L'amministrazione straordinaria della grandi imprese in crisi è volta al perseguimento di finalità pubbliche ed è pertanto assoggettata alle regole della trasparenza.

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C.G.A. sentenza n. 179 del 7 marzo 2011
Data: 
07/03/2011
Materia: 
Accesso
Come è già stato rilevato dal giudice amministrativo (cfr. C.d.S., A.P., 5 settembre 2005, n. 5), sin dall’indomani dell’emanazione dell’art. 23 della legge n. 241 del 1990,  le regole in tema di trasparenza si applicano, oltre che alle pubbliche amministrazioni, anche ai soggetti privati chiamati all’espletamento di compiti di interesse pubblico (concessionari di pubblici servizi, società ad azionariato pubblico, ecc.).
Secondo la concorde opinione di dottrina e di giurisprudenza (cfr., C.d.S., Sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1674), l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, equiparata per legge alla liquidazione coatta, dà luogo ad un procedimento amministrativo essenzialmente finalizzato al mantenimento dell’occupazione. In tale procedura, anche la cessione dei singoli cespiti, ancorché effettuata con strumenti di carattere privatistico, è volta a realizzare finalità pubbliche tra le quali assumono valore preminente, accanto all’interesse dei creditori, la salvaguardia dei livelli occupazionali e il risanamento economico dell’impresa. La procedura è, quindi, presidiata da esigenze di politica industriale di carattere generale, la cui valutazione è rimessa all’auto-rità di vigilanza (Ministero delle attività produttive ora dello Sviluppo economico), con conseguente degradazione dei diritti soggettivi dei privati coinvolti nel procedimento al ruolo d’interesse legittimo

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
d e c i s i o n e
sul ricorso in appello n. 316/2010, proposto da
società HOLDING INDIVIDUALE GRACI GAETANO, IRA COSTRUZIONI s.p.a., LA FLORESTA HOTEL TIMEO s.p.a, AL KANTARA s.r.l., CONSORZIO DI CASALGISMONDO, GAZZENA s.p.a., SICILIANA IMMOBILIARE AGRICOLA s.r.l. e COMAS s.p.a., tutte in amministrazione straordinaria, in persona del commissario liquidatore e legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avv. Carmelo Giurdanella, elettivamente domiciliate in Palermo, via Giacomo Serpotta n. 66, presso lo studio dello stesso;
c o n t r o
la SICILCASSA s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, in persona dei commissari liquidatori e legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Seminara e Massimo Ranieri, elettivamente domiciliata in Palermo, via Domenico Trentacoste n. 89, presso lo studio Allotta;
e nei confronti
del MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via De Gasperi n. 81, è per legge domiciliato;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sezione staccata di Catania (Sez. II) - n. 2074 del 9 dicembre 2009.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Sicilcassa s.p.a. e del Ministero dello sviluppo economico;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore alla camera di consiglio del 9 giugno 2010 il Consigliere Guido Salemi;
Uditi, altresì, l’avv. R. Zammataro, su delega dell’avv. C. Giurdanella, per le società appellanti, l’avv. M. Ranieri per la società appellata e l’avv. dello Stato Pollara per il Ministero dello sviluppo economico;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O    e    D I R I T T O
1)        Con sentenza n. 2074 del 9 dicembre 2009, il T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania, Sez. interna II, accoglieva il ricorso proposto dalla Sicilcassa s.p.a in liquidazione coatta amministrativa nei confronti delle appellanti procedure di amministrazione straordinaria per l’accesso ai documenti giustificativi delle spese di prededuzione sostenute dalle procedure medesime, con riferimento agli anni 2002-2009 e connessi alle relazioni semestrali predisposte dagli organi di ciascuna procedura ai sensi del combinato disposto degli artt. 1, comma 6, D.L.vo n. 26/1979, convertito in legge n. 95/1979 e 205, comma 2, della legge fallimentare.
Le Amministrazioni intimate contestavano la possibilità di applicare le norme sul diritto di accesso ai summenzionati documenti.
