Le censure contenute nell’impugnazione del dispositivo devono essere riproposte con i motivi aggiunti avverso la sentenza completa di motivazione

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C.G.A. sentenza n. 178 del 7 marzo 2011
Data: 
07/03/2011

L’impugnazione del dispositivo ha valenza essenzialmente cautelare, inerendo all’esecuzione della sentenza di primo grado, mentre il thema decidendum di secondo grado è definito dall’impugnazione della pronuncia completa di motivazione (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 gennaio 2000, n. 327, 21 ottobre 2003, n. 6523 e, più di recente, 24 aprile 2009, n. 2600), il che implica che le censure contenute nell’im-pugnazione del dispositivo devono essere riproposte nell’atto di motivi aggiunti.


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
d e c i s i o n e
sul ricorso in appello n. 111/2010, proposto da
AMATA COSTRUZIONI s.r.l.,
in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Pitruzzella e Francesco Stallone, elettivamente domiciliata in Palermo, via Nunzio Morello n. 40, presso lo studio degli stessi;
c o n t r o
la GRAMEY s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Salvatore Iacuzzo, Riccardo Rotigliano e Marco Mazzamuto, elettivamente domiciliata in Palermo, via Nunzio Morello n. 20, presso lo studio di quest’ultimo;
e nei confronti
del COMUNE DI GELA, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sede di Palermo (sez. III) - n. 1711 dell’8 febbraio 2010.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione e appello incidentale della società appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore, alla pubblica udienza del 9 giugno 2010, il Consigliere Guido Salemi;
Uditi, altresì, l’avv. F. Stallone per la società appellante e l’avv. M. Mazzamuto per la società appellata;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
1)        Il Comune di Gela indiceva un’asta pubblica, con il criterio del prezzo più basso, per l’affidamento dei “Lavori di riqualificazione urbana area Borgo Pignatelli”.
La gara era aggiudicata alla Amata Costruzioni s.r.l..
Con ricorso notificato innanzi al T.A.R. Sicilia, sede di Palermo, in data 29 maggio 2009, la Gramey s.r.l., che si era classificata al 2° posto della graduatoria, impugnava l’ammissione alla gara della Amata Costruzioni e l’aggiudicazione provvisoria alla stessa dell’appalto.
2)        Con sentenza n. 1711 dell’8 febbraio 2010, il giudice adito, esaminando in primo luogo il ricorso incidentale dell’Amata Costruzioni, lo respingeva.
Passando, poi, all’esame del ricorso principale, detto giudice lo accoglieva. In particolare, riteneva fondato il secondo motivo di censura, concernente la mancata produzione dei certificati del casellario giudiziale e dei certificati dei carichi pendenti, ovvero delle rispettive dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, relativamente ad almeno uno dei quattro soci amministratori e legali rappresentanti dell’impresa Oddo Costruzioni s.n.c., fornitrice di taluni mezzi di esecuzione dell’appalto a favore dell’impresa aggiudicataria; riteneva, altresì, fondato il terzo motivo di censura con cui la ricorrente sosteneva che l’autocertificazione prodotta dal rappresentante legale dell’impresa individuale “Nocifora Amata Vincenzo”, cedente il ramo di azienda acquistato dall’Amata Costruzioni, non forniva le informative richieste a proposito delle dichiarate sentenze di patteggiamento ex art. 444 c.p.c. emesse, a suo carico, dal G.I.P. del Tribunale di Nicosia in data 5 ottobre 1995 e dal G.U.P. del Tribunale di Patti il 14 marzo 1996.
3)        L’Amata Costruzioni s.r.l. ha proposto ricorso in appello contro il dispositivo della sentenza e, successivamente, atto di motivi aggiunti avverso la pronuncia completa di motivazione.
Resiste all’appello la Gramey s.r.l., che ha eccepito l’inammis-sibilità e, comunque, l’infondatezza del gravame, proponendo, altresì, appello incidentale.
D I R I T T O
1)        In conformità dell’eccezione sollevata dall’appellata, il Collegio ritiene che non debbano essere esaminati i motivi di censura che, contenuti nell’appello avverso il dispositivo, non sono stati riproposti nei motivi aggiunti.
Ci si riferisce in particolare, alle seguenti censure:
a) - che nel CIP si ritrova non la dicitura “rilasciato per la gara d’appalto”, bensì quella “richiesta di regolarità contributiva per i lavori privati in edilizia”, dichiarato inammissibile dal T.A.R.;
