Giurisprudenza

  • strict warning: Non-static method view::load() should not be called statically in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/views.module on line 879.
  • strict warning: Declaration of views_handler_argument::init() should be compatible with views_handler::init(&$view, $options) in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/handlers/views_handler_argument.inc on line 0.
  • strict warning: Declaration of views_handler_filter::options_validate() should be compatible with views_handler::options_validate($form, &$form_state) in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/handlers/views_handler_filter.inc on line 0.
  • strict warning: Declaration of views_handler_filter::options_submit() should be compatible with views_handler::options_submit($form, &$form_state) in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/handlers/views_handler_filter.inc on line 0.
  • strict warning: Declaration of views_handler_filter_boolean_operator::value_validate() should be compatible with views_handler_filter::value_validate($form, &$form_state) in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/handlers/views_handler_filter_boolean_operator.inc on line 0.
  • strict warning: Declaration of date_api_filter_handler::value_validate() should be compatible with views_handler_filter::value_validate($form, &$form_state) in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/date/includes/date_api_filter_handler.inc on line 0.
  • strict warning: Declaration of views_plugin_style_default::options() should be compatible with views_object::options() in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/plugins/views_plugin_style_default.inc on line 0.
  • strict warning: Declaration of views_plugin_row::options_validate() should be compatible with views_plugin::options_validate(&$form, &$form_state) in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/plugins/views_plugin_row.inc on line 0.
  • strict warning: Declaration of views_plugin_row::options_submit() should be compatible with views_plugin::options_submit(&$form, &$form_state) in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/plugins/views_plugin_row.inc on line 0.
  • strict warning: Non-static method view::load() should not be called statically in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/views.module on line 879.
  • warning: Creating default object from empty value in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/date/date/date.module on line 660.
  • strict warning: Non-static method view::load() should not be called statically in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/views.module on line 879.
  • strict warning: Non-static method view::load() should not be called statically in /home/mhd-01/www.dirittodegliappaltipubblici.com/htdocs/sites/all/modules/views/views.module on line 879.

Documentazione a corredo dell'offerta sottoscritta da soggetto ormai cessato dalla carica di amministratore unico

Tar Palermo, sez. II, sentenza del 26 aprile 2013, n. 992
Data: 
26/04/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

 

N. 00992/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01722/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1722 del 2012, proposto dalla società L********R s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. **********, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. ******** in Palermo, Via ************ n.46; 

contro

Assessorato delle Infrastrutture e Mobilità della Regione siciliana, in persona dell’Assessore p.t., ed Ufficio Regionale per l’Espletamento delle Gare di Appalto (UREGA), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato di Palermo, presso la cui sede distrettuale, in Palermo, Via A. De Gasperi n.81, sono ex lege domiciliati; 

nei confronti di

I.*************E s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti *******, ******** e ***********, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Palermo, via *************, 171; 
M****I s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituitosi in giudizio; 

per l'annullamento

- dei verbali di gara di cui al pubblico incanto concernente la realizzazione di opere di regimazione idraulica in C/da Belmonte Chiavelli nei Comuni di Palermo e Belmonte Mezzagno, nella parte in cui non è stata esclusa dalla gara la ditta M*****i s.r.l.;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi inclusi il bando ed il disciplinare di gara, la nota n. 233562 del 20.6.2012, la nota n. 300563 del 17.8.2012 e la nota di determina di aggiudicazione definitiva n. 14100 del 21.9.2012.

 


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni resistenti e della società I***************e srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2013 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti i Difensori indicati nell’apposito verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


FATTO

Con bando pubblicato in GURS, l’Assessorato delle Infrastrutture e Mobilità della Regione siciliana, indiceva la gara per l’aggiudicazione dei lavori indicati in epigrafe, da esperirsi con il criterio del massimo ribasso.

La società ricorrente partecipava alla gara, formulando un’offerta con un ribasso del 25,3527% sul prezzo a base d’asta.

In data 7.3.2012 l’Ufficio Regionale per l’Espletamento delle Gare di Appalto (U.R.E.G.A.) – Sezione Provinciale di Palermo, dava corso alle operazioni di gara con l’apertura dei plichi all’uopo inviati dai partecipanti e, individuate le offerte valide, formava la graduatoria delle imprese ammesse secondo l’ordine crescente dei ribassi, individuando come prima la società I.C.M. Impresa Costruzioni Moderne s.r.l. (d’ora innanzi ICM) e seconda la ricorrente società Leenker s.r.l.

Con nota del 15.3.2012 quest’ultima chiedeva copia della documentazione di gara dell’impresa ICM, ma l’Amministrazione rispondeva che l’accesso sarebbe stato consentito solamente dopo l’aggiudicazione definitiva.

Successivamente, con nota del 18.7.2012, la ricorrente informava l’U.R.E.G.A. di Palermo che da notizie di stampa era venuta a conoscenza che una delle imprese partecipanti all’appalto, la società Mersi s.r.l., aveva subìto un sequestro giudiziario per omessi versamenti di IVA e di ritenute fiscali.

Dal che si deduceva che la stessa non avrebbe potuto partecipare alla gara; e che non essendo stata esclusa aveva influito negativamente sul calcolo della media delle offerte necessario per la verifica della regolarità delle stesse, alterandone gli esiti.

La ricorrente società Leenker s.r.l. rilevava, pertanto, la necessità di escludere la società Mersi s.r.l. dalla gara; e chiedeva alla Stazione appaltante di correggere i risultati delle operazioni, di annullare in autotutela l’aggiudicazione provvisoria e di disporre l’aggiudicazione in suo favore.

In seguito, con nota prot. 300563 del 17.8.2012, l’U.R.E.G.A. di Palermo comunicava alla ricorrente di non aver ancora adottato il provvedimento di aggiudicazione definitiva;

e di aver accertato che effettivamente la società Mersi aveva subìto un sequestro da parte dell’Agenzia del Territorio, ma che la misura cautelare era stata trascritta in data successiva a quella della presentazione dell’offerta.

Con nota del 29.8.2012 la società ricorrente rappresentava che la documentazione a corredo dell’offerta della società Mersi (recante la data del 27.2.2012), era stata sottoscritta da un soggetto privo della qualità di Amministratore Unico (per essere cessato dalla carica in data 24.2.2012, come provato dal verbale di assemblea depositato presso la Camera di Commercio di Enna) e di qualsiasi potere di rappresentanza.

Ma tale nota restava senza effetto e senza riscontro.

Con nota del 6.9.2012 la società Leenker sollecitava la definizione dell’istanza di riesame in autotutela trasmessa il 18.7.2012 (e reiterata il 29.8.2012), ma anche tale richiesta restava senza effetto.

Infine, con nota prot. 14100 del 21.9.2012 l’Amministrazione comunicava di aver provveduto a pronunziare l’aggiudicazione definitiva in favore della controinteressata società I.C.M. Impresa Costruzioni Moderne s.r.l.

Con il ricorso in esame la società Leenker s.r.l. ha impugnato l’aggiudicazione in questione unitamente a tutti gli atti e provvedimenti ad essa prodromici e/o comunque connessi e ne chiede l’annullamento, co vittoria di spese, per le conseguenti statuizioni reintegratorie e di condanna.

Lamenta, al riguardo:

1) eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza istruttoria, deducendo: che la documentazione a corredo dell’offerta della società Mersi s.r.l. è stata sottoscritta da soggetto privo di qualsiasi potere di rappresentanza e che pertanto tale società doveva essere esclusa; che la mancata esclusione della stessa ha determinato l’alterazione della media delle offerte (che ha determinato, a sua volta, un erroneo esito delle operazioni di aggiudicazione); che in mancanza dell’offerta in questione la gara sarebbe stata aggiudicata - per il diverso esito delle medie - in suo favore; e che pertanto illegittimamente la Stazione appaltante ha disposto l’aggiudicazione in favore della controinteressata società ICM (anzicchè della stessa ricorrente);

2) violazione e falsa applicazione dell’art.38 del D.Lgs. n.163 del 2006, nonché del Bando e del Disciplinare di gara, ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, deducendo che a seguito delle sue segnalazioni relative alla posizione di irregolarità fiscale e contributiva della società Mersi, la Stazione appaltante avrebbe dovuto effettuare gli accertamenti del caso a seguito dei quali avrebbe dovuto escluderla;

3) violazione e falsa applicazione degli artt.2 e 3 della L. n.241 del 1990 e dell’art.243 bis del D.Lgs. n.163 del 2006, nonché eccesso di potere per violazione dei principi che regolano il c.d. “giusto procedimento”, deducendo illegittimamente l’Amministrazione non ha provveduto sull’istanza di riesame da Essa (ricorrente) avanzata.

Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha eccepito l’infondatezza del gravame chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

Anche la controinteressata società ICM, aggiudicataria, si è costituita in giudizio eccependo l’infondatezza del ricorso.

Nel corso del giudizio le parti hanno insistito nelle rispettive richieste ed eccezioni con ulteriori atti difensivi.

Con ordinanza n.697 del 2012 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia ha annullato, ai soli fini della sollecitazione della fissazione dell’udienza di merito, l’ordinanza n.639 del 2012 con cui questo TAR aveva respinto la domanda cautelare proposta dalla ricorrente.

Fissata, pertanto, e celebrata l’udienza per la discussione conclusiva sul merito del ricorso, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

Con il primo mezzo di gravame la società ricorrente lamenta eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza istruttoria, deducendo:

- che la documentazione a corredo dell’offerta della società Mersi s.r.l. è stata sottoscritta da soggetto privo di qualsiasi potere di rappresentanza e che pertanto tale società doveva essere esclusa;

- che la mancata esclusione della stessa ha determinato l’alterazione della media delle offerte (che ha determinato, a sua volta, un erroneo esito delle operazioni di aggiudicazione);

- che in mancanza dell’offerta in questione la gara sarebbe stata aggiudicata in suo favore;

- e che pertanto illegittimamente la Stazione appaltante ha disposto l’aggiudicazione in favore della controinteressata società ICM (anzicchè della stessa ricorrente).

La doglianza merita accoglimento.

Dagli atti di causa è emerso che tutta la documentazione a corredo dell’offerta (e nella specie: le dichiarazioni richieste dall’art.38 del D.Lgs. n.163/2006) della società MERSI s.r.l. sono state sottoscritte da un soggetto che alla data della sottoscrizione (27.2.2012) non rivestiva più la carica di Amministratore Unico della predetta società e non aveva alcun potere di rappresentarla (agendo in nome e per conto della stessa).

Come correttamente evidenziato dalla ricorrente, a nulla vale rilevare che gli oneri e le responsabilità connessi alla qualità di Amministratore non si perdono fino a quando l’atto con cui viene nominato il nuovo Amministratore non divenga opponibile ai terzi.

Ed invero l’art.2193 c.c. si limita a stabilire che l’inopponibilità ai terzi degli atti non pubblicati non può essere fatta valereesclusivamente da chi è obbligato a provvedere alla pubblicazionerestando pertanto impregiudicata la possibilità della ricorrente - che tale obbligo non aveva - di opporre alla Stazione appaltante, ed a qualsiasi altro “terzo”la intervenuta cessazione dalla carica di Amministratore Unico (della società Mersi) del soggetto che, pur in carenza di potere, aveva sottoscritto le dichiarazioni in asserita rappresentanza della stessa.

E poiché la Stazione appaltante era effettivamente a conoscenza (essendo stata informata, prima dell’aggiudicazione definitiva, dalla stessa ricorrente) della circostanza de qua, è evidente che l’inopponibilità del fatto in questione (la intervenuta cessazione della carica da parte del soggetto dichiarante) non poteva (e non può) in alcun modo operare nei suoi confronti.

Né potrebbe invocarsi il c.d. principio della prorogatio dei poteri, in forza del quale l’Amministratore “uscente” (dimissionario o rimosso) continua a svolgere le sue funzioni fino alla sua sostituzione.

Nel caso di specie, infatti, alla data della sottoscrizione dell’offerta (e delle connesse dichiarazioni) da parte dell’Amministratore uscenteil nuovo Amministratore era già in carica (come dimostrato dalla ricorrente mediante la produzione del relativo verbale dell’assemblea).

E poiché prima della pronuncia dell’aggiudicazione definitiva, la Stazione appaltante era stata informata di ciò, non v’è ragione per ritenere che quest’ultima non avesse il ben preciso obbligo di escludere la valenza delle dichiarazioni sottoscritte da chi non era più in carica.

Per il resto è evidente che la mancata esclusione della società Mersi ha determinato l’alterazione della media delle offerte, il che ha determinato, a sua volta, un erroneo esito del risultato finale delle operazioni di aggiudicazione.

E poiché è indiscusso che in mancanza dell’offerta della società Mersi, la ricorrente sarebbe risultata aggiudicataria, la condotta dell’Amministrazione non resiste alle dedotte censure.

2. In considerazione delle superiori osservazioni, assorbito quant’altro, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento, per quanto di ragione, dei provvedimenti impugnati.

La delicatezza delle questioni dibattute, che ha visto impegnate le parti in difese tecniche ed in operazioni ermeneutiche particolarmente analitiche e dettagliate, giustifica la compensazione delle spese processuali fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sez. II^. accoglie il ricorso; e, per l’effetto, annulla, per quanto di ragione, i provvedimenti impugnati.

