Giurisprudenza

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La mancata previsione nel bando della possibilità di ricorrere all'avvalimento non ha alcuna rilevanza, poichè il bando va integrato ex lege

Tar Palermo, sez. III, sentenza del 19 marzo 2013, n. 644
Data: 
19/03/2013

 

1. L'assenza nel bando di gara di una disposizione ch eammette l'utilizzazione dei requisiti dei terzi è irrilevante, poichè il fondamento comunitario del principio in parola e la sua estenzione generale, impongono l'integrazione ex lege del bando stesso.

 

 

 

N. 00644/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01447/2011 REG.R.C.

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Palermo/Sezione%203/2011/201101447/Provvedimenti/stemma.jpg

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso con il numero di registro generale 1447 del 2011, proposto dalla xxxxxx s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.xxxxxx, elettivamente domiciliata in Palermo, via xxxxxx, n. 10/B, presso lo studio dell’Avv. xxxxxxx;

contro

- l’Istituzione Comunale “Marsala Schola”, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
- il Comune di Marsala (TP), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

- Società Cooperativa xxxxxx (mandataria) e della Cooperativa sociale xxxxx (mandante), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in proprio e quali facenti parte di Associazione temporanea di imprese, rappresentate e difese dall’Avv. xxxxxx, elettivamente domiciliate in Palermo, via xxxxxx n. 5, presso lo studio dell’Avv. xxxxxxxxxx (intervenienti ad opponendum);

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del bando di gara per l'affidamento del servizio di refezione scolastica per gli anni scolastici 2011/2012 - 2012/2013 -2013/2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n° 101 del 26/05/2011;

- del capitolato speciale di appalto nella parte in cui (art. 3 u.c.) l'ente appaltante si riserva la facoltà di apportare variazioni sia al numero dei pasti, sia alle sedi delle sale mensa da servire, sia alle sedi dei centri cucina;

- di ogni altro provvedimento o atto presupposto, connesso o consequenziale, incluse le precisazioni in ordine al contenuto del bando di gara pubblicate sul sito istituzionale dell'ente con particolare riferimento all’esclusione dell'avvalimento.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di intervento ad opponendum, con i relativi allegati, della Cooperativa xxxxxx e della Cooperativa sociale xxxxxx;

Vista l’ordinanza collegiale n. 642/11 del 27 luglio 2011, di rigetto della domanda di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, confermata in sede di appello dal C.G.A. con l’ordinanza 933/11 dell’11 novembre 2011;

Viste le memorie difensive depositate dalle parti;

Relatore il Primo Referendario Anna Pignataro;

Uditi, nella pubblica udienza del giorno 13 febbraio 2013, l’Avv. xxxxxx, per la parte ricorrente, e l’Avv. xxxxxx, per le cooperative intervenienti, ai quali è stata prospettata la questione, rilevata d’ufficio, della nullità della lex specialis a causa dell’oggettivo mancato inserimento delle previsioni di cui all’art. 2, comma 1, della l.r. n. 15 del 2008 (“Misure di contrasto alla criminalità organizzata”);

Visti gli atti tutti del giudizio;

Visto il dispositivo di sentenza n. 412 del 13 febbraio 2013.

 

PREMESSO che, così come risulta in atti e non è oggetto di contestazione tra le parti:

- l’Istituzione Comunale “Marsala Schola” ha indetto una procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento del servizio di refezione scolastica per gli anni scolastici 2011/2012 – 2012/2013 – 2013/2014, con possibilità di rinnovo per i successivi tre anni scolastici, per un importo complessivo di € 3.780.000,00, oltre IVA al 4 %, importo soggetto a ribasso € 1.953.000,00;

- la gara, alla quale hanno partecipato due concorrenti, è stata aggiudicata provvisoriamente (verbale della seduta del 15 luglio 2011, in atti) alla Società Cooperativa Nuova Cucina Siciliana (mandataria) e alla Cooperativa sociale Airone (mandante), in raggruppamento temporaneo di imprese;

CONSIDERATO che:

- con il ricorso in epigrafe, notificato i giorni 24 e 27 giugno 2011 e depositato il 7 luglio seguente, la Siciliana Pasti di Iraci Ivana & C. s.a.s., ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dei provvedimenti indicati in epigrafe, senza, però, avere al contempo proposto istanza di partecipazione alla relativa procedura di gara, denunciandone:

1) “Violazione e falsa applicazione dei principi inerenti la capacità tecnica dei concorrenti alla gara di appalto; violazione e falsa applicazione art. 49 D.Lgs. n. 163/2006”. L’impugnato bando di gara sarebbe illegittimo – con effetto escludente della partecipazione della ricorrente alla gara e asserita immediata lesione della sfera giuridica di quest’ultima - nella parte in cui (punto 6.3) è previsto come requisito di capacità tecnica di partecipazione l’avere effettuato, negli ultimi tre anni immediatamente precedenti la data di pubblicazione del bando, un servizio (inteso come servizio singolo, unico) di refezione scolastica a favore di enti pubblici o privati per un importo minimo pari ad € 1.890.000,00 (iva esclusa); inoltre, il bando medesimo non consentirebbe la possibilità di partecipazione mediante il ricorso all’istituto dell’avvalimento precludendo, in tal modo, ai soggetti imprenditoriali che da soli non possiedono i requisiti di capacità tecnica o finanziaria richiesti, di partecipare, comunque, alla gara utilizzando le predette capacità di altre imprese;

2) “Eccesso di potere; illogicità manifesta”. Si deduce, poi, che la lex specialis conterebbe talune clausole che, di fatto, avrebbero impedito agli interessati di partecipare alla gara predisponendo un’offerta economica seria e congrua: in particolare l’art. 3, ultimo comma, del capitolato speciale, nella parte in cui stabilisce che l’ente appaltante si riserva la facoltà di apportare, a suo insindacabile giudizio, variazioni sia al numero dei pasti, sia alle sedi delle sale mensa da servire, sia alle sedi dei centri cucina, senza che tali variazioni incidano sul corrispettivo unitario pattuito;

- sono intervenute in giudizio le imprese aggiudicatarie provvisorie, eccependo l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione e di interesse a contestare gli esiti della gara alla quale la ricorrente non ha partecipato, oltre che l’improcedibilità per mancata impugnazione della sopravvenuta aggiudicazione dell’appalto e, infine, l’infondatezza nel merito;

RITENUTO che, prioritariamente, va risolta la questione rilevata d’ufficio a proposito dell’effettiva sussistenza della nullità della lex specialis, a causa dell’oggettivo mancato inserimento delle previsioni di cui all’art. 2, comma 1, della l.r. n. 15 del 2008 (ai sensi del quale “Per gli appalti di importo superiore a 100 migliaia di euro, i bandi di gara prevedono, pena la nullità del bando, l’obbligo per gli aggiudicatari di indicare un numero di conto corrente unico sul quale gli enti appaltanti fanno confluire tutte le somme relative all'appalto. L'aggiudicatario si avvale di tale conto corrente per tutte le operazioni relative all'appalto, compresi i pagamenti delle retribuzioni al personale da effettuarsi esclusivamente a mezzo di bonifico bancario, bonifico postale o assegno circolare non trasferibile. Il mancato rispetto dell'obbligo di cui al presente comma comporta la risoluzione per inadempimento contrattuale”), così come prospettata alle parti nell’udienza pubblica di discussione, alla luce della recentissima soluzione datane con la sentenza n. 468 del 28 febbraio 2013, di questa sezione, alle cui diffuse argomentazioni si rinvia, per esigenze di economia processuale. Qui è sufficiente affermare che la soluzione cui è giunta la sezione in quella vicenda processuale, in chiave di interpretazione evolutiva rispetto ai propri precedenti, e che va condivisa avuto riguardo anche al caso di specie, è nel senso di ritenere che la sopravvenuta legge statale n. 136 del 2010, il cui contenuto sul punto è incompatibile con la previgente legislazione regionale (art. 2, comma 1, della l.r. n. 15 del 2008), ha determinato un’abrogazione implicita della predetta norma regionale anteriore, atteso che, così come chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 35/2012, le disposizioni in materia di tracciabilità dei flussi afferiscono alla materia dell’ordine e della sicurezza, di esclusiva competenza statale (art. 117, comma secondo lett. h).

Ne consegue la validità del bando e il passaggio allo scrutinio delle altre questioni di rito annesse alla vicenda de qua;

RITENUTO che il ricorso è inammissibile per carenza di legittimazione e di interesse a ricorrere per le considerazioni di seguito indicate.

E’ principio pacifico quello secondo cui, salve puntuali eccezioni, individuate in coerenza con il diritto comunitario, la legittimazione al ricorso, in materia di affidamento di contratti pubblici, spetta solo al soggetto che ha (legittimamente) partecipato alla procedura selettiva (Cons. Stato, Ad.Pl., 7 aprile 2011, n. 4).

Una di tali ipotesi eccezionali è quella in cui il bando di gara sia immediatamente impugnabile poichè contiene clausole escludenti o che impediscono la formulazione dell’offerta (Cons. St., A.P., 29 gennaio 2003, n. 1; id. 4 dicembre 1998, n. 1; id., sez. V, 3 agosto 2011, n. 4625; id.14 luglio 2011, n. 4274);

Nel caso di specie, quindi, con ogni evidenza, ha carattere assorbente la questione posta con il primo motivo dall’impresa ricorrente - che non ha presentato la domanda di partecipazione alla gara - a proposito della asserita natura immediatamente escludente del punto 6.3 del bando laddove si pone come requisito di capacità tecnica di partecipazione l’avere effettuato negli ultimi tre anni immediatamente precedenti la data di pubblicazione del bando un servizio (inteso come servizio singolo, unico) di refezione scolastica a favore di enti pubblici o privati per un importo minimo pari ad € 1.890.000,00, di cui la ricorrente non sarebbe in possesso; l’effetto preclusivo sarebbe poi collegato alla mancata previsione della possibilità di fare ricorso all’avvalimento per potere integrare il predetto requisito di capacità tecnica.

Tale clausola, tuttavia, non ha, nel caso di specie, carattere escludente. In primo luogo, giova ricordare che per giurisprudenza costante, così come, del resto, riconosce la stessa ricorrente nelle sue difese (ex multis, v. Cons. St., sez. V, 12 giugno 2009, n.3762; 28 settembre 2005, n. 5194; T.a.r. Campania, Napoli, sez. VIII, 6 aprile 2009, n. 2852), l'assenza nel bando di gara di una disposizione che ammette l'utilizzazione di requisiti di terzi è irrilevante, poiché il fondamento comunitario del principio in parola e la sua estensione generale, impongono l'integrazione ex lege del bando stesso. Nella specie, dunque, posto che la lex specialis non prevede alcunché in merito all’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento da parte dei concorrenti, siffatta assenza non costituisce affatto motivo di impedimento al suo impiego, ma al contrario legittima i concorrenti a far uso della facoltà prevista dalla norma nella sua più ampia portata: facoltà questa di cui la ricorrente odierna non ha reputato di fare uso mediante la presentazione della domanda di partecipazione, salvo, poi, a valutare i margini di impugnazione della sua ipotetica quanto eventuale esclusione per tale ragione.

In secondo luogo, la lamentata natura escludente del requisito di capacità tecnica di cui si controverte, appare elisa dalla espressa previsione, sempre in seno all’impugnato punto 6.3 della lex specialis, della opportunità di partecipazione alla gara in raggruppamento di ditte, rispetto al quale il requisito di capacità tecnica doveva essere soddisfatto dal raggruppamento nel suo complesso, nelle percentuali ivi indicate.

Di tale facoltà la ricorrente avrebbe potuto fare uso per partecipare comunque alla gara di che trattasi, presentando un progetto di offerta atto a qualificare l’interesse vantato quale necessario prius logico rispetto alla valutazione dell’eventuale illegittimità della clausola stessa, ossia al fine di dare contezza che l’interesse azionato non fosse di mero fatto. Occorre, infatti, che l’interesse sia qualificato dalla dimostrazione d’una seria chance di offerta spendibile in quella gara coeteris paribus e senza dover attendere l’eventuale rinnovazione di essa, altrimenti tale interesse non è diverso da quello di qualsiasi altro operatore del settore che non ha inteso partecipare alla gara stessa, per i più diversi motivi e che, tuttavia, spera nella caducazione dell'intera selezione.

Tanto basta per ritenere che l’impresa appellante fosse in grado di presentare la propria offerta, come del resto è stato fatto dagli altri operatori del settore.

Quanto al secondo motivo dedotto, ancora più inconsistente appare la denunciata natura escludente, sotto il profilo dell’impossibilità di formulazione di un’offerta seria e adeguata, riferita all’art. 3, comma 3, del capitolato speciale che così stabilisce: “L’Istituzione si riserva la facoltà di apportare, a suo insindacabile giudizio, variazioni sia al numero dei pasti, sia alle sedi delle sale mensa da servire, sia alle sedi dei centri cucina, senza che tali variazioni incidano sul corrispettivo unitario pattuito”. Siffatta clausola, invero, va interpretata unitamente alle altre clausole contrattuali e tenendo conto della tipologia del servizio di mensa scolastica fondato su una stima soltanto presuntiva del numero di pasti da erogare (non preventivabili numericamente ex ante, se non in via puramente statistica, in ragione delle oscillazioni del numero degli iscritti e delle presenze giornaliere degli alunni fruitori), tant’è che lo stesso valore dell’appalto è stato determinato astrattamente (v. art. 3 del c.s.a.). Tale caratteristica tipica del servizio di che trattasi è, infatti, ribadita in altre clausole contrattuali (v., oltre l’art. 3 cit, gli artt. 6 “Rilievo giornaliero delle presenze” e 7 “Variazione quantitativa dei servizi”). Così, indipendentemente dal numero dei pasti indicati presuntivamente (art. 6), resta fermo il prezzo unitario pattuito per il singolo pasto, nonostante l’effettiva oscillazione di tale quantità, sia per eccesso, sia per difetto (art. 7). Infine, la remuneratività del meccanismo di corrispettivo previsto, è stata certamente reputata sussistente dalle imprese concorrenti che hanno formulato la loro offerta, contrariamente a quanto valutato dall’impresa ricorrente che ben si è guardata dal prendere parte alla gara di che trattasi;

RITENUTO che le spese di giudizio vanno poste a carico dell’impresa ricorrente soccombente e a favore dell’impresa interveniente, nella misura indicata in dispositivo, mentre nulla va disposto in merito nei confronti del Comune di Marsala e dell’Istituzione Comunale “Marsala Schola” intimate e non costituitesi in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna l’impresa Siciliana Pasti di Iraci Ivana & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di giudizio in favore della Società Cooperativa Nuova Cucina Siciliana e della Cooperativa sociale Airone, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, liquidate in complessivi € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

Nulla per le spese nei confronti del Comune di Marsala e dell’Istituzione Comunale “Marsala Schola”.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Nicolo' Monteleone, Presidente

Federica Cabrini, Consigliere

Anna Pignataro, Referendario, Estensore

     
     

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sull'interpello ai sensi dell'art. 140 Codice dei Contratti

Tar Catania, sez. IV, sentenza del 19 marzo 2013, n. 829
Data: 
19/03/2013

1. La norma dell'art. 140 Codice degli appalti si pone quale disposizione avente natura eccezionale, che individua una specifica ipotesi nella quale i contratti della p.a. possono essere affidati senza l'ulteriore svolgimento di una gara ad evidenza pubblica ed è quindi suscettibile solo di stretta interpretazione.

La stessa, inoltre, per come è dato rilevare dall’utilizzo dell’espressione “potranno interpellare” ivi contenuta, e per come chiarito dalla Giurisprudenza, stabilisce che il Comune “può” scorrere la graduatoria in caso di fallimento o grave inadempimento della prima classificata e, quindi, che in tal senso sussiste una mera facoltà dell'Ente e non certo un obbligo, con la conseguenza che, laddove la Stazione appaltante si determini con motivazione congrua, anche in termini di mera opportunità, a indire una nuova procedura di gara, invece che di avvalersi della facoltà prevista nel bando, tale scelta non può essere censurata.

 In ogni caso, la possibilità di scorrimento a favore delle concorrenti presuppone che il fallimento dell’aggiudicataria intervenga nella fase dell’esecuzione del contratto, e non della mera aggiudicazione

                                                                    N. 00829/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03076/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 3076 del 2012, proposto da:
Fallimento xxxxxxx S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. xxxxxxx, con domicilio ex lege presso la Segreteria del Tribunale, in Catania, via Milano, n.42/b;

contro

Comune di Barcellona P.G., in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. xxxxxxxx, con domicilio eletto presso l’avv. xxxxxx in Catania, via xxxxxxx, 52; U.R.E.G.A. Sezione Provinciale di Messina, Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

nei confronti di

Ati xxxxxxxx., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. xxxxxx, con domicilio eletto presso l’avv. xxxxxx in Catania, via xxxxxx, 149;

per l'annullamento

della determinazione n. 814 del 24.10.2012, trasmessa con nota prot. n. 57400 del 25.10.2012, pervenuta in data 30.10.2012, con la quale il Dirigente del VI Settore del Comune di Barcellona P.G. ha disposto la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto, già disposta con precedente determinazione dirigenziale n. 757 del 28.9.2012 (di presa d’atto ed approvazione della proposta di aggiudicazione dell’UREGA di Messina, di cui al verbale di gara n. 6/2009 della seduta del 19.9.2012) e, contestualmente, ha disposto l’aggiudicazione della gara alla ditta, seconda classificata nella predetta graduatoria di aggiudicazione, ATI xxxxxxxxx;

della determinazione n. 808 del 22.10.2012 solo menzionata nel predetto atto impugnato, con cui il Dirigente del VI Settore del Comune di Barcellona P.G. ha disposto la presa d’atto dell’affitto del ramo d’azienda della ditta xxxxx alla ditta xxxxxx srl;

della nota comunale prot. n. 54893 del 16.10.2012;

di tutti gli atti presupposti connessi e conseguenti;

nonché, per il riconoscimento del diritto all’aggiudicazione della gara e, quindi, alla stipula del contratto di appalto;

ove occorra

per la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto ove mai fosse stato, nelle more, stipulato;

per il riconoscimento

del diritto al risarcimento dei danni.

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barcellona P.G., dell’Ati xxxxxx Srl, oggi Icolen Srl, dell’U.R.E.G.A. Sezione Provinciale di Messina e dell’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2013 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

La società ricorrente, di seguito alla sentenza del CGA n. 321/12 e al conseguente riesame degli atti di gara, è risultata aggiudicataria dell’appalto pubblico per la costruzione di un centro di commercializzazione specializzato per la vendita di prodotti agricoli presso il Comune di Barcellona P.G..

Frattanto, la stessa è stata dichiarata fallita.

Con nota del 16.10.2012, il RUP ha invitato il curatore fallimentare a presentarsi entro dieci giorni presso gli uffici comunali per la stipula del contratto.

Quest’ultimo, con raccomandata del 19.10.2012, rappresentata la necessità di rendicontazione e di richiesta di autorizzazioni al competente G.D. del Tribunale Fallimentare di Messina, chiedeva all’Amministrazione una proroga del predetto termine.

Il Comune intimato, invece, con determinazione n. 814 del 24.10.2012, revocava l’aggiudicazione in favore della ricorrente, in quanto fallita, e dichiarava aggiudicataria la controinteressata.

Con ricorso notificato il 28.11.2012 e depositato il 6.12.2012, la ricorrente ha impugnato i detti ultimi provvedimenti, e quelli ad essi connessi, affidandosi alle seguenti censure:

1) Violazione di legge – Violazione della disciplina sul procedimento amministrativo – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e segg. della legge 10.8.1990, n. 241 – Eccesso di potere – Sviamento di potere e del pubblico interesse.

L’Amministrazione avrebbe adottato l’impugnato provvedimento in autotutela, senza la previa comunicazione dell’avvio del procedimento.

1 bis) Violazione di legge – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 ter della legge 11.2.1994 n. 109, come recepita in Sicilia, con la l.r. n. 7/2002, anche in combinato disposto con il D.P.R.S. 14.1.2005 n. 1 – Difetto di competenza – Eccesso di potere – Sviamento di potere e del pubblico interesse.

Secondo quanto previsto dalle norme calendate, vigenti al momento dello svolgimento della gara, il Comune non avrebbe avuto alcun potere di revoca dell’aggiudicazione, dovendo previamente rimettere gli atti all’UREGA, che, per altro, così come il Comune, aveva già preso atto dell’intervenuto fallimento, posto a fondamento del provvedimento impugnato.

In mancanza di detto passaggio procedimentale, resterebbe efficace il verbale di aggiudicazione dell’UREGA a favore del fallimento ricorrente.

2) Violazione di legge – Violazione della disciplina sul procedimento amministrativo – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 140 del D.Lgs.vo n. 163/2006 anche in combinato disposto con l’art. 37 del medesimo D.Lgs.vo – Difetto dei presupposti di fatto – Errore sui presupposti di fatto – Travisamento dei fatti – Eccesso di potere – Sviamento di potere e del pubblico interesse.

Asserisce il ricorrente che, secondo quanto disposto dalle norma calendate, il Comune intimato non avrebbe potuto procedere all’interpello di altra ditta al fine della stipula del contratto di appalto, in quanto mancante un contratto già stipulato con la ditta fallita e, comunque, non avrebbe potuto disporre la revoca se non dopo aver appurato che nessuna ditta fosse subentrata a quella fallita, in virtù di una cessione d’azienda e/o di ramo d’azienda, circostanza, questa, per altro, rappresentata dal ricorrente come prossima per le trattative in tal senso in corso con altra impresa.

3) Violazione di legge – Violazione della disciplina del procedimento amministrativo – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della L. 241/90 – Difetto di motivazione – Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 140 e 37 del D.Lgs.vo 12.4.2006 n. 163, anche in relazione all’art. 51 dello stesso D.Lgs.vo n. 163/2006 – Eccesso di potere – Travisamento dei fatti – Contraddittorietà ed illogicità manifesta – Violazione del principio di imparzialità e di buon andamento (artt. 97 Cost. e 1 della L. 241/90) – Sviamento di potere e del pubblico interesse.

Ribadisce il ricorrente che lo stato di fallimento non potrebbe impedire l’aggiudicazione in quanto riferita all’art. 140 del Codice di contratti, posto che, trattandosi di questione antecedente alla stipula del contratto, dovrebbe trovare applicazione l’art. 51 del medesimo Testo legislativo, essendo in corso gli adempimenti necessari per la cessione del relativo ramo d’azienda finalizzato al recupero dell’attivo a favore della massa fallimentare, per i quali, immotivatamente, l’Amministrazione non avrebbe concesso il termine necessario, nonostante la richiesta di proroga dei dieci giorni concessi con la nota del 16.10.2012 prot. n. 54893 e la normativa applicabile in Sicilia, secondo la quale il termine avrebbe potuto essere previsto sino sessanta giorni dall’aggiudicazione.

Per altro, posto che il medesimo Comune, appena sei giorni dopo la predetta nota, aveva già contattato la seconda classificata, prendendo atto dell’avvenuto affitto d’azienda da parte della mandante a favore di altra ditta non partecipante e che, come rammentato, il fallimento era circostanza da tempo nota alla detta Amministrazione, sarebbe evidente che la reale motivazione sottesa alla revoca non sarebbe il fallimento del ricorrente.

4) Violazione di legge – Eccesso di potere – Travisamento dei fatti – Contraddittorietà e illogicità manifesta – Violazione del principio di imparzialità e buon andamento - Sviamento di potere e del pubblico interesse.

Asserisce il ricorrente che non sarebbero comprensibili le ragioni per le quali il Comune abbia impiegato anni per l’aggiudicazione e, dopo, una volta intervenuta la stessa a favore della società ricorrente a fallimento avvenuto, abbia ritenuto di dover concedere un termine ristrettissimo per formalizzare la stipula del contratto.

5) Diritto alla stipula del contratto e, quindi, alla prosecuzione dell’appalto (ove già stipulato con la controinteressata) – Ove il caso, inefficacia e/o invalidità del contratto di appalto, ove stipulato.

