblica, rispetto ai quali non può prevalere, di per sé, l’interesse dei docenti al mantenimento in servizio, tuttavia, l’Amm.ne che stabilisca di non avvalersi della facoltà di risoluzione del rapporto di lavoro in alcune ipotesi - scegliendo di autolimitare la facoltà di risoluzione dei rapporti di lavoro mediante il ricorso a criteri oggettivi di scelta del personale da salvaguardare - deve individuare criteri logici e congruenti"

 

N. 00057/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01729/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1729 del 2011, proposto da:
********, rappresentata e difesa dall'avv. **********, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, ***************;

contro

Universita' degli Studi di Catania, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Catania, presso i cui Uffici è domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo

- del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Catania n. 1166 dell’1-3-2011, comunicato con nota dell’Università, Area Gestione amministrativa del personale prot. n. 14160 del 3-3-2011, che risolve il rapporto di lavoro della ricorrente dall’1-11-2011;

- di ogni atto del procedimento che ha portato a tale decreto, tra cui, in particolare, quali atti presupposti, i deliberati del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione del 27-9-2010 e dell’1-10-2010 e la circolare prot. n. 66844 del 7-10-2010, citati in detto decreto;

di ogni atto consequenziale ed esecutivo;

quanto al ricorso per motivi aggiunti

- del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Catania del 13-9-2011, n. 3960, comunicato con nota dell’Università prot. n. 55666 del 14-9-2011, pervenuta il 3-10-2011, con cui viene risolto il rapporto di lavoro con la ricorrente “a decorrere dal 1-3-2012”;

- di ogni atto presupposto e connesso;

- di tutti gli atti consequenziali ed esecutivi, anche in ordine all’attuale prestazione del servizio.

 


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Universita' degli Studi di Catania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2012 il dott. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio la ricorrente espone di essere ricercatrice confermata nel settore scientifico disciplinare M-STO/04 e di aver profuso, da decenni, il suo impegno nei campi della didattica e della ricerca, curando, continuativamente, più discipline ogni anno e seguendo centinaia di tesi di laurea ; la ricorrente precisa inoltre di essere vice-coordinatore del dottorato di Scienze umane, dottorato internazionale.

La ricorrente, ancora, sottolinea che il suo impegno didattico è particolarmente pressante, atteso che nella Facoltà di Scienze della Formazione, ove ella è inquadrata, tutti i corsi di laurea prevedono l’insegnamento di Storia contemporanea, con un numero di studenti iscritti che devono frequentare la disciplina di oltre 1300, ai quali vanno aggiunti gli studenti ripetenti o fuori corso che devono sostenere l’esame (oltre 2200); e tuttavia oltre alla ricorrente è presente, nel settore scientifico disciplinare M-STO/04, solo un altro docente.

Senonchè l’Università, con nota del 25-1-2011, comunicava alla ricorrente l’intenzione di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro con i ricercatori con anzianità contributiva -al 31-10-2011- di 40 anni, ad eccezione dei ricercatori “che presentino almeno uno dei seguenti requisiti”…. “1) avere ottenuto un punteggio non inferiore a quello del docente mediano dell’area scientifico-disciplinare di appartenenza, secondo la valutazione della produzione scientifica nel quinquennio 2005-2009; 2) essere titolari, in qualità di coordinatore nazionale o di responsabile locale, di un progetto PRIN; 3) essere gli unici docenti del proprio SSD nell’ambito della Facoltà di appartenenza”.

La citata nota del 25-1 rilevava che la ricorrente non riveste alcuna di tali condizioni, sicché comunicava l’avvio del procedimento di risoluzione del rapporto di lavoro.

La ricorrente riscontrava tale comunicazione, osservando che due delle tre deroghe alla risoluzione del rapporto configuravano condizioni pressocché impossibili da verificarsi: il coordinamento nazionale o anche a livello di Ateneo di un progetto PRIN viene affidato, con percentuali ampiamente superiori al 90%, a professori di prima o seconda fascia; tali percentuali raggiungono il 100% nei settori disciplinari delle aree umanistiche.

Quanto al secondo criterio (essere gli unici docenti del proprio SSD), ben difficilmente può trovarsi un intero settore scientifico disciplinare affidato a un unico docente ricercatore.

La ricorrente, ancora, contestava i criteri di valutazione dei lavori scientifici, che non differenziavano articoli di poche pagine (come schede bibliografiche) rispetto a studi, pubblicati in forma di articolo, che costituiscono la risultante di mesi di ricerche in archivi, anche lontani; contestava altresì la scelta di limitare il quinquennio decorrente dal 2005 al 2009, con esclusione del 2010, ultimo anno maturato, in cui la ricorrente aveva pubblicato un corposo articolo.

L’Università, tuttavia, con decreto del Rettore dell’1-3-2011 stabiliva la risoluzione del rapporto di lavoro dall’1-11-2011.

La ricorrente impugnava sia detto decreto che gli atti presupposti (i deliberati del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione dell’Università del 27-9-2010 e dell’1-10-2010).

Il ricorso sottoponeva i dati numerici degli studenti che seguono l’insegnamento di Storia contemporanea e dei docenti del Settore (questi in numero molto inferiore rispetto al rapporto ottimale docente/studenti previsto dal D.M. 22-9-2010 n. 17); sottolineava l’incongruenza tra le rassicuranti dichiarazioni ufficiali del Rettore circa le risorse finanziarie di cui dispone l’Università (tanto da annunciare la stabilizzazione dei “lavoratori dei progetti di utilità collettiva”) e la decisione di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro con i ricercatori con un’anzianità contributiva di 40 anni.

La ricorrente, poi, a proposito del trattenimento in servizio dei ricercatori che presentassero almeno uno dei requisiti sopra indicati, lamentava che, degli stessi, il secondo e il terzo risultavano, di fatto, impossibili da realizzare, e il primo legato a una valutazione della stessa Università, riferita a un “quinquennio” di durata pari ad anni 4, escludendo illegittimamente le pubblicazioni edite nel 2010, ultimo anno del quinquennio.

L’Amm.ne si costituiva in giudizio e contestava puntualmente i rilievi della ricorrente.