Compensa le spese fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2013 con l'intervento dei Signori Magistrati:

 

 

Filippo Giamportone, Presidente

Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore

Sebastiano Zafarana, Referendario

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sull'autentica notarile della firma del garante

Tar Palermo, sez. I, sentenza del 23 aprile 2013, n. 874
Data: 
23/04/2013

 

N. 00874/2013 REG.PROV.COLL.

N. 02441/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2441 del 2011, proposto da T****s S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ********, con domicilio eletto presso l’avv. ******** in Palermo, via ********** n.46; 

contro

Rete Ferroviaria S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ********, con domicilio eletto presso l’avv. ******** in Palermo, via *********** n. 89; 
I****r S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; 

nei confronti di

T**o Spa Costruzioni Generali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ********, ***********, con domicilio eletto presso ********* in Palermo, via *******, 171; 

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia

quanto al ricorso introduttivo:

del provvedimento -comunicato con nota 31.10.2011- di esclusione dalla gara per l'affidamento dell'appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori per la realizzazione della nuova sede ferroviaria, del raddoppio del tratto Cefalù-Ogliastrillo-Castelbuono, della linea Palermo-Messina. PA 1166, indetta, da Italferr spa, con bando pubblicato sulla CURI del 29.4.2011

- nonché di tutti gli atti presupposti connessi e consequenziali e, in particolare, in via subordinata, del punto 12 del bando di gara, nella parte in cui sanziona con l'esclusione l'omessa attestazione del pubblico ufficiale o l'omessa dichiarazione sostitutiva in ordine alla qualità e i poteri del soggetto che ha firmato la cauzione;

quanto al ricorso per motivi aggiunti:

- del provvedimento 5.04.2012, comunicato il 6.04.2012, di aggiudicazione definitiva, all'ati Toto costruzioni generali spa (mandataria), della gara per l'appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori per la realizzazione della nuova sede ferroviaria, del raddoppio del tratto Cefalù-Ogliastrillo-Castelbuono, della linea Palermo-Messina, pa 1166, indetta, da Italferr spa;

- nonché di tutti gli atti presupposti connessi e consequenziali e, in particolare, del verbale di verifica di congruità dell'offerta presentata dall'aggiuticataria.

 


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Rete Ferroviaria Spa e di Toto Spa Costruzioni Generali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2013 il dott. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 16 novembre 2011, e depositato il successivo 24 novembre, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento di esclusione dalla gara per l'affidamento dell'appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori per la realizzazione della nuova sede ferroviaria, del raddoppio del tratto Cefalù-Ogliastrillo-Castelbuono, della linea Palermo-Messina. PA 1166, nonché tutti gli atti presupposti connessi e consequenziali e, in particolare, in via subordinata, del punto 12 del bando di gara, nella parte in cui sanziona con l'esclusione l'omessa attestazione del pubblico ufficiale o l'omessa dichiarazione sostitutiva in ordine alla qualità e i poteri del soggetto che ha firmato la cauzione.

Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, Rete Ferroviaria S.p.a.

Con ordinanza n. 927/2011 è stata respinta la domanda cautelare di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti la società ricorrente ha altresì gravato il provvedimento di aggiudicazione definitiva, all'ati Toto costruzioni generali spa (mandataria), della gara oggetto del provvedimento di esclusione impugnato con ricorso introduttivo.

Si è costituita in giudizio la parte contro interessata.

Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 28 febbraio 2013.

La materia del contendere verte essenzialmente intorno alla legittimità del provvedimento di esclusione della società ricorrente dalla gara per l'affidamento dell'appalto sopra meglio indicato.

Tale provvedimento di esclusione è stato motivato dalla stazione appaltante con riferimento alla violazione del punto 12 del bando di gara, in quanto la polizza fideiussoria prodotta quale cauzione provvisoria presenta una autentica notarile di firma “sprovvista di attestazione circa la qualità e i poteri del firmatario della polizza per conto della Compagnia di Assicurazione dott. Luongo Antonino Raffaele (….)”.

La società ricorrente censura tale provvedimento per i seguenti motivi:

Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, violazione del canone di proporzionalità, mancato esercizio del potere di chiarimenti;

In via subordinata, illegittimità del punto 12 del bando di gara, nella parte in cui sanziona con l’esclusione l’omessa attestazione del pubblico ufficiale o l’omessa dichiarazione sostitutiva in ordine alla qualità e i poteri del soggetto che ha firmato la cauzione.

Il ricorso è infondato.

Il punto 12 del bando di gara, relativo alla prestazione della cauzione provvisoria, stabiliva (nel paragrafo finale): “A pena di esclusione: 1) la firma del Garante allo schema di garanzia fideiussoria deve essere autenticata in calce da Pubblico ufficiale, il quale, oltre all’autenticità della firma, deve attestare, sempre a pena di esclusione, la qualità e i poteri del firmatario; 2) in alternativa, deve essere prodotta, in allegato alla cauzione provvisoria, una dichiarazione dell’agente che sottoscrive la cauzione, accompagnata, ai sensi del D.P.R. 445/2000 e s.m.i., da copia di un documento di riconoscimento dello stesso, con la quale, sempre a pena di esclusione, egli attesta inequivocabilmente la propria qualità ed i propri poteri”.

La società ricorrente, fra le due modalità alternative, ha scelto la prima, producendo una polizza fideiussoria con sottoscrizione autenticata dal Notaio dott. Pasquale Liotti: tale autentica, tuttavia, non contiene alcuna menzione della qualità del firmatario della garanzia e dei relativi poteri.

L’autentica di firma, in altre parole, si riferisce ad una persona fisica, senza ulteriore specificazione.

Né vale in contrario rilevare che la qualità del sottoscrittore della garanzia è indicata nella polizza, posto che l’adempimento mancante è dal bando espressamente riferito – a pena d’esclusione – all’autentica e non alla polizza.

Come già affermato dalla Sezione in sede cautelare, nel caso di specie qualità e poteri non sono stati dunque attestati dal notaio, ma dalla stessa società garante.

Come si è indicato lo stesso punto 12 del bando prevedeva, quale modalità alternativa, la produzione di una dichiarazione “dell’agente che sottoscrive la cauzione”, accompagnata dalla copia di un documento di riconoscimento, “con la quale, sempre a pena di esclusione, egli attesta inequivocabilmente la propria qualità ed i propri poteri”.

 


Neppure questa dichiarazione è stata però prodotta, in quanto l’attestazione sui poteri è fatta dalla società garante, e non dall’agente che ha sottoscritto la cauzione.

Il Collegio non può che confermare di non poter accedere alla tesi secondo cui l’adempimento richiesto dal bando risulterebbe dalla combinazione di polizza fideiussoria e autentica notarile, posto che siffatta modalità non corrisponde – per le ragioni esposte – a quanto richiesto dal bando a pena di esclusione.

Inoltre, il principio di tassatività delle cause legali che legittimano l’esclusione dalle gare di appalto, ex art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), introdotto dall’articolo 4, comma 2, n. 2, lettera d), del d.l. 13 maggio 2011 n. 70, convertito dalla legge n. 106 del 2011, non può essere applicato ad una procedura di evidenza pubblica iniziata – quale quella in esame - in data antecedente al 14 maggio 2011, data di entrata in vigore del citato d.l. (Consiglio di Stato, sez. V, ordinanza 12 ottobre 2011 n. 4497).

I superiori passaggi argomentativi, già posti a fondamento del citato pronunciamento interinale, sono stati condivisi dal C.G.A. in sede di appello cautelare: con ordinanza n. 144/2012, si è infatti affermato che “l’appello non sembra superare gli argomenti posti dal Giudice di prime cure per statuire l’ordinanza impugnata, con riguardo alla chiara e stringente clausola della lex specialis in ordine ai criteri di autenticazione della polizza fideiussoria, a sua volta documento rilevante a garanzia dell’offerta e ragionevolmente assistita da cautele appropriate alla rilevanza ed all’importo dell’appalto per cui è causa”.

Né, in considerazione del carattere radicale della violazione della clausola richiamata, può ragionevolmente trovare accoglimento alcun profilo di censura basato sulla possibilità di regolarizzazione della documentazione prodotta.

Il ricorso per motivi aggiunti, diretto contro l’aggiudicazione della gara alla contro interessata, va del pari respinto in quanto fondato sulle conseguenze della ritenuta illegittimità del provvedimento di esclusione, impugnato con ricorso introduttivo.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, rigetta il ricorso introduttivo, ed il connesso ricorso per motivi aggiunti.

Condanna la società ricorrente al pagamento in favore delle parti resistenti delle spese del giudizio, che liquida in complessivi euro diecimila/00, oltre accessori come per legge, in ragione di euro cinquemila/00 oltre accessori per ciascuna parte resistente.

Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Filoreto D'Agostino, Presidente

Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore

Maria Cappellano, Primo Referendario

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sulla clausola del bando che prevede l’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica in seduta "non pubblica"

Ad. Plen. del 22 aprile 2013, n. 8
Data: 
22/04/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

 

N. 00008/2013REG.PROV.COLL.

N. 00004/2013 REG.RIC.A.P.

N. 00005/2013 REG.RIC.A.P.

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%20P/2012/201204247/Provvedimenti/stemma.jpg

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4 di A.P. del 2013, proposto dalla s.r.l. ******** in proprio e quale capogruppo mandataria dell’Ati costituita con la s.r.l. *********, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati ****** e **********, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via *********, 2;

contro

la s.r.l. *******, la s.p.a ******, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato *****, con domicilio eletto presso ********* in Roma, corso **********, 18;

nei confronti di

Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Ancona (Ersu), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato **********, con domicilio eletto presso ********* in Roma, via *******, 2; 
*************** s.p.a., non costituita;

 

sul ricorso numero di registro generale 5 di A.P. del 2013, proposto dall’Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Ancona (Ersu), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

la s.r.l. ********, la s.p.a. ********, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato **********, con domicilio eletto presso ********, corso **********, 18;

nei confronti di

s.r.l. ******* in proprio e nella qualita' di capogruppo mandataria in Ati con la ********; la s.r.l. ******** in proprio e nella qualita' di mandante dell’Ati con la s.r.l ******, in persona dei legali rappresentanti pro tempore;
********** s.p.a., non costituita;

per la riforma

quanto al ricorso n. 4 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Marche - Ancona: Sezione I, n. 280/2012, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 5 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Marche - Ancona: Sezione I, n. 280/2012, resa tra le parti;

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della s.r.l. *********, della s.p.a ********** e dell’Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Ancona (Ersu);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti delle cause;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2013 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato *****, per delega dell’avvocato******, e l’avvocato ********;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. La s.r.l ****, in proprio e quale capogruppo in a.t.i. con la s.p.a. ****, con il ricorso n. 864 del 2011, proposto al Tribunale amministrativo regionale per le Marche, ha chiesto l’annullamento: della deliberazione 30 giugno 2011 n. 15 del Consiglio di Amministrazione dell'Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Ancona (in seguito “Ersu”) di aggiudicazione in via definitiva della gara indetta a procedura aperta, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l'affidamento delle opere di recupero e risanamento conservativo dell’immobile denominato “Buon Pastore”, da adibire a residenza universitaria e servizi; della delibera del 22 marzo 2011 n. 8 di nomina della Commissione aggiudicatrice; nonché, in parte qua, degli atti presupposti tra cui i verbali 31/3/2011, 4/4/2011, 7/4/2011, 12/4/2011, 26/4/2011, 2/5/2011, 10/5/2011, 19/5/2011, il bando e il disciplinare di gara.

2. Il Tribunale adito, con la sentenza n. 280 del 2012, respinto il ricorso incidentale proposto dalla s.r.l. **** controinteressata aggiudicataria, ha accolto il ricorso principale, con l’annullamento, per l’effetto, degli atti con esso impugnati.

Il primo giudice ha ritenuto fondato il terzo motivo di ricorso, con cui è stata censurata l’intervenuta apertura in seduta non pubblica del Plico B - Offerta tecnica, “contravvenendo così all’orientamento espresso dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 13/2011”.

Nella sentenza è anche specificato che il detto motivo “si rivolge anche contro la lex specialis non risultando, sul punto, immediatamente impugnabile per inattualità dell’interesse ad agire prima di conoscere i risultati della gara”, essendo stato specificamente impugnato il disciplinare di gara in quanto recante, all’art. 4, la previsione dell’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche in una o più sedute successive “non pubbliche”.

3. Con gli appelli, n. 3945 del 2012, proposto dalla s.r.l. ******, e n. 4247 del 2012, proposto dall’Ersu, è stato chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado, con domanda cautelare di sospensione dell’esecutività.

La ********* ha proposto appello incidentale nel giudizio sull’appello n. 3945 del 2012.

Le domande cautelari sono state accolte, rispettivamente, con le ordinanze n. 2377 e n. 2387 del 20 giugno 2012.

4. La VI Sezione di questo Consiglio di Stato, nell’udienza del 16 novembre 2012, in cui le cause sono state trattenute in decisione, riuniti gli appelli, li ha respinti con sentenza parziale “nei termini precisati in motivazione”, avendo anche respinto le deduzioni proposte in via incidentale.

In particolare nella sentenza non è stata valutata la sola censura “in accoglimento della quale la procedura di gara di cui trattasi è stata annullata in primo grado di giudizio: censura riferita all’apertura dei plichi, contenenti le offerte tecniche, in seduta non pubblica. Tale modalità procedurale, come è noto, risulta oggi non consentita dall’art. 12 del d.l. 7.5.2012, n. 52, convertito in legge 6.7.2012, n. 94 , che – di per sé non applicabile alla procedura di cui trattasi, poiché successivamente emanato – recepisce tuttavia un principio interpretativo, affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 13 del 28.7.2011”.

È stata quindi disposto il deferimento delle cause dell’Adunanza plenaria, per la risoluzione dell’ “ultima questione dedotta in giudizio (estensione del principio di pubblicità alle offerte tecniche, in caso di contraria prescrizione del bando)”.

5. All’udienza del 25 marzo 2013 le cause sono state trattenute per la decisione da parte di questa Adunanza plenaria.

DIRITTO

1. Nell’ordinanza di rimessione la questione “della immediata impugnabilità del bando di gara per ogni vizio rilevato”, portata all’esame dell’Adunanza plenaria, è esposta nei termini di seguito sintetizzati.

1.1. Nel caso di specie l’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche in seduta non pubblica non configura violazione del disciplinare di gara essendo tale procedura ivi prevista (art. 4) e non potendo quindi, la censura di violazione del principio di trasparenza, prescindere dall’impugnazione del bando, proposta nella specie insieme con quella dell’aggiudicazione non favorevole.