Il ricorrente fallimento ha concluso per la richiesta di declaratoria di inefficacia del contratto, ove già formalizzato.

Costituitisi, il Comune e la controinteressata, hanno concluso per l’infondatezza del ricorso. Ad analoga conclusione si è affidato l’UREGA, che ha chiesto, inoltre, l’estromissione dal giudizio.

Alla Camera di Consiglio del 14.2.2013, previo avviso ai difensori delle parti circa la possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa è stata trattenuta per la decisione.

II. La questione posta all’esame del Collegio attiene la possibilità o meno, per una impresa fallita, di essere aggiudicataria di un appalto pubblico.

In particolare, il ricorrente fallimento deduce che - come non contestato - di seguito a contenzioso culminato con decisione del CGA per la Sicilia n. 321/2012 del 26.3.2012, il competente UREGA di Messina, in data 19.4.2012, ha riaperto la procedura di gara volta all’assegnazione dell’appalto meglio descritto in epigrafe, richiedendo al Comune di Barcellona P.G. la restituzione di tutti gli atti del procedimento.

In data 19.9.2012 il detto ufficio ha formalizzato la propria proposta di aggiudicazione a favore della MA.RU. Costruzioni srl.

Con provvedimento del 28.9.2012, il competente Dirigente del Comune resistente ha approvato gli atti di gara.

Il 16.10.2012, la detta impresa è stata invitata a presentare la documentazione necessaria per la stipula del contratto.

Frattanto, la seconda classificata, avendo informato il Comune dell’avvenuto fallimento della aggiudicataria e, conseguentemente, dell’assenza in capo alla stessa di una attestazione SOA ancora valida, essendo la stessa scaduta il 15.4.2012, ha chiesto l’aggiudicazione in suo favore.

Il Comune, dopo aver acquisito dal competente Ufficio Fallimentare del Tribunale di Messina la certificazione del fallimento della MA.RU. srl, conseguentemente e per detto motivo, in data 24.10.2012, ha accolto la richiesta della controinteressata, provvedendo a revocare la disposta aggiudicazione.

Con nota del 19.11.2012, inoltre, ha chiesto all’UREGA di Messina di individuare il secondo classificato.

L’Ufficio, in data 22.11.2012, ha comunicato che si sarebbe potuto procedere all’aggiudicazione a favore della odierna controinteressata.

Dall’esame degli atti, intanto, emerge che dice il vero il ricorrente quando sostiene che la circostanza relativa al fallimento dell’impresa fosse già nota al Comune, per come è possibile evincere dalla comunicazione del 7.7.2012 del curatore fallimentare indirizzata detta Amministrazione (nella quale è stata rappresentata altresì l’intervenuta sentenza del CGA n. 321/12 e sono state chieste notizie circa l’intervenuta stipula del contratto) e dalla consequenziale risposta prot. n. 38322 del 19.7.2012.

Al contrario, è espressamente contestato dall’UREGA di essere stato a conoscenza del fallimento prima dell’approvazione della proposta di aggiudicazione da parte del Comune avvenuta con Determinazione n. 757 del 28.9.2012, allo stesso inviata il successivo 2.10.2012.

In sintesi, quindi, il Comune, pur essendo a conoscenza dello stato di fallimento della MA.RU. srl ha approvato l’aggiudicazione in suo favore, salvo, una volta acquisito il certificato dalla competente Sezione fallimentare del Tribunale di Messina, procedere alla “revoca”, richiamando espressamente l’art. 140 del codice dei contratti.

Il provvedimento di revoca, però, in termini più generali, prende altresì atto “dell’intervenuto fallimento della Ditta MA.RU. Costruzioni srl Unip. n° 11/12 R.G.F. . . . e della conseguente impossibilità a contrattare con la pubblica amministrazione”.

II.b) Ciò posto, il Collegio esamina con precedenza le censure di merito (seconda e terza), con le quali, sostanzialmente, il ricorrente si duole dell’illegittimità del richiamo all’art. 140 del codice dei contratti, asseritamente inapplicabile nel caso di specie, poiché la norma presupporrebbe la sussistenza di un contratto già stipulato, deducendo, inoltre, che lo stesso sarebbe regolato, piuttosto, dall’art. 37, comma 18, ovvero dall’art. 51 del medesimo testo legislativo.

La tesi, in disparte l’eccezione di inammissibilità introdotta dal Comune intimato per mancanza delle pagine 13 e 14 del ricorso nella copia ad esso notificato, è condivisibile; tuttavia, non può condurre a ritenere fondate le ragioni trasfuse nelle predette censure.

E’ da rammentare preliminarmente che, come sopra chiarito, oltre all’espresso richiamo all’art. 140 d.lgs.vo 163/2006, il provvedimento impugnato fonda la propria motivazione, comunque, sulla impossibilità di aggiudicare l’appalto in caso di fallimento dell’impresa singola partecipante alla selezione.

Ciò posto, il Collegio evidenzia come sussista una norma di principio, contenuta nel comma 1 dell’art. 38 del Codice di contratti, a mente della quale:

Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:

a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.

Sicché, è possibile concludere che sussiste un principio generale secondo il quale le imprese fallite vanno escluse dalle procedure selettive volte all’affidamento di un appalto pubblico.

E’ certamente condivisibile quanto ritenuto in ricorso in ordine all’art. 140 del Codice degli appalti, che così recita:

Le stazioni appaltanti, in caso di fallimento dell'appaltatore o di liquidazione coatta e concordato preventivo dello stesso o di risoluzione del contratto ai sensi degli articoli 135 e 136 o di recesso dal contratto ai sensi dell'articolo 11, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, potranno interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento del completamento dei lavori. Si procede all'interpello a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta, fino al quinto migliore offerente escluso l'originario aggiudicatario.

2. L'affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall'originario aggiudicatario in sede in offerta”.

La norma, intanto, si pone quale disposizione avente natura eccezionale, che individua una specifica ipotesi nella quale i contratti della p.a. possono essere affidati senza l'ulteriore svolgimento di una gara ad evidenza pubblica ed è quindi suscettibile solo di stretta interpretazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 12 aprile 2011, n. 2260).

La stessa, inoltre, per come è dato rilevare dall’utilizzo dell’espressione “potranno interpellare” ivi contenuta, e per come chiarito dalla Giurisprudenza, stabilisce che il Comune “può” scorrere la graduatoria in caso di fallimento o grave inadempimento della prima classificata e, quindi, che in tal senso sussiste una mera facoltà dell'Ente e non certo un obbligo, con la conseguenza che, laddove la Stazione appaltante si determini con motivazione congrua, anche in termini di mera opportunità, a indire una nuova procedura di gara, invece che di avvalersi della facoltà prevista nel bando, tale scelta non può essere censurata (cfr. T.A.R. Reggio Calabria 14 dicembre 2010, n. 1594).

Ciò chiarito, in ogni caso, la possibilità di scorrimento a favore delle concorrenti presuppone che il fallimento dell’aggiudicataria intervenga nella fase dell’esecuzione del contratto, e non della mera aggiudicazione, per come è possibile trovare conferma nel dato letterale dell’art. 140 in esame, secondo il quale l’interpello dei soggetti successivi riguarda coloro che hanno partecipato <<all'“originaria” procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un “nuovo” contratto per l'affidamento del “completamento” dei lavori>>.

Quindi, ha ragione il ricorrente, quando sostiene l’inapplicabilità della norma in questione al caso in esame.

Resta da vedere, però, se, a fronte della richiamata generica motivazione contenuta nel provvedimento impugnato e della norma di divieto generale contenuta nell’art. 38 del Codice appalti, vi sia, come sostenuto in ricorso, l’obbligo di assegnare comunque l’appalto alla fallita, a maggior ragione ove questa stia procedendo alla cessione del relativo ramo d’azienda.

Soccorrerebbero, secondo la tesi del ricorrente, sia l’art. 37, comma 18, che l’art. 51 del medesimo Codice.

La prima delle due norme così recita:

in caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante può recedere dall'appalto”.

Non occorre spendere molte parole per chiarire che la disposizione, in disparte il rapporto di mandato, trovi applicazione a rapporto costituito (recte: a contratto in corso), posto che, secondo la chiara dizione ivi contenuta, lo stesso può essere “proseguito” nei confronti di un soggetto che “abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori . . . ancora da eseguire”.

Per altro verso, l’invocato art. 51 D.Lgs.vo 163/2006 stabilisce che:

qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l'affittuario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all'aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell'articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, della scissione e della trasformazione previsti dal presente codice”.

Asserisce il ricorrente che il Comune non avrebbe potuto procedere allo scorrimento a favore della controinteressata se vi fosse stata la cessione del ramo d’azienda, impedita, di fatto, dalla mancata concessione del termine di sessanta giorni, in luogo dei dieci giorni consentiti, per allegare la necessaria documentazione per la stipula del contratto.

Rileva, intanto, il Collegio che la cessione è allo stato ancora in itinere, se è vero, come è vero, che il ricorrente ha depositato in atti il provvedimento del Giudice Delegato del Tribunale di Messina del 15.1.2013 rivolto, ancora, alla mera autorizzazione alla cessione.

Sicché, anche ammettendo che il Comune avesse concesso la proroga rispetto ai dieci giorni stabiliti per la stipula del contratto, il ricorrente non avrebbe potuto assolvere nei tempi indicati all’obbligo di documentare la “già intervenuta”cessione d’azienda.

Del resto, la norma, come è naturaale che sia, regola gli effetti, sia pure in ogni fase della procedura e dell’esecuzione, di una cessione intervenuta e non di una “in fieri”, consentendo, previa valutazione dei requisiti generali, al subentrante di sostituire alle stesse condizioni, l’originaria aggiudicataria o affidataria dell’appalto.

Ciò, però, non consente di ritenere possibile l’arresto della procedura “in attesa” della formalizzazione (ancora soltanto autorizzata) della cessione d’azienda.

Conclusivamente, ove anche fosse sostenibile, così come ritiene il ricorrente, che l’Amministrazione avesse la possibilità (e non l’obbligo) di concedere il termine massimo di sessanta giorni per gli adempimenti necessari per la stipula del contratto (termine ragionevolmente concedibile a fronte delle già sussistenti lungaggini del procedimento), comunque, non essendosi pervenuta neanche alla parvenza dell’immediatezza della cessione d’azienda, le ragioni (infondate) trasfuse nella censura in esame, non hanno trovato fattuale riscontro.

Deriva, ulteriormente, non solo la carenza di interesse all’esame delle ragioni volte a stigmatizzare l’asserito sviamento nel comportamento dell’Amministrazione (che avrebbe perseguito inespressi fini diversi), ma anche di quelle, reiterate con il quarto motivo di ricorso, secondo le quali irragionevolmente non sarebbe stato disposto un termine superiore ai dieci giorni per il deposito della documentazione necessaria per la stipula del contratto.

Consegue, come premesso, l’infondatezza dei motivi esaminati.

III. E’ possibile, a questo punto, esaminare il primo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente si duole dell’illegittimità del procedimento per non essere intervenuta, a fronte di un provvedimento posto in autotutela, la previa comunicazione dell’avvio del procedimento.

L’Amministrazione resistente, in maniera, ad avviso del Collegio, del tutto pertinente, invoca l’art. 21 octies della L. 241/90.

Dall’esame dello stretto merito del ricorso è emerso, infatti, che la fattispecie posta all’esame del Collegio non costituisce un’eccezione alla regola trasfusa nell’art. 38 del Codice dei contratti, che, come chiarito, pone il principio generale della impossibilità di conferire appalti pubblici a una società, come nel caso di specie, fallita, sicché la sua esclusione appartiene alla categoria degli atti vincolati.

A ciò non osta che il provvedimento sia stato adottato in sede di autotutela, poiché la previa aggiudicazione in presenza della conoscenza dello stato di fallimento non impedisce una diversa e corretta rivalutazione e, quindi, la legittimità dell’annullamento del provvedimento adottato in precedenza in maniera del tutto illegittima.

E ciò senza che il giudizio di secondo grado - in quanto, nel caso di specie, immediato e volto a ristabilire la corretta applicazione della normativa vigente - assuma un valore discrezionale.

Se così è, allora, come sostenuto dal Comune intimato, ben può trovare applicazione l’art. 21 octies L. 241/90, a mente del quale “é annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.

Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Sulla competenza all’annullamento, infine, di cui il ricorrente dubita, ritenendo che l’UREGA avrebbe dovuto preliminarmente ripronunziarsi, in disparte quanto disposto dalla norma appena citata e, quindi, la sanabilità dell’eventuale inesatto percorso procedimentale, atteso che non è contestato che il provvedimento di aggiudicazione finale pertiene all’Amministrazione appaltante e non all’UREGA, analogamente, in quanto contrarius actus, alla stessa è conferito il potere di annullamento e/o di revoca del medesimo.

Conseguentemente il ricorso si appalesa infondato e, come tale, va respinto.

Deriva il rigetto, altresì, della domanda di risarcimento del danno.

La non immediata percettibilità delle questioni poste all’esame del Collegio suggerisce la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) -definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Cosimo Di Paola, Presidente

Francesco Brugaletta, Consigliere

Pancrazio Maria Savasta, Consigliere, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Quando il conferimen​to di un incarico di consulenza è da configurar​si come appalto di servizio?

CGA, sentenza del 12 marzo 2013, n. 328
Data: 
19/03/2013

 

 

 

N.  328/13  Reg.Sent.

 

N.     598     Reg.Ric.

 

ANNO  2012

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso in appello n. 598/2012, proposto da

xxxxxxxxxxx e xxxxxxxx società consortile a r.l., in persona dl legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti xxxxxx e xxxxxxx ed elettivamente domiciliata in Palermo, via xxxxx n. 1, presso lo studio del primo;

c o n t r o

xxxxxxxxx, rappresentato e difeso dall’avv. xxxxxxxxx ed elettivamente domiciliato in Palermo, via xxxxxxxx n. 40, presso lo studio dell’avv. xxxxxx;

e nei confronti di

xxxxxxxx, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sezione staccata di Catania (sez. III) - 21 marzo 2012, n. 703.

Visto il ricorso in appello di cui in epigrafe;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato dott. xxxxxxxx;

Relatore, alla pubblica udienza del 13 dicembre 2012, il Consigliere Guido Salemi; uditi, altresì, l’avv. xxxxxx, su delega dell’avv. xxxxxx, per l’appellante e l’avv. xxxxxx, su delega dell’avv. xxxxxx, per l’appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O    E    D I R I T T O

1)        Con bando del 29 marzo 2009, il Distretto Tecnologico Sicilia Micro e Nano Sistemi, società consortile a r.l. – organismo di diritto pubblico, indiceva una procedura a evidenza pubblica, finalizzata alla stipula di un incarico per “… consulenza e assistenza per la contabilità generale, gli adempimenti fiscali e consulenza societaria …”, per un importo a base d’asta pari a 15.000 euro, per la durata di dodici mesi, rinnovabili su proroga espressa.

Il 22 ottobre 2010, sul sito dell’Ente era resa nota l’aggiu-dicazione del servizio al dr. Giorgio Sangiorgio.

Con ricorso proposto innanzi al T.A.R. della Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. int. III, il dr. Massimo Consoli impugnava l’esito della selezione e gli atti ad esso connessi.

2)        Con sentenza 21 marzo 2012, il giudice adito accoglieva il ricorso.

In via preliminare, il T.A.R. respingeva, siccome infondata, l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

Ad avviso del T.A.R., il Distretto aveva indetto una procedura a evidenza pubblica in materia rientrante nella previsione di cui all’art. 32 L.R. n. 7 del 2002, che, al comma 2, stabilisce che “gli appalti di servizi di importo inferiore alla soglia di applicazione della normativa di cui al comma 1 (D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157) sono disciplinati dai regolamenti degli enti di cui alla lettera a) del comma 2 dell’arti-colo 2, con l’osservanza dei principi che discendono dalla medesima disciplina e possono essere affidati a trattativa privata mediante gara informale nel rispetto delle condizioni stabilite dai regolamenti medesimi, con esclusione dei servizi di cui alle categorie 11 e 12 dell’alle-gato 1 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 e successive modifiche ed integrazioni”.

L’allegato 1, alla categoria 11, prevede “servizi di consulenza gestionale e affini”, che, ad avviso del T.A.R., ricomprendono l’appal-to in questione, non aggiudicabile, quindi, mediante gara informale.

Nel merito, il T.A.R. accoglieva il primo, il terzo e il quinto motivo di censura con i quali il ricorrente:

a)- aveva sostenuto (primo motivo) che la Commissione di gara, per come si evinceva dal verbale del 15 settembre 2010, dopo aver rilevato delle carenze nella documentazione prodotta in gara, aveva ritenuto di convocare tutti gli altri candidati per consentire loro di integrarne i contenuti, senza, per altro, verbalizzare alcunché rispetto al contenuto medesimo delle integrazioni; che, al contrario, applicando il verbale di gara, la Commissione avrebbe dovuto procedere all’asse-gnazione del punteggio soltanto in suo favore e dichiararlo quindi aggiudicatario;

b)- aveva rilevato (terzo motivo) che ove fosse da ritenersi legittima l’integrazione della documentazione, detta opportunità avrebbe dovuto essere offerta anche a suo favore al fine di consentire la valutazione di altre circostanze ed eventuali ulteriori chiarimenti sulla documentazione da lui prodotta;

c)- aveva dedotto (quinto motivo) che dell’intera attività valutativa posta a integrazione di quanto trasfuso nelle domande degli altri ricorrenti, nulla era stato realizzato, non consentendo così alcun riscontro di quanto avvenuto e di chi avesse operato le relative acquisizioni.

Il T.A.R. dichiarava, infine, ai sensi dell’art. 122 c.p.a., l’inef-ficacia del contratto, disponendo l’immediato subingresso del ricorrente.

3)        Il Distretto ha proposto appello contro la summenzionata sentenza.

A suo avviso, quanto alla giurisdizione, la stessa rientrerebbe nella cognizione del giudice civile, trattandosi di un contratto di prestazione d’opera regolato dagli artt. 2229 e 2238 c.c.

Quanto al merito della controversia, la Commissione si sarebbe limitata a fare applicazione della facoltà, riconosciuta alle stazioni appaltanti dall’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006, di invitare “se necessario i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentate” al fine di pervenire a una valutazione consapevole dei candidati.

Inoltre, la Commissione avrebbe sottoposto al colloquio chiarificatore cinque candidati, a esclusione del Consoli, per la semplice ragione che il curriculum e l’esperienza di quest’ultimo erano perfettamente a conoscenza dei commissari (che sono tutti e tre componenti del consiglio di amministrazione del Distretto).

Infatti il dott. Consoli, come risulta dal mandato professionale, sottoscritto il 28 ottobre 2008, avrebbe prestato attività di consulenza a favore del Distretto per un anno.

Sarebbe, infine, infondato, l’ultimo motivo di censura.

Il colloquio avrebbe avuto come unico scopo quello di un chiarimento sugli elementi indicati nel curriculum, il che avrebbe escluso la necessità di una verbalizzazione.

Infine, sarebbe errata la sentenza appellata nella parte in cui ha dichiarato “ai sensi dell’art. 122 c.p.a. l’inefficacia del contratto e l’immediato subingresso del ricorrente”.

Ad avviso dell’appellante, l’inesistenza o meno di un contratto efficace, rispetto al quale disporre il sub ingresso di un soggetto diverso dall’originario contraente, non può essere fatto dipendere dall’asse-rita non contestazione della parte costituita (art. 64, comma 2, c.p.a.): essa va accertata sulla base della documentazione versata nel processo. Ora, dal verbale del C.d.A. della società appellante del 18 novembre 2010, agli atti del processo risulterebbe che l’incarico del dott. Sangiorgio sarebbe durato sino al 31 dicembre 2011, con la conseguenza che, alla data dell’udienza (25 gennaio 2012), esso doveva ritenersi concluso.

4)        Resiste al ricorso l’appellato dr. Massimo Consoli.

5)        Alla pubblica udienza del 13 dicembre 2012, l’appello è stato trattenuto in decisione.

6)        L’appello è infondato.

7)        In via preliminare, va esaminato il motivo di censura con cui l’appellante ha riproposto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

L’eccezione è infondata.

A riguardo è sufficiente richiamare la recente decisione n. 2730 dell’11 maggio 2012 con cui la Sezione V del Consiglio di Stato ha chiarito, con riferimento ad analogo settore (servizi legali), che l’affidamento di detti servizi è configurabile allorquando l’oggetto del servizio non si esaurisca nel patrocinio legale a favore dell’Ente, ma si configuri quale modalità organizzativa di un servizio, affidato a professionisti esterni più complesso e articolato, che può anche comprendere la difesa giudiziale ma in essa non si esaurisce.

Nella specie l’incarico in questione presenta le suindicate caratteristiche, poiché l’art 2 del bando assegna al consulente l’espleta-mento di varie prestazioni di “contenuto multidisciplinare”, costituite dall’espletamento della consulenza fiscale, ma anche economico-fi-nanziaria sull’attività societaria.

8)        Parimenti infondati sono i motivi di appello, che si riferiscono al merito della controversia.

Come rettamente rilevato dal T.A.R., l’integrazione documentale, disposta dalla Commissione, è illegittima siccome riferita a “elementi modesti o riferiti in modo non esaustivo”, che avrebbero comportato l’esclusione dei candidati interessati. In ogni caso, la Commissione non avrebbe potuto escludere l’appellato dall’ulteriore esame del curriculum, ben potendo quest’ultimo fare riferimento a precedente attività ritenuta da lui utile ed essendo, in tal senso, irrilevante la circostanza che il medesimo avesse prestato nell’anno decorso attività di consulenza a favore del Distretto appellante.

Va, infine, condivisa, l’affermazione del giudice di prime cure secondo cui le operazioni di acquisizione della documentazione integrativa avrebbero dovuto essere verbalizzate, trattandosi di rispettare il principio della trasparenza che deve sempre accompagnare l’attività amministrativa.

9)        Residua l’esame dell’ultimo motivo di appello con cui si contesta la legittimità della pronuncia del T.A.R. in ordine alla declaratoria d’inefficacia del contratto e al subingresso dell’appellato nel contratto.

Il motivo è infondato.

Emerge dagli articoli 121 e 122 c.p.a., con i quali è stata data attuazione alla direttiva ricorsi n. 2007/66/C, che un contratto risultante da un’aggiudicazione mediante affidamenti diretti è in linea di principio privo di effetto.

Vero è che la carenza di effetti non è automatica, dovendo formare oggetto di valutazione da parte del giudice, ma nel caso di specie la decisione assunta dal T.A.R. appare corretta.

Una volta che il ricorrente ha chiesto una pronuncia in ordine all’inefficacia del contratto, è onere dell’Amministrazione fornire i necessari chiarimenti.

Rettamente, quindi, il primo giudice ha dichiarato, ai sensi dell’art. 122 c.p.a. ...”, in mancanza di contestazione, “l’inefficacia del contratto e disposto l’immediato subingresso del ricorrente, in quanto oggetto di specifica domanda reiterata anche nelle conclusioni.”.

10)      In definitiva, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Ogni altro motivo o eccezione va assorbito, in quanto ininfluente e irrilevante ai fini della decisione.

Circa le spese e gli altri oneri del giudizio, gli stessi sono posti a carico dell’appellante e sono liquidati a favore dell’appellato nella misura indicata in dispositivo.

P. Q. M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello di cui in epigrafe.

Condanna l’appellante Distretto Tecnologico Sicilia Micro e Nano Sistemi al pagamento a favore dell’appellato dr. Massimo Consoli delle spese, competenze e onorari di giudizio che liquida complessivamente in € 2.000,00.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 13 dicembre 2012, con l'intervento dei Signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

F.to Riccardo Virgilio, Presidente

F.to Guido Salemi, Estensore

Depositata in Segreteria

   12 marzo 2013

Avvalimento: Qual è la dichiarazione che soddisfa le prescrizioni normative di cui al combinato disposto degli artt. 49 d.lgs. n. 163/2006 e 88 d.p.r. n. 207/2010?