Questo Tribunale, con ordinanza collegiale n. 1402/11 dell’8-6-2011, disponeva istruttoria; acquisiti gli atti richiesti all’Università, con ordinanza n. 964/11 del 20/22-7-2011 accoglieva la domanda cautelare.

Entrato in vigore l’art. 16, 11 c., del d.l. 6.07.2011 n. 98, secondo cui la risoluzione del rapporto d’impiego ex art. 72, 11 c., del d.l. 25.06.2008 n. 112 non necessita di ulteriore motivazione qualora l’Amministrazione abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi, con decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Catania del 13-9-2011, n. 3960, preceduto da comunicazione di avvio del procedimento del 10 agosto 2011, il rapporto di lavoro con la ricorrente veniva risolto a decorrere dal 1-3-2012.

La ricorrente impugnava anche detto decreto, con ricorso per motivi aggiunti.

Con ordinanza n. 103/12 questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione dell’ulteriore provvedimento impugnato.

Le parti hanno prodotto memorie in vista dell’Udienza di merito.

Infine, nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Come esposto in premesse, l’Amministrazione ha deliberato la risoluzione generalizzata dei rapporti di lavoro dei ricercatori in possesso di anzianità contributiva di 40 anni, ad eccezione dei ricercatori che si trovassero anche in una soltanto delle seguenti situazioni: 1) avere ottenuto un determinato punteggio “secondo la valutazione della produzione scientifica nel quinquennio 2005-2009”; 2) essere titolari “di un progetto PRIN ovvero di altri progetti di interesse nazionale o internazionale”; 3) “essere gli unici docenti del proprio SSD”.

La ricorrente ha contestato (con il secondo motivo del ricorso introduttivo, riproposto come terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti) i criteri in questione, deducendo:

a) quanto all’unico titolo didattico valutato –la titolarità di un progetto PRIN o di altri progetti internazionali o nazionali- la ricorrente lamenta che, a livello nazionale, i coordinatori di detti progetti sono, per oltre il 96%, professori di prima o di seconda fascia; il numero sparutissimo di ricercatori titolari di tali progetti riguarda le aree scientifiche (mediche e ingegneristiche), mentre nessun ricercatore di materie umanistiche ha avuto assegnati tali incarichi.

Sicché la previsione di tale requisito equivale –per i ricercatori, come la ricorrente, di materie storiche- alla preclusione, in partenza, del riconoscimento della deroga.

b) In secondo luogo, la ricorrente lamenta l’irrazionalità del criterio che deroga alla risoluzione del rapporto laddove si sia “unici docenti del proprio SSD”.

La ricorrente lamenta che anche tale previsione derogatoria avrebbe possibilità applicative molto remote: persino nella situazione del SSD M-STO/04 nella Facoltà di Scienze della Formazione, ove opera solo un altro docente oltre alla ricorrente, la deroga non sarebbe applicabile, pure a fronte di una popolazione studentesca, nei vari corsi in cui la disciplina Storia contemporanea costituisce insegnamento curriculare, superiore a 3500 studenti iscritti.

Infatti, una simile situazione precluderebbe che le esigenze degli studenti possano essere salvaguardate (nella specie, da un solo docente per migliaia di studenti).

c) La ricorrente lamenta pure l’erroneità del criterio legato alla produttività soggettiva del ricercatore, per un verso perché, all’interno dei settori disciplinari che comprendono le discipline storiche, verrebbero equiparati -attribuendo gli stessi punteggi- articoli di poche pagine (come una scheda bibliografica) ad articoli , ben più complessi , la cui pubblicazione fa seguito a lunghe attività di indagini archivistiche.

In altre parole, non appare congruente apprezzare con gli stessi punteggi lavori del tutto diversi, col risultato che due articoli minimi, facilmente redatti senza ricerche specifiche, valgono il doppio di un articolo complesso, derivante da mesi e mesi di ricerche e raffronti.

E parimenti illogico è limitare il periodo considerato al 2009, senza ricomprendere l’ultimo anno maturato alla data di comunicazione (25-1-2011) dell’avvio del procedimento volto alla risoluzione del rapporto di lavoro.

La valutazione delle pubblicazioni della ricorrente (che aveva pubblicato nel 2010 un articolo) è risultata incongrua, in quanto, in luogo della disamina di merito delle pubblicazioni, sono stati applicati criteri meramente quantitativi, penalizzanti per alcune discipline a beneficio di altre, e senza considerare l’apporto, in termini di ricerca e di approfondimento, della docente.

Il Collegio ritiene il ricorso fondato sotto l’assorbente profilo dell’illogicità ed insufficienza dei criteri introdotti con i richiamati atti presupposti e del difetto di motivazione in ordine al complesso delle funzioni svolte dalla ricorrente, ricercatrice con attività non solo scientifica ma anche didattica, per cui avrebbe dovuto essere valutato anche il profilo dell’impegno di insegnamento nei vari corsi universitari.

Ad avviso del Collegio, sebbene la normativa applicata sia espressamente ispirata ad obiettivi di contenimento della spesa pubblica, rispetto ai quali non può prevalere, di per sé, l’interesse dei docenti al mantenimento in servizio, tuttavia, al momento in cui l’Amm.ne ha stabilito di non avvalersi della facoltà di risoluzione del rapporto di lavoro dei ricercatori in alcune ipotesi, avendo scelto di autolimitare la facoltà di risoluzione dei rapporti di lavoro mediante il ricorso a criteri oggettivi di scelta del personale da salvaguardare, avrebbe dovuto individuare criteri logici e congruenti.

Ma, nel caso specifico, i criteri adottati dall’Università non hanno consentito di ‘pesare’ i compiti connessi alla didattica , avuto riguardo alla plausibilità dei rilievi della ricorrente circa il numero totale degli studenti.

L’Università, infatti, in riscontro all’ordinanza istruttoria della Sezione, ha depositato, tra l’altro, lo specchietto degli studenti “iscritti A.A. 2010/11”, distinti per corso di laurea.

La ricorrente ha dedotto l’incompletezza di tale specchietto, dal quale risulta un numero totale degli studenti, in corso e fuori corso, di 1256, quando invece, secondo i calcoli minuziosamente riportati dalla ricorrente, gli stessi sarebbero 1518 .

