Sulla risarcibilitĂ  del danno da ritardo

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C.G.A. sentenza n. 684 del 24 ottobre 2011
Data: 
24/10/2011
Materia: 
Danno da ritardo
L'art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990 statuisce il principio secondo il quale  anche il tempo è un bene della vita per il cittadino. Sulla base di tale principio la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica. In questa prospettiva ogni incertezza sui tempi di realizzazione di un investimento si traduce nell’aumento del c.d. “rischio amministrativo” e, quindi, in maggiori costi, attesa l’immanente dimensione diacronica di ogni operazione di investimento e di finanziamento.

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
d e c i s i o n e
sul ricorso in appello n.1339/2010, proposto dal
COMUNE DI VENETICO,
in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Saitta ed elettivamente domiciliato in Palermo, via Gioacchino Ventura, n. 4, presso lo studio dell’avv. Andrea Piazza;
c o n t r o
la ASTRA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Manlio Nicosia ed elettivamente domiciliata in Palermo, via Mariano Stabile, n. 203, presso lo studio dell’avv. Roberto Ficili;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. della Sicilia, sezione staccata di Catania (sez. int. I), 16 agosto 2010, n. 3459.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società appellata;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatoreil Consigliere Guido Salemi;
Uditi, altresì, alla pubblica udienza del 16 marzo 2011, l’avv. A. Saitta per il comune appellante e l’avv. G. Monforte, su delega dell’avv. M. Nicosia, per la società appellata;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
1) - La società Astra s.r.l. adiva il T.A.R. della Sicilia, sezione staccata di Catania, chiedendo la condanna del Comune di Venetico al risarcimento dei danni conseguenti alla ritardata conclusione del procedimento amministrativo relativo all’approvazione di un piano di lottizzazione convenzionata, finalizzato alla realizzazione di alcuni capannoni industriali, progetto per il quale il Ministero delle attività produttive aveva concesso un finanziamento ex L. n. 448/1992 subordinatamente all’ultimazione dei lavori entro 48 mesi dal decreto di finanziamento (datato 23 giugno 2003).
La società ricorrente stimava il danno in € 1.241.605,54, articolandolo nelle seguenti voci: a) - perdita del finanziamento, originariamente concessole (pari a € 359.463,00), e il connesso obbligo di pagamento degli interessi sulle somme da restituire, ammontanti a Euro 150.000,00 circa; b) - perdita di € 220.356,00 a causa della mancata realizzazione dell’investimento; c) - perdita di € 532.270,00 a titolo di lucro cessante; d) - danno patrimoniale e all’immagine per € 100.000,00.
2) - Con sentenza 16 agosto 2010, n. 3450, il giudice adito dichiarava fondato il ricorso solo in parte.
In via preliminare, detto giudice respingeva l’eccezione con la quale si addossava alla ricorrente la responsabilità per non aver evitato (ex art. 1227 c.c.) il lamentato evento lesivo, attivando i poteri sostitutivi di competenza regionale, previsti dall’art. 27 della L. R. n. 71/1978 per le ipotesi di inerzia nella gestione dei procedimenti amministrativi disciplinati dalla medesima legge regionale.
Analoga conclusione valeva per l’eccezione che addebitava alla ricorrente la mancata impugnazione e/o contestazione delle richieste istruttorie e degli altri atti addebitati dal Comune, che avevano contribuito a ritardare la conclusione del procedimento.
Passando all’esame delle singole inerzie e/o delle richieste speciose opposte dal Comune nel procedimento, il T.A.R. riteneva che, comparando le argomentazioni sostenute in ricorso con le giustificazioni fornite nella memoria difensiva del Comune, alcuni ritardi risultavano giustificabili; altri, invece, apparivano privi di accettabile spiegazione.
In particolare, pur ammettendo la necessità di richiedere il primo parere del Consorzio A.S.I. di Messina, il lungo tempo intercorso tra l’ottenimento di quest’ultimo e l’approvazione dello schema di convezione da parte del Consiglio comunale - peraltro inframmezzato da una iniziativa giurisdizionale a scopo sollecitatorio - appariva francamente ingiustificabile.