Al riguardo sia l’aggiudicataria, s.r.l. ******, che l’Ersu hanno eccepito la tardività del gravame, in rapporto ad un atto, in ipotesi, immediatamente lesivo e da contestare entro il termine di decadenza; con prospettazione innovativa dell’indirizzo giurisprudenziale per il quale l’atto amministrativo generale presupposto è da impugnare direttamente nel detto termine soltanto nel caso in cui sia immediatamente lesivo di situazioni soggettive protette e perciò quando il bando contenga una clausola comportante l’esclusione di singoli soggetti dalla partecipazione alla gara.

1.2. Questo indirizzo, espresso nella sentenza dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003 con successiva giurisprudenza conforme, merita di essere riconsiderato, si prospetta nell’ordinanza di rimessione, per i motivi già indicati nelle precedenti ordinanze di rimessione, n. 351 del 2011 e n. 2633 del 2012 (non esaminate per difetto di rilevanza della questione nei casi di specie), con cui è stato osservato, in sintesi, che: a) la limitazione dell’immediata impugnabilità alle sole cause escludenti non ha prodotto l’effetto atteso di deflazione del contenzioso; b) i principi di buona fede e affidamento di cui agli articoli 1337 e 1338 c.c. comportano per le imprese partecipanti l’obbligo dell’attenta disamina del bando e della sua immediata impugnazione se recante cause di invalidità della procedura predisposta, anche come possibile fonte di responsabilità precontrattuale, in linea, inoltre, con la ratio ispiratrice dell’art. 243-bis del codice dei contratti pubblici che richiede l’informativa preventiva dell’intento di proporre ricorso giurisdizionale.

1.3. Queste osservazioni sono da condividere, si soggiunge nell’ordinanza, dovendosi quindi affermare l’obbligo delle imprese partecipanti a procedure contrattuali ad evidenza pubblica di impugnare entro gli ordinari termini di decadenza qualsiasi clausola del bando ritenuta illegittima.

Ciò è conforme al nuovo orientamento definito con la pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 4 del 2011, in quanto volto al superamento di indirizzi giurisprudenziali che finiscono per determinare una “litigiosità esasperata” senza garantire l’interesse primario di ciascun concorrente all’aggiudicazione dell’appalto, rendendo gravosa l’esecuzione delle opere pubbliche. Ed è altresì in linea con i principi regolatori dell’impugnativa di atti amministrativi generali destinati alla cura di interessi pubblici nel confronti di destinatari indeterminati ma determinabili, poiché, con la domanda di partecipazione alla gara, i concorrenti divengono titolari di una situazione soggettiva di interesse legittimo corrispondente all’esercizio di unpotere soggetto al principio di legalità e, perciò, di un interesse protetto al corretto svolgimento della procedura che è leso per effetto di qualsiasi vizio del bando, da impugnare quindi in termini, eliminando l’incertezza di eventuali impugnative per garantire l’interesse pubblico all’efficienza e all’efficacia dell’azione amministrativa.

1.4. Questa conclusione risulta coerente, infine, con i principi affermati in sede comunitaria, per i quali l’effettività della tutela è assicurata anche dalla massima possibile limitazione di ogni margine di incertezza giuridica sul piano sostanziale o procedurale (cfr. direttive 2007/66/CE e 89/665/CEE, con particolare riguardo al punto 25 del preambolo della prima).

2. Su questa base è quindi necessario stabilire nel caso di specie, si conclude nell’ordinanza, se l’originaria ricorrente in primo grado (s.r.l ********) dovesse impugnare immediatamente la clausola del bando sull’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica in seduta non pubblica, che immediatamente la esponeva alla violazione del principio di trasparenza procedurale, e non dopo l’esito finale della gara per essa sfavorevole.

3. Nell’appello dell’Ersu, e nelle memorie difensive proposte dall’Ente in entrambe le cause, la sentenza di primo grado è censurata per violazione di legge in relazione all’art. 12 del decreto legge 7 maggio 2012, n. 52 (convertito in legge 6 luglio 2012, n. 94), in vigore dal 7 luglio 2012.

Con tale articolo è stato disposto che:

<<1. Al comma 2 dell'articolo 120 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, è premesso il seguente periodo: «La commissione, anche per le gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012, apre in seduta pubblica i plichi contenenti le offerte tecniche al fine di procedere alla verifica della presenza dei documenti prodotti.»

2. Al comma 2 dell'articolo 283 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, è premesso il seguente periodo: «La commissione, costituita ai sensi dell'articolo 84 del codice, anche per le gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012, apre in seduta pubblica i plichi contenenti le offerte tecniche al fine di procedere alla verifica della presenza dei documenti prodotti» e dopo le parole: «In una o più sedute riservate, la commissione» le parole: «, costituita ai sensi dell'art. 84 del codice,» sono soppresse. >>.

Al riguardo l’appellante deduce che tale intervento legislativo esclude l’applicabilità al caso in esame del principio dell’apertura in seduta pubblica dei plichi delle offerte tecniche, valendo a tenere fermi gli effetti delle procedure chiuse o pendenti se le buste siano state già aperte in seduta riservata alla data del 9 maggio 2012 e dovendo perciò essere riformata la sentenza impugnata.

4. L’Adunanza plenaria reputa che la fondatezza della censura, sulla quale manca una statuizione decisoria nell’ordinanza di rimessione, evidenzi la legittimità della clausola del bando e, quindi, esima il Collegio dall’approfondimento della questione processuale della tempestività della relativa impugnazione.

L’Adunanza plenaria condivide infatti le conclusioni già definite da questo Consiglio, secondo cui il sopra citato art. 12 non ha portata ricognitiva del principio affermato con la pronuncia n. 13 del 2011 ma ha la specifica funzione transitoria di salvaguardare gli effetti delle procedure concluse o pendenti alla data del 9 maggio 2012, nelle quali si sia proceduto all’apertura dei plichi in seduta riservata, recando in sostanza, per questo aspetto, una sanatoria di tali procedure (Sez. V, 18 febbraio 2013, n. 978 e giurisprudenza ivi citata).

Ciò sulla base delle seguenti argomentazioni:

- il principio di pubblicità, pur di derivazione comunitaria, non è direttamente cogente ma ha un contenuto programmatico, restando perciò agli Stati membri la sua concreta declinazione in coerenza con altri valori, a cominciare da quello dell’affidamento incolpevole da parte dell’aggiudicataria che abbia confidato sulla vigenza di determinate regole procedimentali che, nella specie, nella maggior parte dei casi, prevedevano l’apertura dei plichi in seduta riservata;

- con il citato art. 12, di conseguenza, è stata normata la regola di diritto definita dall’Adunanza plenaria ma è stato al contempo precisato che l’obbligo della seduta pubblica decorre dal 9 maggio 2012, confermando per il passato l’inesistenza di una disposizione cogente di tale contenuto;

- questa disciplina transitoria ha lo scopo di evitare il travolgimento di numerosissime gare in corso, con i conseguenti oneri economici e amministrativi particolarmente gravosi nella presente fase di crisi economica;

- né appare logico, si deve concludere, attribuire alla norma altra ratio; non vi sarebbe ragione infatti per un intervento normativo che obbliga all’apertura pubblica dei plichi soltanto a partire da una certa data “anche per le gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti”, se non allo scopo di tenere esente dall’obbligo l’intervenuta, antecedente apertura dei plichi.

5. Le considerazioni fin qui esposte trovano applicazione al caso in esame, poiché:

- il procedimento gara è stato avviato nel gennaio 2011, con la pubblicazione del bando e del disciplinare di gara, essendo stato previsto in quest’ultimo che <<La Commissione di gara procede, quindi, in una o più sedute successive non pubbliche, all’apertura dei Plichi “B- Offerta Tecnica>> (art. 4);

- la commissione ha eseguito la verifica della documentazione contenuta nei Plichi B nella seduta non pubblica del 7 aprile 2011;

- la delibera di aggiudicazione definitiva è di data 30 giugno 2011 (delibera n. 15), con l’invio il giorno successivo della comunicazione prevista dall’art. 79, comma 5 e seguenti, del codice dei contratti pubblici;

- essendosi quindi concluso il procedimento di cui si tratta ben prima dell’entrata in vigore della normativa disposta con l’art. 12 del decreto legge n. 52 del 2012 e restando perciò valida ed efficace, alla luce di tale norma, l’apertura delle buste delle offerte tecniche in seduta non pubblica in conformità con la previsione del disciplinare di gara.

6. La fondatezza della censura esaminata conduce all’annullamento della sentenza di primo grado, in quanto basata sul solo accoglimento del motivo di ricorso relativo all’apertura delle dette buste in seduta non pubblica, con accoglimento degli appelli.

La complessa articolazione dei profili di fatto e di diritto della controversie giustifica la compensazione tra le parti delle spese dei due gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) accoglie, come da motivazione, gli appelli riuniti in epigrafe, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, n. 280 del 2012 del Tribunale amministrativo regionale per le Marche (sezione prima), respinge il ricorso n. 864 del 2011.

Compensa tra le parti le spese dei due gradi del giudizio

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2013, con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Riccardo Virgilio, Presidente

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Stefano Baccarini, Presidente

Alessandro Pajno, Presidente

Marzio Branca, Consigliere

Aldo Scola, Consigliere

Vito Poli, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Salvatore Cacace, Consigliere

Sergio De Felice, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

     
     

IL PRESIDENTE

     
     
     

L'ESTENSORE

 

IL SEGRETARIO

     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/04/2013

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Il Dirigente della Sezione

Elargizione in favore delle vittime del racket e fallimento dell'impresa

Tar Catania, sez. IV, sentenza del 16 aprile 2013, n. 1109
Data: 
16/04/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

 

N. 01109/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01847/2009 REG.RIC.

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Catania/Sezione%204/2009/200901847/Provvedimenti/stemma.jpg

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1847 del 2009, proposto da: 
********, rappresentato e difeso dagli avv.ti ****** e ******, con domicilio eletto presso l’avv. ********* in Catania, via ********, 60;

contro

Ministero dell'Interno, Commissariato Coordinamento Iniziativi Antiracket ed Antiusura, Comitato Solidarietà per le vittime di estorsione e usura, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

- del Decreto n. 80 del 3 aprile 2009 notificato il 27 aprile 2009 con il quale è stato disposto:

1) l’annullamento della delibera n.2710 del 20.9.2005

2) l’annullamento del decreto commissariale n.2710 del 1.12.2005 con il quale era stato concesso al sig. **** l’importo di € 149.917,00 a titolo di elargizione;

3) il non accoglimento dell’istanza presentata;

nonché di tutti gli atti preparatori, presupposti, connessi e consequenziali e, in particolare, del Verbale redatto dal Comitato di Solidarietà nella seduta del 4.2.2009.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, del Commissariato Coordinamento Iniziativi Antiracket ed Antiusura, del Comitato Solidarietà per le vittime di estorsione e usura;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2013 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il ricorrente, assumendo di essere stato vittima di atti estortivi in Tremestieri Etneo, sede della sua attività commerciale, in data 28.2.2003 inoltrava tramite la Prefettura di Catania una istanza volta a ottenere la concessione dell’indennizzo previsto dalla L. 44/1999.

In particolare, questi, titolare della ********* srl, aveva subito l’incendio e, conseguentemente, la distruzione di buona parte dei capi di vestiario presenti nel suo negozio.

Il Comitato di Solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, nella seduta del 20.9.2005, dopo articolata istruttoria, con delibera n. 2710, gli concedeva l’elargizione di € 149.917,00, subordinandone la liquidazione a una serie di adempimenti, eseguiti i quali, il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, con decreto del 1.12.2005, definitivamente intervenendo, accoglieva l’istanza.

Frattanto, però, la ********* srl veniva dichiarata fallita, pertanto, con Decreto commissariale del 24.2.2006, veniva sospeso il precedente decreto di elargizione, in attesa della definizione dell’opposizione al fallimento presentata dal ricorrente

Intervenuto il rigetto dell’opposizione al fallimento, il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, con decreto n. 80 del 3 aprile 2009, notificato il 27.4.2009, sulla scorta del parere espresso dal Comitato, annullava la delibera n.2710 del 20.9.2005 e il conseguente decreto commissariale del 1.12.2005, disponendo il non accoglimento dell’istanza presentata.

Con ricorso notificato il 26.4.2009 e depositato il 17.7.2009, il ricorrente ha impugnato siffatti provvedimenti, affidandosi ai seguenti motivi di ricorso:

I. Eccesso di potere per sviamento; travisamento dei presupposti; contraddittorietà fra atti della medesima amministrazione; violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 44 del 1999.

Premette il ricorrente che il Decreto 2710/2005 era stato emesso in suo favore e non della società, sicché nessun rilievo poteva avere l’intervenuto fallimento della stessa, atteso che l’assunto contenuto nel provvedimento di annullamento impugnato, secondo il quale lo status di fallito escluderebbe automaticamente la qualifica di imprenditore, condurrebbe a risultati paradossali ed inaccettabili, contrari alla ratio ispiratrice della normativa di favore nei confronti delle vittime del racket.

Per altro, per la concessione dell'elargizione revocata, il possesso della qualifica di esercente un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica andrebbe riferita al momento in cui si sono prodotti gli eventi dannosi descritti dalla norma stessa e non anche a quello in cui viene richiesta e concessa l'elargizione.

Resterebbero, infatti, pregiudicati, dall’esclusione del finanziamento ex legge n. 44/99, proprio quei soggetti i quali, a causa delle richieste estorsive di associazioni malavitose, si sarebbero trovati nella impossibilità di proseguire la propria attività imprenditoriale.

II. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti; violazione dei principi generali in tema di esercizio dei poteri di autotutela della P.A; violazione del divieto di aggravamento del procedimento; insufficienza della motivazione.

Il provvedimento di annullamento impugnato non sarebbe supportato, come necessario, dal presupposto indefettibile dell’interesse pubblico alla caducazione dell’atto.

Al contrario, senza alcun mutamento delle situazioni sostanziali che avevano consentito la concessione dell’elargizione, sarebbe stata soltanto frustrata la legittima aspettativa del ricorrente, tant’è che lo stesso si sarebbe attivato per la realizzazione del progetto di ripresa dell’attività imprenditoriale, predisponendo un adeguato piano di lavoro.