Ora, ad avviso del Collegio, indipendentemente da tali discordanze, risulta comunque evidente il notevole numero di studenti, ed il correlativo significativo impegno didattico per la ricorrente, per valutare il quale però non si rinviene alcun riscontro nei criteri introdotti dagli Organi universitari.

Sotto altro profilo, appaiono convincenti i rilievi della ricorrente circa l’incongruenza dei criteri di valutazione della produzione scientifica, che non consentono di differenziare opportunamente le distinte tipologie di lavori né di valorizzare il differente impegno di ricerca richiesto per redigere le stesse.

Ne consegue l’irragionevolezza dei criteri posti dall'Università intimata per valutare se avvalersi o meno della facoltà di risolvere il rapporto di lavoro dei ricercatori, giacchè, per un verso, tali criteri per il mantenimento in servizio stabilirebbero requisiti la cui verificazione sarebbe impossibile, per altro verso gli stessi non consentono di valorizzare la specificità dei compiti svolti da soggetti come la ricorrente.

Ne consegue l’accoglimento del ricorso con il conseguente annullamento dei criteri generali indicati e dei consequenziali provvedimenti applicativi, e con assorbimento degli ulteriori profili di censura, al cui esame parte ricorrente non mantiene alcun interesse.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Condanna l’Università resistente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate nella misura di euro 2.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Calogero Ferlisi, Presidente

Pancrazio Maria Savasta, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

Sul "diritto all'assunzione" decide sempre il giudice ordinario

Tar Palermo Sez. III, sentenza n. 120 del 18 gennaio 2012
Data: 
18/01/2012
N. 00120/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02608/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA


ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2608 del 2011, proposto da ***, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Caldarera, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Laura Castiglione, sito in Palermo, via Sammartino, n. 2;

contro

- l’Assessorato Regionale delle autonomie locali e della finanza pubblica, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui Uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è domiciliato ex lege;
- l’Assessorato BB.CC.AA. e della Pubblica Istruzione, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui Uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è domiciliato ex lege;

per l'annullamento:

previa sospensione dell’efficacia:

- del d.d.g. n. 306589 del 26/8/2011 con il quale viene decretata l’approvazione della graduatoria definitiva di merito del concorso pubblico per titoli a n. 97 posti di assistente tecnico restauratore del ruolo tecnico dei beni culturali, nella parte in cui non procede alla dichiarazione dei vincitori ed alla relativa assunzione;

- di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e/o conseguente;

nonché per il risarcimento di tutti i danni subiti dalla ricorrente in conseguenza della ritardata o mancata assunzione;

Visto il ricorso introduttivo del giudizio, con i relativi allegati;

Vista la domanda di concessione di una ingiunzione di pagamento ai sensi dell’art. 55, c. 1, c.p.a.;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Favara;

Vista l’ordinanza n. 163/2011;

Visti i documenti depositati in giudizio dal Comune di Favara in data 7/4/2011 in esecuzione della citata ordinanza;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Visti gli atti tutti del giudizio;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2012 il Cons. Federica Cabrini;

Uditi i difensori delle parti, come da verbale;

Visti gli artt. 55 e 60 c.p.a.;

Accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;

Ritenuto che il ricorso possa essere deciso con sentenza in forma semplificata;

Sentiti sul punto i difensori delle parti costituite, come da verbale;

Rilevato che l’art. 63, cc. 1 e 4, d.lgs. n. 165/2001 recita: “Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni … incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro … ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti… Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”;

Rilevato che la ricorrente, vincitrice del concorso di cui trattasi, invoca il diritto all’assunzione e lamenta che illegittimamente l’Amministrazione avrebbe applicato al procedimento concorsuale di cui trattasi l’art. 1, c. 10, l.r. n. 25/08 s.m.i.. relativo al blocco delle assunzioni;

Ritenuto che costituisce ius receptum il principio secondo il quale rientrano nella giurisdizione del g.a. le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione di dipendenti pubblici limitatamente a quelle attinenti alla fase del concorso, dall'adozione del bando, fino all'approvazione della graduatoria definitiva con cui si concludono le operazioni, e ciò in quanto l'attività svolta dall'Amministrazione in queste fasi del procedimento ha ad oggetto la valutazione comparativa dei candidati, che è attività prettamente discrezionale incidente su posizioni di interesse legittimo degli aspiranti, mentre nelle fasi successive all'approvazione della graduatoria definitiva viene in considerazione il diritto soggettivo dei vincitori all'assunzione e, quindi, alla concreta instaurazione del rapporto di lavoro con la p.a., che rientrano nella giurisdizione del g.o. (cfr. in termini, ex multis: T.a.r. Lazio – Roma, sez. III, 11 marzo 2011, n. 2214; T.a.r. Lombardia - Milano, sez. IV, 25 febbraio 2011, n. 573; T.a.r. Lazio – Roma, sez. II, 4 febbraio 2011, n. 1032; T.a.r. Lazio – Roma, sez. III, 13 dicembre 2010, n. 36231; T.a.r. Sicilia – Catania, sez. II, 14 maggio 2010, n. 1473);

Ritenuto pertanto che, tenuto conto del petitum sostanziale dedotto in giudizio, cioè il diritto all’assunzione, la giurisdizione spetti al giudice ordinario e ciò indipendentemente dalla circostanza che la determinazione asseritamente lesiva relativa al c.d. “blocco delle assunzioni”, avente natura autonoma, sarebbe contenuta nello stesso provvedimento conclusivo della procedura concorsuale (approvazione della graduatoria) in quanto di essa potrà conoscere il giudice ordinario, eventualmente disapplicandola, se illegittima;

Ritenuto in conclusione che il ricorso deve, allo stato, essere dichiarato inammissibile, fermi restando gli effetti della domanda ai sensi dell’art. 11 c.p.a., laddove essa venga riproposta al giudice ordinario entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, salve eventuali preclusioni e decadenze eventualmente già intervenute;

Ritenuto quanto alle spese che, tenuto conto della natura della controversia, esse possano eccezionalmente essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Nicolo' Monteleone, Presidente

Federica Cabrini, Consigliere, Estensore

Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario
 
L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/01/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Il procedimento disciplinare deve essere avviato entro 120 giorni dal deposito della sentenza di assoluzione

Tar Palermo Sez. I, sentenza n. 1812 del 13 ottobre 2011
Data: 
13/10/2011
In caso di sentenza penale di assoluzione, per l’avvio o la prosecuzione del procedimento disciplinare trovano applicazione i termini di cui all’ dall’9 comma 6° del D.P.R. n. 737/1981.
 