Tar Palermo, sez. III, sentenza del 13 marzo 2013, n. 588
Data: 
13/03/2013

 

N. 00588/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01592/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1592 del 2012 proposto da xxxxxxx s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e n.q. di mandataria del costituendo r.t.i. con la xxxxxxx S.a.s., rappresentata e difesa dall’avv. xxxxxxx, presso il cui studio, sito in Palermo, via xxxxxxx, n. 20;

contro

il Comune di Gangi, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; 

nei confronti di

- xxxxxx s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti xxxxxx e xxxxxx, presso il cui studio, sito in Palermo, via xxxxxxx n. 171;
nonché nei confronti di:
- xxxxx Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
-xxxxxxx s.a.s., in persona del legale rappresentantepro tempore, non costituita in giudizio;
- xxxxxxxxx s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
- xxxxxxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l'annullamento:

quanto al ricorso principale:

- di tutti i verbali del pubblico incanto relativo all’appalto bandito dal Comune di Gangi avente ad oggetto i “Lavori di riqualificazione a finalità turistica di spazi pubblici e contestuale realizzazione di un percorso per non vedenti”;

- della nota del Comune di Gangi del 27/6/2012, prot. n. 10739, con la quale veniva comunicato che con verbale del 25/6/2012 si confermava aggiudicataria provvisoria dell’appalto la xxxxxx s.r.l.;

- della determina del Comune di Gangi n. 233 del 17/7/2012 con la quale la gara di appalto è stata definitivamente aggiudicata alla xxxxxxx s.r.l.;

- della nota del Comune di Gangi prot. n. 11845 del 18/7/2012 con la quale è stato respinto il reclamo ex art. 243 bis d.lgs. n. 163/2006 proposto dalla ricorrente con nota prot. n. 11327 del 9/7/2012;

- della nota del Comune di Gangi prot. n. 12899 del 3/8/2012, con la quale è stato comunicato, ai sensi dell’art. 79, c. 5, lett. a), che la ditta aggiudicataria dei lavori è laxxxxxx s.r.l.;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente;

nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente nelle more sottoscritto tra il Comune di Gangi e un’impresa diversa da quella ricorrente ai sensi degli artt. 121, c. 1 e 122 c.p.a.;

nonché per l’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto ai sensi dell’art. 124;

ovvero per il risarcimento del danno per equivalente subito e provato dalla ricorrente anche in corso di causa, comunque non inferiore all’utile di impresa calcolato sull’importo a base d’asta, al netto degli oneri di sicurezza e del ribasso offerto dalla ricorrente, maggiorato di un ulteriore importo che tenga conto del c.d. danno curriculare;

quanto al ricorso incidentale:

- dei verbali del pubblico incanto relativo all’appalto bandito dal Comune di Gangi avente ad oggetto i “Lavori di riqualificazione a finalità turistica di spazi pubblici e contestuale realizzazione di un percorso per non vedenti”, nonché della determina del Comune di Gangi n. 273 del 17/7/2012 nella parte in cui la Commissione di gara ha ammesso anziché escludere la ricorrente xxxxxxxx s.r.l.;

- dei medesimi verbali di gara, nonché della determina n. 273 del 17/7/2012, nella parte in cui sono state ammesse anziché escluse le imprese xxxxxx s.r.l. (plico n. 30) e xxxxxxx (plico n. 62);

Visto il ricorso introduttivo del giudizio, con i relativi allegati;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’impresa Russo Costruzioni s.r.l.;

Visto il ricorso incidentale proposto dall’impresa Russo Costruzioni s.r.l.;

Viste le memorie difensive e i documenti depositati in giudizio dalle parti in vista della discussione del ricorso in camera di consiglio;

Vista l’ordinanza n. 690/2012;

Visto l’atto di integrazione del contraddittorio notificato dall’impresa controinteressata;

Visti i documenti depositati in giudizio dal Comune di Ganci in data 11/1/2013;

Viste le memorie difensive successivamente depositate in giudizio dalle parti in vista della discussione del ricorso nel merito;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 8 marzo 2013 il Cons. Federica Cabrini;

Uditi all’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2013 i difensori delle parti, come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato a mezzo posta in data 14-18/9/2012 e depositato in data 1/10/2012, l’impresa ricorrente ha impugnato gli atti della gara bandita dal Comune di Ganci per l’affidamento dei lavori di riqualificazione a finalità turistica di spazi pubblici e contestuale realizzo di un percorso per non vedenti.

Assume che avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara l’impresa I.T.I.S. Soc. Coop. S.r.l. e, che per effetto della determinazione della nuova media, l’impresa ricorrente sarebbe risultata aggiudicataria.

A tal fine deduce la seguente censura:

Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49 d.lgs. n. 163/2006, dell’art. 88 d.p.r. n. 207/2010 e di pag. 10 del disciplinare, atteso che l’impresa I.T.I.S., al fine di soddisfare il requisito relativo alle categorie e alle classifiche SOA richieste dal bando ha fatto ricorso all’istituto dell’avvalimento stipulando contratto con il Consorzio stabile AL.MA. Detto contratto è però del tutto carente della specifica indicazione quanto alle risorse, ai mezzi prestati e alla durata dell’affidamento.

Con atto notificato a mezzo posta in data 15-17/10/2012 e depositato in data 19/10/2012 la soc. controinteressata Russo Costruzioni ha proposto ricorso incidentale al fine di ottenere la conferma della propria aggiudicazione.

Deduce a tal fine:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 lett. m-bis d.lgs. n. 163/2006, nonché dell’art. 3 lett. m-bis) e della clausola posta a pag. 10 del disciplinare di gara rubricata “esclusioni dalla gara”, atteso che l’impresa SIE Impianti s.a.s., mandante del raggruppamento ricorrente capeggiato dalla Tecno Costruzioni s.r.l., andava esclusa sia perché si trovava nella condizione ostativa di cui all’art. 3 m-bis) del disciplinare in quanto destinataria di una iscrizione negativa nel casellario informatico per aver presentato falsa documentazione ai fini del rilascio dell’attestato SOA, sia per aver dichiarato una circostanza non veritiera affermando di non avere detta iscrizione negativa;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 49 d.lgs. n. 163/2006 in relazione alla par condicio, atteso che se è fondato il motivo del ricorso principale, per la stessa ragione devono essere escluse anche le imprese Euroinfrastrutture e Russo Giovanni Costruzioni.

In vista della discussione dell’istanza cautelare le parti hanno depositato memorie e documenti.

Con ordinanza n. 690/2012 è stata fissata l’udienza per la discussione del ricorso nel merito e sono stati disposti incombenti istruttori regolarmente ottemperati.

La controinteressata ha quindi provveduto alla notifica del ricorso incidentale alle due imprese delle quali invoca l’esclusione.

In vista della discussione del ricorso nel merito le parti hanno depositato memorie difensive.

Alla pubblica udienza del giorno 8/3/2013 su conforme richiesta dei difensori delle parti il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Deve preliminarmente esaminarsi il primo motivo di ricorso incidentale di per sé idoneo a paralizzare il ricorso principale.

Con detto motivo (Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 lett. m-bis d.lgs. n. 163/2006, nonché dell’art. 3 lett. m-bis) e della clausola posta a pag. 10 del disciplinare di gara rubricata “esclusioni dalla gara”), si sostiene che l’impresa SIE Impianti s.a.s., mandante del raggruppamento ricorrente capeggiato dalla Tecno Costruzioni s.r.l., andava esclusa sia perché si trovava nella condizione ostativa di cui all’art. 3 m-bis) del disciplinare in quanto destinataria di una iscrizione negativa nel casellario informatico per aver presentato falsa documentazione ai fini del rilascio dell’attestato SOA, sia per aver dichiarato una circostanza non veritiera affermando di non avere detta iscrizione negativa.

Ritiene il Collegio che la censura dedotta sia infondata.

Invero, l’annotazione di cui trattasi reca data 23/12/2003.

Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 38, c. 1, lett. m-bis e 40, c. 9 quater, d.lgs. n. 163/2006 l’annotazione che rileva è solo quella che abbia efficacia e tale efficacia viene meno decorso il periodo di un anno.

Né ad avviso del Collegio il disciplinare di gara può essere interpretato nel senso di far sorgere l’obbligo di rendere la dichiarazione relativa a qualsiasi annotazione quand’anche essa sia divenuta inefficace.

Ciò non solo in quanto il tenore letterale del disciplinare non consente di ritenere sussistente tale obbligo, ma soprattutto perché detta previsione sarebbe comunque nella in ossequio al disposto di cui all’art. 46, c. 1 bis, d.lgs. n. 163/2006.

Può ora passarsi all’esame del secondo motivo di ricorso incidentale, unitamente all’unico motivo del ricorso principale aventi in sostanza il medesimo contenuto (violazione dell’art. 49 d.lgs. n. 163/2006).

Il Collegio deve valutare se la dichiarazione ed il contratto di avvalimento prodotti in sede di gara dalle imprese I.T.I.S. Soc. Coop. S.r.l. (di cui la ricorrente principale invoca l’esclusione) nonché Euroinfrastrutture e Russo Giovanni Costruzioni (delle quali la ricorrente incidentale invoca l’esclusione) abbiano o meno un contenuto idoneo a soddisfare le prescrizioni di cui agli artt. 49 d.lgs. n. 163/2006 e 88 d.p.r. n. 207/2010.

Risulta dalla documentazione in atti che:

- l’impresa I.T.I.S. Soc. Coop. S.r.l. ha fatto ricorso all’avvalimento quanto al requisito dell’attestazione SOA per le categorie OG3, classifica II e OG10, classifica I. Si legge nel contratto di avvalimento che l’ausiliaria “si obbliga a tenere a disposizione della concorrente il detto requisito e relativa struttura tecnico -organizzativa, per tutta la durata dell’affidamento, anche eccedente il tempo previsto negli atti di gara di durata dell’appalto. … Le risorse e i mezzi messi a disposizione sono i seguenti: risorse economiche e garanzie: attestazione SOA; attrezzature, mezzi o macchinari: autocarri, autobetoniere, gru, ponteggi; personale.”.

Ritiene il Collegio che detta dichiarazione sia idonea a soddisfare le prescrizioni normative di cui al combinato disposto degli artt. 49 d.lgs. n. 163/2006 e 88 d.p.r. n. 207/2010 in quanto il contenuto della stessa è compiutamente determinato sia quanto all’oggetto (essendo indicati, sia pur sinteticamente, tanto i macchinari che il personale) che al periodo (“tutta la durata dell’affidamento”);

- l’impresa Euroinfrastrutture ha fatto ricorso all’avvalimento quanto al requisito dell’attestazione SOA per la categoria OG10, classifica I, al fine di coprire il requisito richiesto dal bando. Si legge nel contratto di avvalimento che l’ausiliaria “si obbliga nei confronti del concorrente … a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto”.

Ritiene il Collegio che detta dichiarazione sia del tutto inidonea a soddisfare le prescrizioni normative di cui al combinato disposto degli artt. 49 d.lgs. n. 163/2006 e 88 d.p.r. n. 207/2010 in quanto nulla viene detto quanto all’oggetto, cioè a quali siano le risorse e i mezzi. Ad avviso del Collegio l’avvalimento ha ad oggetto il solo certificato relativo all’attestazione SOA, il che è per giurisprudenza costante, del tutto insufficiente;

- l’impresa Russo Giovanni Costruzioni ha fatto ricorso all’avvalimento quanto al requisito dell’attestazione SOA per le categorie OG3, classifica II e OG10, classifica I, nonché per la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008, per ciascuna delle categorie oggetto di avvalimento. Si legge nei contratti di avvalimento che l’ausiliaria:

- quanto alla categoria OG3, “si impegna a mettere a disposizione dell’impresa avvalente le seguenti risorse: know-how tecnologico e commerciale, a mezzo del proprio direttore tecnico, geom. GI/Battisti e di tutto lo staff tecnico, come centro di sviluppo, attraverso un costante coordinamento; il numero di addetti necessari per le varie tipologie di lavoro, quali: n. 1 capocantiere, n. 1 operaio specializzato, n. 1 addetto alla qualità aziendale e alla sicurezza in cantiere; le attrezzature necessarie all’esecuzione dell’opera, quali: ponteggi omologati, gru rotativa, container alloggio attrezzi e uffici, molazze da cantiere, impastatrice/betoniere, macchine da taglio legno/ferro, martelli demolitori ad aria e/o elettrici, puntelli varie misure, badili, secchi, attrezzatura minuta, ecc.; i mezzi necessari all’esecuzione dell’opera, quali: camion con ribaltabile, escavatori, mini escavatori, furgoni attrezzati, ecc. L’impegno … è assunto per l’intera durata del contratto…”;

- quanto alla categoria OG10, “si impegna a mettere a disposizione dell’impresa avvalente le seguenti risorse: know-how tecnologico e commerciale, a mezzo del proprio direttore tecnico, geom. Sala Michele e di tutto lo staff tecnico, come centro di sviluppo, attraverso un costante coordinamento; il numero di addetti necessari per le varie tipologie di lavoro, quali: n. 1 capocantiere, n. 1 operaio specializzato, n. 1 addetto alla qualità aziendale e alla sicurezza in cantiere; le attrezzature necessarie all’esecuzione dell’opera, quali: ponteggi omologati, container alloggio attrezzi e uffici, macchine da taglio legno/ferro, martelli demolitori ad aria e/o elettrici, attrezzatura isolata, ecc.; i mezzi necessari all’esecuzione dell’opera, quali: camion furgoni attrezzati, ecc. L’impegno … è assunto per l’intera durata del contratto…”.

Ritiene il Collegio che dette dichiarazioni siano assolutamente idonee a soddisfare le prescrizioni normative di cui al combinato disposto degli artt. 49 d.lgs. n. 163/2006 e 88 d.p.r. n. 207/2010 in quanto il contenuto delle stesse sono compiutamente determinate sia quanto all’oggetto (essendo specificamente indicati tanto i macchinari che il personale) che al periodo (“tutta la durata del contratto”).

In conclusione ritiene il Collegio che sia fondato il secondo motivo di ricorso incidentale limitatamente all’esclusione dell’impresa Euroinfrastrutture che ha prodotto in sede di gara un contratto di avvalimento del tutto inidoneo, quanto al contenuto, a soddisfare le prescrizioni di legge.

Alla luce dell’attestazione resa dalla stazione appaltante in data 13/1/2013 in esito all’o.c.i. n. 690/2012, l’esclusione della sola impresa Euroinfrastrutture determina la conferma dell’aggiudicazione in capo all’impresa controinteressata Impresa Russo Costruzioni s.r.l.

In conclusione il ricorso incidentale va accolto, sia pur solo nei limiti specificati in motivazione, e quello principale va dichiarato improcedibile.

Le spese, tra le parti costituite, devono seguire, come di regola, la soccombenza.

Nulla per le spese nei confronti delle parti non costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Palermo, Sezione terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato:

1) accoglie il ricorso incidentale nei limiti di cui in motivazione;

2) dichiara improcedibile il ricorso principale;

3) condanna l’impresa Tecno Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentantepro tempore, al pagamento delle spese processuali e degli onorari di causa che liquida in favore dell’impresa Russo Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentantepro tempore, in complessivi € 2000,00 (Euro duemila/00), oltre accessori, come per legge.

Nulla per le spese nei confronti delle parti non costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Nicolo' Monteleone, Presidente

Federica Cabrini, Consigliere, Estensore

Anna Pignataro, Referendario

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sulla valutazion​e dell'offer​ta al netto dell'IVA

CGA, sentenza del 11 marzo 2013, n. 324
Data: 
11/03/2013

 

 

 

N.   324/13  Reg.Sent.

 

N.     518     Reg.Ric.

 

ANNO  2012

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

            Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso in appello n. 518/2012 proposto da

XXXXXXXXX  s.c.a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo R.T.I. con la XXX s.p.a. nonché per la stessaXXXX s.p.a. (già XXXXXXXX s.r.l.), rappresentate e difese dagli avv.ti xxxxxxxx e xxxxxxx, elettivamente domiciliate in Palermo, via xxxxxxxxx n. 94 presso lo studio dell’avv. xxxxxx;

c o n t r o

l’AZIENDA OSPEDALIERA PER L'EMERGENZA CANNIZZARO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. xxxxxx, elettivamente domiciliata in Palermo, via F. Cordova n. 76, presso la segreteria del CGA;

e  nei  confronti

della XXXXXXXX , Società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati xxxxxx, xxxxxxx, e xxxxxxxx, ed elettivamente domiciliata in Palermo, via Giusti n. 45, presso lo studio dell’ultimo;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sezione staccata di Catania (sez. III) - n. 554/2012 del 28 febbraio 2012.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’avv. M. Alì per l’Azienda ospedaliera appellata e degli avv.ti A. Carullo, B. Belli e S. Pensabene Lionti per la società controinteressata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il Consigliere Vincenzo Neri;

Uditi, altresì, alla pubblica udienza del 22 novembre 2012, l’avv. U. Ilardo per le società appellanti, l’avv. G. Caruso, su delega dell’avv. M. Alì, per l’Azienda ospedaliera appellata e l’avv. B. Belli per la società controinteressata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con ricorso innanzi al TAR il Co.Lo.Coop., Consorzio Lombardo Cooperative s.c. a r.l., in proprio e quale capogruppo del costituendo raggruppamento temporaneo d’imprese con la PEF s.p.a., impugnava gli atti della gara d’appalto per l'affidamento del servizio ausiliario di supporto ai reparti ed alle strutture dell'azienda ospedaliera Cannizzaro.

Instaurato il ricorso, nel giudizio di primo grado venivano altresì proposti motivi aggiunti avverso gli ulteriori atti di gara mentre Seriana 2000, Società cooperativa sociale, controinteressata - aggiudica-taria dell’appalto, avanzava ricorso incidentale.

Il TAR, con la sentenza impugnata, respingeva il ricorso condannando la parte alla rifusione delle spese di primo grado.

Avverso la sentenza proponeva impugnazione Co.Lo.Coop. rassegnando questi motivi di appello.

Con il primo riteneva erronea la sentenza nella parte in cui, considerando legittima l’aggiudicazione a favore della controinteres-sata, aveva respinto la censura di illegittimità della delibera di aggiudicazione che aveva dichiarato l’offerta economica di Seriana 2000 con “IVA incorporata nel prezzo offerto con ogni onere differenziale a carico della medesima ditta, anche a prescindere dal titolo o meno all’esenzione dell’IVA, materia dibattuta in sede di primo parere” (pagina 16 dell’appello). Per l’appellante ciò avrebbe determinato una plateale violazione della legge di gara nonché dei principi di immutabilità dell’offerta e della par condicio tra i concorrenti (pagina 20 dell’appello) anche perché l’IVA dovrebbe essere sempre applicabile alle prestazioni di questo genere rimanendo escluso che chicchessia possa godere di esenzioni o agevolazioni (pagina 22 dell’appello).

Con il secondo motivo di appello deduceva l’erroneità della sentenza che non avrebbe rilevato la violazione della par condicio tra i concorrenti perpetrata dalla legge di gara nella parte in cui consentiva di considerare il regime di particolare favore in materia di IVA goduto da Seriana 2000. Per l’appellante, anche recenti pronunce del Consiglio di Stato, vietano di valorizzare all’interno delle procedure di evidenza pubblica il regime tributario di favore goduto da qualche concorrente e impongono di valutare le offerte prescindendo dall’IVA applicabile. Conseguentemente la stazione appaltante - confrontando i prezzi offerti - avrebbe dovuto considerare più vantaggiosa l’offerta proposta da Co.Lo.Coop. a prescindere dal fatto che quest’ultima, una volta maggiorata dell’IVA, sarebbe risultata più alta di quella proposta da Seriana 2000 che non richiedeva maggiorazione trattandosi di soggetto esente da IVA.

Con il terzo motivo di appello veniva dedotta l’erroneità della sentenza nella parte in cui esclude ripercussioni economiche in capo alla stazione appaltante a causa dell’errato regime tributario applicato da Seriana 2000 alle prestazioni offerte all’amministrazione.

Con il quarto motivo d’appello il consorzio interessato riteneva erronea la sentenza nella parte in cui aveva considerato legittimo il regime di particolare favore tributario dichiarato dalla controinteressata aggiudicataria. Per l’appellante, invece, anche in ragione di un parere reso dall’Agenzia delle entrate - Direzione regionale della Lombardia in data 30 dicembre 2010, contrariamente a quanto affermato dal TAR, la natura delle prestazioni oggetto dell’appalto e il fatto che le stesse sono rivolte alla generalità degli utenti della struttura sanitaria rende impossibile l’applicazione del regime agevolato o del regime di esenzione dell’IVA.

Con il quinto motivo d’appello Co.Lo.Coop, in ragione dell’as-serita illegittimità del regime di esenzione dell’IVA, ritiene che erroneamente il TAR avrebbe disatteso il sesto motivo di ricorso principale tendente a contestare la congruità dell’offerta dell’aggiudicataria sotto l’aspetto del costo del personale.

Con il sesto motivo l’appellante riproponeva la richiesta di tutela in forma specifica e per equivalente già avanzata in primo grado.

Si costituiva l’Azienda ospedaliera Cannizzaro, chiedendo il rigetto dell’appello.

La controinteressata, dopo la costituzione avvenuta in data 27 giugno 2012, spiegava difese con la memoria del 6 novembre 2012 contestando ciascuno dei motivi di appello e riproponendo le censure incidentali già avanzate in primo grado; pur chiedendo a pagina 33 “la conferma dell’ordinanza cautelare” il Collegio reputa che la predetta richiesta debba essere intesa in termini di domanda di conferma della sentenza impugnata.

Quindi all’udienza pubblica del 22 novembre 2012 l’appello passava in decisione.

D I R I T T O

Preliminarmente è necessario esaminare l’eccezione di inammissibilità dei motivi di ricorso incidentale avanzati da Seriana 2000 Società cooperativa sociale con l’atto depositato il 6 novembre 2012.

L’eccezione proposta da Co.Lo.Coop è fondata. Ai sensi dell’articolo 101, comma 2, c.p.a. si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio.

Dalla documentazione in atti emerge che, con memoria del 6 novembre 2012, l’appellata Seriana 2000 ha riproposto tre censure di tipo incidentale (già avanzate nel giudizio di primo grado) avverso l’ammissione alla gara dell’appellante. Tali censure incidentali, originariamente formulate nel giudizio di primo grado, non sono state esaminate dal TAR che, dopo aver respinto il ricorso principale e i ricorsi per motivi aggiunti, ha in ragione di tale decisione dichiarato improcedibile il ricorso incidentale (si veda pagina 16 della sentenza appellata).

Decorso il termine di trenta giorni (in considerazione del dimezzamento dei termini previsto dagli artt. 119-120 c.p.a: si veda al riguardo Cons. St., V, 8 ottobre 2011 n. 5496) dalla notificazione dell’atto di appello (nella specie avvenuto in data 30 maggio 2012) senza averle riproposte, per legge tali censure si intendono rinunciate con conseguente inammissibilità della loro tardiva riproposizione («Le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza appellata che non siano state, per le parti diverse dall'appellante, espressamente riproposte con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio, devono intendersi, ex art. 101, comma secondo, del c.p.a. rinunciate», Cons. St., V, 14 maggio 2012 n. 2746). Il Collegio, inoltre, rileva un ulteriore motivo di inammissibilità di tali censure incidentali perché, non essendo state esaminate dal giudice di primo grado in ragione di un’asserita improcedibilità delle stesse dovuta al rigetto del ricorso principale, in questa sede avrebbero dovuto essere oggetto di apposito appello incidentale ex articolo 96 c.p.a. e ciò non è avvenuto.

Passando al merito, a giudizio del Consiglio, il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente.