In secondo luogo non era spiegabile la ragione per la quale il Comune avesse sottoscritto la convenzione di lottizzazione soltanto nel settembre 2006.
Infine, dalla data del collaudo delle opere di urbanizzazione primaria (6 marzo 2007) a quella del rilascio della concessione edilizia (21 maggio 2007) erano decorsi senza giustificato motivo altri due mesi che, nell’economica della vicenda, avevano avuto un peso rilevante.
In conclusione - rilevava il T.A.R. - i tempi di approvazione della lottizzazione e rilascio della relativa concessione avevano subito alcuni ingiustificati allungamenti, stimabili in un lasso di tempo superiore all’anno.
Passando a verificare la sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi dell’illecito, aquiliano, necessari a fondare la responsabilità dell’Amministrazione per il c.d. danno da ritardo, espressamente codificato dall’art. 2-bis della legge n. 241/1990, il T.A.R. rinveniva il requisito della colpa, attraverso presunzioni semplici, nei ripetuti comportamenti omissivi e/o dilatori tenuti dal Comune, che non erano stati giustificati neanche ex post.
Quanto alla quantificazione del danno, la stessa, ad avviso del T.A.R., poteva essere accolta solo nella misura di € 143.479,00, atteso che l’intero danno lamentato non appariva - allo stato - adeguatamente provato.
Infatti, la ricorrente, dando per scontata la revoca del finanziamento - allegava una nota della Banca agricola popolare di Ragusa (concessionaria del Ministero delle attività produttive), datata 2 aprile 2008, nella quale, da una parte, era chiesta alla ricorrente solo la restituzione della prima tranche (oltre a rivalutazione e interessi) di finanziamento fino ad allora erogata, appunto per un importo di € 143.478,00.
Appariva, quindi, evidente che - almeno allo stato, e salve ulteriori decisioni dell’Amministrazione competente - nessuna revoca fosse stata definitivamente deliberata e che fosse stata solo attivata l’azione di restituzione della quota di finanziamento fino allora anticipata.
In conclusione, il T.A.R. reputava che il risarcimento dovuto dal Comune aveva a oggetto solo la predetta somma e che tutte le ulteriori voci di danno non erano assistite da sufficiente prova, non essendo stato ancora emesso il provvedimento di revoca e dell’agevola-zione finanziaria, fermo, peraltro, restando il principio che gli even-tuali ulteriori e successivi danni, se provati, avrebbero potuto essere richiesti con azioni successive, entro il termine del relativo diritto.
3) - Il Comune di Venetico ha proposto appello contro la summenzionata sentenza, deducendo i seguenti motivi di censura:
a) - la domanda risarcitoria doveva essere integralmente rigettata, non essendovi agli atti la prova né dell’avvenuta restituzione della prima rata del finanziamento a fondo perduto, né della definitiva revoca del beneficio a suo tempo erogato;
b) - nella produzione dell’evento vi è stato il concorso del fatto colposo della ricorrente creditrice (art. 1227 c.c.), la quale ha omesso di chiedere l’intervento sostitutivo dell’Assessorato regionale al territorio e ambiente ai sensi dell’art. 27 della L.R. 27 dicembre 1978, n. 71;
c) - acquiescenza della ricorrente alle richieste istruttorie del Comune;
d) - erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che fossero ingiustificate le asserite inerzie nello svolgimento dell’attività procedimentale.;
e) - insussistenza dell’elemento della colpa.
4) - La società Astra ha controdedotto ai motivi di appello e ha proposto appello incidentale.
A suo avviso, la sentenza è errata nella parte in cui non ha riconosciuto l’intervenuta perdita del rilevante contributo ottenuto, con conseguente condanna del Comune al risarcimento di tutte le voci di danno.