N. 01812/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01752/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1752 del 2011, proposto da:
****, rappresentato e difeso dall'avv. Luciana Carta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Rossi sito in Palermo, via Nicolo' Turrisi, 35;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze Direzione, Comando Regionale Sicilia della Guardia di Finanza di Palermo, Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Agrigento, in persona dei rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo presso i cui uffici di via A. De Gasperi 81 sono domiciliati;
per l'annullamento
della Determina del Comandante regionale della Guardia di Finanza di Palermo, prot. 0280501/11 del 9 maggio 2011, notificata il 14 maggio 2011, con la quale “il ricorso di cui alle premesse, presentato dal Finanziere scelto **** è infondato e pertanto deve essere rigettato”, in conformità, all’esito del ricorso gerarchico, della Determina del Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Agrigento del 21 gennaio 2011, notificato il 22 gennaio 2011, con la quale si infliggeva al ricorrente “…la sanzione di giorni 04 (quattro) di consegna”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Comando Regionale Sicilia della Guardia di Finanza di Palermo e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Agrigento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2011 il dott. Nicola Maisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Con ricorso notificato in data 12 luglio 2011 e depositato il successivo 17.8, il ricorrente ha impugnato la Determina del Comandante regionale della Guardia di Finanza di Palermo, prot. 0280501/11del 9 maggio 2011, notificata il 14 maggio 2011, con la quale “il ricorso di cui alle premesse, presentato dal Finanziere scelto **** è infondato e pertanto deve essere rigettato”, in conformità, all’esito del ricorso gerarchico, della Determina del Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Agrigento del 21 gennaio 2011, notificato il 22 gennaio 2011, con la quale si infliggeva al ricorrente “…la sanzione di giorni 04 (quattro) di consegna”.
In tale gravame vengono articolate le censure di nullità ed annullabilità del provvedimento impugnato, per diverse violazioni di legge, nonché per eccesso di potere.
Si è costituita l’amministrazione intimata.
Alla camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare proposta in seno al gravame, il ricorso è stato posto in decisione.
In via preliminare il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma
semplificata emessa, ai sensi dell’art.60 cod. proc. amm., adottata in esito alla camera di consiglio
per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio e l’avvenuta, esaustiva, trattazione delle tematiche oggetto di giudizio; possibilità espressamente indicata alle parti, dal
Presidente del Collegio, in occasione dell’adunanza camerale fissata per la trattazione della domanda cautelare.
Il ricorso è fondato in ragione della fondatezza della censura articolata al n. 4, con la quale viene denunziata l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto derivato da un procedimento disciplinare che si è perento, per il decorso di 120 giorni tra il deposito della sentenza di assoluzione ed il suo inizio, termine previsto dall’art. 9 comma 6° del D.P.R. n. 737/1981.
Punto centrale della questione è costituito da quale sia il termine applicabile nella fattispecie: l’amministrazione ritiene applicabile il più lungo termine di 180 giorni previsto dalla legge n. 19/1990, mentre il ricorrente invoca il termine di 120 giorni previsto dall’art. 9 comma 6° del D.P.R. n. 737/1981.
Il ricorso è fondato alla luce dei principi recentemente ribaditi dalla decisione della VI sezione del Consiglio di Stato n. 1894 del 29 marzo 2011, secondo i quali, in caso di sentenza penale di assoluzione, per l’avvio o la prosecuzione del procedimento disciplinare trovano applicazione i termini di cui all’ dall’9 comma 6° del D.P.R. n. 737/1981.
Poiché dallo stesso provvedimento impugnato risulta che, nella fattispecie per cui è causa, il procedimento disciplinare è stato attivato oltre il suddetto termine, la censura articolata dal ricorrente è fondata.
Dichiarate assorbite le ulteriori censure il ricorso deve pertanto essere accolto e, per l’effetto, annullato il provvedimento impugnato.
Il Collegio ravvisa giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Nicola Maisano, Presidente FF, Estensore
Giovanni Tulumello, Consigliere
Aurora Lento, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/10/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Non osta all'accoglimento della domanda di emersione dal lavoro irregolare la condanna penale riportata dal datore di lavoro