III. Violazione e falsa applicazione dell’artt. 8 e 9 della Legge Regionale Sicilia 30/04/1991, n. 10.

Il decreto n. 80/2009 impugnato non sarebbe stato preceduto, come dovuto, dalla comunicazione dell'avvio del procedimento prevista dall’art. 8 della L.R. Sicilia 30/04/1991, n. 10.

Costituitasi, la Difesa Erariale per le Amministrazione intimate ha concluso per l’infondatezza del ricorso, evidenziando che la somma, ove corrisposta, sarebbe stata acquisita al fallimento, senza, quindi, consentire il raggiungimento dello scopo tipico di cui alla L. 44/99.

Con Ordinanza n. 677/10, questa stessa Sezione ha sospeso il giudizio in attesa della decisione del giudice ordinario sul fallimento relativo alla società del ricorrente, ritenendo sussistente “fra il procedimento giurisdizionale pendente dinanzi a questa sezione e la procedura fallimentare quel rapporto di pregiudizialità in senso tecnico richiesta dall’art. 295 Cpc, applicabile in virtù del rinvio alle norme processualcivilistiche di cui all’art. 79, comma 1, c.p.a., in quanto la ratio dell’elargizione di cui si discute (che è, come si evince dal combinato disposto degli artt. 3 e 15 legge n. 44/1999, quella di agevolare la prosecuzione dell'attività economica in ragione della quale si sono verificati gli eventi delittuosi indicati dalla legge; cfr.: Tar Palermo, I, n. 1268/2009) verrebbe frustrata nel caso di acquisizione della somma alla massa attiva del fallimento in cui è coinvolto l’odierno ricorrente nella qualità di legale rappresentante della società ******** srl”.

Riassunto il giudizio con istanza depositata il 7.2.2012, alla Pubblica udienza del 28.2.2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

I. La questione posta all’esame del Collegio concerne la legittimità dell’annullamento dell’elargizione conferita ai sensi della L. 44/99 al ricorrente, vittima di estorsione, motivato dal sopravvenuto fallimento del medesimo destinatario.

Preliminarmente, il Collegio si pone il problema della procedibilità del ricorso, poiché il processo, come chiarito in punto di fatto, è stato sospeso, ai sensi dell’art. 80 c.p.a., in attesa della decisione del G.O. sul procedimento fallimentare riferito al ricorrente.

Con la medesima decisione, questo Tribunale ha stabilito la prosecuzione del giudizio ai “sensi dell’art. 80/1 c.p.a., dietro presentazione di istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell’atto che determina il venir meno della causa di sospensione”.

Ed invero, mentre nulla si dice sulla comunicazione, parte ricorrente, nella sua istanza atecnicamente definita di “prelievo” del 7.5.2012, allega il provvedimento del G.O. conclusivo del procedimento depositato l’8.11.2011, utile, come si vedrà, a poter sostenere le ragioni contenute nel ricorso.

E’ evidente, quindi, che, non avendo dedotto nulla le parti sulla comunicazione, il cui onere della prova, ovviamente, ricade su chi (il ricorrente) si avvantaggia del provvedimento, si deve presupporre che la stessa sia antecedente ai novanta giorni indicati nella decisione di sospensione di questo Tribunale.

La questione è, quindi, se debba dichiararsi l’estinzione del giudizio, ai sensi del secondo comma dell’art. 35 del c.p.a., a mente del quale:

Il giudice dichiara estinto il giudizio:

a) se, nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice”.

La questione va risolta in relazione alla perentorietà o meno del termine di novanta giorni.

E’ solo appena il caso di rammentare che il termine, per essere perentorio, deve essere espressamente previsto dal testo legislativo o dall’ordine del giudice.

Ciò premesso, gli artt. 79 e 80 c.p.a. così stabiliscono:

79. Sospensione e interruzione del processo

1. La sospensione del processo è disciplinata dal codice di procedura civile, dalle altre leggi e dal diritto dell’Unione europea.

2. L’interruzione del processo è disciplinata dalle disposizioni del codice di procedura civile.

3. Le ordinanze di sospensione emesse ai sensi dell’articolo 295 del codice di procedura civile sono appellabili. L’appello è deciso in camera di consiglio”.

80. Prosecuzione o riassunzione del processo sospeso o interrotto

1. In caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell'atto che fa venir meno la causa della sospensione.

2. Il processo interrotto prosegue se la parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo presenta nuova istanza di fissazione di udienza.

3. Se non avviene la prosecuzione ai sensi del comma 2, il processo deve essere riassunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione”.

La sospensione del processo amministrativo, quindi, per un verso, rinvia alle norme contenute, tra l’altro, nel codice di procedura civile, per un altro, in tema di prosecuzione del giudizio, prevede una disciplina diversa da quella contenuta sia all’art. 297 c.p.c., sia in tema di interruzione regolata dalle richiamate disposizioni normative.

Infatti, in tal senso, l’istanza di fissazione dell’udienza anche in questo caso deve essere presentata entro novanta giorni, ma detto termine, diversamente che nelle richiamate analoghe ipotesi, non è previsto come perentorio.

Né è possibile ricavare la medesima perentorietà del deposito di siffatta istanza dalla violazione dell’Ordinanza di sospensione resa da questo stesso Tribunale, che, come chiarito, non indica un termine autonomamente fissato ritenendolo perentorio, ma rinvia espressamente al comma 1 dell’art. 80 c.p.a. e quindi all’ordinatorio termine di novanta giorni per assolvere al detto onere processuale.

Consegue la procedibilità del ricorso.

II. E’ possibile passare all’esame del merito del ricorso.

Come chiarito, il fatto impeditivo all’elargizione è riferito al fallimento del ricorrente intervenuto l’11.11.2005, a fronte della delibera conclusiva n. 2710 dell’1.12.2005 di accoglimento della relativa istanza del 28.2.2003.

In data 24.2.2006, poi, il detto decreto di concessione è stato sospeso, in attesa dell’esito dell’opposizione al fallimento, rigettata dal competente Giudice ordinario, di seguito al quale è stato emanato il provvedimento impugnato.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 3 della L. 44/99 e della inconsistenza della “preoccupazione” contenuta nel provvedimento impugnato circa la dichiarazione del curatore fallimentare di acquisire le somme erogate a titolo di elargizione alla massa fallimentare.

Invero, la norma invocata, al momento dell’adozione del provvedimento, così recitava:

1. L'elargizione è concessa agli esercenti un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che subiscono un danno a beni mobili o immobili, ovvero lesioni personali, ovvero un danno sotto forma di mancato guadagno inerente all'attività esercitata, in conseguenza di delitti commessi allo scopo di costringerli ad aderire a richieste estorsive, avanzate anche successivamente ai fatti, o per ritorsione alla mancata adesione a tali richieste, ovvero in conseguenza di situazioni di intimidazione anche ambientale.

2. Ai soli fini della presente legge sono equiparate alle richieste estorsive le condotte delittuose che, per circostanze ambientali o modalità del fatto, sono riconducibili a finalità estorsive, purchè non siano emersi elementi indicativi di una diversa finalità. Se per il delitto al quale è collegato il danno sono in corso le indagini preliminari, l'elargizione è concessa sentito il pubblico ministero competente, che esprime il proprio parere entro trenta giorni dalla richiesta. Il procedimento relativo all'elargizione prosegue comunque nel caso in cui il pubblico ministero non esprima il parere nel termine suddetto ovvero nel caso in cui il pubblico ministero comunichi che all'espressione del parere osta il segreto relativo alle indagini”.

Ritiene il Collegio che l’elargizione sia condizionata da condizione soggettive ed oggettive.

Ed infatti, gli artt. 4, 15 e 16 della medesima L. 44/99, così recitano:

4. Condizioni dell'elargizione.

1. L'elargizione è concessa a condizione che:

a) la vittima non abbia aderito o abbia cessato di aderire alle richieste estorsive; tale condizione deve permanere dopo la presentazione della domanda di cui all'art. 13;

b) la vittima non abbia concorso nel fatto delittuoso o in reati con questo connessi ai sensi dell'art. 12 del codice di procedura penale;

c) la vittima, al tempo dell'evento e successivamente, non risulti sottoposta a misura di prevenzione o al relativo procedimento di applicazione, ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, e 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni, nè risulti destinataria di provvedimenti che dispongono divieti, sospensioni o decadenze ai sensi degli articoli 10 e 10- quater , secondo comma, della medesima legge n. 575 del 1965, salvi gli effetti della riabilitazione;

d) il delitto dal quale è derivato il danno, ovvero, nel caso di danno da intimidazione anche ambientale, le richieste estorsive siano stati riferiti all'autorità giudiziaria con l'esposizione di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza.

2. Non si tiene conto della condizione prevista dalla lettera c ) del comma 1 se la vittima fornisce all'autorità giudiziaria un rilevante contributo nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori delle richieste estorsive, o del delitto dal quale è derivato il danno, ovvero di reati connessi ai sensi dell'art. 12 del codice di procedura penale.”

15 - Corresponsione e destinazione dell'elargizione.

1. L'elargizione, una volta determinata nel suo ammontare, può essere corrisposta in una o più soluzioni.

2. Il pagamento dei ratei successivi al primo deve essere preceduto dalla produzione, da parte dell'interessato, di idonea documentazione comprovante che le somme già corrisposte sono state destinate ad attività economiche di tipo imprenditoriale.

3. La prova di cui al comma 2 deve essere altresì fornita entro i dodici mesi successivi alla corresponsione del contributo in unica soluzione o dell'ultimo rateo”.

16 - Revoca dell'elargizione.

1. Salvo quanto previsto dall'art. 7 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, la concessione dell'elargizione è revocata:

a) se l'interessato non fornisce la prova relativa alla destinazione delle somme già corrisposte;

b) se si accerta l'insussistenza dei presupposti dell'elargizione medesima;

c) se la condizione prevista dall'art. 4, comma 1, lettera a ), non permane anche nel triennio successivo al decreto di concessione.

2. Alle elargizioni concesse in favore dei soggetti indicati all'art. 7 non si applicano le disposizioni di cui alle lettere a ) e c ) del comma 1 del presente articolo e di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 15.

2-bis . L'elargizione è revocata in tutto o in parte se, dopo l'elargizione stessa, vengono effettuati, per il medesimo danno, risarcimenti o rimborsi a qualunque titolo ad opera di imprese assicuratrici o amministrazioni pubbliche”.

Non v’è dubbio che, nel caso in esame, sussistano tutte le condizioni “soggettive” previste dalle richiamate disposizioni, tant’è che in discussione è non già la concessione del beneficio, ma il suo annullamento per un fatto (il fallimento) non contemplato in nessuna delle dette disposizioni normative.

Sotto il profilo oggettivo, però, occorre che le somme concesse siano destinate ad attività economiche di tipo imprenditoriale.

In sostanza, le stesse sono destinate non solo alla riparazione di un danno subito, ma anche alla ripresa dell’attività economica.

Ora, in disparte l’affermazione contenuta in ricorso non corrispondente al vero, secondo la quale l’elargizione sarebbe stata richiesta come singolo imprenditore e non in quanto rappresentante della società (circostanza smentita dall’esame della domanda di concessione), appare, invece, confermato, in quanto non contestato, che questi avesse altresì realizzato un progetto di ripresa dell’attività imprenditoriale, predisponendo quel piano di lavoro la cui necessità si evince dagli artt. 15 e 16 della L. 44/99.

Dall’esame del provvedimento impugnato emerge che l’elemento ostativo all’elargizione sia stata ricondotta alla impossibilità di esercitare l’impresa e alla circostanza secondo la quale la somma sarebbe confluita nella massa fallimentare.

La comprensibile preoccupazione espressa nel provvedimento, però, ad avviso del Collegio, non ha tenuto conto né che l’attività di impresa non è interdetta al fallito, né che l’acquisizione della disponenda somma al fallimento fosse dato non certo.

Ed invero, in questo secondo senso, per come si evince dalla memoria della Difesa Erariale del 7.9.2009, la stessa Prefettura di Catania, con nota del 7.7.2008 (allegato 12 al predetto atto di defensionale) aveva ritenuto che i chiarimenti chiesti alla Sezione Fallimentare del Tribunale di Catania non avessero fornito una “risposta chiara e definitiva”.

Le successive note del curatore fallimentare del 22.12.2008 e 13.1.2009 inviate, rispettivamente, al Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione - Ufficio VIII – Rapporti con il Comitato di Solidarietà per le Vittime delle richieste estorsive e dell’usura e all’Ufficio del Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura (all. 13 e 14 alla medesima memoria del 7.9.2009) sono rivolte a sollecitare la conoscenza delle determinazioni per il caso in esame, al fine di relazionare al Giudice Istruttore.

Ora, in presenza di un provvedimento di sospensione dell’elargizione proprio al fine di verificare il definitivo esito della procedura in esame e in assenza di una espressa disposizione di legge con la quale la revoca e/o l’annullamento é prevista per il caso in esame, l’Amministrazione avrebbe potuto e dovuto considerare anche la funzione reintegratrice di cui all’art. 3 della L. 44/99 dell’elargizione in questione e la sussistenza di tutti requisiti soggettivi del richiedente.

Peraltro, dalla lettura combinata di tale art. 15 con lo stesso art. 3 della legge n. 44/99, che fa espresso riferimento agli "esercenti un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che subiscono un danno a beni mobili o immobili", emerge che l'intenzione del Legislatore è quella di agevolare la prosecuzione dell'attività economica in ragione della quale si sono verificati gli eventi delittuosi indicati dalla legge.

Sicché, in assenza di alcuna certezza circa l’acquisizione alla massa fallimentare e in presenza di una già intervenuta opportuna sospensione dell’elargizione, il provvedimento non avrebbe dovuto essere “annullato”.