b) - che la certificazione ISO non conteneva specificazioni sui requisiti in possesso dell’impresa e, in particolare delle categorie e classificazioni di cui al D.P.R. n. 34/00 (censura respinta dal T.A.R.).
Al riguardo si ribadisce l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’impugnazione del dispositivo ha valenza essenzialmente cautelare, inerendo all’esecuzione della sentenza di primo grado, mentre il thema decidendum di secondo grado è definito dall’impugna-zione della pronuncia completa di motivazione (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 gennaio 2000, n. 327, 21 ottobre 2003, n. 6523 e, più di recente, 24 aprile 2009, n. 2600), il che implica che le censure contenute nell’im-pugnazione del dispositivo devono essere riproposte nell’atto di motivi aggiunti.
2)        Con il primo motivo, l’appellante sostiene che il documento di regolarità contributiva prodotto dalla Gramey s.r.l., essendo stato rilasciato dall’Edilcassa e non già da una Cassa edile aderente alla convenzione per il rilascio del D.U.R.C. unico, non è idoneo ad assolvere la funzione di soddisfare la finalità per la quale se ne dispone la produzione (dimostrazione della regolarità contributiva a livello nazionale).
Il motivo di censura è inammissibile perché in contrasto con il principio del divieto di ius novorum in appello.
In primo grado, infatti, la contestazione era esclusivamente circoscritta alla questione che il D.U.R.C. era stato rilasciato “dalla Cassa edile di Palermo e non già da quella territorialmente competente in ragione della sede legale della società (cioè Messina)”.
3)        Con il secondo motivo, l’appellante sostiene che, non distinguendo il disciplinare di gara tra situazioni di controllo con imprese partecipanti e non partecipanti alla medesima gara, la Gramey aveva l’obbligo di indicare tutte le partecipazioni societarie esistenti.
La censura è infondata.
Come già osservato da questo C.G.A. (decisioni n. 141 e n. 656 del 2008) e, come ribadito dal T.A.R. nella sentenza appellata, la necessità della dichiarazione deve essere interpretata alla luce delle concrete situazioni di fatto in cui verte l’impresa chiamata a renderla. Mentre si deve ritenere che essa sia necessaria ove il collegamento induca, potenzialmente, il pericolo di una partecipazione contemporanea del controllato e della controllante, si deve altresì ritenere che essa non sia necessaria quando tale potenzialità, giuridicamente sia inesistente.
Alla stregua di siffatto principio, appare evidente che la Gramey non aveva l’obbligo di fare la dichiarazione in relazione alle società consortili nelle quali deteneva una partecipazione.
Trattandosi di società costituite ai sensi dell’art. 96 del D.P.R. n. 554/1999 per la realizzazione di specifici lavori aggiudicati dalle imprese riunite, le stesse non potevano per definizione partecipare alle gare, sia perché il loro oggetto sociale si esauriva nello svolgimento dei lavori per i quali  erano state costituite, sia perché, come recita espressamente l’art. 96 cit., non possono conseguire la qualificazione (comma 4) e, ai soli fini della qualificazione, i lavori eseguiti dalla società sono riferiti alle singole imprese associate, secondo le rispettive quote di partecipazione alla società (comma 5).
4)        L’appellante lamenta, infine, che sia stato allegato non l’ori-ginale ma la copia della ricevuta postale della raccomandata contenente l’istanza relativa all’informativa antimafia.
La doglianza è infondata.
Come rettamente osservato dal giudice di prime cure, il punto 13 del disciplinare richiede testualmente e chiaramente che sia prodotta la “copia della ricevuta postale della raccomandata” e non la copia autentica dell’originale della ricevuta medesima.
5)        In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello principale deve essere respinto, mentre quello incidentale deve essere dichiarato improcedibile per carenza d’interesse.
Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Circa le spese e gli onorari di questo grado di giudizio, si ravvisano giustificati motivi per compensarli tra le parti.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello principale indicato in epigrafe e dichiara quello incidentale improcedibile per carenza d’in-teresse.
Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo il 9 giugno 2010, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Paolo D’Angelo, Guido Salemi, estensore, Filippo Salvia, Pietro Ciani, componenti.
F.to Riccardo Virgilio, Presidente
F.to Guido Salemi, Estensore
Depositata in Segreteria
il 7 marzo 2011