Tar Palermo Sez. II, sentenza n. 1688 del 28 settembre 2011
Data: 
28/09/2011
Materia: 
Emersione lavoro irregolare
N. 01688/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01740/2011  REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1740 del 2011, proposto da ***, rappresentato e difeso dall'avv. Gabriele Lipani, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Nicolò Turrisi N. 48;
contro
-l’Assessorato Reg.le Famiglia – Sportello Unico Immigrazione,
-il Ministero dell'Interno,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Pa, domiciliata per legge in Palermo, via A. De Gasperi 81;
per l'annullamento
- del provvedimento di rigetto della dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare n. prot 5547 del 18.5.11 emesso dall'Ass.to reg.le della Famiglia;
- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2011 il Presidente dott. Nicolo' Monteleone e uditi per le parti i difensori (sono presenti l'avv. G. Pasqualino per l'avv. G. Lipani e l'avv. dello Stato G. M. Pollara);
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Premesso che il presente giudizio può essere definito con "sentenza in forma semplificata”, ai sensi degli artt. 60 e 74 del codice del processo amministrativo, sussistendo i prescritti presupposti di legge e considerato che i procuratori delle parti sono stato avvisati di tale possibilità, osserva il l Collegio che il ricorso merita accoglimento.
Ed invero l’impugnato provvedimento di rigetto della domanda di emersione dal lavoro irregolare presentata in favore del lavoratore extracomunitario, odierno ricorrente, si fonda esclusivamente sul parere non favorevole all’accoglimento dell’istanza espresso dalla Questura di Palermo, la quale ha rilevato che nei confronti del datore di lavoro risulta una “condanna penale per il reato di violazione della disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”;
Ma, come recentemente rilevato da questa Sezione in fattispecie analoga alla presente (v. sentenza n. 1657 del 20 settembre 2011), deve osservarsi che l’articolo 1 ter del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009, n. 102, non pone fra gli elementi ostativi alla favorevole conclusione del procedimento di regolarizzazione/emersione la circostanza che il datore di lavoro abbia riportato condanne penali (cfr., altresì, T.A.R. Emilia Romagna – Bologna sez. I, 6 agosto 2011, n. 7402).
Né può ritenersi applicabile al caso in esame l’art. 31 del D.P.R. n. 394/99 (richiamato nell’atto impugnato), secondo cui la denuncia nei confronti del datore di lavoro in relazione ai reati previsti dal D. Lgs. n. 286/98 e dagli artt. 380 e 381 c.p.p. può comportare il diniego, ad opera della Questura, del nulla – osta all’ingresso in Italia dello straniero residente all’estero.
Ed invero, come ha evidenziato questo Tribunale – Sezione staccata di Catania, sez II, con sentenza n. 30 del 18 gennaio 2005, n. 30, il predetto diniego riguarda la specifica ipotesi in cui il datore di lavoro intende promuovere l’ingresso in Italia, per motivi di lavoro e nell’ambito dei flussi annualmente determinati dalle competenti Autorità ai sensi degli artt. 3 e 21 e ss. D. Lgs. n. 286/98 e 29 D.P.R. n. 394/99, di uno straniero che attualmente non è presente nel territorio nazionale, stante che il nulla – osta è espressamente finalizzato al conseguimento del visto necessario per l’ingresso dello straniero attualmente non presente nel territorio dello Stato.
Pertanto, detta disciplina non può ritenersi applicabile alla diversa ipotesi (che qui ricorre) in cui lo straniero sia già “comunque presente nel territorio nazionale”, che, invece, costituisce l’oggetto della nuova disciplina eccezionale contenuta nel citato art. 1 ter del D.L. n. 78/2009, che, come già osservato, non contiene alcun riferimento ad eventuali condanne riportate dal datore di lavoro.
Assorbito quant’altro, il ricorso va, quindi, accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Le spese del giudizio possono compensarsi tra le parti per giusti motivi correlati alla particolare natura della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) accoglie il ricorso in epigrafe indicato (n. 1740/2011) e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 22 settembre 2011, con l'intervento dei signori magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente, Estensore
Francesca Aprile, Referendario
Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Esami di abilitazione alla professione forense: è sufficiente l'attribuzione del punteggio numerico

Tar Palermo Sez. III, sentenza n. 1642 del 14 settembre 2011
Data: 
14/09/2011
Materia: 
Motivazione
Il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte ed orali di un concorso pubblico, esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti
Il TAR ha ritenuto in particolare che la motivazione espressa numericamente assicuri la necessaria spiegazione delle valutazioni di merito compiute dalla commissione e consenta il sindacato sul potere amministrativo esercitato, specie quando la commissione abbia predisposto - come nel caso che ci occupa - i criteri in base ai quali procederà alla valutazione delle prove; e che la sottocommissione, la quale ha proceduto alla correzione delle prove scritte, ha indicato, sia pure sinteticamente, il giudizio in calce ai due elaborati valutati negativamente
Detto orientamento è stato avallato, da ultimo, dalla Corte Costituzionale, che, con sentenza n. 175/2011 (sopra citata), ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 41, 97 e 117 della Costituzione - degli articoli 17-bis, comma 2, 23, quinto comma, 24, primo comma, del R. D. n. 37/1934.