E ciò ove più si osservi che la disciplina del fallimento, di seguito alle modifiche introdotte dal D.lgs.vo n. 5 del 2006, che ha determinato l’abrogazione del pubblico registro dei falliti e dell’istituto della riabilitazione, prevede che le incapacità personali derivanti dalla dichiarazione di fallimento vengono meno non più, come un tempo, a seguito della cancellazione dell’iscrizione per effetto della sentenza di riabilitazione, ma al momento della chiusura del fallimento, circostanza, questa, adesso intervenuta, per come chiarito in punto di fatto, con provvedimento depositato dal competente G.O. in data 8.11.2011.

Ed invero, l’art. 120 del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, così come modificato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, stabilisce che:

con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e le conseguenti incapacità personali e decadono gli organi preposti al fallimento.

Le azioni esperite dal curatore per l'esercizio di diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguite.

I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi, salvo quanto previsto dagli articoli 142 e seguenti.

Il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all'articolo 634 del codice di procedura civile”.

Del resto, l’attuale art. 3 della L. 44/99, dopo la modifica intervenuta di seguito all’art. 2, comma 1, lettera a), numero 1), della Legge 27 gennaio 2012, n. 3., non applicabile ratione temporis al caso in esame, ma indicativa di una interpretazione che, coerentemente a quanto sostenuto da questo Collegio, poteva trarsi di già dal vecchio testo della norma, così recita:

1-bis. Fermo quanto previsto dall'articolo 4, l'elargizione e' consentita anche in favore del soggetto dichiarato fallito, previo parere favorevole del giudice delegato al fallimento, a condizione che il medesimo soggetto non abbia riportato condanne per i reati di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero per delitti contro il patrimonio, l'economia pubblica, l'industria e il commercio, a meno di intervenuta riabilitazione ai sensi degli articoli 178 e seguenti del codice penale, ne' sia indagato o imputato per gli stessi reati. In tale ultimo caso la concessione dell'elargizione non e' consentita e, ove sia stata disposta, e' sospesa fino all'esito dei relativi procedimenti.

1-ter. Le somme erogate a titolo di elargizione ai sensi del comma 1-bis non sono imputabili alla massa fallimentare ne' alle attività sopravvenute del soggetto fallito e sono vincolate, quanto a destinazione, esclusivamente all'utilizzo secondo le finalità di cui all'articolo 15. Il ricavato netto e' per la metà acquisito dal curatore quale attivo sopravveniente del fallimento, e per la residua metà deve essere impiegato a fini produttivi e di investimento.”

Quindi, la norma, proprio in considerazione della residua potenzialità d’impresa, non solo stabilisce la non imputabilità dell’elargizione alla massa fallimentare (soluzione, questa, di buon senso, stante proprio la ratio della legge in esame, volta a consentire la ripresa dell’imprenditore oggetto dell’attività criminale ed estorsiva), ma riserva la metà all’attività produttiva e all’investimento.

Rimane confermata la lamentata illogicità del provvedimento impugnato.

Tanto pare sufficiente, assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso, per ritenere fondato il ricorso e disporre l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

La particolare complessità della questione e l’assenza di precedenti in materia suggeriscono di disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) - definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dispone l’annullamento degli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Cosimo Di Paola, Presidente

Francesco Brugaletta, Consigliere

Pancrazio Maria Savasta, Consigliere, Estensore

     
     

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

L'informativa antimafia atipica prevista dall'art. 10 del D.P.R. 252/1998 non richiede la prova certa e sicura dell'avvenuta infiltrazione mafiosa nella gestione dell'impresa

Tar Catania, sez. IV, sentenza del 16 aprile 2013, n. 1102
Data: 
16/04/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza in forma semplificata

 

1. "L'informativa antimafia atipica prevista dall'art. 10 del D.P.R. 252/1998 non richiede la prova certa e sicura dell'avvenuta infiltrazione mafiosa nella gestione dell'impresa; al contrario, la disposizione di legge è strutturata in modo da attribuire rilievo a molteplici indizi che possano far desumere l'esistenza di un rischio di infiltrazione ad opera della (o collegamento con la) criminalità organizzata. In proposito, la giurisprudenza ha chiarito con pronunciamento inequivocabile che "L' informativa interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Ciò che deve essere provato non è l'intervenuta infiltrazione mafiosa, ma solo la sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il pericolo di ingerenza. L'insieme degli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri." (Tar Napoli, 2628/2012; Id. 5785/2011). E tale "atipicità" degli elementi valutabili ai fini della redazione dell'informativa è il diretto frutto della ratio dell'istituto "(…) da ravvisarsi nella necessità di anticipare la soglia di difesa sociale con una tutela avanzata nel contrasto alla criminalità organizzata, segnatamente nell'ambito degli appalti pubblici, per la sensibilità della materia in sé e dei valori coinvolti (effettività della tutela della concorrenza nel mercato, genuinità della scelta dell'ente aggiudicatore, tutela della finanza pubblica, ecc.); coerentemente il Prefetto, nel rendere le informazioni antimafia, può legittimamente basarsi non su specifici elementi, ma effettuare la propria valutazione sulla scorta di un quadro di indizi sufficientemente chiaro, preciso e non arbitrario, nel quale assumono rilievo preponderante fattori che inducano a ritenere che i comportamenti e le scelte dell'imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle Pubbliche amministrazioni, sicchè è giustificata l'esigenza di intervenire tempestivamente anche in presenza di fatti in sé privi dell'assoluta certezza (condanna non irrevocabile, collegamenti parentali con soggetti malavitosi, dichiarazioni di pentiti, ecc.), ma tali da fondare, nel loro complesso, un giudizio di possibilità che l'attività d'impresa, anche in maniera indiretta, agevoli le attività criminali o ne sia in varia guisa condizionata" (Cons. Stato, III, 3104/2011).

2.  "I pregressi indizi di contiguità con la criminalità organizzata possono essere superati solo se successivi comportamenti (riferibili ad una diuturna trasparente attività imprenditoriale) siano tali da scolorirne la rilevanza." (Cons. Stato, VI, 6173/2011); "Determinati accadimenti non possono in linea di principio rappresentare dei vincoli ostativi permanenti al reinserimento dell'impresa colpita da precedente interdittiva; tuttavia, il mero trascorrere del tempo non può in quanto tale automaticamente fungere da fattore di riabilitazione; ciò può di certo ritenersi in situazioni in cui il periodo di tempo che si colloca tra l'evento indiziario e la sua rilevazione sia effettivamente tale da neutralizzare la sintomaticità, come si verifica ad esempio in relazione ad eventi passati rispetto ai quali il nesso di causalità indiziante appare non più sussistente perchè è mutato l'assetto societario o è venuta meno la pericolosità del gruppo criminale ritenuto contiguo all'impresa. Invece, nelle ipotesi in cui gli indizi addottati, sebbene non attuali ratione temporis, ma comunque non eccessivamente lontani, non esprimano una non lieve compromissione rispetto ad ambienti e logiche malavitose, rispetto alle quali, nonostante il trascorrere del tempo, non sia fornita alcuna riprova di una successiva dissociazione, non vi è ragione di ritenere implausibile una valutazione di permanenza di una condizione di contiguità mafiosa." 

 

 

 

N. 01102/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01521/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1521 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
****** S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. *****, ****, ******, con domicilio eletto presso avv.*****, in Catania, **********, 203;

contro

Prefettura di Ragusa - Ufficio Territoriale del Governo, 
Assessorato Regionale dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità - Dipartimento Regionale dell'Energia - Distretto Minerario, 
Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, 
tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149; 
Comune di Vittoria, rappresentato e difeso dall'avv. *******, con domicilio eletto presso avv.*******, in Catania, via **********, 145; 
********* S.C.A.R.L., non costituito in giudizio;

per l'annullamento

Ricorso introduttivo

- Della certificazione antimafia interdittiva emessa ex art. 10 del DPR 252/1998 dalla Prefettura di Ragusa in data 6 aprile 2012;
- del provvedimento datato 20 aprile 2012 con il quale è stato negato alla ricorrente l'accesso ai documenti amministrativi;
- della comunicazione della informativa prefettizia diramata dalla Prefettura di Ragusa al Distretto Minerario, all'Osservatorio dei contratti pubblici istituito presso l'A.V.C.P.;
- degli atti consequenziali adottati dal Comune di Vittoria, dall'Autoporto Vittoria, dal Distretto Minerario, dall'A.V.C.P;
Motivi aggiunti
- dell'informativa prefettizia del Dicembre 2012 con la quale il Prefetto di Ragusa ha confermato la propria precedente informativa dell'Aprile 2012;
- della determina dirigenziale del Comune di Vittoria n. 67 del 15.01.2013 contenente la revoca della precedente determinazione 2495/2012;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Prefettura di Ragusa - Ufficio Territoriale del Governo, dell'Assessorato Regionale dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità –Dipartimento Regionale dell'Energia - Distretto Minerario, dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, e del Comune di Vittoria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2013 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ********* s.r.l. è stata oggetto di una informativa antimafia emessa ai sensi dell'art. 10 del D.P.R. 252/1998 dalla Prefettura di Ragusa in data 6 aprile 2012, con la quale è stata rilevata la sussistenza di elementi di infiltrazione mafiosa nella compagine sociale, dovuta al fatto che il marito del legale rappresentante della società (sig. ***********), assunto quale dipendente della società stessa, annovera una condanna per uno dei reati indicati dall'art. 51, co. 3 bis del c.p.p., ed è stato altresì sottoposto nell'anno 1999 dal Tribunale di Ragusa alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.
In seguito alla comunicazione della predetta informativa, sono stati adottati dalle diverse amministrazioni interessate, a carico della ********** srl, i seguenti atti consequenziali: a) risoluzione del contratto di fornitura di calcestruzzo con l'******* s.c.a r.l., adottata su invito del Comune di Vittoria; b) avvio del procedimento di decadenza dall'autorizzazione per l'esercizio dell'attività di cava, promosso dal Distretto Minerario; c) annotazione del decreto prefettizio interdittivo nel casellario informatico tenuto dall'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici.
Avverso l'informativa prefettizia ed i successivi provvedimenti amministrativi adottati dagli altri enti, la ************** s.r.l. ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, col quale lamenta:
1.- che la condanna penale citata nel decreto è frutto di "patteggiamento" e risale a circa vent'anni addietro (anno 1993), sicchè non può testimoniare alcuna attualità della presunta infiltrazione mafiosa; inoltre, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno è stata revocata con decreto della Corte d'appello di Catania nell'anno 2000, e di tale circostanza la Prefettura non ha tenuto conto;
2.- che il solo rapporto di coniugio tra il sig. ***** e la titolare dell'impresa, in mancanza di indizi e riscontri, non è idoneo a supportare un giudizio positivo circa l'esistenza di possibili infiltrazioni mafiose;
3.- che i provvedimenti consequenziali all'informativa prefettizia, adottati dal Comune di Vittoria, dall'Autoparco Vittoria s.c. a r.l., dal Distretto Minerario e dall'A.V.C.P., sonno illegittimi per invalidità derivata.
La ricorrente ha anche lamentato il rigetto della domanda di accesso ai documenti amministrativi presentata alla Prefettura di Ragusa, ma non ha promosso in seno al ricorso l'actio ad exhibendum di cui all'art. 116 c.p.a. 
Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso: il Comune di Vittoria, la Prefettura di Ragusa, l'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, l'Assessorato Regionale all'Energia – Dipartimento Regionale dell'Energia - Distretto Minerario.
Con ordinanza n. 678/12 (confermata dal C.G.A. con ordinanza n. 569/12) è stata accolta la domanda cautelare contenuta nel ricorso "ai limitati fini del riesame da parte della Prefettura".
Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2013, fissata per la trattazione del merito del ricorso, la ricorrente ha preso atto di un nuovo pronunciamento della Prefettura di Ragusa, emesso in data 20 dicembre 2012 in esecuzione dell'ordinanza cautelare di questo Tar, ed ha chiesto quindi rinvio per proporre motivi aggiunti avverso il nuovo provvedimento avente ancora contenuto interdittivo.
All'udienza camerale del 28 marzo 2013 viene in esame la domanda cautelare allegata ai motivi aggiunti proposti dalla ********* s.r.l. avverso la nuova informativa prefettizia del 20 dicembre 2012, ed avverso la determinazione dirigenziale n. 67/2013 adottata dal Comune di Vittoria recante revoca dell'autorizzazione al subcontratto alla ditta per la fornitura di calcestruzzo.