Ciò perché, come stabilito da questo Consiglio in un caso analogo (sentenza n. 1368/2010), “la disciplina che regola il finanziamento contemplava una causa di disimpegno automatico della concessione provvisoria delle agevolazioni nel caso di mancato completamento dei lavori entro termine che, nella specie, erano trascorsi al momento della concessione edilizia …”
La sentenza appellata è, inoltre, ingiusta ove ha statuito che l’importo di € 143.478,00 “è dovuto solo ove quest’ultima dimostri di aver restituito tale importo”.
5) - Con successive memorie le parti hanno ribadito le rispettive tesi difensive.
La difesa del Comune ha, inoltre, eccepito che l’appello incidentale è tardivo.
6) - Alla pubblica udienza del 16 marzo 2011, l’appello è stato trattenuto in decisione.
D I R I T T O
1) - L’appello è infondato.
Non può, invero, porsi in dubbio che, come rettamente rilevato dal giudice di prime cure, i tempi di approvazione della lottizzazione di rilascio della relativa concessione abbiano subito alcuni ingiusti-ficati allungamenti stimabili in un lasso di tempo superiore all’anno. Né può condividersi il tentativo della difesa dell’Amministrazione, reiterato in sede di appello, di addossare all’appellata la responsabilità per il superamento del limite di tempo fissato per la conclusione del procedimento.
Come è stato recentemente osservato dal Consiglio di Stato (cfr. sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271), la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi della p.a., stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati siano tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa e colposa del termine di conclusione del procedimento
La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica. In questa prospettiva ogni incertezza sui tempi di realizzazione di un investimento si traduce nell’aumento del c.d. “rischio amministrativo” e, quindi, in maggiori costi, attesa l’immanente dimensione diacronica di ogni operazione di investimento e di finanziamento (cfr. questo C.G.A., 4 novembre 2010, n. 1368).
Nel caso di specie va escluso che vi sia stato il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c. in relazione alla mancata richiesta dell’intervento sostitutivo regionale, previsto dall’art. 27 della legge regionale n. 71 del 1978.
A prescindere dal rilievo, che pure potrebbe farsi, in ordine all’irrilevanza del summenzionato intervento sostitutivo ai fini della dimostrazione della colpa del creditore, non prescrivendo la norma un obbligo comportamentale a carico del creditore stesso, è, in ogni caso, risolutiva di qualsiasi dubbio la constatazione del giudice di prime cure, che “il danno subito dalla ricorrente non avrebbe potuto essere eliminato attraverso la richiesta di intervento sostitutivo, tendente a ottenere una rapida conclusione del procedimento avviato a domanda, atteso che il pregiudizio denunciato si è manifestato non in unica soluzione, ma è frutto della sommatoria di singoli ritardi, inerzie e rallentamenti, che hanno costellato nel corso del quadriennio ogni singola fase endoprocedimentale e hanno avuto l’effetto complessivo di allungare oltre misura i tempi di adozione del provvedimento”.
Per ragioni analoghe va escluso che il prolungamento dei tempi sia dipeso da un comportamento acquiescente della società alle richieste istruttorie dell’Amministrazione, senza contare che v’è stato da parte della società medesima un ricorso al T.A.R. ai sensi dell’art. 21-bis L. n. 1034/1971 avverso una delle denunciate inerzie.
Per altro verso, va evidenziato che il T.A.R. ha minuziosamente elencate le inerzie dell’Amministrazione ritenute ingiustificate in relazione alle quali non è stata sollevata in questa sede alcuna deduzione difensiva.
Infine, va respinta la doglianza secondo cui la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere integralmente rigettata in relazione alla circostanza che non era stata data dimostrazione dell’avvenuta restituzione della prima rata del finanziamento a fondo perduto né della definitiva revoca del beneficio a suo tempo erogato.
Avendo il giudice di prime cure circoscritto il danno risarcibile a una somma corrispondente all’importo della prima rata erogata alla società appellata, è solo su questo aspetto della questione che occorre soffermarsi.