N. 01642/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01540/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1540 del 2011, proposto da:
***
contro
- il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore;
- la Commissione Centrale costituita presso il Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore;
- la Commissione di esami di avvocato presso la Corte di Appello di Caltanissetta, in persona del legale rappresentante pro tempore;
- la Commissione di esami di avvocato presso la Corte di Appello di Trieste, in persona del legale rappresentante pro tempore;
tutti rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81, sono domiciliati per legge;
per l'annullamento
- del giudizio di non ammissione alla prova orale del concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato, sessione 2010/2011, “non notificato alla ricorrente”;
- del presupposto verbale di valutazione negativa degli elaborati redatti dalla sottocommissione nominata per la correzione e, in particolare, del verbale di seduta del 27.01.2011, in cui veniva corretto l’elaborato n. 28 della ricorrente;
- di ogni altro atto precedente, coevo o successivo, allo stato non conosciuto ma pregiudizievole per la ricorrente;
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, della Commissione Centrale costituita presso il Ministero della Giustizia, della Commissione di esami di avvocato presso la Corte di Appello di Caltanissetta e della Commissione di esami di avvocato presso la Corte di Appello di Trieste;
Relatore il referendario Maria Cappellano;
Uditi alla camera di consiglio del 9 settembre 2011 i difensori delle parti costituite, presenti come da verbale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto il disposto di cui all’art. 60 cod. proc. amm.;
Rilevato che nella medesima camera di consiglio il Collegio, chiamato a pronunciare sulla domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati, ha deciso di definire immediatamente il giudizio nel merito, con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., sentiti sul punto i difensori presenti delle parti in causa nel corso dell’udienza camerale, come da verbale, e accertata la sussistenza di tutti i presupposti di legge (cfr. art. 60 citato);
Ritenuto che:
- la ricorrente si duole della mancata ammissione alle prove orali del concorso per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, sessione 2010/2011, impugnando il verbale di valutazione negativa delle prove scritte redatte dalla predetta;
- con il primo motivo lamenta il difetto di motivazione e la violazione del principio di trasparenza amministrativa, per non avere la sottocommissione apposto alcun segno grafico sull’elaborato, pur in presenza di predeterminati parametri di valutazione;
- con il secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 17 bis e 30 del R.D.L. n. 1578/33, convertito in L. n. 36/1934, nonché dell’art. 6 del D.M. 13.07.2010;
Ritenuto che il ricorso sia infondato;
Ritenuto, in particolare, che:
1) quanto al primo motivo – insufficienza della motivazione – con particolare riferimento al concorso in oggetto, va fatto rinvio alla disciplina, contenuta negli artt. 17-bis, comma 2, 23, comma 5, nonché 24, comma 1, del r.d. n. 37 del 1934, e successive modificazioni; norme, dalla cui lettura sistematica si desume come il criterio prescelto dal legislatore per la valutazione delle prove scritte nell’esame de quo sia quello del punteggio numerico, costituente la modalità di formulazione del giudizio tecnico-discrezionale finale espresso su ciascuna prova, con indicazione del punteggio complessivo utile per l’ammissione all’esame orale (Corte Cost., 8 giugno 2011, n. 175);
- va, altresì, richiamato il consolidato e prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa – da cui il Collegio non ravvisa ragioni, nel caso in specie, per discostarsi – secondo cui, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 della L. n. 241/1990, il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte ed orali di un concorso pubblico, esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti (ex plurimis, cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 settembre 2009, n. 5410; 31 ottobre 2006, n. 7284; 7 marzo 2005, n. 900; C.G.A., sez. giurisdizionale, 10 giugno 2009, n. 499; 22 aprile 2002, n. 260 e n. 238; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 15 gennaio 2009, n. 326; sez. I, 26 febbraio 2003, n. 268; Catania, sez. I, 16 aprile 2008 , n. 643; T.A.R. Toscana, sez. I, 17 marzo 2009, n. 460; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 26 febbraio 2009, n. 683; T.A.R. Marche, sez. I, 14 novembre 2007, n. 1882); essendo stato evidenziato, in particolare, che la motivazione espressa numericamente assicura la necessaria spiegazione delle valutazioni di merito compiute dalla commissione e consente il sindacato sul potere amministrativo esercitato, specie quando la commissione abbia predisposto - come nel caso che ci occupa - i criteri in base ai quali procederà alla valutazione delle prove; e che la sottocommissione, la quale ha proceduto alla correzione delle prove scritte, ha indicato, sia pure sinteticamente, il giudizio in calce ai due elaborati valutati negativamente;
- detto orientamento è stato avallato, da ultimo, dalla Corte Costituzionale, che, con sentenza n. 175/2011 (sopra citata), ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 41, 97 e 117 della Costituzione - degli articoli 17-bis, comma 2, 23, quinto comma, 24, primo comma, del R. D. n. 37/1934;
- va disattesa anche la doglianza, con la quale viene lamentato che, a seguito delle operazioni di correzione e/o revisione degli elaborati, la competente sottocommissione avrebbe omesso di apporre segni grafici, ovvero altre indicazioni, atteso che, per un verso, il giudizio della commissione ha ad oggetto il valore complessivo dell'elaborato, con la conseguenza che anche la eventuale mancanza di annotazioni, sottolineature, glosse o altri segni grafici a margine non può costituire sintomo di omessa valutazione; per altro verso, nessuna norma impone di apporre annotazioni o segni di correzione sugli elaborati (cfr. Cons. Stato, IV, 24 aprile 2009, n. 2576; 7 maggio 2004, n. 2881; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 7 aprile 2005, n. 747; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 14 settembre 2006 n. 8122);
2) quanto al secondo motivo di ricorso - con cui si lamenta l'omessa verbalizzazione dei voti espressi da ciascun commissario, richiamandosi all’art. 6 del D.M. 13.07.2011 di indizione del concorso - lo stesso non merita adesione atteso che, per costante giurisprudenza, tale omissione non determina l'annullamento del giudizio di non ammissione del candidato alla prova orale, in quanto deve ritenersi che l'unico voto, deliberato dalla commissione e riportato nel verbale ed in calce ad ogni elaborato ai sensi degli artt. 24 e 30 del R.D. n. 37/1934, sia espressione di una volontà collegiale unanime tutte le volte in cui non ci sia un'espressa manifestazione di dissenso da parte di uno dei membri della Commissione esaminatrice;
- né l’indicazione a verbale del voto attribuito dal singolo commissario potrebbe avere alcuna utilità, rilevando, anche ai fini di una compiuta contestazione del risultato ottenuto, solo la votazione finale conseguita;
- della rilevanza del solo punteggio complessivo si trae, del resto, conferma dalla lettura sistematica dei commi 1 e 2 del citato art. 6 del decreto ministeriale 13.07.2010; e il citato art. 17-bis del r.d. n. 37/1934 dà rilevanza, ai fini della valutazione di idoneità del candidato, al solo "punteggio complessivo" conseguito, sicchè non occorre riportare nel verbale il voto assegnato da ciascun membro della commissione d'esame (Cons. Stato, IV, 26 aprile 2002, n. 2226; VI, 4 ottobre 2002, n. 5254 e 20 luglio 1995, n. 764; da ultimo, Cons. Stat., IV, 5 dicembre 2006, n. 7116 );
Ritenuto, per quanto finora esposto, che:
- il ricorso debba essere respinto, con salvezza degli atti impugnati;
- le spese seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 26 cod. proc. amm.., e si liquidano come da dispositivo in favore della resistente amministrazione statale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore del Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre oneri accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 9 settembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Federica Cabrini, Presidente FF
Maria Cappellano, Referendario, Estensore
Anna Pignataro, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

E' a carico del Comune l'obbligo di garantire l'erogazione dei servizi socio-assistenziali in favore delle persone inabili e prive di mezzi di sussistenza

Tar Palermo Sez. III, sentenza n. 1412 del 20 luglio 2011
Data: 
20/07/2011
L’obbligo dell’Amministrazione comunale di garantire i servizi socio-assistenziali promana direttamente dal complessivo contenuto dell'articolo 68 della  l.r. n. 22 del 1986
Né la dichiarata mancata congrua previsione di risorse finanziarie in seno al bilancio di previsione pluriennale, può ritenersi possa consentire l’omissione o l’interruzione dei servizi quali quello teso a garantire la residenza assistita agli anziani ricoverati e dei minorati psichici, non costituendo la medesima un’apprezzabile causa giustificativa in tal senso.
Ed invero, il Comune non può non prevedere le somme necessarie allo svolgimento diretto o mediante erogazione di retta di mantenimento dei servizi di che trattasi, come peraltro sancito dal principio espresso dall’art. 6, comma 6, della l.r. n. 6 febbraio 2008, n. 1.
La previsione delle risorse finanziarie in seno agli strumenti di programmazione costituisce, nell’ordinamento degli enti locali della Regione Siciliana, obbligo scaturente dal complessivo impianto ordinamentale in materia (l.r. n. 22 del 1986 – l.r. n. 1 del 2008).