DIRITTO

Il Collegio ritiene che la vicenda in esame – già vagliata in parte alla precedente udienza pubblica del 28 febbraio – possa essere definita nella fase cautelare, con sentenza adottata ai sensi dell'art. 60 c.p.a., sussistendone i presupposti ed essendo state avvertite le parti presenti in udienza.
1.- Il ricorso introduttivo del giudizio, promosso avverso la prima informativa prefettizia interdittiva ed i provvedimenti consequenziali adottati da altre amministrazioni, va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Infatti, la Prefettura di Ragusa, ha provveduto ad eseguire una nuova istruttoria ed una rivalutazione degli elementi già acquisiti, confermando l'attuale sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell'impresa. Non sussiste, quindi, alcun interesse in capo alla ricorrente all'eventuale annullamento giurisdizionale di un decreto che è stato soppiantato da un nuovo e diversamente motivato provvedimento. 
L'oggetto del giudizio si concentra allora sulla nuova informativa, impugnata coi motivi aggiunti.
2.- Va premesso che la nuova informativa prefettizia del 20 dicembre 2012 ha articolato in maniera più approfondita e più dettagliata le vicende che toccano l'impresa ricorrente, evidenziando che il sig. ******* – coniuge del legale rappresentante della società – risulta: 
a) essere stato, in precedenza, institore della ******** s.r.l., colpita da informativa prefettizia interdittiva emessa nel 2005 dalla medesima Prefettura;
b) aver assunto ora il ruolo di mero dipendente della medesima società; 
c) essere stato condannato ex art. 444 c.p.p. con sentenza del Tribunale di Catania dell'1.07.1999 per i reati di associazione a delinquere di tipo mafioso continuata in concorso (art. 416 bis c.p.) ed estorsione continuata in concorso; 
d) essere gestore di fatto dell'impresa, come si ricaverebbe dal comportamento tenuto nel corso della ispezione compiuta nella sede dell'azienda dal Gruppo interforze, allorquando il ****** ha dichiarato di intervenire in sostituzione del proprio coniuge/legale rappresentante dell'impresa;
e) frequentare diversi soggetti pregiudicati per reati gravi (associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione di stupefacenti a fini di spaccio), come si evince dal controllo effettuato dai Carabinieri in data 14 novembre 2010.
In più, l'informativa in esame ha posto l'accento anche sulla presenza, tra le maestranze, di alcuni dipendenti che annoverano pregiudizi per gravi reati.
In relazione a tale nuovo, ampio, e dettagliato pronunciamento dell'autorità prefettizia non appaiono convincenti le censure articolate nei motivi aggiunti, con le quali si lamenta: i) la mancanza o l'insufficienza di situazioni indizianti idonee a supportare il giudizio espresso dalla Prefettura; ii) l'irrilevanza della condanna penale del 1999, in quanto il reato è da ritenere ormai estinto per decorso del termine previsto dall'art. 445 c.p.p.; iii) lo spirito meramente collaborativo che ha spinto il sig. ****** ad interloquire con gli investigatori al momento del controllo ispettivo; iv) l'insufficienza probatoria dell'unico controllo nel corso del quale il ***** è stato trovato in compagnia di pregiudicati per gravi reati.
Il Collegio ritiene utile precisare che l'informativa antimafia atipica prevista dall'art. 10 del D.P.R. 252/1998 non richiede la prova certa e sicura dell'avvenuta infiltrazione mafiosa nella gestione dell'impresa; al contrario, la disposizione di legge è strutturata in modo da attribuire rilievo a molteplici indizi che possano far desumere l'esistenza di un rischio di infiltrazione ad opera della (o collegamento con la) criminalità organizzata. In proposito, la giurisprudenza ha chiarito con pronunciamento inequivocabile che "L' informativa interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Ciò che deve essere provato non è l'intervenuta infiltrazione mafiosa, ma solo la sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il pericolo di ingerenza. L'insieme degli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri." (Tar Napoli, 2628/2012; Id. 5785/2011). E tale "atipicità" degli elementi valutabili ai fini della redazione dell'informativa è il diretto frutto della ratio dell'istituto "(…) da ravvisarsi nella necessità di anticipare la soglia di difesa sociale con una tutela avanzata nel contrasto alla criminalità organizzata, segnatamente nell'ambito degli appalti pubblici, per la sensibilità della materia in sé e dei valori coinvolti (effettività della tutela della concorrenza nel mercato, genuinità della scelta dell'ente aggiudicatore, tutela della finanza pubblica, ecc.); coerentemente il Prefetto, nel rendere le informazioni antimafia, può legittimamente basarsi non su specifici elementi, ma effettuare la propria valutazione sulla scorta di un quadro di indizi sufficientemente chiaro, preciso e non arbitrario, nel quale assumono rilievo preponderante fattori che inducano a ritenere che i comportamenti e le scelte dell'imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle Pubbliche amministrazioni, sicchè è giustificata l'esigenza di intervenire tempestivamente anche in presenza di fatti in sé privi dell'assoluta certezza (condanna non irrevocabile, collegamenti parentali con soggetti malavitosi, dichiarazioni di pentiti, ecc.), ma tali da fondare, nel loro complesso, un giudizio di possibilità che l'attività d'impresa, anche in maniera indiretta, agevoli le attività criminali o ne sia in varia guisa condizionata" (Cons. Stato, III, 3104/2011).
Applicando i riferiti principi al caso in esame, si deve concludere che il quadro indiziario delineato dalla Prefettura nella nuova informativa sia univoco e possa legittimamente supportare una prognosi di possibile infiltrazione mafiosa nella gestione dell'impresa, quanto meno a livello di mero "rischio". Infatti, l'univoca convergenza dei molteplici elementi raccolti ed evidenziati dall'amministrazione nel provvedimento impugnato, il cui complessivo valore indiziante non viene adeguatamente smontato o incrinato dalle difese della ricorrente, induce a ritenere che il soggetto sul quale si sono concentrate le indagini – colpito in passato da una sintomatica condanna penale - continui ad intrattenere rapporti e/o collegamenti con la criminalità, e che la sua funzione nell'ambito dell'impresa vada al di là del semplice ruolo di "dipendente" formalmente ricoperto. Emblematico appare, sotto quest'ultimo profilo, il verbale prodotto dalla difesa dell'amministrazione (allegato n. 6b, depositato in giudizio in data 11.07.2012), laddove è la stessa legale rappresentante della società ricorrente a confermare che "mio marito ******* mi rappresenta in tutte le operazioni aziendali della citata società, rapporti con i fornitori e clienti, rapporti con le banche e quant'altro si rende necessario alla normale conduzione dell'impresa". 
Con riguardo, invece, al precedente penale del sig. ******, sebbene la sentenza di condanna per reati di mafia risalga all'anno 1999, al di là degli effetti strettamente giuridici della condanna patteggiata, non risultano evidenziati elementi che consentano di affermare che vi sia stato un radicale mutamento delle logiche e delle frequentazioni passate; anzi, gli elementi raccolti dagli investigatori (le frequentazioni di soggetti malavitosi dentro e fuori l'azienda) depongono proprio in senso contrario. Risulta, quindi, pertinente richiamare i seguenti principi elaborati dalla giurisprudenza: "I pregressi indizi di contiguità con la criminalità organizzata possono essere superati solo se successivi comportamenti (riferibili ad una diuturna trasparente attività imprenditoriale) siano tali da scolorirne la rilevanza." (Cons. Stato, VI, 6173/2011); "Determinati accadimenti non possono in linea di principio rappresentare dei vincoli ostativi permanenti al reinserimento dell'impresa colpita da precedente interdittiva; tuttavia, il mero trascorrere del tempo non può in quanto tale automaticamente fungere da fattore di riabilitazione; ciò può di certo ritenersi in situazioni in cui il periodo di tempo che si colloca tra l'evento indiziario e la sua rilevazione sia effettivamente tale da neutralizzare la sintomaticità, come si verifica ad esempio in relazione ad eventi passati rispetto ai quali il nesso di causalità indiziante appare non più sussistente perchè è mutato l'assetto societario o è venuta meno la pericolosità del gruppo criminale ritenuto contiguo all'impresa. Invece, nelle ipotesi in cui gli indizi addottati, sebbene non attuali ratione temporis, ma comunque non eccessivamente lontani, non esprimano una non lieve compromissione rispetto ad ambienti e logiche malavitose, rispetto alle quali, nonostante il trascorrere del tempo, non sia fornita alcuna riprova di una successiva dissociazione, non vi è ragione di ritenere implausibile una valutazione di permanenza di una condizione di contiguità mafiosa." (Tar Napoli 1835/2010).
In definitiva, i motivi aggiunti non risultano fondati e vanno respinti.
L'esito differente tra la fase cautelare del giudizio e quella di merito induce a compensare le spese fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così decide: 1) dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse processuale il ricorso introduttivo del giudizio; 2) rigetta i motivi aggiunti; 3) compensa le spese del giudizio fra le parti costituite. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Cosimo Di Paola, Presidente
Francesco Brugaletta, Consigliere
Francesco Bruno, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2013

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Danno curriculare: risarcibile anche ove non si dimostri la spettanza “certa” dell’aggiudicazione

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 2038 del 15 aprile 2013
Data: 
15/04/2013
Materia: 
Risarcimento del danno
 
Il danno da perdita di chances, proprio per sua natura, non si identifica con la perdita di un risultato utile sicuro, bensì con il semplice venir meno di un’apprezzabile possibilità di conseguirlo, in particolare per esser stato l’interessato indebitamente privato della possibilità concreta di aggiudicarsi un appalto. Sicché il relativo risarcimento presuppone proprio che non si sia potuta acquisire certezza sulla effettiva spettanza del bene della vita perseguito (evenienza la quale permetterebbe di accedere ad una copertura risarcitoria maggiore).
La perdita della possibilità di ottenere la commessa, nello specifico ormai eseguita dall’avversaria, si riverbera, anche nella direzione dello specifico pregiudizio del mancato sviluppo del curriculum professionale del concorrente leso, conseguenza negativa la cui risarcibilità non avrebbe ragione di essere subordinata alla condizione di una dimostrata spettanza “certa” dell’aggiudicazione al danneggiato. Di conseguenza, l’apprezzamento equitativo del danno curricolare può trovare spazio –naturalmente, per quanto di ragione- anche nell’ambito di una riparazione a titolo di perdita di (semplici) chances di aggiudicazione, quantificata con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara (in tal senso v. ad es. C.d.S., V, 19 novembre 2012, 5846; 12 giugno 2009, n. 3785; 18 gennaio 2006, n. 126; VI, 15 giugno 2009, n. 3829).

 

 


 

 

 

N. 02038/2013REG.PROV.COLL.

N. 08682/2006 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8682 del 2006, proposto dalla Regione Calabria, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Naimo, con domicilio eletto presso Fabrizio Criscuolo in Roma, viale Bruno Buozzi 99;

contro

Ing. Sirito Giorgio, in proprio e quale titolare dello Studio mandatario dell’ A.T.I. “Terraqua Tre” costituenda con la mandante società Alatec-Haskoning, rappresentato e difeso dall'avv. M. Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via G. Carducci 4;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, SEZIONE I, n. 864/2006, resa tra le parti, concernente licitazione privata per predisposizione di una banca dati sul litorale calabrese.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il Cons. Nicola Gaviano e udito per la parte appellata l’avv. Paolo Gaggero su delega dell'avv. M. Alberto Quaglia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La Regione Calabria bandiva in data 2 ottobre 1998 una gara di rilevanza comunitaria per l’affidamento, mediante licitazione privata e con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dell’appalto relativo allo svolgimento di un’indagine conoscitiva sullo stato delle coste calabresi, per la predisposizione di una banca dati dell’evoluzione del litorale e l’individuazione delle aree a rischio e delle tipologie di interventi.

La gara veniva aggiudicata all’ATI Technical S.p.a. – Idrotec – Consorzio Okeanos.

Avverso l’aggiudicazione insorgeva dinanzi al T.A.R. per la Calabria il sig. Sirito Giorgio, in proprio e quale capogruppo mandatario, con il suo Studio, della costituenda associazione temporanea tra professionisti “Terraqua tre” con la Società Alatec – Haskoning, concorrente risultato secondo classificato.

La parte ricorrente, oltre a chiedere l’annullamento degli atti impugnati, domandava la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.

Resisteva al ricorso la Regione Calabria.

Dal Tribunale venivano emessi, nel tempo, tre provvedimenti istruttori finalizzati all’acquisizione degli atti di gara, ma solo l’ultimo di essi trovava esecuzione (neppure completa).

All’esito del giudizio, il Tribunale adìto accoglieva l’impugnativa con la sentenza n. 864/2006 in epigrafe, reputando fondato il mezzo con il quale la ricorrente aveva dedotto che l’Amministrazione aveva omesso di sottoporre a verifica di anomalia l’offerta economica dell’aggiudicataria, benché eccedente la soglia di allarme prevista dall’art. 25, d.lgs. n. 157 del 1995.

Il T.A.R. riteneva, infatti, che la verifica di anomalia nella fattispecie si rendesse obbligatoria ai sensi dell’art. 25, comma 3, del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 157, che ne imponeva l’effettuazione per le offerte presentanti una percentuale di ribasso superante di almeno un quinto la media aritmetica dei ribassi delle offerte ammesse, dal momento che il ribasso proposto dall’ATI Technital era del 39,420 % , e come tale eccedeva la soglia indicata.

Quanto alla domanda risarcitoria proposta dalla parte ricorrente, il Tribunale, facendo applicazione dell’art. 35, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, si limitava a pronunciare una condanna generica a carico della Regione, fissando nel contempo i criteri ed i termini per la relativa liquidazione in sede amministrativa: veniva pertanto imposto all’Amministrazione di formulare una proposta in ordine alla somma offerta a titolo di risarcimento, con ammontare da determinare secondo i criteri indicati, entro il termine di centoventi giorni successivi alla notifica della pronuncia.

Avverso tale sentenza la Regione Calabria proponeva il presente gravame dinanzi alla Sezione.

L’appello investiva unicamente il capo della decisione che aveva parzialmente accolto la domanda risarcitoria dell’appellata, accoglimento che l’Ente soccombente contestava sotto molteplici profili.

Si costituiva in giudizio in resistenza all’appello l’originaria ricorrente, che con l’ausilio di più scritti difensivi deduceva l’infondatezza delle doglianze avversarie e concludeva per il rigetto dell’impugnativa.

Alla Camera di consiglio del 28 novembre 2006 la domanda cautelare della Regione veniva respinta (cfr. ordinanza sez. V, n. 6190 del 2006).

L’appellata otteneva quindi dal medesimo Tribunale, con la sentenza n. 241/2009, la liquidazione della somma dovutale in attuazione della pronuncia in epigrafe, con la conseguente statuizione di condanna a carico dell’Amministrazione. E quest’ultima corrispondeva l’ammontare così liquidato.

Da ultimo, la Regione con memoria di replica insisteva per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza del 19 marzo 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è infondato.

Con la presente impugnativa la Regione appellante non mette in discussione, come si è anticipato, l’illegittimità procedimentale ascrittale dal primo Giudice, ma solo l’esistenza e, soprattutto, l’estensione dell’obbligazione risarcitoria che questi ne ha tratto in favore della ricorrente vittoriosa.

1 Stante la limitata portata dell’appello, conviene allora esporre preliminarmente con maggior dettaglio le considerazioni svolte dalla sentenza in epigrafe in merito alla domanda risarcitoria dell’attuale appellata.

1a Il Tribunale ha preso introduttivamente atto che la ricorrente aveva domandato il risarcimento, innanzi tutto, del danno emergente, identificabile, secondo il T.A.R., sia nelle spese da essa sostenute per la partecipazione alla gara come da documentazione in atti, sia nella perdita di chances, la seconda a sua volta ricollegata sia alla concreta possibilità di aggiudicazione dell’appalto, sia all’impossibilità di far valere il requisito corrispondente ai lavori da fatturare in future contrattazioni.