Al riguardo il TAR ha esaminato “l’offerta della controinteressata Seriana 2000 scarl- Onlus e quella della ditta ricorrente” (odierna appellante) rilevando che la “prima ha offerto il canone mensile comprensivo di tutti gli oneri per lo svolgimento del servizio per la durata di cinque anni, nella misura di Euro 570.400,00, specificando di andare esente da IVA” e che l’appellante “invece, ha offerto il canone mensile esclusa IVA di euro 515.372,50, corrispondente al canone mensile di Euro 618.447,00 compresa IVA (calcolata nella misura del 20%)”. Per il giudice di primo grado “l’offerta della ricorrente è ammissibile in quanto, scorporata l’IVA, è inferiore alla soglia massima di 575.000,00, che costituisce il tetto di ammissibilità delle offerte posto dalle disposizioni di cui all’art. 13 CSP, ultimo capoverso, mentre l’offerta della contro interessata aggiudicataria, di Euro 570.400,00, costituisce sicuramente l’offerta economicamente più vantaggiosa per l’amministrazione che ha pertanto attribuito ad essa maggior punteggio, nella corretta applicazione delle disposizioni della lex specialis di gara”.

A giudizio del Consiglio, giova innanzitutto osservare che esaminando l’offerta presentata dall’odierna appellata emerge inequivocabilmente che il prezzo proposto, pur essendo omnicomprensivo, non considera l’IVA, perché Seriana ritiene di essere IVA esente. Dall’esame della copia dell’offerta economica (allegato n. 8 della documentazione depositata dall’amministrazione il 12 gennaio 2010 presso il TAR) emerge infatti che Seriana ha proposto un ribasso dello 0,80% aggiungendo che doveva considerarsi “Canone mensile omnicomprensivo di tutti gli oneri per lo svolgimento del servizio per la durata di anni cinque:€ 570.400,00” e precisando “IVA esente ai sensi dell’art. 10 n° 27-Ter - DPR 633/72”.

La mancata considerazione (rectius: inclusione) dell’IVA, per un verso, è conforme a quanto stabilito dalla legge di gara, ed in particolare dall’articolo 13 del capitolato speciale di appalto, e, per altro verso, risulta coerente con il fatto che l’offerente riteneva che si trattasse di prestazione esente da IVA ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 27 ter d.P.R. 633/1972.

Conseguentemente va escluso che l’offerta di Seriana 2000 possa essere interpretata come prezzo comprensivo di IVA al 4% o al 20%; a giudizio del Consiglio il chiaro tenore dell’offerta e il significato letterale delle parole portano a concludere che Seriana ha proposto il prezzo di € 570.400,00 sul presupposto dell’esenzione dall’IVA e che dunque non intendesse quella cifra come comprensiva dell’IVA al 4% o al 20%. Sotto altro aspetto non può, pena la violazione delle più elementari regole dell’appalto, reinterpretarsi l’offerta ritenendo che, qualora il regime di esenzione non fosse spettato a Seriana, sarebbe stata quest’ultima a sopportare il costo del relativo peso fiscale.

Emerge altresì inequivocabilmente che l’appellante, altrettanto correttamente, nell’indicare la sua offerta aveva fatto riferimento al prezzo senza includere l’IVA.

Ciò precisato, occorre considerare che

a)        il prezzo proposto dall’appellante al netto dell’IVA è inferiore a quello proposto dall’appellato al netto dell’IVA;

b)        applicando l’IVA al prezzo proposto dall’appellante si ottiene una cifra superiore a quella proposta dall’appellato perché sull’offerta di quest’ultimo non deve asseritamente applicarsi l’IVA.

La questione centrale sottoposta all’esame del Collegio con il primo e secondo motivo di appello riguarda, dunque, il problema relativo all’individuazione dell’offerta più vantaggiosa sotto il profilo del prezzo quando alcune offerte sono assoggettate all’IVA e altre – per ragioni inerenti alla natura giuridica di chi le propone – risultano essere esenti. In altri termini occorre capire se, partendo dal presupposto (per il vero contestato nell’odierno giudizio) che l’appellata eroga prestazioni esenti da IVA ai sensi dell’articolo 10 prima citato, la stazione appaltante nel valutare la convenienza dell’offerta debba considerare i prezzi proposti al netto dell’IVA a prescindere che poi su questi si applichi o meno l’IVA oppure se debba considerare anche l’incidenza che l’IVA ha sul prezzo finale. Nel caso di specie, infatti, considerando i prezzi al netto dell’IVA non v’è dubbio che l’offerta migliore sotto il profilo del prezzo è quella dell’appellante, laddove applicando all’offerta dell’appellante l’IVA (anche perché poi è questo il prezzo finale che l’amministrazione dovrà pagare) diviene più vantaggiosa l’offerta dell’appellata che, sempre in tesi, è esente da IVA.

Per un primo orientamento, correttamente richiamato dal TAR, l’amministrazione – in qualità di consumatore finale – nel valutare la convenienza dell’offerta economica deve considerare il costo complessivo da sopportare per ottenere il servizio. In questa ottica tale costo finale comprende il prezzo maggiorato dall’IVA eventualmente dovuta; conseguentemente se la cifra complessivamente dovuta è inferiore con riferimento ad un’offerta che, per ragioni inerenti alla natura giuridica del soggetto che la propone, non deve essere maggiorata dall’IVA, potrà aggiudicare a tale soggetto a prescindere dal fatto che altri abbiano formulato offerte che, al netto dell’IVA, erano più basse.

Nell’aggiudicare a soggetto che ha proposto un’offerta più bassa rispetto agli altri concorrenti solo perché sull’offerta non deve essere applicata l’IVA, inoltre, non vi sarebbe una violazione della par condicio «… in quanto per coloro i quali sono soggetti all’IVA non costituisce costo l’IVA dei beni o dei servizi dagli stessi acquistati (ricadendo l’IVA, secondo la partita di giro, sul consumatore finale che è il soggetto non titolare della partita IVA) ...» (Cons. St., VI, 25 gennaio 2008 n. 185).

Sempre per questo indirizzo, una volta che l’offerente ha dichiarato che le prestazioni da lui erogate sono esenti da IVA, «… per essere una Onlus, all’amministrazione non competeva accertare il fondamento della dichiarazione. Essendo sufficiente la previsione dell’esenzione da parte della legge per diverse prestazioni svolte da Onlus e oggetto di contratto …» (ancora Cons. St., VI, 25 gennaio 2008 n. 185).

In una decisione di questo Consiglio, infine, è stato affermato che «nelle procedure usuali l’IVA non è calcolata nella base d’asta appunto perché è una partita di giro» mentre quando né è esclusa la «detraibilità, l’IVA costituisce un costo e quindi deve essere valutata nella offerta economica globale» (C.G.A., 23 luglio 2007 n. 666).

Per altro orientamento, invece, nelle procedure di evidenza pubblica il valore degli appalti e, quindi, i prezzi proposti dalle imprese partecipanti alle gare devono essere sempre considerati al netto dell'i.v.a. (Cons. St., V, 22 novembre 2005 n. 6487).

Tale regola servirebbe a soddisfare “esigenze di immediata percezione”. In primo luogo, infatti, «l'onere tributario correlato ad una qualunque prestazione, sebbene integri una componente di costo sensibilmente incidente, dal punto di vista microeconomico, sulla formazione dei prezzi dello specifico mercato, tuttavia rappresenta una variabile esogena della funzione produttiva della singola impresa; la determinazione di essa sfugge cioè al controllo dell'imprenditore (potendo subire variazioni anche nel corso della successiva esecuzione del contratto aggiudicato) e non interferisce - pur alterando il prezzo finale di vendita - con i fattori determinanti l'efficienza produttiva aziendale.

Inoltre è fin troppo evidente che l'ipotetica valutazione degli oneri tributari, ai fini dell'individuazione dell'offerta più conveniente per la stazione appaltante (seguendo la tesi adombrata dalla Cir), innescherebbe ed incentiverebbe perversi meccanismi collusivi tra le amministrazioni e le imprese concorrenti, questi sì, veramente finalizzati all'elusione della normativa fiscale (a tutto danno degli interessi dell'ente impositore, nella specie lo Stato) e negativamente riverberatisi sull'efficienza allocativa delle risorse nei vari settori merceologici» (ancora Cons. St., V, 22 novembre 2005 n. 6487).

In altra decisione del Consiglio è stato affermato che « … il riconoscimento di vantaggi sotto il profilo fiscale e contributivo, nell'ottica di un favor legislativo per le cooperative sociali, e l'assenza di finalità di lucro non precludono ad un soggetto che sia cooperativa sociale di competere nelle procedure per l'aggiudicazione di appalti pubblici ... omissis … Tuttavia l’Amministrazione, all’atto di dettare la lex specialis della gara, deve innanzi tutto e comunque assicurare il rispetto della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi, consacrati dall'art. 97 della Costituzione, di buon andamento ed imparzialità cui deve uniformarsi l'azione amministrativa. La possibilità di cui possono usufruire le cooperative sociali di un regime fiscale e contributivo agevolato (al fine, secondo parte ricorrente in appello, di riequilibrare la competizione economica tra chi è libero di tendere al profitto e chi persegue anche finalità di carattere sociale) va infatti a sommarsi, all’atto della partecipazione a gare pubbliche indette con il criterio del massimo ribasso, alla circostanza che esse possono presentare offerte anche con utile ridotto, visto che lo scopo di lucro è estraneo alla attività delle cooperative stesse, sicché appare ragionevole l’intento dell'Amministrazione di tutelare la par condicio tra le imprese con scopo di lucro e le società cooperative partecipanti alla gara richiedendo la indicazione della offerta “IVA esclusa”, allo scopo di assicurare un sostanziale equilibrio tra dette società e le imprese con scopo di lucro, che altrimenti sarebbero oltremodo penalizzate …» (Cons. St., V, 16 giugno 2010 n. 3806).

Reputa il Collegio di aderire a questo secondo orientamento non condividendo gli argomenti avanzati dalla tesi contraria.

In primo luogo l’orientamento che impone di considerare l’IVA dovuta nella valutazione delle offerte proposte perché l’amministra-zione è un consumatore finale che non può ‘scaricare’ il tributo, attraverso il meccanismo della detrazione, non può essere condiviso. Tale argomento, infatti, a tutto concedere, può valere solo per alcune amministrazioni aggiudicatrici ma non è valido per tutte le amministrazioni aggiudicatrici contemplate dall’articolo 3, comma 25, Codice dei contratti (ad esempio per alcuni organismi di diritto pubblico) e per gli altri enti aggiudicatori tra i quali vi rientrano le imprese pubbliche (si veda articolo 3, comma 29, Cod. Contratti; per la distinzione si veda anche Cons. St., a.p., 10/2011). In altri termini non sempre i soggetti tenuti ad indire una procedura di evidenza pubblica non possono detrarre l’IVA pagata e conseguentemente, accogliendo l’orientamento qui non condiviso, dovrebbe ipotizzarsi una (non prevista) diversità di regole a seconda che il fruitore della prestazione oggetto dell’appalto possa o meno detrarre l’IVA: seguendo il ragionamento qui non condiviso, infatti, quando la stazione appaltante non può detrarre l’IVA l’aggiudicazione dovrebbe avvenire considerando anche l’incidenza dell’IVA mentre se la stazione appaltante può detrarre l’IVA l’aggiudi-cazione dovrebbe avvenire valutando le offerte al netto dell’IVA.

In secondo luogo, ritenere rilevante nella valutazione dell’of-ferta economica l’IVA da applicare, potrebbe determinare risultati economici aleatori per la stessa stazione appaltante. L’offerta ritenuta non conveniente in un dato momento storico potrebbe divenire conveniente in un momento successivo a seguito della riduzione (tramite novella legislativa) dell’aliquota IVA. All’uopo, pur non essendo questo il caso sottoposto all’attenzione del Collegio, si consideri ipoteticamente una gara nella quale un primo soggetto propone il prezzo di 100, oltre IVA al 21%, e dunque determina un esborso complessivo per l’amministra-zione per 121; si prenda in considerazione altresì l’offerta di un secondo operatore che prevede il prezzo complessivo di 119 senza applicare l’IVA perché esente con conseguente spesa finale per l’amministrazione per 119. Applicando al caso prospettato il principio non accolto da questo Consiglio dovrebbe essere dichiarata aggiudicataria l’offerta esente da IVA perché complessivamente più vantaggiosa per l’amministrazione. Tuttavia, qualora per effetto di una (possibile) modifica tributaria l’aliquota IVA su quelle determinate prestazioni dovesse essere ridotta di tre punti percentuali, l’offerta originariamente non aggiudicataria diventerebbe più conveniente e l’amministra-zione, ormai vincolata all’offerta pari a 119, si troverebbe a pagare un prezzo maggiore. Può prospettarsi anche l’ipotesi esattamente opposta, ossia quella di un’offerta conveniente in un dato momento storico che diventa non conveniente in un momento successivo a seguito della modifica, sempre tramite novella legislativa, dell’aliquota IVA. Potrebbe accadere infatti che dopo l’aggiudicazione ad un soggetto che ha proposto un prezzo finale migliore per il solo fatto che le sue prestazioni erano esenti da IVA, il legislatore decida di mutare il regime e di assoggettare tali prestazioni ad IVA, così alterando il riferimento economico che era stato preso in considerazione al momento dell’aggiu-dicazione.

In terzo luogo va rilevato che considerando il regime IVA al momento della valutazione dell’offerta si determinerebbe indirettamente un indubbio vantaggio nel campo degli appalti pubblici in favore di soggetti che godono, come potrebbe essere nell’odierna fattispecie, dell’esenzione dell’IVA. Tale privilegio, tuttavia, determinerebbe un’alterazione delle regole della concorrenza con conseguente danno per gli altri soggetti che operano in quel mercato senza godere dell’agevolazione. In altri termini il principio per cui la stazione appaltante può/deve valutare l’incidenza dell’IVA sul prezzo proposto comporterebbe “evidenti effetti distorsivi della concorrenzialità” perché si avvantaggerebbero alcuni operatori sottoposti a regime più favorevole rispetto ad altri assoggettati a regime meno favorevole senza alcun collegamento con il valore, sotto il profilo del prezzo o della qualità-prezzo, del bene o servizio offerto che, invece, deve fungere da esclusivo parametro per valutare la concorrenzialità dell’offerta a prescindere dall’esborso finale cui va incontro la stazione appaltante anche perché, come prima dimostrato, non sempre è esclusa la detraibilità dell’IVA versata.

Nel senso preferito dal Consiglio milita anche un’altra considerazione. Il Codice dei contratti ha previsto espressamente il riferimento al netto dell’IVA nello stabilire come determinare l’importo a base d’asta («Il calcolo del valore stimato degli appalti pubblici e delle concessioni di lavori o servizi pubblici è basato sull'importo totale pagabile al netto dell'IVA, valutato dalle stazioni appaltanti», articolo 29, comma 1, Cod. contratti). È vero che nell’odierna fattispecie questo aspetto non è controverso, essendo invece discusso (perché non oggetto di specifica indicazione normativa) se l’amministrazione debba valutare la convenienza del prezzo proposto al netto dell’IVA o includendo l’imposta in questione, ma, a giudizio del Collegio, l’indica-zione contenuta all’articolo 29 Cod. contratti, serve a far comprendere che per il legislatore in materia di appalti il riferimento di tipo economico è al netto dell’IVA.

Alla luce delle considerazioni sino a qui svolte, il primo e il secondo motivo di appello devono essere accolti con conseguente annullamento degli atti impugnati e, in particolare, dell’atto di aggiudicazione nonché, in parte qua, dell’articolo 14 CSA nella parte in cui per la valutazione del prezzo fa riferimento al “canone mensile offerto, comprensivo di IVA” (risultando censurata già in primo grado la legge di gara: si vedano in particolare pagg. 2, 26 e 31 del ricorso principale di primo grado), rimanendo assorbite le ulteriori censure relative ad altri profili di illegittimità degli atti.

Conseguentemente il Collegio deve pronunciarsi sulla domanda di tutela in forma specifica e per equivalente proposta in primo grado (con motivi aggiunti depositati il 19 gennaio 2011) e reiterata in appello.

A giudizio del Consiglio, in ragione del vizio riscontrato, non ricorre una delle ipotesi di cui all’articolo 121 c.p.a. mentre trova applicazione il successivo articolo 122 c.p.a che testualmente stabilisce:«Fuori dei casi indicati dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta».

Nel caso di specie dalla prospettazione operata dalle parti – nonché dall’atto di aggiudicazione che indica la graduatoria finale – emerge che l’odierno appellante, se la stazione appaltante non avesse considerato l’IVA sarebbe risultato aggiudicatario; conseguentemente, una volta annullata l’aggiudicazione in favore di Seriana (e non potendosi esaminare i motivi incidentali), al RTI appellante, previa riparametrazione del punteggio, sarebbe spettata l’aggiudicazione e la stipulazione del relativo contratto senza necessità di rinnovare la gara.

Risulta altresì che l’appellante ha proposto domanda di subentro nel contratto illegittimamente stipulato con la controinteressata-appellata, oltre che di ristoro pecuniario, sia in primo grado con i motivi aggiunti del 19 gennaio 2011 sia con il sesto motivo di appello.

Fatta tale premessa, il Collegio reputa che il contratto, ai sensi del prima richiamato articolo 122 c.p.a. - e, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto - debba essere dichiarato inefficace a far data dalla notifica della presente sentenza e che inoltre vada, a titolo di tutela in forma specifica ex articolo 124 c.p.a., disposto il subentro nel rapporto contrattuale instaurato con la parte appellata sempre a far data dalla notifica della presente sentenza.

Con riferimento alla frazione di contratto già eseguita, a giudizio del Collegio, ai sensi dell’articolo 30 c.p.a. - non trovando applicazione l’articolo 124 c.p.a. perché il Collegio condivide quella dottrina che distingue tra il risarcimento del danno da attività illegittima ex articolo 30 c.p.a. e tutela in forma specifica e per equivalente ex articolo 124 c.p.a. da inquadrare più correttamente tra le ipotesi di tipo indennitario - va riconosciuto il risarcimento del danno per la mancata esecuzione del contratto da parte dell’appellante.

Tale danno va liquidato, a prescindere dalla valutazione dell’elemento soggettivo (Cons. St., V, 16 gennaio 2013 n. 240) e in ragione degli elementi offerti dall’interessato, con equo apprezzamento delle circostanze del caso ex articolo 2056 c.c. Conseguentemente, tenuto conto della particolare tipologia di appalto nonché del raggiungimento della prova in ordine al danno sofferto ma non anche della sua prova nella misura richiesta (alcune circostanze sono solo labialmente affermate), reputa il Collegio di liquidarlo nella misura del 7% sull’importo, una volta detratto dall’importo a base d’asta il ribasso offerto, e non anche del 10% come usualmente stabilito in via generale, ma senza automatismi, dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St., VI, 15 ottobre 2012 n. 5279).

A tale somma va aggiunto un ulteriore 2% a titolo di danno curriculare in considerazione del fatto che l’appellante non potrà vantare nelle altre gare alle quali parteciperà l’esecuzione di questo contratto per tutta la sua durata ma solo per una frazione. Il Collegio reputa infatti che il danno curriculare possa correttamente oscillare tra l’1% e il 4% e che in questo caso, tenuto conto del fatto che il contratto in parte è già stato eseguito dalla controinteressata (a pagina 7 della memoria dell’amministrazione si legge che “definita la fase cautelare è intervenuto il contratto”), può fissarsi la misura del 2% sull’importo, sempre una volta detratto dall’importo a base d’asta il ribasso offerto.

Per giurisprudenza consolidata non spetta, invece, all’odierna appellante la rifusione delle spese sostenute per la partecipazione alla gara trattandosi di somme che la parte avrebbe dovuto comunque sopportare anche se la procedura si fosse svolta legittimamente (Cons. St., VI, 16 settembre 2011 n. 5168).

Sulle somme così individuate occorre provvedere alla rivalutazione del credito, cioè alla trasformazione dell'importo del credito originario in valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale; e, in secondo luogo, occorre calcolare il c.d. danno da ritardo, utilizzando il metodo consistente nell'attribuzione degli interessi che vanno calcolati dalla data del fatto non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, bensì sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno (Cons. St., V, 8 novembre 2012 n. 5686).

Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

La particolare complessità della vicenda nonché l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti costituisce giusta ragione per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P. Q. M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato,

- dichiara inammissibili le censure incidentali proposte dall’appellata;

- accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, annulla gli atti impugnati nel giudizio di primo grado;

- dispone la tutela in forma specifica e il risarcimento del danno nei termini indicati in motivazione.

Compensa tra la parti costituite le spese dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo il 22 novembre 2012 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori: Paolo Turco, Presidente, Vincenzo Neri, estensore, Marco Buricelli, Pietro Ciani, Alessandro Corbino.

F.to Paolo Turco, Presidente

F.to Vincenzo Neri, Estensore

Depositata in Segreteria

11 marzo 2013

Intervenuta la condanna per turbata libertà degli incanti da parte di soggetto che ha avuto cariche nella società, l'esclusione di questa dalla procedura concorsuale può essere evitata solo se vi è la prova di una dissociazione concreta

Tar Catania, sez. I, sentenza del 05 marzo 2013, n. 719
Data: 
05/03/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

1) "Intervenuta la condanna per turbata libertà degli incanti nel periodo rilevante, da parte di soggetto che ha avuto cariche nella società, l'esclusione di questa dalla procedura concorsuale può essere evitata solo se vi è la prova di una dissociazione concreta dell'impresa. La dissociazione, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme ma è certo che deve risultare esistente, univoca e completa (cfr. Cons. St., sez. V, 11 settembre 2007 n. 4804).

E nel caso di specie, dagli atti di causa la cd. dissociazione non risulta effettuata correttamente, come già accertato da questa Sezione con sentenza 13 aprile 2012 n. 1016, non essendo oltretutto sufficiente la mera accettazione delle dimissioni dalla carica di amministratore unico".

2) "la previsione della lett. m-quater dell’art. 38 pone in capo ai concorrenti uno specifico obbligo dichiarativo in ordine alla eventuale partecipazione di soggetti tra loro collegati, richiedendo espressamente che in presenza di tali legami, anche solo fattuali e sostanziali, le partecipanti dichiarino che la loro offerta è stata redatta in piena autonomia e sia frutto di differenti centri decisionali"

 

N. 00719/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01477/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1477 del 2012, proposto da:
Impresa xxxxx, rappresentato e difeso dagli avv. xxxxx, xxxxx, xxxx, con domicilio eletto presso xxxxin Catania, via xxxxxx, 37;

contro

Regione Siciliana, Reg. Siciliana-Presidenza-Dipartimento Regionale della Protezione Civile-Servizio per la Prov. di Ragusa, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Comune di Ragusa;

nei confronti di

Impresa xxxxxx srl, rappresentata e difesa dall'avv. xxxxxxxxx, con domicilio eletto presso xxxxxin Catania, viale xxxxxx N. 43;
Impresa xxxxxx S.r.l.;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- dei verbali di gara del 22 febbraio 2012, 24 febbraio 2012, 1° marzo 2012, 2 marzo 2012, 5 marzo 2012, 6 marzo 2012, 7 marzo 2012, 14 marzo 2012, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione dalla gara dell’impresa RE.CO.GE. S.r.l.;

- del verbale di gara del 14 marzo 2012, nella parte in cui, a seguito delle operazioni di gara, è stata individuata come prima in graduatoria l’impresa 2G Costruzioni S.r.l., e si è disposta l’aggiudicazione provvisoria in favore della stessa;

- della nota n. 19860 del 20 marzo 2012 del Dipartimento Protezione Civile della Regione Siciliana, con la quale viene comunicata all’odierna ricorrente che a seguito delle operazioni di gara è risultata essere aggiudicataria la 2G Costruzioni S.r.l., mentre l’odierna ricorrente è risultata essere seconda graduata;

- della nota n. 35004 del 21 maggio 2012, con la quale il citato Dipartimento comunicava alla ricorrente che con D.D.G. n. 157 del 14 maggio 2012 si è disposta l’aggiudicazione definitiva in favore dell’impresa 2G Costruzioni S.r.l.;

- del citato D.D.G. n. 157 del 14 maggio 2012;

 


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Siciliana, ed il ricorso incidentale proposto dall’Impresa 2g Costruzioni S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2013 il dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO

Con il ricorso principale, l’Impresa Franco Santo ha impugnato i provvedimenti con cui il Servizio Regionale di Protezione Civile per la provincia di Ragusa ha aggiudicato l’appalto per l’affidamento dei “Lavori di recupero e conservazione dell’immobile denominato Scuola Elementare 1° circolo sito in Modica (RG)”, bandito per un importo a base d’asta di €. 1.228.716,97, all’impresa 2G Costruzioni s.r.l., facendo valere l’illegittima ammissione alla gara dell’impresa RE.CO.GE. S.r.l., escludendo la quale sarebbe variata la media delle offerte, e la ricorrente, con il ribasso del 24,361%, sarebbe risultata aggiudicataria dei lavori.