N. 01412/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02013/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2013 del 2010 proposto da ***
contro
il Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Laura La Monaca, con domicilio eletto presso l’Avvocatura comunale in Palermo, piazza Marina, n. 39;
nei confronti di
Casa di Riposo ***, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- «dei provvedimenti del Comune di Palermo con i quali si dispone l’interruzione dell’erogazione delle rette di mantenimento di accoglienza presso strutture residenziali nei confronti dei ricorrenti, tutti ricoverati presso la Casa di Riposo “***”, a causa della insufficienza delle somme per lo svolgimento del servizio con la precisazione che dal 1° settembre 2010 le rette rimangano a totale carico dei ricorrenti stessi, comunicati per tutti con la nota n. 594373 del 16 agosto 2010, inviata, per conoscenza anche alla Casa di Riposo M. ss. del Rosario».
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo;
Vista l’ordinanza n. 1079/2010 con cui è stata accolta la domanda cautelare ai fini del riesame dei provvedimenti impugnati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il referendario Giuseppe La Greca;
Uditi all’udienza pubblica del 17 giugno 2011l’Avv. A. Nocito per la parte ricorrente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato in data 9 novembre 2010 e depositato il 16 novembre seguente, i ricorrenti, fruitori della retta di mantenimento presso la Casa di Riposo «***», hanno impugnato le note in epigrafe, con cui il Comune di Palermo ha disposto l’interruzione dell’erogazione della retta di ricovero stante l’addotta assenza di risorse finanziarie.
2. Il ricorso si articola in un unico motivo di doglianza con cui si deducono i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili sul rilievo, sostanzialmente, che l’assenza di risorse finanziarie non sarebbe contemplata tra le cause di interruzione dell’erogazione della retta, siccome previste dall’art. 11 del regolamento comunale di disciplina dei servizi residenziali.
3. Con ordinanza n. 1079/2010 è stata accolta l’istanza cautelare agli effetti del riesame degli atti impugnati alla luce dei motivi di ricorso e, tuttavia, l’Amministrazione non risulta che vi abbia provveduto.
4. Il Comune di Palermo e la Casa di Riposo ***, benché regolarmente intimati, non si sono costituiti in giudizio.
5. All’udienza pubblica del 17 giugno 2011 presente il procuratore della parte ricorrente il ricorso, su conforme richiesta dello stesso, è stato trattenuto in decisione.
6. Va preliminarmente disposta l’estromissione dal giudizio della Casa di Riposo *** poiché sostanzialmente estranea alla pretesa azionata in giudizio.
7. Quanto alle questioni in rito, va preso atto della mancata esecuzione, da parte del Comune di Palermo, della surrichiamata ordinanza con la quale questo Tribunale ha disposto il riesame dei provvedimenti impugnati: tale circostanza legittima l’applicazione della regola di giudizio, cui il Collegio può attenersi, risultante dal combinato disposto degli artt. 39 e 55 del codice del processo amministrativo e 116 c.p.c.
8. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
L’obbligo dell’Amministrazione comunale di garantire i servizi socio-assistenziali, quale quello la cui interruzione costituisce oggetto di doglianza, promana direttamente dal complessivo contenuto della l.r. n. 22 del 1986, il cui art. 68 stabilisce - nel quadro di un sistema finalizzato a garantire ai cittadini che ne hanno titolo interventi adeguati alle esigenze della persona – che:
«68. Adecorrere dall'entrata in vigore della presente legge i comuni sono tenuti a provvedere:
a) agli oneri finanziari conseguenti al disposto dell'art. 403 del codice civile;
b) al mantenimento delle persone inabili e prive di mezzi di sussistenza segnalate dalle autorità locali di pubblica sicurezza ai sensi e per gli effetti dell'art. 154 del testo unico di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
Fino a quando i comuni non saranno in grado di porre a carico del proprio bilancio gli oneri conseguenti all'applicazione del presente articolo, gli stessi possono essere posti a carico del Fondo per i servizi di cui all'art. 19 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1.
All'azione di rivalsa per il recupero delle spese sostenute per gli interventi di cui al primo comma, si provvede esclusivamente nei confronti dei comuni non siciliani che hanno la competenza passiva ai sensi dell'art. 72 della legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni ed integrazioni.
Si prescinde, inoltre, dall'esercizio dell'azione di rivalsa nei confronti degli obbligati per legge a prestare gli alimenti che siano titolari di redditi non eccedenti il triplo della fascia esente ai fini dell'IRPEF.
Non si fa luogo all'applicazione del terzo e quarto comma dell'art. 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Gli interventi previsti dal presente articolo sono attuati anche nei confronti di non residenti, accertate le necessità e l'urgenza delle prestazioni. Dell'intervento realizzato viene data comunicazione al comune di residenza dell'assistito ed al comune di eventuale dimora».
Né la dichiarata mancata congrua previsione di risorse finanziarie in seno al bilancio di previsione pluriennale, può ritenersi possa consentire l’omissione o l’interruzione dei servizi quali quello teso a garantire la residenza assistita agli anziani ricoverati e dei minorati psichici, non costituendo la medesima un’apprezzabile causa giustificativa in tal senso.
Ed invero, il Comune, e per esso, la Giunta, all’atto della predisposizione dello schema di bilancio annuale e pluriennale, nonché il Consiglio comunale nella fase approvativa e, ancora, nuovamente la Giunta nella fase dell’attuazione dei programmi per il tramite del piano esecutivo di gestione, non possono non prevedere le somme necessarie allo svolgimento diretto o mediante erogazione di retta di mantenimento dei servizi di che trattasi, come peraltro sancito dal principio espresso dall’art. 6, comma 6, della l.r. n. 6 febbraio 2008, n. 1.
La previsione delle risorse finanziarie in seno agli strumenti di programmazione costituisce, nell’ordinamento degli enti locali della Regione Siciliana, obbligo scaturente dal complessivo impianto ordinamentale in materia (l.r. n. 22 del 1986 – l.r. n. 1 del 2008).
9. Al lume delle suesposte considerazioni il ricorso, previa estromissione della Casa di Riposo Maria SS. del Rosario, va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, cui consegue l’obbligo dell’Amministrazione di adottare i necessari provvedimenti tesi a ristabilire la fruizione dell’interrotto servizio da parte del ricorrente.
10. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la regola della soccombenza, mentre vanno dichiarate irripetibili nei confronti della parte estromessa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione secondo quanto specificato in motivazione.
Condanna il Comune di Palermo alla rifusione, in favore della parte ricorrente, delle spese processuali e degli onorari di causa che liquida in complessivi € 1.000,00 (euro mille/00) oltre IVA e CPA come per legge; dichiara irripetibili le spese nei confronti della parte estromessa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Adamo, Presidente
Federica Cabrini, Consigliere
Giuseppe La Greca, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Spetta al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro l'azione per il risarcimento del danno da ritardata assunzione