Quanto al lucro cessante, esso era stato identificato dalla ricorrente nel mancato utile derivante dall’esecuzione dell’appalto, e quantificato, in sede di domanda, nella misura del 25 % del corrispettivo richiesto dall’A.T.I. (€ 320.456,20).

1b Nell’individuazione dei pregiudizi patrimoniali risarcibili il T.A.R. ha stabilito poi quanto segue.

Il Tribunale ha accolto la domanda tesa al risarcimento dei danni riflettenti le spese sostenute dall’A.T.I. ricorrente per la preparazione dell’offerta e la partecipazione alla gara, ritenendo tali spese documentate con la produzione di parte del 13 giugno 2005.

Il Tribunale ha parimenti accolto la domanda di risarcimento del pregiudizio patrimoniale per la perdita di chances, la quale è stata ricondotta non solo, genericamente, all’impossibilità di aggiudicazione della gara da parte dell’A.T.I. ricorrente, ma anche alla specifica impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito legato all’esecuzione dei lavori in controversia (forma di pregiudizio che, è stato osservato, “prescinde dalla prova concreta che l’impossibilità di far valere il pregiudizio economico abbia determinato l’esclusione o la mancata aggiudicazione di gare cui le imprese abbiano partecipato”).

Il danno da perdita di chances è stato determinato complessivamente, in via equitativa, nella misura del 3 % del prezzo a suo tempo offerto dall’A.T.I..

Il primo Giudice ha invece disatteso la richiesta risarcitoria diretta al pieno riconoscimento del mancato utile. Ciò con la seguente motivazione : “Se è vero che dalla documentazione in atti risulta che l’ATI ricorrente si è classificata al secondo posto della graduatoria, dopo l’aggiudicataria, è anche vero che non sussiste alcun elemento da cui desumere che la stessa avrebbe avuto titolo all’aggiudicazione. In assenza, infatti, della verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, non può stabilirsi se aggiudicatario dovesse essere il secondo classificato e, quindi, l’ATI ricorrente.

1c Quanto agli accessori della prestazione risarcitoria, la sentenza in esame reca le seguenti statuizioni.

Sulla somma dovuta a titolo di risarcimento, trattandosi di debito di valore, deve computarsi la rivalutazione monetaria, dalla data della stipula del contratto da parte dell'impresa che è rimasta illegittimamente aggiudicataria, fino al deposito della presente sentenza, momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta. La Regione Calabria dovrà, inoltre, corrispondere gli interessi compensativi, da computare sull’importo originariamente dovuto e, quindi, sui progressivi adeguamenti correlati all’inflazione, calcolati in via equitativa in base agli indici medi di svalutazione (Cass. Civ., Sez. II, 7 giugno 2001 n. 7692, cit.).

Su tutte le somme dovute decorrono, altresì, gli interessi legali, dalla data di deposito della presente decisione e fino all’effettivo soddisfo.”

2 Tanto premesso, la Sezione deve subito sgombrare il campo dall’eccezione regionale di inammissibilità dell’originario ricorso avversario per carenza di interesse sotto il profilo della c.d. prova di resistenza (pag. 3 dell’appello).

Il fatto che non esistesse certezza sul punto che l’aggiudicazione finale sarebbe spettata proprio all’attuale appellata nulla toglieva, invero, alla pienezza del suo titolo a dolersi dell’illegittimità del conferimento dell’aggiudicazione ad altro concorrente, e a domandare anche il risarcimento dei danni corrispondenti alla perdita di chances da essa ricorrente patita a seguito della perdita della commessa, nel frattempo ormai già eseguita.

La giurisprudenza richiamata in senso opposto dalla difesa regionale nella memoria di replica (pag. 2) è d’altra parte inconferente, giacché – come si desume sin dalle citazioni fattene - essa si riferisce all’evenienza, estranea alla fattispecie concreta, in cui risulti che la parte ricorrente non avrebbe potuto in alcun caso ottenere, attraverso il corretto svolgimento della gara, l’aggiudicazione desiderata.

Donde la manifesta inconsistenza dell’eccezione.

3 Venendo al merito di causa, l’Ente appellante ricorda in primo luogo che la ragione dell’accoglimento dell’impugnativa, risiedente nella mancata sottoposizione dell’offerta dell’aggiudicataria a verifica di anomalia, non implicava di per sé che la ricorrente avesse titolo all’aggiudicazione della gara, la sorte della quale non poteva che dipendere dall’esito della verifica di anomalia omessa. Tant’è che lo stesso T.A.R. proprio per tale ragione aveva escluso la spettanza alla ricorrente del richiesto risarcimento (pieno) a titolo di lucro cessante (cfr. la pag. 15 della sentenza in epigrafe: “ … non sussiste alcun elemento da cui desumere che la stessa avrebbe avuto titolo all’aggiudicazione. In assenza, infatti, della verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, non può stabilirsi se aggiudicatario dovesse essere il secondo classificato e, quindi, l’ATI ricorrente”).

Posta tale premessa, la Regione lamenta la contraddittorietà della statuizione con cui il Tribunale ha nondimeno accolto la richiesta della ricorrente di vedersi risarcita la perdita di chances, con particolare riferimento a quella correlata all’impossibilità di far valere in appalti successivi l’avvenuta esecuzione della commessa in controversia (c.d. danno curricolare).

La Regione su tale base deduce la non spettanza del risarcimento per la detta componente di danno, dal T.A.R. riconosciuto invece in via equitativa, nel quadro di una determinazione complessiva del pregiudizio da perdita di chances, nella misura del 3 % del prezzo a suo tempo offerto dall’A.T.I. ricorrente.

Il mezzo è infondato.

In contrario l’attuale appellata ha fatto linearmente notare che il danno da perdita di chances, proprio per sua natura, non si identifica con la perdita di un risultato utile sicuro, bensì con il semplice venir meno di un’apprezzabile possibilità di conseguirlo, in particolare per esser stato l’interessato indebitamente privato della possibilità concreta di aggiudicarsi un appalto. Sicché il relativo risarcimento presuppone proprio che non si sia potuta acquisire certezza sulla effettiva spettanza del bene della vita perseguito (evenienza la quale permetterebbe di accedere ad una copertura risarcitoria maggiore).

Di conseguenza, la contraddizione ravvisata dall’appellante nella sentenza in epigrafe non sussiste. Il Tribunale ha desunto, giustamente, proprio dall’incertezza sull’esito finale che la procedura avrebbe potuto avere, ove correttamente condotta, la riconoscibilità all’originaria ricorrente di un trattamento risarcitorio limitato alla riparazione della perdita di chances di aggiudicazione.

Né l’appellante ha ragione di dolersi, sotto il profilo in questione, del danno curricolare pure riconosciuto alla controparte nell’ambito della complessiva liquidazione equitativa operata dal T.A.R..

La perdita della possibilità di ottenere la commessa, nello specifico ormai eseguita dall’avversaria, si riverbera, infatti, anche nella direzione dello specifico pregiudizio del mancato sviluppo del curriculum professionale del concorrente leso, conseguenza negativa la cui risarcibilità non avrebbe ragione di essere subordinata alla condizione di una dimostrata spettanza “certa” dell’aggiudicazione al danneggiato. Di conseguenza, l’apprezzamento equitativo del danno curricolare può trovare spazio –naturalmente, per quanto di ragione- anche nell’ambito di una riparazione a titolo di perdita di (semplici) chances di aggiudicazione, quantificata con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara (in tal senso v. ad es. C.d.S., V, 19 novembre 2012, 5846; 12 giugno 2009, n. 3785; 18 gennaio 2006, n. 126; VI, 15 giugno 2009, n. 3829).

4a Con altro mezzo si deduce che proprio il Tribunale aveva ritenuto che la domanda risarcitoria introdotta in giudizio riguardasse il solo profilo del lucro cessante: pertanto, l’accoglimento della domanda avversaria per l’aspetto del danno emergente doveva ritenersi operato ultra petita.

La lettura della sentenza in contestazione rende evidente, però, come già nell’interpretazione del primo Giudice la domanda risarcitoria dovesse reputarsi articolata sia sul versante del danno emergente che su quello del lucro cessante (in tal senso è testuale la pag. 11 della pronuncia del T.A.R.).

Del resto, l’originario atto introduttivo non presentava la limitazione che l’appellante vorrebbe rinvenirvi. La domanda risarcitoria era stata difatti formulata in modo ampio ed omnicomprensivo, per avere la ricorrente fatto riferimento, oltre che al “danno subito per la perdita dell’incarico”, a tutti i danni “sofferti e patendi, nella misura meglio vista in corso di causa, derivanti .., dalla emanazione e dall’attuazione degli atti illegittimi impugnati” (così l’epigrafe del ricorso; nelle sue conclusioni figurava una formulazione equivalente).

4b L’appellante contesta, inoltre, che la controparte avesse realmente avanzato una “dettagliata” domanda risarcitoria (come si legge nella sentenza in epigrafe), osservando che l’atto introduttivo (pagg. 18-19) non recava alcuna menzione delle spese da questa affrontate (neanche esposte nella loro entità) né della patita perdita di chances.

Una volta richiamato, tuttavia, quanto testé detto sulla pienezza dei termini con i quali la pretesa risarcitoria era stata azionata (fra l’altro, con un’espressa riserva di migliore articolazione in corso di causa), è agevole ricordare che i contenuti di tale domanda, ferma l’allegazione dei fatti costitutivi che la identificavano, avevano trovato precisazione ed approfondimento con la successiva memoria della stessa parte del giugno 2005 e coeva produzione documentale: elementi ritualmente versati nel fascicolo di causa ben un anno prima della sua decisione da parte del primo Giudice, che, pertanto, vi ha correttamente fatto riferimento.

4c Né ha pregio l’osservazione che la domanda risarcitoria era originariamente sfornita di un principio di prova (pag. 4 dell’appello).

Fermo il dovere di puntuale allegazione dei fatti costitutivi della pretesa (da intendersi assolto nel particolare caso di specie), nel processo amministrativo le prove a sostegno delle affermazioni di chi agisca in giudizio non devono necessariamente essere allegate al relativo atto introduttivo, ma possono essere presentare mediante produzioni documentali anche in corso di causa, non esistendo preclusione al riguardo. E ciò è appunto quanto è avvenuto nel caso concreto (in particolare, per le spese connesse alla partecipazione alla gara).

4d Consegue dalle precedenti considerazioni che anche questi tre rilievi critici della Regione risultano infondati.

5 In via subordinata, l’appellante ha contestato l’eccessività della somma liquidata dal Tribunale, a titolo equitativo, nella misura del 3 % del prezzo offerto dall’A.T.I., tornando ad opporre l’impossibilità di individuare la medesima come aggiudicataria dell’appalto.

Neanche questa critica risulta però convincente.

Al di là del carattere apodittico della doglianza, e dell’ampia discrezionalità riconoscibile al giudicante in materia allorquando faccia ricorso alla c.d. equità integrativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. occorre difatti apprezzare l’elevato grado di possibilità che la ricorrente potesse rendersi effettivamente aggiudicataria, considerando sia che la medesima figurava classificata seconda nella graduatoria di gara, sia il carattere estremo del ribasso (39,420 %) che la controinteressata aveva proposto con l’offerta che avrebbe dovuto essere sottoposta a verifica di anomalia, ribasso notevole tanto come valore assoluto quanto in comparazione con quelli offerti dalla concorrenza.

Si può dunque concludere che la liquidazione operata dal Tribunale risulta sorretta da una ragionevole valutazione prudenziale della consistenza delle possibilità dell’attuale appellata di rendersi aggiudicataria conformemente ai principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza di questo Consiglio (richiamata al precedente punto 3).

6a Resta da occuparsi delle critiche dell’appellante che hanno investito il computo degli accessori della prestazione risarcitoria.

Con il presente appello non viene contestata l’attribuzione in favore dell’appellata degli interessi legali dal deposito della sentenza fino all’effettivo soddisfo.

Dalla Regione viene invece criticato l’ulteriore riconoscimento costituito dagli interessi compensativi sulla somma rivalutata, obiettandosi che gli interessi potrebbero essere accordati unicamente dal momento della sentenza a quello del pagamento.

L’appellante deduce, altresì, che tale riconoscimento sarebbe affetto da ultrapetizione, giacché la ricorrente non aveva specificamente richiesto la predetta forma di interessi, non avendone precisato la natura e neppure indicato il tasso.

Si duole, infine, che gli stessi interessi siano stati accordati, dalla data dell’illecito, sulla somma già integralmente rivalutata.

6b Giova allora ricordare ancora una volta le statuizioni complessivamente emesse dal Tribunale in proposito.

Sulla somma dovuta a titolo di risarcimento, trattandosi di debito di valore, deve computarsi la rivalutazione monetaria, dalla data della stipula del contratto da parte dell'impresa che è rimasta illegittimamente aggiudicataria, fino al deposito della presente sentenza, momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta. La Regione Calabria dovrà, inoltre, corrispondere gli interessi compensativi, da computare sull’importo originariamente dovuto e, quindi, sui progressivi adeguamenti correlati all’inflazione, calcolati in via equitativa in base agli indici medi di svalutazione (Cass. Civ., Sez. II, 7 giugno 2001 n. 7692, cit.). Su tutte le somme dovute decorrono, altresì, gli interessi legali, dalla data di deposito della presente decisione e fino all’effettivo soddisfo.”

6c Come si vede, la sentenza oggetto di appello non ha dunque riconosciuto gli interessi compensativi, come l’appellante sembra lasciar intendere, dalla data dell’illecito sulla somma integralmente rivalutata, bensì ha prescritto che questi andassero computati dapprima sull’importo originariamente dovuto, e indi sui progressivi adeguamenti correlati all’inflazione: tanto nel pieno rispetto delle indicazioni della giurisprudenza consolidata sulle tecniche liquidatorie rettamente applicabili (cfr. ad es. Cass. civ., Sez. I, 17 maggio 2005 n. 10354; Sez. Un., 5 aprile 2007, n. 8521; Sez. III, 9 ottobre 2012, n. 17155; Cons. St., sez. V, n. 1052 del 2012)).