Il giudice adito respingeva la suesposta eccezione per la considerazione che gli atti adottati dalle Amministrazioni straordinarie e finalizzate alla liquidazione dei beni delle società perseguono finalità di interesse pubblico al pari dei provvedimenti adottati dai singoli amministratori per il conseguimento delle finalità per le quali si sono instaurate le procedure.
Nel merito, detto giudice accoglieva il ricorso in quanto lo stesso si riferiva a atti amministrativi già formati e fisicamente esistenti presso le Amministrazioni convenute, tenuto altresì conto che parte ricorrente, a sostegno della propria richiesta, aveva specificato di essere titolare di un interesse qualificato dalla necessità di tutelare la propria posizione in sede giurisdizionale nell’ambito di un contenzioso pendente con le procedure in questione.
2)        Avverso tale pronuncia hanno proposto appello le summenzionate Procedure, deducendo i seguenti motivi di censura:
a)- è errata la pronuncia appellata nella parte in cui ha affermato che i documenti per i quali è stato chiesto l’accesso hanno natura amministrativa. Siffatta natura non può riconoscersi alle spese di prededuzione, trattandosi di atti aziendali di gestione, come tali esclusi dal regime di pubblicità e di accesso tipico degli atti delle procedure ad evidenza pubblica o dei documenti amministrativi di cui alla legge n. 241/1990;
b)- parimenti errata è la suddetta pronuncia nella parte in cui ha omesso di pronunziarsi in ordine all’eccepito difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Avendo la Sicilcassa s.p.a fondato sull’accordo transattivo intercorso con le Procedure il suo diritto all’accesso ai documenti giustificativi delle spese di prededuzione, la controversia esula dalla cognizione del giudice amministrativo. Tale accordo, in nessun caso, potrebbe rientrare nella giurisdizione di detto giudice, in quanto costituisce atto di natura privatistica;
c)- La legge n. 241 del 1990 costituisce il referente normativo da applicarsi in via residuale, laddove non esista una disciplina di settore che disciplini i tempi e i modi di partecipazione al procedimento e di accesso agli atti del medesimo. Nella specie, la partecipazione alla procedura di amministrazione straordinaria è compiutamente disciplinata dalla normativa di settore di cui al decreto legge n. 26/1979, convertito  in legge n. 95/1979, e dalle  disposizioni della liquidazione coatta amministrativa e del fallimento ivi richiamate.
In particolare, per le spese di prededuzione è espressamente ammessa una fase di controllo e di verifica che si svolge innanzi al Tribunale civile;
d)- gli atti in relazione ai quali è stato riconosciuto il diritto di accesso sono atti interni che attengono alla gestione commissariale della società e, come tali, sottratti al sindacato dei creditori, fintanto che non confluiscano nei piani di riparto di cui il Ministero autorizza il deposito.
3)        L’appello è infondato.
3.1)     Va disatteso il primo motivo d’appello.
Come è già stato rilevato dal giudice amministrativo (cfr. C.d.S., A.P., 5 settembre 2005, n. 5), sin dall’indomani dell’emanazione dell’art. 23 della legge n. 241 del 1990, la giurisprudenza è venuta chiarendo che le regole in tema di trasparenza si applicano, oltre che alle pubbliche amministrazioni, anche ai soggetti privati chiamati all’espletamento di compiti di interesse pubblico (concessionari di pubblici servizi, società ad azionariato pubblico, ecc.).
Né basta affermare che “le spese di prededuzione non sono atti amministrativi, bensì atti aziendali di gestione” per giustificare l’esclusione dalla disciplina di accesso di cui alla legge n. 241 del 1990, perché a siffatta disciplina sono soggetti non solo gli atti amministrativi in senso stretto, ma anche gli atti provenienti da soggetti di diritto privato quando svolgono attività di pubblico interesse.
3.2)     Va parimenti disatteso il secondo motivo d’appello.