Tar Palermo Sez. II, sentenza n. 1273 del 1 luglio 2011
Data: 
01/07/2011
Appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario n.q. di giudice del lavoro, restando attratte in via meramente residuale alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 3 dello setto D.Lgs.cit..
Conseguentemente, qualsiasi ulteriore questione inerente la suddetta (nuova ed autonoma) pretesa risarcitoria non può che appartenere alla cognizione del giudice cui è attribuita la giurisdizione sul relativo rapporto sottostante.
 


N. 01273/2011 REG.PROV.COLL.
N. 03613/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[omissis]
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 03/06/2006 e depositato il 14/06/2004, il ricorrente ha posposto domanda risarcitoria per ritardo nell’assunzione presso il Comune di Palermo con la qualifica di centralinista.
Premette di opposto ricorso amministrativo avverso le determinazioni assunte dall’UPLMO in ordine al mancato riconoscimento della suddetta qualifica che ha annullato la determinazione n.6/A/Dir. Dell’11/6/2001 dello SCICA.
In seguito, il ricorrente è stato quindi assunto in data 01/09/2003 (dopo un iter procedurale nel quale si è proceduto al reinserimento del ricorrente nella relativa graduatoria e nel licenziamento della Sig.ra Mendolia Alessandra assunta in luogo dello stesso ricorrente).
In questa sede chiede il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno conseguente alla ritardata assunzione, quantificato nell’ammontare delle mensilità non corrisposte in ragione dello stesso ritardo, articolando altresì argomenti a sostegno della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
Resiste l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, depositando documenti.
Alla pubblica udienza del 23 giugno 2011 l’Avvocato Distrettuale dello Stato, con nota presa a verbale, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito, insistendo in via gradata per il suo rigetto.
Ciò posto, l’eccezione dell’Avvocatura è fondata e condivisibile.
Occorre premettere che la questione involge, come espresso in narrativa, la pretesa risarcitoria del ricorrente per il tardivo avviamento al lavoro, e relativa assunzione, del ricorrente presso il Comune di Palermo con la qualifica di centralinista a mezzo dell’utilizzo delle graduatorie predisposte dall’U.P.L.M.O..
Costituisce punto non controverso del presente giudizio il fatto che il rapporto di lavoro sottostante non appartenga a quelli rimasti attratti alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi della nuova disciplina oggi prevista dal D.Lgs.165/2001. Ed invero, non appare altresì superfluo osservare come lo stesso ricorso amministrativo già proposto dal ricorrente presso l’U.P.L.M.O. (che ha annullato il provvedimento SCICA n.6/A/Dir. Dell’11/6/2001) è successivo al dato normativo che ha ridisegnato i confini della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di pubblico impiego. Come già affermato da questa Sezione con la recente sentenza n.411/2011 (su un caso sostanzialmente analogo a quello qui in esame), oggi (superato il regime transitorio di cui all’art.69 co.7 del D.Lgs.165/2001) tutte le questioni relative al pubblico impiego “contrattualizzato”, alla stregua di quanto disposto dall’art.63 D.Lgs.165/2001, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario n.q. di giudice del lavoro, restando attratte in via meramente residuale alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 3 dello setto D.Lgs.cit..
Conseguentemente, qualsiasi ulteriore questione inerente la suddetta (nuova ed autonoma) pretesa risarcitoria non può che appartenere alla cognizione del giudice cui è attribuita la giurisdizione sul relativo rapporto sottostante.
Non convince in senso opposto la giurisprudenza evocata dal ricorrente (Cons. di Stato Sez. VI 18/3/2002 n. 1423) siccome in quella fattispecie l’azione pregressa era stata infatti temporalmente azionata (come quella decisa con la recente sentenza del Consiglio di stato, sez. V, 10 maggio 2010, n. 2750) nella vigenza della più ampia giurisdizione su tutto il pubblico impiego unicamente assegnata in via esclusiva al giudice amministrativo.
A differenti conclusioni non può peraltro indurre neanche la recente pronuncia della Corte di Cassazione Civile -sez. un., 30 novembre 2009, n. 25097 di cui il Collegio è a conoscenza, siccome in quella fattispecie -portata alla cognizione del Giudice della giurisdizione- si controverteva proprio del presupposto illegittimo esercizio del potere della P.A. di indire una procedura concorsuale in luogo dell’obbligo di attingere alle graduatorie dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo/funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo.
In altri termini, la pretesa risarcitoria proposta dal ricorrente in questa sede appartiene al giudice ordinario avente cognizione sul rapporto sottostante.
In conclusione, il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito, appartenendo la questione qui dedotta alla cognizione del giudice ordinario n.q. di giudice del lavoro, presso il quale il processo potrà essere riproposto, ai sensi e per gli effetti dell’art.11 co.2 c.p.a., entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza.
Considerata la natura della controversia, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per come in motivazione riportato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Cosimo Di Paola, Consigliere
Roberto Valenti, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)