La ricorrente principale ha rilevato che sia il sig. Navarria Antonino che il sig. Ronsivalle Santo sono stati, nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, soci di maggioranza della RE.CO.GE. S.r.l., con quota di ripartizione del capitale sociale ciascuno pari al 50%, e che il Navarria Antonino ha altresì ricoperto la carica di amministratore unico e direttore tecnico della medesima società. E come dichiarato dallo stesso attuale Amministratore Unico e Direttore Tecnico della società, il sig. Navarria Antonino è stato condannato per il reato di turbata libertà degli incanti in concorso, nonché all’incapacità di contrattare con la pubblica Amministrazione.

Ed anche a carico dell’altro socio, il sig. Ronsivalle Santo, anch’egli socio di maggioranza nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, sussiste una condanna per il reato di turbata libertà degli incanti in concorso, con la sanzione accessoria dell’incapacità di contrattare con la pubblica Amministrazione.

Con ordinanza n. 680 del 09.07.2012 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare, e sospeso l’efficacia dei provvedimenti impugnati.

Con ricorso incidentale proposto subito dopo, l’impresa 2G Costruzioni srl ha proposto autonoma istanza cautelare, nonchè di revoca del provvedimento cautelare emesso, che questa Sezione ha rigettato con ordinanza n. 941 del 10.10.2012.

Alla pubblica udienza del 14.02.2013 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1) Il ricorso principale è fondato, e pertanto va accolto, sussistendo la violazione dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006.

Infatti, intervenuta la condanna per turbata libertà degli incanti nel periodo rilevante, da parte di soggetto che ha avuto cariche nella società, l'esclusione di questa dalla procedura concorsuale può essere evitata solo se vi è la prova di una dissociazione concreta dell'impresa. La dissociazione, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme ma è certo che deve risultare esistente, univoca e completa (cfr. Cons. St., sez. V, 11 settembre 2007 n. 4804).

E nel caso di specie, dagli atti di causa la cd. dissociazione non risulta effettuata correttamente, come già accertato da questa Sezione con sentenza 13 aprile 2012 n. 1016, non essendo oltretutto sufficiente la mera accettazione delle dimissioni del sig. Navarria Antonino dalla carica di amministratore unico.

2) Il Collegio ritiene però fondato anche il ricorso incidentale, con il quale si lamenta la mancata esclusione dalla gara del Consorzio Stabile Galileo soc. cons. a.r.l., nonché della sua consorziata Icogen srl.

L’impresa 2g Costruzioni ha fatto valere la violazione del bando e del disciplinare di gara, nella parte in cui prevedono l’esclusione dalla gara dei concorrenti che si trovino in situazione di controllo e/o di collegamento o di relazioni di fatto con altre imprese.

In particolare, l'art.1, lett.a), n.3.a), del disciplinare di gara, relativo alla documentazione richiesta a pena di esclusione, prevede che il concorrente renda una dichiarazione sostitutiva, con la quale “dichiara, indicandole specificatamente, di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall'art.75 comma 1 del DPR n.544/1999, e dall'art.38, comma 1°, del D.Lgs n.163/2006, e specificatamente:…. .n.3d) elenca le imprese…rispetto alle quali si trova in una delle situazioni di controllo e di collegamento di cui all'art.2359 c.c,. ed attesta l'inesistenza di controllo diretto o come controllante o come controllato con altre imprese concorrenti nonché forme di collegamento sostanziale, quali ad esempio la comunanza di legale rappresentante /titolare/amministratore/soci/procuratori con potere di rappresentanza /direttori tecnici; tale dichiarazione deve essere resa anche se negativa”.

L’art 38, comma 1, lett. m-quater, del D.lgs. 163/2006 richiamato prevede che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento…degli appalti…,…e non possono stipulare i relativi contratti, i soggetti: ...che si trovano rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all'art.2359 c.c. o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.

Inoltre, l’art.2 del disciplinare di gara, al comma 4, lett. c) e d), prevede che la commissione di gara procede all'esclusione dalla gara “dei concorrenti che risultano tra loro in una posizione di controllo e collegamento ex art.2359 c.c. ovvero in situazioni di controllo diretto o come controllante o come controllato”, e “delle imprese indicate dai consorzi e che partecipano alla gara anche singolarmente o in altre forme”.

Ora, il Consorzio Galileo ha dichiarato di essere composto, tra le altre imprese, anche dalla Icogen srl, precisando che il consorziato per il quale il consorzio concorre è la Sicop srl, ma non dichiarando nulla rispetto alla posizione della Icogen srl nella gara in questione, cioè non rendendo alcuna dichiarazione circa il fatto se la consorziata partecipasse o meno alla stessa procedura.

In particolare, il Consorzio ha omesso di rendere le dichiarazioni di cui all’art.38, comma 1, lett. m-quater.

La consorziata Icogen srl, la quale ha partecipato singolarmente alla gara de qua, ha dichiarato che “non vi sono imprese rispetto alle quali, ai sensi dell'art.2359 c.c. si trova in situazione di controllo; di non trovarsi con altri concorrenti alla gara, in una delle situazioni di controllo previste dall'art.2359 c.c. (…); di non trovarsi in collegamento sostanziale con altri concorrenti”.

Omettendo sia la dichiarazione di cui all’art.38, comma 1, lettera m-quater, sia una delle dichiarazioni (positive con giustificazioni o negative) di cui all’art. 38, comma 2.

Il Collegio ritiene che entrambe le imprese abbiano reso dichiarazioni non del tutto conformi alle previsioni del citato art. 38, comma 1, lett. m-quater del D.Lgs. n. 163/06.

Comunque, nella memoria depositata il 29.01.2013 la 2g Costruzioni ha dimostrato che si aggiudicherebbe la gara anche se fosse esclusa una sola delle due imprese.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente principale, in sede di replica al ricorso incidentale, non è esatto che la dichiarazione da rendersi in sede di gara ai sensi dell’art. 38 “è prevista soltanto per le ipotesi di controllo di cui all’art. 2359 cod.civ., e non per il collegamento sostanziale”; e ciò sia perché la dichiarazione sul collegamento è comunque richiesta dal disciplinare, e sia perché la medesima lettera m-quater prevede altresì che vadano escluse anche le imprese che si trovino “in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.

Ed infatti, la ricorrente incidentale non pone all’attenzione di questo Tribunale solo un discorso relativo al controllo od al collegamento, bensì, più specificamente, la questione relativa alla suddetta “relazione di fatto”, laddove, con riferimento alla Icogen, precisa che ha omesso “di dichiarare che si trovava in una relazione di fatto con altra ditta partecipante alla selezione, appunto il consorzio predetto”, e che ha dichiarato “di non trovarsi in nessuna relazione di fatto con altre imprese partecipanti alla medesima gara”.

In più, la ricorrente incidentale sottolinea come la previsione della lett. m-quater dell’art. 38 pone in capo ai concorrenti uno specifico obbligo dichiarativo in ordine alla eventuale partecipazione di soggetti tra loro collegati, richiedendo espressamente che in presenza di tali legami, anche solo fattuali e sostanziali, le partecipanti dichiarino che la loro offerta è stata redatta in piena autonomia e sia frutto di differenti centri decisionali.

Non può essere condiviso l’argomento secondo cui l’Amministrazione avrebbe dovuto disporre l'integrazione documentale, perché tale principio, come è noto, trova comunque il limite del rispetto del principio di par condicio fra i concorrenti, che viene violato quando ad un soggetto si consente di produrre fuori termine un documento o dichiarazione non prodotti (cfr., ex multis, TAR Sicilia, Catania, Sezione I, 11.05.2012 n. 1236).

3.1) Le due eccezioni di inammissibilità del ricorso incidentale sono entrambe infondate.

Con la prima, l’impresa Franco rileva che “laddove per assurdo dovesse accedersi alle tesi (infondate) di controparte….andrebbe esclusa dalla stessa procedura di cui si tratta anche la società FG Costruzioni e Restauri S.r.l”, che avrebbe omesso la stessa dichiarazione, e pertanto, “dall’ulteriore esclusione della FG costruzioni, unitamente all’esclusione della RECOGE, del Consorzio Stabile Galileo e della ICOGEN, la nuova media ricalcolata è pari a 25,1912% con la conseguenza che l’impresa Franco Santo risulterebbe comunque aggiudicataria…”.

In realtà, la suddetta impresa, dopo aver dichiarato in termini generali “di non trovarsi in tutte le condizioni previste dall’art. 38, comma 1,…”, attesta “di non trovarsi in alcuna situazione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile rispetto ad altro soggetto, e di aver formulato l’offerta autonomamente”, nonchè “di non trovarsi, rispetto ad un altro partecipante alla gara, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita da ciascuna impresa, in una situazione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile o in qualsiasi relazione, anche di fatto, che abbia comportato l’imputabilità dell’offerta ad un unico centro decisionale al quale sia riconducibile anche l’impresa dichiarante”.

Risulta quindi che, non avendo violato l’art. 38, l’impresa FG Costruzioni e Restauri non potrebbe essere esclusa.

3.2) È infondata anche l’eccezione relativa alla irregolarità contributiva della posizione della 2G Costruzioni. Infatti, come dimostrano gli innumerevoli certificati di regolarità contributiva agli atti, la 2G Costruzioni è stata in regola con i versamenti contributivi già alla data di presentazione della domanda di ammissione alla gara, così come alla data di aggiudicazione della gara conclusasi con decreto di aggiudicazione il 14 maggio 2012.

Alla data del 29.5.2012, in cui l’Amministrazione resistente ha richiesto agli Enti Previdenziali l’attestazione di regolarità contributiva per la stipula del contratto per la 2G Costruzioni, questa era in regola con i versamenti. Alla data del 3.8.2012, citata dalla ricorrente principale per sostenere che l’Impresa 2G Costruzioni “non fosse in possesso del requisito di regolarità contributiva”, questa era invece in regola con i versamenti, come dimostra tutta la produzione documentale depositata il 22.01.2013.

In conclusione, dall’accoglimento del ricorso incidentale consegue l’improcedibilità di quello principale, e l’aggiudicazione in favore dell’Impresa 2g Costruzioni srl.

In considerazione della oggettiva complessità delle questioni giuridiche coinvolte, e dell’esito delle fasi cautelari, sussistono le eccezionali ragioni che consentono la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso incidentale, e per l’effetto dichiara improcedibile quello principale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Biagio Campanella, Presidente

Maria Stella Boscarino, Consigliere

Dauno Trebastoni, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) 

Rimessione all'Adunanza Plenaria: quando inizia a decorrere il termine per proporre ricorso avverso gli atti relativi a procedure di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica?

Consiglio di Stato, ordinanza del 11 febbraio 2013, n. 790
Data: 
04/03/2013
Tipo di Provvedimento: 
Ordinanza

 

 

N. 00790/2013 REG.PROV.COLL.

N. 08446/2012 REG.RIC.           

  

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA  

 

sul ricorso numero di registro generale 8446 del 2012, proposto dalla società Edilerica Appalti e Costruzioni a r.l., in proprio e in qualità di capogruppo mandataria di un R.T.I. costituendo, rappresentata difesa dagli avvocati Francesco Nardocci e Silvio Carloni, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Oslavia 14;

 

R.T.I. MCC Cerone Costruzioni Metalliche a r.l., rappresentato e difeso dall'avvocato Silvio Carloni, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Oslavia 14;

 

contro

Università degli Studi di Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Consorzio Nazionale di Cooperative di Produzione e Lavoro "Ciro Minotti" s.c.p.a., rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Fariselli, Mirca Tognacci e Mario Sanino, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
Serio Società Cooperativa a r.l.;
Moveco s.r.l.;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
A.C.E.R. Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia, rappresentata e difesa dall'avvocato Riccardo Barberis, con domicilio eletto presso Riccardo Barberis in Roma, via Antonio Pollaiolo 3

per la riforma della sentenza in forma semplificata resa dal T.A.R. dell’Umbria, Sez. I, n. 450/2012

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Perugia e del Consorzio Nazionale di Cooperative di Produzione e Lavoro "Ciro Minotti" s.c.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Carloni e l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti

 

 

La società Edilerica Appalti e Costruzioni a r.l. e la società MCC Cerone Costruzioni Metalliche a r.l. riferiscono di aver preso parte (in qualità – rispettivamente – di capogruppo mandataria e di mandante di un R.T.I. costituendo) alla procedura aperta da esperirsi con il metodo del prezzo più basso indetta dall’Università degli studi di Perugia per l’affidamento dei lavori di restauro e rifunzionalizzazione di un immobile sito in via della Tartaruga – Perugia (bando in data 28 marzo 2012).

All’esito delle operazioni di gara, l’amministrazione aggiudicatrice ha comunicato che il R.T.I. Edilerica si era classificato al secondo posto, mentre il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’ si era classificato al secondo posto (la comunicazione in questione, resa ai sensi dei commi 2, lettera c) e 5 dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è stata resa con lettera raccomandata del 5 luglio 2012).

Il RTI appellante riferisce che “avendo interesse di verificare le modalità di svolgimento delle operazioni di gara, con particolare riferimento alla posizione del concorrente aggiudicatario, ha domandato di accedere agli atti di gara.

L’Università ha consentito l’accesso solo in data 26 luglio 2012 (ciò perché, come è stato riferito telefonicamente, il funzionario responsabile prima era in ferie), con l’ostensione degli atti e il contestuale rilascio di copia di parte della documentazione amministrativa e delle dichiarazioni del Consorzio ‘Ciro Menotti’”.

Il R.T.I. appellante riferisce, altresì, che solo a seguito dell’integrale disamina della documentazione di gara ha potuto rilevare l’esistenza di vizi nella formulazione dell’offerta da parte del Consorzio primo classificato i quali, ove correttamente apprezzati, ne avrebbero dovuto determinare l’esclusione dalla procedura.

In particolare, il vizio nella formulazione dell’offerta da parte del Consorzio aggiudicatario consisterebbe in ciò, di avere designato, quale consorziata che avrebbe eseguito i lavori, la Serio soc. coop. a r.l. e nel fatto che quest’ultima, a propria volta, avesse designato quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a r.l.

In tal modo, il Consorzio appellato avrebbe posto in essere un inammissibile meccanismo di designazione ‘a cascata’ delle imprese designate per l’esecuzione dell’appalto.

Il R.T.I. osserva che i richiamati vizi nella formulazione dell’offerta non erano immediatamente evincibili dal contenuto della comunicazione resa ai sensi dell’articolo 79, comma 2, lettera c) del ‘Codice dei contratti’ (il quale si limita a stabilire l’obbligo per le stazioni appaltanti “[di comunicare] ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta selezionabile, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato il contratto o delle parti dell’accordo quadro”).

Pertanto, una volta avuta completa cognizione del contenuto dell’offerta dell’appellata, il R.T.I. appellante aveva provveduto a notificare il ricorso introduttivo dinanzi al T.A.R.

Ai fini della presente ordinanza di rimessione occorre osservare:

- che il termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso, decorrente dalla comunicazione di cui all’articolo 79 (comma 2, lettera c) e comma 5), computato ai sensi del comma 2 dell’articolo 120 del ‘codice’ – e tenuto conto della sospensione feriale dei termini –, veniva a scadenza il 19 settembre 2012,

- che la notifica del ricorso introduttivo è stata effettuata solo otto giorni dopo la scadenza del richiamato termine ultimo - ossia, il successivo 27 settembre 2012 –.

Con la sentenza oggetto del presente appello (adottata in forma semplificata ai sensi dell’articolo 60 del c.p.a.) il T.A.R. dell’Umbria ha dichiarato il ricorso in questione irricevibile, ritenendo che il terminus a quo per il computo del termine di impugnativa (pari a trenta giorni, ai sensi del comma 5 dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo) coincidesse con il momento di ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del medesimo codice.

Al riguardo i primi Giudici hanno osservato:

- che non sembrano applicabili al caso di specie i principi enunciati da questo Consiglio con la sentenza n. 2646/2011;

- che la vigente disciplina dell’impugnazione degli atti delle procedure di evidenza pubblica, recata dall’articolo 120 del ‘codice’, ispirata alla ratio di forte accelerazione impressa dalle esigenze di adattamento alla Direttiva 2007/66/CE (costituente il principale criterio ermeneutico nell’applicazione del citato art. 120), “non consent[e] di ritenere compatibile con il richiamato dato normativo la richiamata tesi della difesa ricorrente, anche alla luce dello specifico disposto del comma 7 dello stesso art. 120”.

La sentenza in questione è stata impugnata in sede di appello dalla società Edilerica Appalti e Costruzioni a r.l. e dalla società MCC Cerone Costruzioni Metalliche a r.l. le quali ne hanno chiesto la riforma articolando plurimi motivi.:

I) - In primo luogo l’appellante lamenta che i primi Giudici abbiano dichiarato la tardività del ricorso (il quale, tenuto conto del termine di sospensione feriale, era stato proposto il trentottesimo giorno successivo alla comunicazione di cui all’articolo 79 del ‘codice dei contratti’), senza tenere in adeguata considerazione il fatto che, anche nella materia delle pubbliche gare, il termine per l’impugnativa non può farsi decorrere dalla mera conoscenza dell’atto oggetto di impugnativa, bensì dal momento (nel caso di specie, di alcuni giorni successivo) in cui il soggetto inciso ha potuto apprezzarne la lesività e la concreta illegittimità (momento che, nel caso in esame, si è verificato solo a seguito dell’accesso agli atti esperito ai sensi del comma 5-quater dell’articolo 79 del ‘codice dei contratti’).

Sotto tale aspetto, i primi Giudici avrebbero omesso di considerare che le disposizioni sull’esperimento dei rimedi di tutela nella materia degli appalti pubblici, essendo in buona parte di derivazione comunitaria (in particolare: direttiva 89/665/CE, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE), devono essere interpretate in modo da garantire in massimo grado l’effet utile proprio delle disposizioni comunitarie oggetto di ravvicinamento delle legislazioni.

Sotto tale aspetto, le disposizioni in materia di termini e modalità di impugnativa (e, segnatamente, l’articolo 120 del c.p.a.) dovrebbero essere lette e interpretate alla luce del pertinente paradigma comunitario di riferimento (e, segnatamente, dell’articolo 2-quater della direttiva 89/665/CE, secondo cui il termine previsto dalle singole legislazioni nazionali per la proposizione del ricorso deve necessariamente decorrere dalla piena conoscenza da parte dell’interessato dei “motivi pertinenti” i quali hanno condotto all’aggiudicazione).

Al riguardo, la sentenza in epigrafe si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza comunitaria, la quale ha chiarito che il termine per la proposizione del ricorso in materia di appalti non può essere semplicemente fatto decorrere dal momento della conoscenza dell’atto lesivo, bensì da quello in cui l’interessato è venuto a conoscenza della violazione normativa posta a fondamento dell’aggiudicazione.

La stessa giurisprudenza comunitaria ha – altresì – chiarito che gli ordinamenti nazionali devono assicurare all’interessato la disponibilità di un termine pieno ed effettivo per la proposizione del ricorso: ciò comporta che, laddove in un primo momento l’interessato non abbia potuto avere piena conoscenza delle violazioni sottese all’aggiudicazione, il termine per l’impugnativa dovrà necessariamente decorrere ex novo dal momento in cui egli abbia avuto tale conoscenza.

La giurisprudenza della Corte di giustizia ha, altresì, sancito l’obbligo per i Giudici nazionali di disapplicare le disposizioni nazionali le quali si pongano in contrasto con il principio di diritto comunitario appena richiamato.

Del resto, anche parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che l’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato disposto con l’articolo 79 del ‘codice dei contratti’, deve essere inteso nel senso che il termine per l’impugnativa avverso un’aggiudicazione in ipotesi illegittima non possa che decorrere dal momento in cui l’interessato abbia avuto piena e adeguata conoscenza delle caratteristiche (e dei vantaggi) dell’offerta selezionata.

Opinando in senso diverso si giungerebbe alla conseguenza (invero, inammissibile) di far gravare sul partecipante alla gara un onere particolarmente stringente – quello di impugnare gli atti entro il ridottissimo termine di 30 giorni, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti – senza porre lo stesso in condizione di disporre di tale termine in modo pieno ed effettivo, al fine di operare una scelta processuale consapevole, pur nel limitato tempo a disposizione.

Conseguentemente, la sentenza in epigrafe dovrebbe essere riformata per non aver considerato che, nelle ipotesi in cui la comunicazione di cui all’articolo 79 del ‘codice dei contratti’ non ponga l’interessato in condizione di conoscere per intero le caratteristiche dell’offerta (e i relativi vizi), il termine per l’impugnativa dovrebbe essere prorogato almeno di un ulteriore termine di dieci giorni (ossia, del termine previsto dal comma 5-quater del medesimo articolo 79 per esercitare l’accesso integrale agli atti della procedura di gara).

Laddove i primi Giudici avessero operato nel modo appena indicato avrebbero dovuto concludere nel senso della tempestività del ricorso introduttivo, il quale era stato proposto dopo solo otto giorni dal decorso del termine di trenta giorni a partire dal giorno della comunicazione di cui all’articolo 79, cit.

II) Nel merito, il R.T.I. appellante ribadisce nella presente sede di appello il motivo (già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R. per avere esso ritenuto assorbente il profilo della tardività del ricorso) secondo cui il Consorzio nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’ avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per avere illegittimamente designato quale impresa consorziata che avrebbe eseguito i lavori la soc. Serio soc. coop. a r.l., mentre questa aveva – a sua volta – designato quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a r.l. (che era stata indicata genericamente come ‘associata’ dalla cooperativa Serio).

Secondo l’appellante, il richiamato sistema di indicazione ‘a cascata’ dell’impresa esecutrice si porrebbe in contrasto con la disciplina di settore, la quale consente tale tipologia di designazione solo in caso di consorzio il quale – a propria volta – designi un altro consorzio. Al contrario, ciò non sarebbe possibile nel caso, che qui ricorre, in cui una consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco (e che pertanto non potrebbe legittimamente giovarsi, ai fini della partecipazione alla gara, dei requisiti del Consorzio).

In definitiva, sarebbe stato necessario disporre l’esclusione dalla gara del Consorzio Ciro Menotti per violazione della previsione di cui al comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei contratti’, secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b) sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”.

III) Sempre nel merito, il R.T.I. appellante ribadisce nella presente sede di appello il motivo (già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R. per la ritenuta tardività del ricorso) secondo cui l’Università degli Studi di Perugia avrebbe operato in modo gravemente illegittimo (e con rilevanti profili di colposità) per avere difeso il proprio operato con affermazioni ellittiche ed elusive anche quando l’odierna appellante aveva indicato, attraverso l’informativa di cui all’articolo 243-bis del ‘codice dei contratti’ l’esistenza di profili di illegittimità connessi all’aggiudicazione e la propria intenzione di proporre ricorso avverso la stessa.

L’appellante ha, altresì, articolato domanda risarcitoria finalizzata all’integrale ristoro del danno patito in conseguenza degli atti illegittimi posti in essere dall’Università degli Studi di Perugia nell’ambito della complessiva vicenda.

Si è costituito in giudizio il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’, il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Nella Camera di consiglio del giorno 11 luglio 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione, anche al fine di rendere una decisione in forma semplificata (del che è stata data puntuale comunicazione alle parti presenti).

Il Collegio, tuttavia, ha rilevato che un punto di diritto sottoposto al suo esame può dar luogo a contrasti giurisprudenziali e ha, pertanto , deciso di rimettere la decisione del ricorso all’Adunanza plenaria (comma 1 dell’articolo 99 del c.p.a.).