Come è stato osservato dalla giurisprudenza (cfr., di recente, Cass. Civ., sez. III, 27 aprile 2010, n. 10072), in ambito risarcitorio, il danno futuro rispetto al momento della decisione, sia esso emergente (quali le spese non ancora affrontate) o da lucro cessante, in realtà non può mai essere declinato in termini di assoluta certezza, che esclusivamente si attaglia al pregiudizio già completamente verificatosi al momento del giudizio. Come è stato efficacemente osservato in dottrina, “la certezza che deve sussistere per rendere risaricibile il danno futuro non è la stessa di quella che caratterizza il danno presente”. E la giurisprudenza ha da tempo chiarito che se non basta la mera eventualità di un pregiudizio futuro per giustificare la condanna al risarcimento, per dirlo immediatamente risarcibile è invece sufficiente la fondata attendibilità che esso si verifichi secondo la normalità e la regolarità dello sviluppo causale (ex multis, Cass., nn. 1637/2000, 1336/1999, 495/1987, 2302/1965).
Dovendo, quindi affermarsi che la rilevante probabilità di conseguenze pregiudizievoli è configurabile come danno futuro immediatamente risarcibile quante volte l’effettiva diminuzione patrimoniale appaia come il naturale sviluppo di fatti concretamente accertati e inequivocamente sintomatici di quella probabilità, secondo un criterio di normalità fondato sulle circostanze del caso concreto, non sembra dubbio che il pregiudizio lamentato dalla società appellata abbia siffatte caratteristiche.
2) - Può, quindi, procedersi all’esame dell’appello incidentale.
Prima, però, occorre verificare  se tale appello sia ricevibile, avendo l’appellante sostenuto che l’impugnazione è stata proposta dopo il termine di sessanta giorni decorrente dalla notificazione della sentenza impugnata.
L’eccezione è infondata per la considerazione che l’art. 96 del codice del processo amministrativo ha espressamente consentito, ai commi quarto e quinto, la proposizione contro capi autonomi della sentenza impugnata dell’impugnazione incidentale tardiva, da esperirsi dalla parte nel termine, qui rispettato, “di sessanta giorni dalla data in cui si è perfezionata nei suoi confronti la notificazione dell’impu-gnazione principale …”.
3) - Nel merito, l’appellante incidentale ribadisce la tesi che la disciplina che regolava il finanziamento contemplava una causa di disimpegno automatico della concessione provvisoria delle agevolazioni nel caso di mancato completamento dei lavori entro termini che, nella specie, erano trascorsi al momento di rilascio della concessione edilizia.
Tale assunto non può essere condiviso.
Come risulta dal decreto ministeriale di finanziamento, la revoca delle agevolazioni può essere evitata nel concorso di “gravi e giustificati motivi derivanti da cause di forza maggiore”.
Appare, quindi, ineccepibile la conclusione del giudice di prime cure che “tutte le ulteriori voci di danno elencate non appaiono allo stato assistite da sufficiente prova, atteso che non è stato ancora emesso il provvedimento di revoca dell’agevolazione finanziaria”.
Pure infondato, è l’ultimo motivo di appello con cui si lamenta che la sentenza ha erroneamente sostenuto che l’importo di € 143.478,00 “è dovuto solo ove quest’ultimo dimostri di aver restituito tale importo”.
Tale statuizione, che sta a significare che il danno deve concretamente emergere attraverso la dimostrazione della restituzione della prima tranche di contributo concesso, si palesa legittima, posto che il danno non può essere presunto, ma deve essere rigorosamente provato dal creditore.
4) - In conclusione, per le suesposte considerazioni, sia l’appello principale che quello incidentale devono essere respinti.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Si ravvisano giustificati motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge il ricorso principale e il ricorso incidentale come in epigrafe proposti rispettivamente dal Comune di Venetico e dalla s.r.l. Astra.
Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo il 16 marzo 2011, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, riunito in camera di consiglio con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.
F.to Riccardo Virgilio, Presidente
F.to Guido Salemi, Estensore
Depositata in Segreteria
il 24 ottobre 2011