La linea interpretativa sopra esposta ha ottenuto conferma legislativa con le modifiche apportate all’art. 23 dalla citata legge n. 241 del 1990 dalla legge n. 26 del 1995 e, più ancora, con la recente legge n. 15 del 2005 che si è spinta fino a iscrivere - agli effetti dell’assoggettamento alla disciplina sulla trasparenza - tra le pubbliche amministrazioni anche i soggetti che svolgono attività di pubblico interesse. Ed invero, per concorde opinione di dottrina e di giurisprudenza (cfr., C.d.S., Sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1674), l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, equiparata per legge alla liquidazione coatta, dà luogo ad un procedimento amministrativo essenzialmente finalizzato al mantenimento dell’occupazione. In tale procedura, anche la cessione dei singoli cespiti, ancorché effettuata con strumenti di carattere privatistico, è volta a realizzare finalità pubbliche tra le quali assumono valore preminente, accanto all’interesse dei creditori, la salvaguardia dei livelli occupazionali e il risanamento economico dell’impresa. La procedura è, quindi, presidiata da esigenze di politica industriale di carattere generale, la cui valutazione è rimessa all’auto-rità di vigilanza (Ministero delle attività produttive ora dello Sviluppo economico), con conseguente degradazione dei diritti soggettivi dei privati coinvolti nel procedimento al ruolo d’interesse legittimo, implicante la sola pretesa alla legittimità degli atti e dei ravvedimenti attraverso i quali si sviluppa il procedimento.
Ciò posto, la circostanza che non può considerarsi atto amministrativo l’accordo transattivo, intercorso tra le società appellanti e la società appellata, non vale a sostenere l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
La società appellata, infatti, non ha impugnato l’accordo transattivo, ma ha proposto un’istanza di accesso a documenti ritenuti rilevanti ai fini della tutela dei propri interessi giuridici.
3.3.)    Va, altresì, respinto, il terzo motivo di appello.
Come rettamente opposto dalla difesa della società appellata, il fatto che la legge fallimentare preveda all’art. 213, la possibilità per gli interessati di proporre, con ricorso al Tribunale, contestazioni avverso il piano di riparto non esclude la facoltà per i soggetti legittimati di attivare il procedimento di accesso di cui agli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990.
Si tratta, infatti, di strumenti giuridici diversi che sono a disposizione dei creditori e di quanti sono titolari di interessi coinvolti nella procedura.
3.4)     E’, infine, infondato, il quarto motivo di appello.
Deve escludersi che l’istanza di accesso sia preordinata al controllo generalizzato delle attività dei soggetti destinatari.
La società appellata ha chiesto di conoscere i documenti giustificativi delle spese di prededuzione in vista, come si è detto, della tutela della sua posizione giuridica, il che vale già ad escludere l’intento di esercitare un controllo di tipo generalizzato.
Il fatto, poi, che i documenti richiesti attengano alla gestione commissariale delle società e contengano dati destinati a confluire in provvedimenti, parziali o finali, approvati dal Ministero vigilante, non esclude che gli stessi possano formare oggetto del diritto di accesso da parte dei creditori, ove ne sussistano i presupposti.
4)        In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello va respinto.
Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Circa le spese, le competenze e gli onorari del giudizio, gli stessi sono posti a carico delle imprese appellanti e sono liquidate a favore della società appellata e del Ministero dello sviluppo economico nella misura indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.
Condanna le società appellanti al pagamento delle spese, competenze e onorari del giudizio che liquida in € 5.000,00 (cinquemila/00) di cui 3.000,00 (tremila/00) a favore della Sicilcassa s.p.a e 2.000,00 (duemila/00) a favore del Ministero dello sviluppo economico.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo il 9 giugno 2010 dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Paolo D’Angelo, Guido Salemi, estensore, Filippo Salvia, Pietro Ciani, componenti.
F.to Riccardo Virgilio, Presidente
F.to Guido Salemi, Estensore
Depositata in Segreteria
il 7 marzo 2011