All’esito della medesima Camera di consiglio il Collegio ha, comunque, reso l’ordinanza cautelare n. 4857/2012 con cui ha accolto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe, impedendo – in particolare – la stipula del contratto con il Consorzio appellato.

DIRITTO

1. Aspetti generali della questione

1.1. Giunge all’esame del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore delle ristrutturazioni la quale aveva partecipato a una gara per appalti pubblici di lavori indetta dall’Università degli studi di Perugia (classificandosi al secondo posto della graduatoria finale) avverso la sentenza del T.A.R. dell’Umbria con cui è stato dichiarato irricevibile per tardività il ricorso proposto avverso gli atti con cui l’appalto in questione era stato aggiudicato al Consorzio nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’.

2. Il necessario rinvio all’Adunanza plenaria e i quesiti da rivolgere all’Organo nomofilattico.

2.1. Il Collegio ritiene che una fra le questioni di diritto dibattute fra le parti (e che è stata ritenuta dirimente dai primi Giudici ai fini del decidere) possa dar luogo a contrasti giurisprudenziali e che, quindi, sia opportuno deferire la controversia all’esame dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ai sensi del comma 1 dell’articolo 99 del c.p.a.

2.2. In particolare, si ritiene di sottoporre all’Adunanza plenaria le seguenti questioni:

I) “Se il quadro normativo nazionale in tema di impugnativa in sede giurisdizionale degli atti relativi a procedure di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica (e, segnatamente, il comma 5 dell’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato disposto con il comma 2, lettera c), con il comma 5 e con il comma 5-quater dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163) debba essere inteso, anche alla luce della matrice comunitaria che lo ispira (direttiva 89/665/CE come modificata dalla direttiva 2007/66/CE), nel senso che il termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso principale:

a) decorre dal giorno della ricezione della comunicazione di cui al comma 2, lettera c) e di cui al comma 5 dell’articolo 79 del ‘codice dei contratti’ nel solo caso in cui la presunta violazione delle disposizioni comunitarie e nazionali poste a fondamento del ricorso sia immediatamente percepibile dal contenuto di tale comunicazione, mentre

b) decorre dal giorno in cui è stato possibile ottenere integrale accesso agli atti della procedura ai sensi del comma 5-quater del medesimo articolo 79 (e comunque non oltre il decimo giorno dalla comunicazione di cui al comma 2, lettera c) e di cui al comma 5 del medesimo articolo) nel caso in cui la presunta violazione non fosse percepibile dal contenuto della dichiarazione e sia resa palese solo a seguito dell’esperito accesso agli atti”;

II) (nel caso in cui il tenore delle disposizioni della cui interpretazione si discute - e, segnatamente, del comma 5 dell’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato disposto con il comma 2, lettera c), con il comma 5 e con il comma 5-quater dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 206, n, 163 – non sia suscettibile dell’interpretazione dinanzi ipotizzata sub I),) “Se si ritenga compatibile con i princìpi costituzionali di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale (articolo 24, Cost.) e con il principio comunitario dell’effet utile il quadro normativo nazionale in tema di impugnativa in sede giurisdizionale degli atti relativi a procedure di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica, per la parte in cui – per un verso – assoggetta a un termine notevolmente accelerato l’impugnativa degli atti in questione e – per altro verso – determina una ulteriore, sostanziale, riduzione dei termini per l’impugnativa nelle ipotesi in cui la presunta violazione non sia direttamente percepibile dal contenuto della dichiarazione di cui al richiamato articolo 79 e sia resa palese solo a seguito dell’esperito accesso agli atti (in tal modo ponendo a carico del soggetto ricorrente lo sfavorevole effetto processuale dell’ulteriore riduzione del termine effettivamente a disposizione ai fini dell’impugnativa e per un numero di giorni pari a quello necessario per avere piena conoscenza degli atti della gara possibile oggetto di impugnativa e dei relativi profili di illegittimità)”.

3. Il quadro normativo di riferimento.

3.1. Ai fini della presente ordinanza di rimessione vengono in particolare in rilievo quattro disposizioni:

a) in primo luogo, il comma 5 dell’articolo 120 del c.p.a. (articolo rubricato ‘Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo119, coma 1, lettera a)’), il cui primo periodo stabilisce che “per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo [ivi compresi gli atti di aggiudicazione che nel caso in esame vengono in rilievo, n.d.E.] il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’ articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’ articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto”;

b) in secondo luogo, l’articolo 79, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 163 del 2006 (c.d. ‘codice dei contratti’), secondo cui “[le stazioni appaltanti comunicano] c) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta selezionabile, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato il contratto o delle parti dell’accordo quadro”;

c) in terzo luogo l’articolo 79, comma 5, lettera a) del medesimo decreto, secondo cui “[in ogni caso l’amministrazione comunica d’ufficio] a) l’aggiudicazione definitiva, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione, o sono in termini per presentare dette impugnazioni, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se dette impugnazioni non siano state ancora respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva”;

d) in quarto luogo, l’articolo 79, comma 5-quater del ridetto articolo 79, secondo cui “fermi i divieti e differimenti dell’accesso previsti dall’articolo 13, l’accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall’invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i procedimenti di esclusione o differimento dell’accesso adottati ai sensi dell’articolo 13. Le comunicazioni di cui al comma 5 indicano se ci sono atti per i quali l’accesso è vietato o differito, e indicano l’ufficio presso cui l’accesso può essere esercitato, e i relativi orari, garantendo che l’accesso sia consentito durante tutto l’orario in cui l’ufficio è aperto al pubblico o il relativo personale presta servizio”.

4. Inquadramento sistematico della questione.

4.1. La questione che il Collegio ritiene di rimettere all’Adunanza plenaria concerne i rapporti fra:

- da un lato, la previsione dinanzi richiamata sub a) (la quale ha introdotto un termine decadenziale particolarmente breve per l’impugnativa degli atti delle pubbliche gare) e

- dall’altro, le previsioni di cui all’articolo 79 del ‘Codice dei contratti’ il quale, se – per un verso – garantisce che ai soggetti interessati sia data tempestiva comunicazione degli elementi essenziali relativi all’avvenuta aggiudicazione (e dall’avvenuta comunicazione decorre in via ordinaria il termine di trenta giorni per l’impugnativa), per altro verso lascia residuare la possibilità (invero, fisiologica) per cui neppure a seguito di tale comunicazione l’interessato possa avere piena conoscenza dei profili di possibile illegittimità connessi all’aggiudicazione. In tali casi, infatti, è ben possibile che la piena conoscenza dei profili di illegittimità dell’atto lesivo sia in concreto acquisita solo a seguito dell’esperito accesso agli atti (accesso per il quale il richiamato comma 5-quater reca modalità semplificate ed accelerate, stabilendo che esso è consentito entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione di cui ai precedenti commi 2 e 5).

4.2. Ci si domanda, quindi, se (anche in considerazione delle particolari esigenze di tutela connesse alla derivazione comunitaria delle disposizioni sostanziali e processuali di cui trattasi e, comunque, nel bilanciamento fra i vari interessi coinvolti) si possa fornire un’interpretazione del richiamato quadro normativo tale per cui il termine di trenta giorni per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorra sempre dal momento della comunicazione di cui ai commi 2 e 5 dell’articolo 79, ma sia incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità (laddove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione e – comunque – entro il limite dei dieci giorni che il richiamato comma 5-quater fissa per esperire la particolare forma di accesso - semplificato ed accelerato - ivi disciplinata).

4.3. Qui di seguito, i principali elementi che depongono nel senso di fornire risposta favorevole al primo dei richiamati quesiti, anche in considerazione del fatto che la questione qui esaminata ha dato luogo o può dare luogo a contrasti giurisprudenziali.

4.3.1. In primo luogo, il Collegio ritiene di richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui in via di principio, la piena conoscenza dell'atto censurato (acquisita la quale inizia a decorrere il termine decadenziale per l’impugnativa) si concretizza con la cognizione, da parte del soggetto interessato, degli elementi essenziali quali l'autorità emanante, l'oggetto, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo, perché tali elementi sono sufficienti a rendere il legittimato all'impugnativa consapevole dell'incidenza dell'atto nella sua sfera giuridica e a dargli la concreta possibilità di rendersi conto della lesività del provvedimento, senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione e degli atti del procedimento, che può rilevare solo ai fini della proposizione dei motivi aggiunti (Cons. Stato, IV, 26 gennaio 2010 n. 292).

Si è condivisibilmente affermato, tuttavia, che detti elementi essenziali devono essere tali da consentire all'interessato di poter valutare se l'atto è illegittimo o meno. In difetto, si deve ritenere che il destinatario abbia una mera facoltà, non un onere, di impugnare subito l'atto per poi proporre i motivi aggiunti, ben potendo attendere di conoscere la motivazione dell'atto per poter, una volta avuta completa conoscenza del contenuto dell'atto, quindi dell'effetto lesivo dello stesso, valutare se impugnarlo o meno (ex multis, Cons. Stato, VI, 8 febbraio 2007 n. 522). Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, la motivazione è obbligatoria, sicché la mera notizia che esiste un provvedimento non può essere equiparata alla piena conoscenza del provvedimento medesimo. Di conseguenza, la piena conoscenza del provvedimento presuppone la conoscenza del contenuto essenziale dell'atto, non potendo il termine per l'impugnazione decorrere dalla semplice conoscenza del suo contenuto dispositivo sfavorevole, ma occorrendo anche la consapevolezza dei vizi da cui eventualmente l'atto è affetto, conseguita attraverso la valutazione della motivazione (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2011, n. 8).

La giurisprudenza di questo Consiglio ha altresì osservato che la verifica della “piena conoscenza” dell’atto lesivo da parte del ricorrente, ai fini di individuare la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale, deve essere estremamente cauta e rigorosa, non potendo basarsi su mere supposizioni ovvero su deduzioni, pur sorrette da apprezzabili argomentazioni logiche. Essa deve risultare incontrovertibilmente da elementi oggettivi, ai quali il giudice deve riferirsi, nell’esercizio del suo potere di verifica di ufficio della eventuale irricevibilità del ricorso, o che devono essere rigorosamente indicati dalla parte che, in giudizio, eccepisca l’irricevibilità del ricorso instaurativo del giudizio.

Ebbene, queste essendo le coordinate sistematiche attraverso cui riguardare la questione in oggetto, ne consegue che non appare condivisibile far decorrere il termine per l’impugnativa dal momento della semplice conoscenza degli elementi essenziali dell’offerta risultata vincitrice (ci si riferisce alla comunicazione relativa “[alle] caratteristiche [e ai] vantaggi dell’offerta” di cui alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 79, cit.), in specie nelle ipotesi in cui – come nel caso in esame – da tale comunicazione non fossero in alcun modo evincibili gli ulteriori e diversi aspetti sui quali si sono in seguito innestate le censure di illegittimità (aspetti di cui l’interessato è potuto venire a conoscenza solo a seguito dell’accesso).

4.3.2. In secondo luogo, l’appellante ha correttamente richiamato un orientamento giurisprudenziale comunitario in quale sembra effettivamente deporre nel senso che il termine per la proposizione di impugnative in materia di procedure di affidamento relative ad appalti c.d. ‘sopra soglia’ decorra dalla data in cui l’interessato sia stato posto in condizione di conoscere della illegittimità dell’atto della serie procedimentale (in particolare: dell’aggiudicazione), con obbligo per il Giudice nazionale di disapplicare l’eventuale disposizione processuale di diritto interno la quale connetta il decorso di tale termine da un momento diverso (e, in particolare, dal momento anteriore in cui è stata resa nota la sola aggiudicazione con la generica indicazione delle relative caratteristiche e vantaggi).

Al riguardo, appare pertinente ai fini della presente decisione la sentenza della Corte di giustizia delle CE, III Sezione, 28 gennaio 2010 in causa C-406/08 (Uniplex) con cui è stato affermato che:

- “l’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, esige che il termine per proporre un ricorso diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici ovvero ad ottenere un risarcimento dei danni per la violazione di detta normativa decorra dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione stessa”;

- “la direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 92/50, impone al giudice nazionale di prorogare il termine di ricorso, esercitando il proprio potere discrezionale, in maniera tale da garantire al ricorrente un termine pari a quello del quale avrebbe usufruito se il termine previsto dalla normativa nazionale applicabile fosse decorso dalla data in cui egli era venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Qualora le disposizioni nazionali relative ai termini di ricorso non si dovessero prestare ad un’interpretazione conforme alla direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 92/50, il giudice nazionale sarebbe tenuto a disapplicarle, al fine di applicare integralmente il diritto comunitario e di proteggere i diritti che questo attribuisce ai singoli”.

Sotto tale aspetto il Collegio ritiene che, contemperando la statuizione della Corte di Giustizia (la quale ipotizza una sorta di “proroga [del] termine di ricorsojussu judicis al fine di consentire il conseguimento dell’effet utile da parte della disposizione processuale di matrice comunitaria) con l’evidente ratio di concentrazione ed accelerazione sottesa alla previsione di diritto interno in tema di termine decadenziale d’impugnativa e di accesso agli atti di gara (in particolare: comma 5-quater dell’articolo 79 del ‘Codice dei contratti’), il punto di equilibrio fra le richiamate esigenze possa essere individuato in una lettura del complessivo quadro normativo tale, per cui il dies a quo per il decorso del termine decadenziale d’impugnativa sia posticipato sino a decimo giorno dalla comunicazione di aggiudicazione ex art. 79, cit. (ossia al momento in cui il concorrente, agendo in modo diligente, potrà aver avuto conoscenza integrale della documentazione di proprio interesse, attivando le modalità semplificate di accesso agli atti di cui al medesimo comma 5-quater).

Naturalmente, ciò sarebbe possibile a due condizioni:

a) che, effettivamente, il profilo di illegittimità lamentato in sede di impugnativa non fosse in alcun modo desumibile dal tenore della comunicazione di cui all’articolo 79;

b) che il richiamato termine di dieci giorni (aggiuntivo rispetto a quello di trenta giorni per la proposizione dell’impugnativa ai sensi dell’articolo 120, comma 5 del c.p.a.) dovrebbe essere corrispettivamente ridotto nelle ipotesi in cui, esperito l’accesso agli atti della gara, la pertinente documentazione sia stata resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni di cui al più volte richiamato comma 5-quater.

4.3.3. In terzo luogo si osserva che la giurisprudenza di questo Consiglio si è già, in alcune ipotesi, dimostrata sensibile all’esigenza di operare (nella materia in questione) un delicato bilanciamento fra:

- (da un lato) l’evidente ratio acceleratoria sottesa alla dimidiazione del termine decadenziale per l’impugnativa nel c.d. ‘rito appalti’ e la necessità che tale finalità non possa essere ostacolata o derogata attraverso il riconoscimento di possibili escamotages di ordine processuale. In quest’ottica, ogni temperamento al carattere apparentemente tassativo della regola del termine di trenta giorni dovrebbe essere limitata a quanto strettamente necessario per conseguire un obiettivo di tutela costituzionalmente garantito (ci si riferisce, in particolare ai canoni di pienezza ed effettività della tutela in sede giurisdizionale e di inviolabilità del diritto di difesa di cui all’articolo 24, Cost)

- (dall’altro) l’esigenza di evitare che l’imposizione di un termine di per sé molto breve, unita alla necessità – in talune ipotesi – di impiegare alcuni giorni (dieci, secondo il modello di cui all’articolo 79, comma 5-quater) per avere piena conoscenza degli atti di gara, renda impossibile o eccessivamente difficoltoso l’esercizio pieno ed effettivo di tale diritto (in tali ipotesi, se l’amministrazione impiega l’intero termine di dieci giorni per consentire all’interessato l’accesso integrale agli atti di gara, quest’ultimo disporrà di un termine di soli venti giorni utili per spiegare le proprie difese in relazione ad atti della cui illegittimità abbia potuto conoscere solo a seguito dell’accesso – ossia, di un termine pari a un terzo di quello ordinariamente previsto per la proposizione del ricorso -).

Si segnala al riguardo la sentenza di questo Consiglio, V, 1° settembre 2011, n. 4895, la quale ha stabilito che la legge, attraverso il combinato disposto degli artt. 79, codice dei contratti pubblici e 120 c.p.a. ha inteso delimitare ad un massimo di quaranta giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione (sia o meno accompagnata dal provvedimento o dai verbali di gara recanti la motivazione: 10 giorni per esercitare l’accesso decorrenti dalla comunicazione + 30 giorni per la proposizione del ricorso).

In termini simili si è espresso Cons. Stato, III, 14 marzo 2012, n. 1428, il quale ha ritenuto la tempestività di un ricorso proposto successivamente alla scadenza del termine di 30 giorni dalla comunicazione di cui all’articolo 79 del ‘Codice dei contratti’ in un’ipotesi in cui tale comunicazione non risultava idonea a consentire la piena conoscenza degli atti sottesi all’aggiudicazione (piena conoscenza che era stata conseguita solo in un secondo momento, a seguito dell’accesso agli atti).

Nell’occasione, questo Giudice di appello ha affermato che l'obbligo posto in capo alla stazione appaltante di rendere edotti i soggetti non aggiudicatarii dei risultati della gara può intendersi correttamente adempiuto, al fine di garantire ricorsi efficaci e tempestivi contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, attraverso la comunicazione dell'atto di affidamento nella sua forma integrale e, ove dallo stesso ( come appunto si rileva nel caso di specie ) non risultino comunque gli elementi di cui sopra, attraverso l'invio dei verbali di gara, come pure d'altronde previsto dal citato comma 5.

5. Conclusioni sul punto.

5.1. Per le ragioni sin qui esposte, si ritiene di sottoporre all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato i quesiti dinanzi esposto al paragrafo 2.2., sub I) e II).

6. Nel merito

6.1. Laddove l’Adunanza plenaria ritenesse superabile il profilo di tardività sottolineato dai primi Giudici, si ritiene che sussistano elementi tali da concludere nel senso della fondatezza dell’appello (con particolare riguardo al secondo motivo), dal momento che, effettivamente, il sistema di indicazione ‘a cascata’ dell’impresa esecutrice da parte del Consorzio Nazionale di Cooperative ‘Ciro Menotti’ appare in contrasto con la pertinente disciplina di settore.

In particolare, il comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei contratti’ (secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b) sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”) sembra ammettere la richiamata tipologia di designazione solo in caso di consorzio il quale – a propria volta – designi un altro consorzio e non anche nell’ipotesi, che qui ricorre, in cui una consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco.

7. Conclusioni.

7.1. Per le ragioni fin qui esposte, il Collegio ritiene che l’intera controversia vada devoluta all’esame dell’Adunanza Plenaria, affinché siano definite le segnalate delicate questioni, aventi carattere di massima.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) rimette l’esame della intera controversia all’esame all’Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99 del Codice del processo amministrativo.

Spese al definitivo.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giorgio Giovannini, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Gabriella De Michele, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/02/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

La carenza di un valido ed efficace contratto di avvalimento non può essere supplita dalla dichiarazione unilaterale di cui all'articolo 49 comma 2 lett. d) del Codice dei Contratti

Tar Napoli, sez. II , sentenza n. 1155 del 27 febbraio 2013
Data: 
27/02/2013
Materia: 
Avvalimento
La carenza di un contratto di avvalimento valido ed efficace non può essere supplita da un atto unilaterale distinto ed autonomo, quale è la dichiarazione di cui alla lett. d) del richiamato art. 49, co. 2, del d.lgs. 163/06.
Difatti, la dichiarazione dell'impresa ausiliaria ed il contratto di avvalimento sono atti diversi, per natura, contenuto e finalità, la prima costituendo un atto di assunzione unilaterale di obbligazioni nei confronti della stazione appaltante, il secondo, invece, essendo atto bilaterale di costituzione di un rapporto giuridico patrimoniale, stipulato tra l'impresa partecipante alla gara e l'impresa ausiliaria, di modo che in esso devono essere pattuite le reciproche obbligazioni delle parti e le prestazioni da esse discendenti, nel rispetto dei requisiti generali di cui all'art. 1325 c.c. e di quelli desumibili dall'art.49, co. 2, lett. f), d.lgs. 163/06 (cfr. C.d.S., sez. IV, 1° agosto 2012, n. 4406).
 

N. 01155/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00566/2013 REG.RIC.
    
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
    ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 566 del 2013, proposto da:
Ricorrente  s.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t. sig. Salvatore Casillo, rappresentata e difesa dagli avvocati Raimondo Nocerino, Alessandro Barbieri ed Andrea Torino, con cui elettivamente domicilia in Napoli, via G. Sanfelice, 33;
contro
Comune di Afragola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Rosa Balsamo e domiciliato per legge presso la Segreteria del TAR Campania in Napoli, piazza Municipio;
nei confronti di
– Controinteressato S.r.l., in persona dell'amministratore e legale rappresentante p.t. sig. ***, rappresentata e difesa dal prof. avv. Antonio Palma, unitamente agli avvocati Simona Scatola e Francesco Rinaldi, con i quali elettivamente domicilia in Napoli, via G. G. Orsini n. 30;
– Controinteressato, in persona del legale rappresentante p.t. dott. ***, rappresentata e difesa dal prof. avv. Ferdinando Pinto e dagli avvocati Giulio Renditiso e Rosa Persico, con i quali elettivamente domicilia in Napoli, via Cesario Console n. 3 presso lo studio del Prof. Avv. Erik Furno;
per l'annullamento
a) della determinazione n. 1603 del 14.12.2012, con la quale l'Amministrazione Comunale di Afragola ha proceduto all'aggiudicazione in favore di Controinteressato s.r.l. della gara per l'affidamento del servizio di trasporto pubblico locale per anni sei di pertinenza comunale; b) del diniego di autotutela implicitamente formatosi sull'informativa ex art. 243 bis del D.lgs. 163/2006, comunicata dall'istante e, comunque, sulla risposta sul punto pronunciata dalla Amministrazione ove adottata;
c) di ogni altro atto presupposto, connesso e/conseguente se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente, ivi compresi per quanto di ragione: i verbali di gara; la comunicazione ex art. 79 co. 5 di aggiudicazione; il disciplinare di gara, il bando ed il capitolato speciale per quanto necessario.
nonché per la declaratoria di inefficacia, ex art. 121 co. 1 lett. c) e/o d) ovvero art. 122 del D.lgs. 163/2006, del contratto eventualmente stipulato dall'Amministrazione resistente con la ditta aggiudicataria;
e per il risarcimento del danno, in via principale: in forma specifica, attraverso l'aggiudicazione a proprio favore dell'appalto in esame e stipula del correlative contratto, ed in via subordinata per equivalente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti i rispettivi atti di costituzione in giudizio del Comune di Afragola, della Controinteressata S.r.l. e della Controinteressata  S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Data per letta nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2013 la relazione del dott. Francesco Guarracino e uditi i difensori delle parti presenti, come da verbale di udienza;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con determinazione dirigenziale n. 985 del 30 luglio 2012 il Comune di Afragola ha indetto una procedura aperta di gara (C.I.G. 4463686E33) per l'affidamento, all'offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio integrativo di trasporto pubblico locale finalizzato alla creazione di una rete di collegamento mediante trasporto su gomma (autobus) tra le varie zone della città ed i principali punti di interesse collettivo (uffici pubblici, scuole e centri commerciali) e con la stazione ferroviaria di Afragola/Casoria, per la durata di anni sei e un importo complessivo, al netto dell'iva, pari a € 1.989.948,48.
All'esito della gara, cui sono state ammesse quattro concorrenti, con determinazione dirigenziale n. 1603 del l4 dicembre 2012 l'appalto è stato aggiudicato in via definitiva alla ControinteressataS.r.l., che ha ottenuto il miglior punteggio precedendo la Controinteressata S.r.l.
Con il ricorso in esame, notificato a mani in data 21 gennaio e depositato il 5 febbraio 2013, la Ricorrente S.r.l., classificatasi al terzo posto, ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione, unitamente agli atti indicati in epigrafe, per ottenere il suo annullamento, previa sospensione cautelare, nonché la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato dall'amministrazione con la ditta aggiudicataria ed il risarcimento del danno in forma specifica o, in subordine, per equivalente.
Con complessivi sette motivi di doglianza, la ricorrente sostiene che entrambe le società che l'hanno preceduta nella graduatoria finale dovevano essere escluse dalla gara; in via gradata, con un ottavo motivo di impugnazione (erroneamente numerato, anch'esso, come settimo) denuncia l'illegittimità della attribuzione dei punteggio per il merito tecnico delle offerte, per difetto di motivazione.
Per quanto riguarda la ditta aggiudicataria Controinteressataastiello S.r.l., in particolare, col primo motivo di ricorso denuncia il fatto che per uno solo dei soci al 50% (sig.ra G. F., peraltro nella qualità di ex amministratore) e non anche per l'altro socio (sig.ra A. R.) sono state rese le dichiarazioni sull'insussistenza delle cause di esclusione di cui all'art. 38, comma 1 lettere b), c) e m-ter), del d.lgs. 163/06, sebbene nelle società di capitali con meno di quattro soci (dopo la modifica dell'art. 38 ad opera del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, nel testo risultante dalla legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106) esse siano necessarie anche con riferimento alla persona del socio di maggioranza e nonostante che, secondo un autorevole indirizzo interpretativo, al socio di maggioranza andrebbe assimilato il socio al 50% del capitale, perché in grado di assumere tutte le decisioni necessarie al funzionamento della società (invoca C.d.S., sez. V, 30 agosto 2012, n. 4654, che argomenta per la s.r.l. dall'art. 2479 bis, co. 3, c.c.) o costituente comunque la “espressione di una convergente potestà dominicale e direzionale della società” (invoca A.V.C.P., pareri n. 105 del 27 giugno 2012 e n. 58 del 4 aprile 2012, con riferimento al caso di società con tre soci aventi eguale partecipazione al capitale). Sempre in tema, col secondo motivo di impugnazione rileva che sulla quota del socio che ha reso le dichiarazioni ex art. 38 cit. risulta iscritto un pignoramento ed argomenta che, poiché in difetto di un'apposita convenzione contraria il diritto di voto spetterebbe al creditore pignoratizio, l'obbligo dichiarativo ex art. 38 sarebbe dovuto essere assolto, nel caso di specie, proprio da quest'ultimo, capace di dirigere la società con cui l'amministrazione avrebbe poi contrattato.
Con il terzo motivo di ricorso sostiene che la Controinteressata s.r.l. non sarebbe in possesso della richiesta iscrizione nel registro delle imprese per attività inerenti all'oggetto della gara e con il quarto motivo denuncia che la stessa avrebbe stipulato per la gara un contratto di avvalimento avente a oggetto una certificazione di qualità in sé e per sé, senza prevedere la messa a disposizione della organizzazione aziendale certificata.
Con un secondo gruppo di censure, la ricorrente denuncia l'illegittimità dell'ammissione alla gara anche della Controinteressata S.r.l.: col quinto motivo di gravame, sostiene che da notizie di stampa ne risulterebbe il coinvolgimento in indagini penali in relazione ad una analoga procedura di gara e la sospensione dell'amministratore per due mesi dalla conduzione dell'azienda, deducendone la ricorrenza di cause di esclusione ai sensi dell'art. 38, co.1, lett. m), d.lgs. 163/06 e per violazione del protocollo di legalità sottoscritto dalla società; col sesto motivo, che non sarebbe in possesso della prescritta certificazione UNI EN ISO 9001:2008 per le attività inerenti le prestazioni oggetto della gara, ma soltanto per quelle di noleggio autobus e autovetture con conducente, trasporto disabili e trasporto scolastico; col settimo motivo, infine, che anch'essa ha sottoscritto e presentato in gara un contratto di avvalimento in contrasto con l'art. 49 d.lgs. 163/06, in quanto condizionato.
Hanno resistito in giudizio, con rispettive memorie difensive, il Comune di Afragola e le società controinteressate, *** S.r.l. ed *** S.r.l.
La ricorrente ha replicato con note di udienza prodotte in giudizio il 19 febbraio 2013.
Alla camera di consiglio del 21 febbraio 2013, sussistendone le condizioni e sentiti i difensori delle parti, nessuna delle quali ha dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione, il ricorso è stato trattenuto in decisione per essere definito con sentenza in forma semplificata.
Il ricorso merita accoglimento in relazione alla decisiva fondatezza dei motivi di ricorso concernenti i contratti di avvalimento conclusi dalle due ditte che hanno preceduto nella graduatoria finale della gara la ricorrente e di cui quest'ultima predica l'illegittimità dell'ammissione alla procedura.
Per quanto riguarda l'aggiudicataria *** S.r.l., questa ha inteso avvalersi della società Turismo ***. s.a.s. per sopperire al possesso, tra gli altri, del requisito della certificazione UNI EN ISO 9001: 2008 avente ad oggetto attività inerenti le prestazioni previste dal bando (cfr. art. 2, lettera B n. 3, c.s.a.), producendo all'uopo la dichiarazione di avvalimento (cfr. doc. 6 della stessa Controinteressata S.r.l.), il contratto concluso con la predetta società in data 11 ottobre 2012 e la dichiarazione sostitutiva del soggetto ausiliario.
Al riguardo, va subito sgombrato il campo dall'eccezione dell'amministrazione resistente, secondo cui la ditta Controinteressata avrebbe documentato in sede di offerta di essere direttamente munita del requisito in questione, avendo presentato in gara il proprio certificato di qualità, ragion per cui essa si sarebbe avvalsa pure della società Turismo *** “per uno spropositato eccesso di zelo”.
La Controinteressata S.r.l. ha, infatti, espressamente manifestato in gara la volontà di avvalersi della società Turismo *** in relazione (anche) al requisito del «certificato UNI EN ISO 9001:2008 per i settori di attività, ovvero servizio di Trasporto Pubblico Urbano» (cfr. dichiarazione in atti) – ed invero il certificato di qualità della Controineteressata prodotto in giudizio dal Comune riguarda (a differenza di quello della società ausiliaria, specificamente concernente anche il servizio di trasporto pubblico urbano e extraurbano) l'erogazione di servizi di noleggio bus con conducente –, in piena conformità a quanto dalla stessa premesso nel contratto di avvalimento e a quanto dichiarato in sede di gara dalla ditta ausiliaria sulla carenza, in capo alla ausiliata, di detto requisito.
Significativamente, d'altronde, non risulta utilizzato in giudizio un analogo argomento difensivo da parte della stessa società Controinteressata.
Venendo allora alla censura proposta dalla ricorrente, con il contratto di avvalimento la società ausiliaria Turismo *** si è impegnata verso la Controinteressata S.r.l. a mettere a sua disposizione, ai fini della partecipazione alla gara, «tutte le risorse, nessuna esclusa, per consentire l'esecuzione del lavoro, in particolare, parte dei requisiti, ovvero […] di essere in possesso del certificato UNI EN ISO 9001:2008 per i settori di attività»; analogamente, la Turismo *** ha dichiarato al Comune di «B) obbligarsi nei confronti della concorrente e della Stazione Appaltante, a fornire i propri requisiti di ordine speciale dei quali è carente il concorrente e mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto, rendendosi inoltre responsabile in solido con il concorrente nei confronti della Stazione Appaltante, in relazione alle prestazioni oggetto dell'appalto».
Dunque, il contratto è, in buona sostanza, una mera ripetizione del testo dell’art. 49, co. 2, d.lgs. n. 163/2006, che richiede di allegare all’offerta «una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente» e il «contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto».
La giurisprudenza, tuttavia, ha chiarito, in casi analoghi, che «l’avvalimento, così come configurato dalla legge, deve essere reale e non formale, nel senso che non può considerarsi sufficiente “prestare” la certificazione posseduta (Cons. Stato, III, 18 aprile 2011, n. 2343) assumendo impegni assolutamente generici, giacché in questo modo verrebbe meno la stessa essenza dell’istituto, finalizzato non già ad arricchire la capacità tecnica ed economica del concorrente, bensì a consentire a soggetti che ne siano sprovvisti di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti (C.d.S., sez. V, 3 dicembre 2009, n. 7592), garantendo l’affidabilità dei lavori, dei servizi o delle forniture appaltati» (così C.d.S., sez. V, 10 gennaio 2013, n. 90).
Occorre, infatti, che l'impresa ausiliaria si impegni espressamente e chiaramente a fornire strutture, personale qualificato, tecniche operative, mezzi collegati alla qualità soggettiva “prestata”, al fine di garantire alla stazione appaltante l'effettività della messa a disposizione, in relazione all’esecuzione dell’appalto, delle sue risorse e del suo apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (cfr. C.d.S., sez. III, n. 2343/11 cit.).
Poiché niente di ciò emerge dal contratto e dalla dichiarazione prodotta in sede di gara, la censura proposta con il quarto motivo di ricorso è fondata e la Controinteressata S.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
Non possono invece trovare ingresso in giudizio le doglianze relative alla legittimità del contratto di avvalimento stipulato dalla ricorrente, contenute nella memoria difensiva della società Controinteressata, in quanto irritualmente introdotte con atto non notificato.
Merita condivisione anche la censura che la società ricorrente rivolge alla idoneità del contratto di avvalimento concluso dalla ditta seconda classificata, *** S.r.l., con l'impresa *** S.r.l.
Il contratto di avvalimento tra le due società, concluso il 9 ottobre 2012 e concernente requisiti di capacità economica e finanziaria (fatturato specifico relativo ai servizi oggetto dell'appalto, per un importo complessivo, nel triennio 2009/2011, non inferiore al valore a base d'asta: cfr. art. 2, lett. A n. 2, disciplinare di gara) e di capacità tecnica e professionale (aver effettuato, nei tre anni precedenti la scadenza del bando, servizi di trasporto pubblico locale per una percorrenza media annua pari ad almeno km 104.624: cfr. art. 2, lett. B n. 2, disciplinare di gara), contiene la seguente clausola: «il rappresentante legale dell'impresa ausiliaria, o un suo delegato tecnico, potrà preventivamente verificare le gare e i capitolati d'appalto prima di consentire l'avvalimento. In caso di effettiva aggiudicazione dell'appalto, l'impresa ausiliaria potrà verificare e monitorare costantemente l'esecuzione dei servizi, la regolarità dell'esecuzione degli stessi ed avrà diritto a visionare tutti gli atti tecnici ed amministrativi relativi […]».
A sua volta, la dichiarazione ex art. 49 d.lgs. 163/06 resa dalla impresa ausiliaria ***. S.r.l. alla stazione appaltante, che reca la medesima data del 9 ottobre 2012, contiene l'impegno «di obbligarsi verso il concorrente *** Srl e verso codesta stazione appaltante a mettere a disposizione, per tutta la durata dell'appalto, laddove questi risultasse aggiudicatario, le risorse necessarie di cui il concorrente stesso è carente […]».
In una fattispecie in cui parimenti il contratto di avvalimento consentiva al rappresentante legale dell'impresa ausiliaria, o ad un suo delegato tecnico, di verificare la gara ed il capitolato di appalto prima di consentire l'avvalimento, la giurisprudenza ha ravvisato in tale clausola una condizione sospensiva potestativa che renderebbe sostanzialmente incerta l'operatività del contratto, senza che in contrario possa sovvenire la dichiarazione resa dalla impresa ausiliaria ex art. 49, co. 2, lett. d), qualora essa (in quello, come pure nel caso qui in esame) sia coeva, e non successiva, al contratto medesimo (TAR Sicilia Catania, sez. IV, 18 febbraio 2013, n. 510).
Si tratta di una decisione che nella sostanza merita condivisione, dovendosi pervenire ad un analogo risultato anche nel caso qui in esame, per le ragioni, pur parzialmente diverse, che sono di seguito esposte.
Nel contesto dello specifico regolamento negoziale del quale in questa sede si tratta, la suddetta clausola contenuta nel contratto tra l'impresa avvalente *** S.r.l. e l'impresa ausiliaria ***. S.r.l., secondo cui «il rappresentante legale dell'impresa ausiliaria, o un suo delegato tecnico, potrà preventivamente verificare le gare e i capitolati d'appalto prima di consentire l'avvalimento» (enfasi aggiunta), equivale a dedurre in condizione sospensiva un evento che dipende dalla mera volontà della parte e che, perciò, dà luogo ad una condizione sospensiva meramente potestativa (indipendentemente, va precisato, dall'assenza dell'inciso “a suo insindacabile giudizio”, che era presente invece nel caso esaminato dal Tribunale catanese).
Occorre, infatti, osservare che il contratto concluso tra la *** S.r.l. e la *** S.r.l. contiene una pattuizione secondo cui «in caso di aggiudicazione delle gare, l'impresa avvalente non verserà alcun importo all'impresa ausiliaria» – configurandosi, pertanto, come contratto in cui una parte si obbliga senza alcun corrispettivo – e che, non corrispondendo in qualche altro modo anche ad un interesse dell'impresa ausiliaria l'assunzione da parte sua dell'impegno ipotizzato nel contratto (che non le comporta l'acquisto di un diritto, non assolve ad un suo onere, più in generale non appare collegata ad un gioco di convenienze in cui l'avveramento della condizione si presenti come una alternativa capace di soddisfare anche un interesse proprio del soggetto obbligato), la condizione potestativa apposta all'obbligazione della impresa ausiliaria finisce per dipendere unicamente dalla sua volontà e cioè per essere meramente potestativa.
Sennonché, come è noto, ai sensi dell'art. 1355 c.c. è nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata ad una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del debitore.
Di conseguenza, ciò che viene a mancare è il presupposto stesso per l'assolvimento all'onere di cui all'art. 49, co. 2, lett. f), d.lgs. 163/06, vale a dire un contratto valido ed efficace in virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto.
Si tratta di una conclusione indifferente al contenuto della dichiarazione sottoscritta e fornita dalla impresa ausiliaria alla stazione appaltante, anche nel caso di specie, poiché la carenza di un contratto di avvalimento valido ed efficace non può essere supplita da un atto unilaterale distinto ed autonomo, quale è la dichiarazione di cui alla lett. d) del richiamato art. 49, co. 2, del d.lgs. 163/06.
Difatti, la dichiarazione dell'impresa ausiliaria ed il contratto di avvalimento sono atti diversi, per natura, contenuto e finalità, la prima costituendo un atto di assunzione unilaterale di obbligazioni nei confronti della stazione appaltante, il secondo, invece, essendo atto bilaterale di costituzione di un rapporto giuridico patrimoniale, stipulato tra l'impresa partecipante alla gara e l'impresa ausiliaria, di modo che in esso devono essere pattuite le reciproche obbligazioni delle parti e le prestazioni da esse discendenti, nel rispetto dei requisiti generali di cui all'art. 1325 c.c. e di quelli desumibili dall'art.49, co. 2, lett. f), d.lgs. 163/06 (cfr. C.d.S., sez. IV, 1° agosto 2012, n. 4406).
Ne deriva la fondatezza della censura articolata con il sesto motivo di ricorso, con la conclusione che anche la Angelino S.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
Per queste ragioni, assorbito quant'altro (art. 74 c.p.a.), il ricorso va accolto, con annullamento, per l’effetto, delle determinazioni di cui agli impugnati verbali di gara relative all’ammissione delle ditte Castiello S.r.l. e Angelino S.r.l. e, conseguentemente, della determinazione dirigenziale di aggiudicazione definitiva n. 1603 del 14 dicembre 2012.
Non constando in giudizio che sia stato ancora sottoscritto il contratto di appalto, non vi è luogo a dichiararne l’inefficacia.
Quanto alla domanda risarcitoria, l'annullamento dell'ammissione alla gara dei suddetti concorrenti e del provvedimento di aggiudicazione del 14 dicembre 2012 ripristina la possibilità della ricorrente di conseguire l'aggiudicazione della gara ed il contratto di appalto, sotto condizione delle verifiche di legge riservate alla stazione appaltante, in tal modo reintegrando in forma specifica l'interesse sostanziale della ricorrente ed escludendo ogni ipotesi alternativa di risarcimento, richiesto peraltro per equivalente solo in via espressamente subordinata.
Le spese seguono la soccombenza dell'amministrazione nella misura liquidata in dispositivo, mentre vanno compensate tra le altre parti del giudizio in considerazione della natura della controversia e delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 556/13), lo accoglie e, per l’effetto, annulla le determinazioni di cui agli impugnati verbali di gara relative all’ammissione delle ditte Castiello S.r.l. e Angelino S.r.l. e la determinazione dirigenziale di aggiudicazione definitiva n. 1603 del 14 dicembre 2012. ---
Condanna il Comune di Afragola al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente  S.r.l., che liquida nella somma complessiva di € 2.000,00 (duemila /00) oltre I.V.A. e C.P.A., ed a rimborsarle il contributo unificato, come per legge; compensa le spese di giudizio nei confronti delle altre parti. ---
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carlo D'Alessandro, Presidente
Francesco Guarracino, Consigliere, Estensore
Vincenzo Blanda, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

E' nullo il contratto di avvalimento subordinato alla verifica preventiva sugli atti di gara da parte dell'impresa ausiliaria

Tar Catania, sez. IV, sentenza n. 510 del 18 febbraio 2013
Data: 
18/02/2013
Materia: 
Avvalimento
La clausola secondo la quale “il rappresentante legale dell’impresa ausiliaria, o un suo delegato tecnico, potrà preventivamente verificare le gare e i capitolati d’appalto prima di consentire l’avvalimento e potrà negarlo a suo insindacabile giudizio” , qualificandosi come condizione sospensiva (potestativa) snatura  la funzione tipica di tale istituto, rendendone, sostanzialmente incerta l’operatività.
 

N. 00510/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01086/2012 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1086 del 2012, proposto da:
Ricorrente Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Carlo Comandé e Patrizia Saiya, con domicilio eletto presso l’avv. Liliana D'Amico in Catania, via V. Giuffrida, 37;
contro
Comune di Nicosia, Comune di Nicosia - Uff. Tecnico, V Settore IV Servizio, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Controinteressato Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Francario e Enrico Zampetti, con domicilio eletto presso l’avv. Attilio Toscano in Catania, via Milano, 85;
Cmr Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- dei verbali di gara resi nei dì 14, 16, 21, 23, 24, 28 febbraio 2012 ; 5,6,8 marzo 2012, nella parte in cui è stata esclusa l'impresa Gangi Impianti s.r.l.;
- del verbale del 8 marzo 2012, nella parte in cui ha disposto l’aggiudicazione provvisoria nei confronti della controinteressata;
- della determina dirigenziale n.116 del 3 aprile 2012;
- della nota prot. n 2186 del 3 aprile 2012;
- della nota prot. n. 7763 del 9 marzo 2012;
- della nota prot. 10160 del 30 marzo 2012 ;
ove occorra di ogni altro atto connesso presupposto e consequenziale;
- nonché per l'accoglimento della domanda di conseguire l'aggiudicazione dell'appalto
- nonché per l'accoglimento della domanda di condanna della stazione appaltante al risarcimento per equivalente monetario;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Controinteressato  Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2013 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Il Comune di Nicosia ha indetto la gara per l’affidamento dei lavori di “Manutenzione straordinaria della Via Fratelli Testa – rifacimento pavimentazione e ampliamento marciapiede” per un importo complessivo delle prestazioni a base di appalto di €. 499.054,69.
Alla selezione prendevano parte, oltre alla ricorrente, anche l’ATI *** S.r.l. – *** S.r.l. e l’impresa *** Impianti S.r.l..
Quest’ultima, in sede di offerta, precisava di volersi avvalere dell’attestazione SOA richiesta per la qualificazione “OG3 VII – OG6 VI” posseduta dal Consorzio stabile ***S.c.ar.l..
A tal fine, produceva regolare contratto di avvalimento stipulato con il detto Consorzio, nonché regolari dichiarazioni sostitutive, a firma del legale rappresentante dello stesso, attestanti il possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del D.Lgs 163/06.
L’impresa *** Impianti S.r.l. veniva, però, esclusa dalla gara “in quanto il contratto di avvalimento è subordinato alla seguente condizione <<il rappresentante legale dell’impresa ausiliaria, o un suo delegato tecnico, potrà verificare la gara e i capitolati d’appalto prima di consentire l’avvalimento e potrà negarlo, a suo insindacabile giudizio>>. La condizione è da ritenersi in contrasto con la normativa che regola l’avvalimento e vanifica la dichiarazione con la quale, ai sensi dell’art. 49, comma 2, del testo coordinato, riportato nel disciplinare di gara, l’impresa ausiliaria deve obbligarsi verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente”.
Al termine delle operazioni di gara, risultava prima in graduatoria l’ATI controinteressata S.r.l. – *** S.r.l., che offriva un ribasso percentuale del 25,1521% e, pertanto, si disponeva l’aggiudicazione provvisoria in suo favore.
La ricorrente, però, ritenendo l’esclusione dell’impresa *** Impianti S.r.l. sopra indicata illegittima e pregiudizievole dei propri interessi, posto che, ove non intervenuta, si sarebbe formata una diversa media delle offerte, con la conseguente l’aggiudicazione in suo favore, in data 23 marzo 2012 presentava istanza con la quale chiedeva alla stazione appaltante di annullare detto provvedimento in autotutela e, conseguentemente, di aggiudicarle la gara.
Il seggio di gara, con nota prot. n. 10160 del 30 marzo 2012, rigettava la suddetta richiesta, in quanto “l’apposizione della condizione apposta al contratto di avvalimento prodotta dalla *** Impianti non può ritenersi accettabile”.
Indi, con Determina Dirigenziale n. 116 del 3 aprile 2012, comunicata con nota prot. n. 2186 di pari data, il Comune intimato approvava l’aggiudicazione provvisoria effettuata con verbale dell’8 marzo 2012 in favore dell’ATI Controinteressata S.r.l. – ***. S.r.l. e disponeva l’aggiudicazione definitiva in suo favore.
Con ricorso notificato il 27.4.2012 e depositato il 9.5.2012, la ricorrente ha impugnato i sopra richiamati provvedimenti, affidandosi alle seguenti censure:
I. Violazione e falsa applicazione del punto 13.3 del bando di gara e del punto 3.13 del disciplinare di gara – Violazione e falsa applicazione dell’art. 49 del D.lgs.vo. n. 163/2006 – Eccesso di potere e ingiustizia manifesta.
Asserisce parte ricorrente che la contestata esclusione sarebbe illegittima in presenza di una dichiarazione nella quale testualmente il Consorzio *** “si obbliga (va) ai sensi dell’art. 49 lett. d) del D.lgs n. 163/2006 e s.m.i. verso l’impresa concorrente *** Impianti s.r.l…e verso la stazione appaltante, a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente…”.
Detta dichiarazione avrebbe, infatti, superato comunque il dubbio del seggio di gara secondo il quale la condizione apposta al contratto intercorrente tra le parti (secondo la quale “il rappresentante legale dell’impresa ausiliaria, o un suo delegato tecnico, potrà preventivamente verificare le gare e i capitolati d’appalto prima di consentire l’avvalimento e potrà negarlo a suo insindacabile giudizio”) impedirebbe la certezza dalla compiutezza dell’avvalimento.
In altri termini, secondo parte ricorrente, il contratto di avvalimento opererebbe senza alcun dubbio già dal momento dell’offerta, non essendo rinviata alcuna valutazione in merito alla sua efficacia e ciò in quanto all’art. 2 si dispone testualmente che “l’impresa ausiliaria mette a disposizione dell’impresa avvalente, incondizionatamente ed irrevocabilmente, per tutta la durata dell’appalto, i requisiti richiesti dal bando di gara”.
Costituitasi, la controinteressata ha concluso per la irricevibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.
Con Ordinanza n. 521/12 questa stesa Sezione ha respinto la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati.
La decisione cautelare è stata confermata dal C.G.A. per la Sicilia con Ordinanza n. 625/12.
Alla pubblica udienza del 31.1.2013, la causa è stata trattenuta per la decisione.
II. Preliminarmente il Collegio esamina l’eccezione con la quale la controinteressata ha sostenuto la tardività del ricorso, per non essere stato lo stesso notificato allorquando la ricorrente ha avuto contezza dell’esclusione impugnata e delle compiute ragioni poste a sostegno della stessa, e la ritiene infondata.
Invero, la mera esclusione di una impresa terza non fa emergere l’interesse al ricorso in capo al ricorrente se non quando, di seguito all’aggiudicazione definitiva, questi non rilevi che dalla inclusione della stessa sarebbe derivata una diversa media delle offerte tale da consentirgli di essere individuato come aggiudicatario dell’appalto.
E’ nel momento della valutazione definitiva delle offerte (e della loro media) che, infatti, emerge la lesione dell’interesse all’aggiudicazione, occasionata non tanto dall’esclusione in sé della concorrente, quanto, appunto, dalla modifica della media (da esaminare nel suo complesso contestualmente a tutte le offerte) che dalla stessa consegue.
Posto che l’aggiudicazione definitiva è intervenuta il 3.4.2012, la notifica del ricorso, avvenuta il 27.4.2012, è tempestiva, in quanto rispettosa del termine previsto dall’art. 120, comma 5, c.p.a..
III. Ciò premesso, é possibile passare all’esame del merito del ricorso.
Il Collegio ritiene di dover mantenere fermo l’orientamento espresso dalla Sezione nella fase cautelare e confermato dal Giudice di seconde cure.
Con l’Ordinanza n. 521/12 si è già precisato che “avuto riguardo alla clausola apposta al contratto di avvalimento, stipulato dall’impresa *** Impianti s.r.l.”, la stessa è stata “congegnata in modo tale da snaturare, in effetti, la funzione tipica di tale istituto, rendendone, sostanzialmente incerta l’operatività”.
Così come chiarito in punto di fatto, non vi è dubbio che l’art. 5 del richiamato contratto preveda in capo al rappresentante legale dell’impresa ausiliaria la possibilità di una verifica preventiva sulle gare e sui capitolati d’appalto prima di consentire l’avvalimento e il conseguente potere di negarlo, ponendo una condizione sospensiva (potestativa) in ordine all’efficacia del contratto.
La stessa, per altro, non può dirsi verificata per effetto delle dichiarazioni rese dalle parti, e segnatamente dall’ausiliaria, con le quali è stata ribadita la reciproca disponibilità a confermare gli accordi contrattuali e, quindi, l’avvalimento per la gara in esame, posto che le stesse risalgono al 31.1.2012, vale a dire alla stessa data del contratto, del quale avrebbero potuto costituire specificazione e conferma dell’avveramento della condizione (favorevole), ove fossero state allo stesso successive e, altresì, avessero preceduto la celebrazione della gara.
In altri termini, la riserva di preventiva verifica della gara, in quanto contestuale alle dichiarazioni che sembrano confermare l’impegno reciproco delle parti nei confronti dell’Amministrazione e attuare, quindi, la condizione, rimane del tutto integra e, come tale, non può consentire la certezza dell’impegno contenuto nel contratto di avvalimento, presupposto indispensabile per l’ammissione alla gara, perché relativa al possesso delle necessarie attestazioni SOA per le categorie relative all’appalto in questione.
Tanto appare sufficiente per confermare, come premesso, la decisione cautelare e, quindi, rigettare il ricorso in esame.
La non immediata percettibilità delle ragioni contrarie al ricorso consentono al Collegio di disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Cosimo Di Paola, Presidente
Francesco Brugaletta, Consigliere
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere, Estensore
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Fatturato ed esperienza: possono costituire oggetto di avvalimento?

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 911 del 14 febbraio 2013
Data: 
14/02/2013
Materia: 
Avvalimento
 
E' legittimo il ricorso all'avvalimento avente ad oggetto il fatturato o l'esperienza pregressa  atteso che la disciplina dell'art. 49 del Codice dei contratti non pone alcuna limitazione, se non per i requisiti strettamente personali di carattere generale, di cui agli artt. 38 e 39 del Codice stesso.

N. 00911/2013REG.PROV.COLL.
N. 01024/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1024 del 2012, proposto da:
***
contro
*** 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 01656/2011, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE APPALTO PER SERVIZIO DI RACCOLTA E TRASPORTO RIFIUTI URBANI E ASSIMILATI - MCP
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di ***;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2012 il Cons. Antonio Bianchi e uditi per le parti gli avvocati Celani, Fracanzani e Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
Con bando di gara pubblicato in data 31.03.2011 il Comune di Sossano indiceva una procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e assimilati.
All'esito della gara l'appalto veniva aggiudicato in via provvisoria alla *** (SIT), quale migliore offerente.
La società ***, quale mandataria in ATI con la società ***, proponeva ricorso al TAR per il Veneto chiedendo l'annullamento della disposta aggiudicazione.
Si costituiva la SIT chiedendo la reiezione del gravame e proponendo altresì ricorso incidentale.
Con sentenza n. 1656/2011 il Tribunale adito respingeva il ricorso incidentale ed accoglieva quello principale.
Avverso detta sentenza S I T ha interposto l'odierno appello, chiedendone l'integrale riforma.
Si è costituita in giudizio *** chiedendo la reiezione del gravame siccome infondato.
Alla pubblica udienza del 26 giugno 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Con il primo mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove ha qualificato come atto di "ordinaria amministrazione" l'avvalimento cui è ricorsa l'appellata ai fini dell'accesso alla gara d'appalto per cui è causa.
Assume, al riguardo, che per impegnare validamente la società ausiliaria la relativa dichiarazione avrebbe dovuto recare la firma di tutti e tre i membri del Consiglio di Amministrazione o, quantomeno, della sua maggioranza, e non già quella del solo Presidente, al quale sono statutariamente conferiti poteri di ordinaria amministrazione.
A suo dire, infatti, quando il concorrente ricorre all'avvalimento per integrare gli specifici requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto di cui sia carente, in realtà chiederebbe all'azienda ausiliaria di mettere a disposizione tutte le proprie risorse materiali, economiche e gestionali, di talché il vincolo di solidarietà che lega i contraenti ai sensi dell'art. 49, comma IV, del D.Lgs. n. 163/2006 non si limiterebbe allo specifico oggetto del contratto, ma coinvolgerebbe tutte le risorse aziendali dell'ausiliaria: il contratto di avvalimento dovrebbe conseguentemente qualificarsi come atto di straordinaria amministrazione.
1.1 La censura non può essere condivisa.
Premette il Collegio, in linea generale, come la riconducibilità del contratto di avvalimento alla categoria degli atti di ordinaria amministrazione piuttosto che a quella degli atti di straordinaria amministrazione, nella assenza di specifiche indicazioni normative, debba necessariamente farsi dipendere dalla tipologia dei requisiti che l'impresa ausiliaria si impegna a mettere a disposizione dell'impresa ausiliata.
Se, infatti, gli atti di ordinaria amministrazione posseggono una valenza di tipo conservativo del patrimonio sociale, mentre quelli di straordinaria amministrazione sono suscettibili per la loro intrinseca rischiosità di diminuirne l'entità economica, è consequenziale che con riferimento all'avvalimento la distinzione vada compiuta tenendo conto dell'importanza, della finalità ovvero della eccezionalità dell'atto compiuto in confronto a quelli che possono considerarsi eventi normali in un'impresa, in rapporto alla natura e all'oggetto sociale della stessa, nonché in relazione ai rapporti che intercorrono tra ausiliaria e ausiliata.
Pertanto, è attraverso l'individuazione del requisito che l'impresa ausiliaria si è impegnata a mettere a disposizione dell'impresa ausiliata che andrà verificato se tale impegno possa in qualche modo comportare il rischio di una diminuzione del patrimonio ovvero alterare l'organizzazione sociale dell'ausiliaria medesima, e quindi rientrare o meno tra gli atti di straordinaria amministrazione.
Ciò posto, osserva il Collegio come nella specie l'impresa ausiliaria, che è totalmente partecipata e controllata dalla società ausiliata, abbia messo a disposizione esclusivamente la propria pregressa esperienza.
Essa non ha, quindi, messo a disposizione mezzi, uomini o altre risorse aziendali, quale ad esempio la propria attestazione SOA, né si è impegnata a svolgere attività in subappalto nell'ambito del servizio pubblico posto a gara.
Se, dunque, l'impegno assunto dall'ausiliaria è rappresentato unicamente dalla messa a disposizione dell'esperienza maturata nel tempo nello specifico ambito del servizio di igiene pubblica, non può ragionevolmente ritenersi che lo stesso possa comportare il rischio di una diminuzione del patrimonio aziendale o un'alterazione dell'organizzazione sociale.
Peraltro, che l'impresa ausiliaria possa legittimamente conferire in avvalimento anche la sola propria referenza maturata in passato non è contestabile, in quanto detta possibilità non trova alcun divieto espresso nella disciplina comunitaria e di diritto interno.
Al riguardo, del resto, la giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di precisare più volte che il ricorso all'avvalimento, avente ad oggetto il fatturato o l'esperienza pregressa è legittimo, atteso che la disciplina dell'art. 49 del Codice dei contratti non pone alcuna limitazione, se non per i requisiti strettamente personali di carattere generale, di cui agli artt. 38 e 39 del Codice stesso.
Correttamente pertanto il primo giudice, nel respingere la censura, ha rilevato che "l'avvalimento (consistente, come si è detto, nel "prestito" del requisito inerente all'attività precedentemente svolta in specifici settori) non comportava a carico dell'ausiliaria alcuna responsabilità economico- finanziaria nei confronti della stazione appaltante collegata con l'esecuzione dell'appalto, sicché, per ciò stesso, non poteva comportare alcun rischio di una diminuzione del patrimonio aziendale o un'alterazione dell'organizzazione sociale: con la conseguenza che la prestazione dell'avvalimento si configurava, nella fattispecie, come attività di ordinaria amministrazione, rientrante nella competenza del presidente- legale rappresentante anche sotto il profilo del valore".
Inconducente, poi, si appalesa il richiamo all'art. 88 del Regolamento attuativo del Codice dei Contratti pubblici.
Se, infatti, l'avvalimento comportasse sempre la messa a disposizione da parte dell'impresa ausiliaria di tutte le proprie risorse materiali, economiche e gestionali,come ritenuto dall'appellante, non avrebbe senso la disposizione in esame laddove prescrive che nel contratto vi sia un'indicazione puntuale e analitica delle risorse e dei mezzi prestati.
2. Con il secondo mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove non ha considerato che il legale rappresentate dell'impresa ausiliaria, nel rendere la dichiarazione ai fini del possesso dei requisiti generali di cui all'art. 38 del D. Lgs n. 163/2006, non ha dichiarato un soggetto rilevante, ossia l'Amministrazione di una società incorporata dalla stessa impresa ausiliaria nel 2010.
2.1. La censura non può essere condivisa.
Ed invero, se può configurarsi ex art. 38 del Codice degli appalti un obbligo in capo ai concorrenti di dichiarare anche gli amministratori cessati nel triennio precedente, ivi compresi quelli che nel medesimo periodo amministravano società incorporate dalla concorrente prima della pubblicazione del bando di gara, tale obbligo non è rinvenibile nella ipotesi dell'avvalimento di cui all'art. 49 del medesimo Codice.
Infatti, la disposizione in parola stabilisce al riguardo che, in sede di presentazione dell'offerta, il concorrente debba semplicemente allegare "una dichiarazione sottoscritta dall'impresa ausiliaria attestante il possesso da parte di quest'ultima dei requisiti generali di cui all'art. 38".
Ben diverso e ben più stringente, quindi, è il tenore della disposizione di cui all'art. 38 relativamente alla dichiarazione che deve essere resa dai concorrenti in gara, laddove, per questi ultimi, specifica che "in ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell'anno (prima della recente modifica "nel triennio") antecedente la data di pubblicazione del bando di gara ... "
Del resto , la ratio della differente formulazione delle norme in esame va rinvenuta nella diversa posizione dei soggetti coinvolti, poiché ai sensi dell'art. 49, comma 10, solo il concorrente aggiudicatario è chiamato ad eseguire il servizio e solo ad esso è rilasciato il certificato di esecuzione.
Orbene, stante il principio di tipicità e tassatività delle cause di esclusione, non v'è dubbio che la norma recata dall'art. 38, co. 1 lett. C) di cui si controverte, non sia suscettibile di interpretazione tale da introdurre ulteriori e non previste cause ostative.
Ne consegue che all'ausiliario non possano estendersi i rigorosi criteri limitativi propri del concorrente.
Né tale interpretazione restrittiva è peraltro ricavabile dal testo dell'art. 14 del bando il quale, in linea con quanto stabilito dal citato art. 38, prevede la dichiarazione degli amministratori cessati nel triennio precedente per i soli concorrenti.
A ciò aggiungasi, che l'appellante non ha fornito alcuna prova certa che l'ex amministratore della società incorporata dalla società ausiliaria abbia riportato condanne penali rilevanti ai fini dell'invocato art. 38 del Codice dei Contratti.
E tale circostanza, per quanto sarà meglio chiarito nel punto 3 che segue, inibisce in ogni caso la possibilità di disporre l'esclusione di Padova T.R.E dalla gara in via diretta ed autonoma.
3. Con il terzo mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove non ha accolto il motivo di impugnazione con cui la stessa ha chiesto in primo grado l'esclusione dalla gara di Padova T.R.E per aver omesso di indicare il nominativo del cedente di un'azienda acquistata nel corso dell'anno 2008, impedendo così il vaglio del possesso dei requisiti di cui all'art. 38 del Codice degli appalti.
3.1. La censura non può essere condivisa.
E’ noto come la questione della cessione d'azienda ai fini della dichiarazione ex art. 38 del Codice degli appalti, oggetto di contrastanti indirizzi giurisprudenziali, sia stata di recente risolta dalla Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la decisione n. 10 del 4 maggio 2012.
Con detta decisione, l'Adunanza ha precisato che deve "ritenersi la sussistenza in capo al cessionario dell'onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all'art. 38 comma 1 lett. C) del D. Lgs n. 163 del 2006, anche in riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la cedente nell'ultimo triennio (ora nell'ultimo anno)".
A tanto, la medesima è pervenuta sul presupposto che il contenuto della norma di cui al richiamato art. 38 "già di per sé" comprenda ipotesi non testuali, ma pur sempre ad essa riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono, sicché il soggetto cessato dalla carica sia identificabile quale interno al concorrente, così come "ben può verificarsi.... in ipotesi di cessione di azienda o di ramo d'azienda".
Ciò posto, l'Adunanza ha però precisato che "resta altresì fermo - tenuto conto della non univocità delle norme circa l'onere del cessionario - che in caso di mancata presentazione della dichiarazione e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest'ultima potrà essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l'assenza del requisito in questione".
E ciò in quanto, a ben vedere, lo scopo della preclusione di legge è da individuarsi sicuramente in quello di impedire la partecipazione alle procedure di affidamento dei pubblici appalti, "di soggetti di cui sia accertata la mancanza di rigore comportamentale con riguardo a circostanze gravemente incidenti sull'affidabilità morale e professionale".
Orbene, nella specie, non è stata invocata dall'appellante né tantomeno oggettivamente accertata l'assenza in capo al cedente del requisito in questione, né il bando impone in alcun modo al cessionario di rendere la dichiarazione relativa al requisito di cui all'art. 38 anche in riferimento agli amministratori che hanno operato presso la cedente nell'ultimo triennio (ora nell'ultimo anno).
Ne consegue che l'amministrazione non poteva di certo procedere alla esclusione in via diretta ed automatica della Padova T.R.E, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante.
4. Con il quarto mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove ha disatteso il motivo con cui la stessa ha lamentato l'illegittima partecipazione alla gara di Padova T. R. E, in quanto quest'ultima ha omesso l'inclusione della Padova T.R.E Ambiente tra i soggetti garantiti dalla cauzione prestata.
4.1. La doglianza è priva di fondamento.
Ed invero, sul punto è appena il caso di osservare che la lex specialis di gara dispone espressamente che la cauzione provvisoria sia prestata ai sensi dell'art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006, norma che tuttavia non prevede che la cauzione includa anche gli ausiliari.
Né tale obbligo è previsto dal successivo art. 16 del bando ("Garanzie").
Correttamente, pertanto, il primo giudice ha osservato al riguardo che "nessuna disposizione della legge o del bando prevedeva l'obbligo di estendere la cauzione provvisoria ricomprendendo le imprese ausiliarie, né tale obbligo discende dall'art. 49 del DLgs n. 163 del 2006, posto che ivi, dopo aver contemplato un regime di responsabilità solidale tra l'impresa avvalente e quella ausiliaria, si dispone che il contratto di appalto è comunque eseguito dall'impresa avvalente, a nome della quale è rilasciato il certificato di esecuzione dei lavori: ma allora, se lo stesso legislatore individua nell'impresa avvalente l'unico soggetto titolare del contratto di appalto, risulta illogico affermare che l'onere cauzionale deve gravare (anche) su di un soggetto ulteriore e diverso, in ordine al quale rileva solo il rapporto interno con l'avvalente medesimo (ferma restando, come si è detto, la responsabilità solidale dell'ausiliario nei confronti dell'Amministrazione appaltante)".
5. Con il quinto ed ultimo mezzo di gravame l'appellante deduce che erroneamente il TAR avrebbe accolto il ricorso proposto da Padova T.R.E, ritenendo che l'appellante stessa, in quanto espressione del Comune di Vicenza e gerente servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, non può partecipare a gare pubbliche per l'acquisizione di ulteriori servizi, per contrasto con l'art. 23 bis, comma 9, del D.L. n. 112/2008.
A suo dire, infatti, mancherebbero nella fattispecie i presupposti oggettivi e soggettivi previsti dal richiamato articolo 23 bis in quanto:
a) sotto il profilo oggettivo l'appalto non riguarderebbe un "servizio pubblico locale";
b) sotto il profilo soggettivo S.I.T. non gestiva in affidamento diretto "servizi pubblici locali" né all'interno dell'ambito territoriale di riferimento dell'appalto de quo, né in alcun altro ambito territoriale.
5.1 La censura non può essere condivisa.
Ed invero, con riferimento al primo profilo, va rilevato che l'art. 23 bis, comma 9, del D.L. n. 112/2008, convertito in L. n. 113 del 2008 e modificato dall'art. 15 del D.L. n. 135/2009, nella sostanza, vieta l'acquisizione della gestione di servizi ulteriori, con o senza gara, alle società che gestiscono servizi pubblici locali ad esse affidati senza il rispetto dei principi dell'evidenza pubblica, anche per il tramite di società controllanti o da esse controllate.
La "ratio" della predetta disposizione, come correttamente rilevato dal Tar, va senz'altro ravvisata nell'esigenza di impedire alterazioni del mercato concorrenziale che deriverebbero dalla partecipazione alle gare per l'affidamento di ulteriori servizi pubblici locali di quei soggetti che, in quanto già affidatari diretti di tali servizi nel medesimo o in altri ambiti territoriali, si trovano in una posizione di privilegio acquisita al di fuori dei meccanismi dell'evidenza pubblica.
Se tant'é sotto il profilo funzionale, appare allora irrilevante, sempre come esattamente rilevato dal primo giudice, la modalità di affidamento prescelta dalla stazione appaltante (appalto o concessione), atteso che il divieto posto dal legislatore riguarda genericamente "l'acquisizione" della gestione di servizi ulteriori.
In altri termini , le modalità di remunerazione delle attività, pur idonee a far ascrivere la gara nella categoria dell'appalto anziché in quella della concessione, non possono influire sulla natura delle prestazioni oggetto della procedura in esame.
Al riguardo, peraltro, la giurisprudenza della Sezione ha già avuto modo di precisare che "La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, quella oggettiva, si fonda su due elementi: 1) la preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; 2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità (sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6574). Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione. A nulla quindi rileva che oggetto dell'affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l'intero servizio dell'igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l'attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell'attività dovuta" (cfr. sentenza n. 1651 del 22.03.2010).
Ciò posto, nel caso di specie risulta palese come le prestazioni oggetto della gara rientrino a pieno titolo nel novero dei servizi pubblici locali, definiti dall'art. 112 del D.Lgs. n. 267/2000 come i servizi che "abbiano per oggetto produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali".
E ciò, in quanto dette prestazioni le quali sono svolte direttamente a favore della cittadinanza e, quindi, da essa immediatamente "percepibili", rientrano a pieno titolo tra quelle ricomprese nel ciclo integrato dei rifiuti per i territori comunali di Sossano, Orgiano e Campiglia dei Berici.
Peraltro, a ulteriore conferma di quanto precisato, è lo stesso bando di gara a rimarcare expressis verbis al punto 3 che "il servizio oggetto del presente bando deve essere considerato ad ogni effetto servizio pubblico e quindi per nessuna ragione potrà essere sospeso o abbandonato".
Del resto, a voler ritenere che la medesima prestazione possa essere considerata servizio pubblico locale o no in dipendenza della tipologia di affidamento prescelta dal titolare del servizio per il suo conferimento (concessione o appalto) e delle modalità individuate per la sua remunerazione (corrispettivo versato dalla stazione appaltante o direttamente dai cittadini - utenti), si giungerebbe alla irragionevole conseguenza che l'ente gestore, in vigenza della clausola escludente in parola stabilita dal legislatore, abbia la possibilità di ampliare o ridurre arbitrariamente lo spettro dei concorrenti legittimati a partecipare alla gara semplicemente scegliendo l'una o l'altra modalità di affidamento.
5.2 Con riferimento al secondo profilo (quello soggettivo), poi, va rilevato come dalla documentazione versata in atti emerga che SIT, al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara e per tutta la durata della relativa procedura, svolgesse il servizio di raccolta e di trasporto dei rifiuti solidi urbani in alcuni comuni che hanno costituito il Consorzio per i Servizi di Igiene del Territorio del Bacino Treviso 1 (C. I. T).
Infatti:
- nel citato ambito territoriale la gestione dei rifiuti è affidata alla SAVNO s.r.l., società consortile costituita nel 2001 dalla stessa S.I.T., unitamente ad A. M. A. V. s.p.a. e S. E. S. A. s.p.a.;
- nel 2004 SAVNO affidava a S. I. T., mediante una convenzione, il servizio di raccolta e trasporto rifiuti dei comuni afferenti al CIT;
- nel 2006 S.I.T. usciva dalla compagine sociale di SAVNO cedendo a CIT le proprie quote ma, al contempo, manteneva l'affidamento delle attività de quibis mediante un rinnovo della prefata convenzione per tutto il quinquennio 2006 - 2011;
- nella convenzione tra S.I.T. e SAVNO, relativa alle attività che la prima si impegnava a svolgere nell'ambito territoriale di riferimento, si legge (art. 3) che "il servizio oggetto della presente convenzione è considerato ad ogni effetto un "pubblico servizio" e pertanto per nessun motivo potrà essere sospeso o abbandonato";
- non v'è traccia di alcuna procedura a evidenza pubblica nell'accordo con il quale S.I.T. e SAVNO decidevano di prorogare gli effetti della convenzione del 2004 fino a tutto il 2011.
Orbene, il tenore letterale dell'art. 23 bis, comma 9, citato e soprattutto la sua ratio che è quella, come già precisato, di tutelare la concorrenza, non lasciano adito a dubbi circa l'applicabilità all'appellante del divieto di partecipazione alla gara indetta dal Comune di Sossano.
La norma, infatti, non fa distinzioni in ordine al titolo in forza del quale il servizio pubblico è svolto disponendo, proprio per significare la portata onnicomprensiva e antielusiva del divieto, che debbono essere esclusi tutti quei soggetti che "gestiscono di fatto o per disposizione di legge, di atto amministrativo o per contratto....".
Non basta quindi cedere delle quote societarie, come ha fatto S.I.T vendendo le proprie partecipazioni in SAVNO a CIT, per estendere il proprio raggio d'azione al di fuori del territorio di riferimento, se poi si mantiene il medesimo rapporto in via contrattuale.
6. Per le ragioni esposte il ricorso in appello è infondato e, come tale, da respingere.
Sussistono tuttavia motivi, per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
 
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)