Non ha poi pregio il rilievo regionale di ultrapetizione, dal momento che nel ricorso di prime cure (pagg. 19-20) gli interessi erano stati domandati sin dalla debenza, e non solo dalla domanda giudiziale o dalla pronuncia, a nulla ostando il fatto che gli interessi richiesti non fossero allora stati espressamente denominati come “compensativi” né definiti nel loro tasso (che in difetto di diversa indicazione del richiedente non poteva non essere inteso come quello legale).

Rimane infine da ricordare che una consolidata giurisprudenza riconosce la possibilità di applicare, in occasione della liquidazione giudiziale del danno aquiliano, la tecnica costituita dall’interesse c.d. compensativo (pur non essendo configurabile alcun automatismo al riguardo: cfr. Cass. civ., III, 9 ottobre 2012, n. 17155; C.d.S., VI, 21 maggio 2009, n. 3144). Nell’obbligazione risarcitoria da fatto illecito, che costituisce tipico debito di valore, è infatti possibile che la mera rivalutazione monetaria dell'importo liquidato in relazione all'epoca dell'illecito, ovvero la diretta liquidazione in valori monetari attuali, non valgano a reintegrare pienamente il creditore, che deve invece essere posto nella stessa condizione economica nella quale si sarebbe trovato se il pagamento fosse stato tempestivo.

Sicché nemmeno il riconoscimento all’attuale appellata di tale forma di interessi è per se stesso suscettibile di censura.

7 In conclusione, l’appello della Regione Calabria deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese processuali del presente grado sono liquidate secondo soccombenza dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge.

Condanna la Regione Calabria al rimborso all’appellata delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida nella misura di euro tremila, oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 19 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente FF

Francesco Caringella, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Impugnazione del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione definitiva e dimidiazione dei termini

Consiglio di Stato, sez. III, ordinanza del 13 aprile 2013, n. 1352
Data: 
13/04/2013
Tipo di Provvedimento: 
ordinanza

"Appare dubbio che la revoca dell'aggiudicazione definitiva, quale provvedimento di secondo grado, rientri nella previsione dell'art. 120 c.p.a., sicché non può ritenersi che a tale provvedimento si applichi la speciale disciplina processuale prevista dall'art. 120, comma 5, c.p.a., con conseguente dimidiazione dei termini processuali ed irricevibilità del ricorso stesso"

 

 

N. 01352/2013 REG.PROV.CAU.

N. 01719/2013 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA

 

sul ricorso numero di registro generale 1719 del 2013, proposto da:


***** s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale Capogruppo Mandataria, rappresentata e difesa dall’Avv. ***** e dall’Avv. *******, con domicilio eletto presso Consiglio di Stato, Segreteria in Roma, Piazza Capo di Ferro, n. 13;


contro

Ministero dell’Interno - Ufficio Territoriale del Governo di Agrigento, Anas, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

dell’ordinanza cautelare del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 00094/2013, resa tra le parti, concernente la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto lavori di completamento svincolo Domodossola sud, loc. Nosere, a seguito di informativa antimafia - ris. danni

 


Visto l’art. 62 cod. proc. amm;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno - Ufficio Territoriale del Governo di Agrigento e di Anas s.p.a.;

Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;

Viste le memorie difensive;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2013 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. ***** e l’Avvocato dello Stato ******;

 


- osservato preliminarmente che, in questa fase di sommaria delibazione, appare quanto dubbio che la revoca dell’aggiudicazione definitiva, quale provvedimento di secondo grado, rientri nella previsione dell’art. 120 c.p.a., sicché non può ritenersi che a tale provvedimento si applichi la speciale disciplina processuale prevista dall’art. 120, comma 5, c.p.a., con conseguente dimidiazione dei termini processuali ed irricevibilità del ricorso stesso;

- considerato, quanto al fumus boni iuris dell’appello cautelare, che l’informativa atipica impugnata non sembra contemplare, a carico dell’impresa aggiudicataria, elementi concreti e circostanziati tali da lasciar ritenere, almeno in questa fase di sommaria delibazione, che ****** s.r.l. possa subire penetranti influenze o sensibili condizionamenti da parte di associazioni mafiose;

- ritenuto, in ordine al periculum in mora, che sussiste per l’appellante il grave pregiudizio, consistente nell’esclusione dai lavori dei quali ***** s.r.l. si è regolarmente aggiudicata l’esecuzione;

- considerato infine che, in considerazione dei delicati profili valutativi coinvolti nella presente controversia, sussistono gravi ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi del giudizio cautelare;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello (Ricorso numero: 1719/2013) e, per l’effetto, in riforma dell’ordinanza appellata, accoglie l’istanza cautelare in primo grado, sospendendo gli effetti degli atti impugnati in prime cure.

Compensa interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     




DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sulla valutazione del progetto migliorativo richiesto dal disciplinare di gara

Tar Catania, sez. I, sentenza del 12 aprile 2013, n. 1048
Data: 
12/04/2013

 

N. 01048/2013 REG.PROV.COLL.

N. 02509/2012 REG.RIC.

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Catania/Sezione%201/2012/201202509/Provvedimenti/stemma.jpg

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2509 del 2012, proposto da: 
******** s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. *****, ******, con domicilio eletto presso avv. ****** in Catania, via V. Giuffrida, 37;

contro

Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, rappresentato e difeso dall'avv. ******, con domicilio eletto presso avv. ****** in Catania, via ********, 26;

nei confronti di

******** s.r.l.; 
********* s.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. ******, con domicilio presso la Segreteria del Tribunale;
****** s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. *******, *****, con domicilio eletto presso avv. ******** in Catania, via ********, 14;

per l'annullamento

- della delibera n. 1454 del 9 agosto 2012 del Direttore generale dell' A.S.P. di Enna, di aggiudicazione alla controinteressata ******* s.r.l. dei lavori relativi agli interventi per la salubrità della struttura ospedaliera “Umberto I” di Enna bassa;

- di tutti i verbali ed atti relativi alla gara per l’affidamento dei lavori relativi agli “Interventi per la salubrità della struttura ospedaliera Umberto I di Enna bassa”;

e per il conseguimento dell’aggiudicazione, la declaratoria d’inefficacia dell’eventuale contratto ed il subentro nel medesimo, nonché la condanna dell’amministrazione al risarcimento in forma specifica, ovvero in via meramente subordinata al risarcimento per equivalente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, della *********** s.r.l. e della ************* s.r.l.;

Visto il ricorso incidentale proposto dalla Soredil s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2013 il dott. Giuseppa Leggio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con D.D.G. dell’Assessorato regionale alla Salute n. 504 del 23 marzo 2011, registrato alla Corte dei Conti il 22 aprile 2011, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Enna ha ottenuto il finanziamento di Euro 2.350.000,00 per l’attuazione di n. 5 interventi “per la salubrità della Struttura Ospedaliera Umberto I di Enna bassa” nell’ambito della linea di intervento 6.1.2.3. del P.O. FESR Sicilia 2007/2013, e precisamente per i seguenti interventi :

1) Lavori di adeguamento dei locali dell’U.O. di Rianimazione del P.O. Umberto I di C.da Ferrante Enna Bassa per Euro 200.000,00;

2) Lavori di adeguamento negli ambienti dell’UTIC del P.O. Umberto I di C.da Ferrante Enna Bassa per Euro 240.000,00;

3) Triage, interventi per l’ulteriore sicurezza dei pazienti e salubrità negli ambienti afferenti la U.O. di Medicina d’urgenza del P.O. Umberto I di C.da Ferrante Enna Bassa per Euro 110.000,00;

4) Lavori di rifacimento della pavimentazione del blocco esistente del P.O. Umberto I di C.da Ferrante Enna Bassa per Euro 1.500.000,00;

5) Lavori di adeguamento dell’impianto dei gas medicali del blocco esistente del P.O. Umberto I di C.da Ferrante Enna Bassa per Euro 300.000,00.

L’Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, preso atto “che i cinque interventi riguardano un’unica struttura, ovvero il fabbricato già funzionante del P.O. Umberto I di Enna Bassa” (cfr. delibera n. 1454 del 9 agosto 2012, impugnata ) ha quindi ritenuto di poter bandire un’unica gara per l’affidamento dei lavori concernenti i cinque interventi prima descritti, differenziando le contabilità in cinque lotti distinti, corrispondenti alla elencazione prima indicata, per un importo complessivo dell’appalto pari ad Euro 1.797.388,38, di cui Euro 1.730.021,38 per lavori a base d’asta ed Euro 67.367,00 per oneri per la sicurezza, non soggetti a ribasso.

Il bando di gara ha previsto quale criterio di aggiudicazione quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base dei parametri indicati nel disciplinare; quest’ultimo, poi, ha precisato che l’offerta tecnica organizzativa, da inserirsi nella busta “B ”, doveva contenere “una relazione tecnica illustrativa” e “Piano di manutenzione”, nonché, in particolare, per quanto di interesse nella presente controversia, un “Progetto MIGLIORATIVO composto, pena l’esclusione, dai seguenti elaborati minimi: a) da una relazione tecnica descrittiva dei criteri utilizzati per le scelte progettuali, nonché delle caratteristiche dei materiali prescelti…d) da un disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali, tecnici ed economici previsti in progetto…f) da un computo metrico (non estimativo)…”.

Il computo metrico estimativo e l’elenco prezzi del progetto migliorativo dovevano invece essere contenuti nella busta “C” relativa all’offerta economica.

In sostanza, la lex di gara ha previsto che le imprese concorrenti presentassero un progetto migliorativo del progetto posto a base d’asta, prescrivendo che tale progetto dovesse essere “...conforme alle impostazioni ed alle linee essenziali del progetto a base di gara...” con la possibilità di “… contenere varianti migliorative con valenza estetica, funzionale, tecnico-costruttive e impiantistiche...”.

Alla predetta gara – pubblico incanto ai sensi del “testo coordinato” come modificato dalla L.R. n. 16/2010 - hanno partecipato n. 9 imprese tra cui la controinteressata e ricorrente incidentale ******* s.r.l. ( capogruppo dell’ATI ***** s.r.l. - ********** s.r.l., subentrata per cessione di ramo di azienda alla ****** s.r.l., originaria capogruppo della concorrente ATI ****** s.r.l. e *******s.r.l.), risultata aggiudicataria della gara, e la ricorrente principale ****** s.r.l., seconda classificata.

Con il ricorso in esame, ritualmente notificato e depositato, la ******* s.r.l., seconda classificata, ha impugnato gli atti di ammissione in gara e la delibera di aggiudicazione definitiva della gara in favore della ******** s.r.l. sollevando censure di :

I.- Violazione dei principi di eguaglianza, buon andamento, imparzialità – Violazione della lex specialis – Violazione della par condicio - Violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute: a) nel decreto legislativo 163/2006, con particolare riguardo all’articolo 76; b) nel D.P.R. 5 ottobre 2010 numero 207; c) nella legge 109/94 nel testo coordinato con le norme regionali siciliane. Eccesso di potere per motivazione insufficiente e difetto di istruttoria, difetto di presupposti, travisamento dei fatti, perplessità, ingiustizia manifesta, illogicità, contraddittorietà interna ed esterna – Violazione degli altri principi in materia di gare – Violazione del DDG dell’Assessorato Regionale alla Sanità 504/2011.

II.- Violazione sotto altro profilo della lex specialis - Violazione dell’articolo 3 della legge 241/90 – Violazione sotto altro profilo dei principi di buon andamento, eguaglianza, par condicio - Eccesso di potere per difetto di motivazione, motivazione insufficiente, perplessa, illogica, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti - Contraddittorietà.

III.- Violazione della lex specialis - Difetto di istruttoria e motivazione – Travisamento dei fatti.

La ******* ha sostenuto, in particolare, che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per l’inammissibilità dell’offerta tecnica presentata, avendo la stessa proposto un progetto asseritamente difforme e peggiorativo, anziché migliorativo, rispetto al progetto finanziato e posto a base di gara. Nel progetto della controinteressata risulterebbe eliminata, a dire della *******, la lavorazione principale del progetto a base di gara, costituita dal rifacimento della pavimentazione e degli zoccoletti mediante fornitura e posa in opera di “...marmo da taglio di prima scelta del tipo botticino, perlato di Sicilia proveniente da cave siciliane, dello spessore di 20 millimetri..” con“...elementi di dimensioni 30 x 60 cm.” , sostituita dalla utilizzazione di gres porcellanato rettificato effetto marmo con battiscopa in p.v.c. e senza la “lucidatura a piombo eseguita con mezzo meccanico” prevista dal progetto base.

La ricorrente ha quindi chiesto l’annullamento dei provvedimenti impugnati ed il risarcimento dei danni conseguenti all’omessa aggiudicazione della gara.

Si sono costituiti in giudizio l’A.S.P. di Enna e la controinteressata ********** s.r.l., controdeducendo alle censure di parte ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.

La ***** ha proposto altresì ricorso incidentale, rilevando l’illegittima ammissione alla gara della ****** s.r.l., che avrebbe invece dovuto essere esclusa per aver presentato un’offerta asseritamente afflitta da gravi vizi ed in violazione del dovere di correttezza.

Questi i motivi del ricorso incidentale:

1 e 2. Violazione e falsa applicazione dei principi comunitari in tema di economicità, correttezza, libera concorrenza e parità di trattamento, di cui all’art. 2 del codice dei contratti.

3. Violazione del bando, nonché violazione e falsa applicazione dei principi comunitari in tema di economicità, correttezza, libera concorrenza e parità di trattamento, di cui all’art. 2 del codice dei contratti.

4. Violazione del disciplinare di gara e del bando, nonché violazione e falsa applicazione dei principi comunitari in tema di economicità, correttezza, libera concorrenza e parità di trattamento, di cui all’art. 2 del codice dei contratti.

Le parti hanno depositato memorie e relazioni tecniche di parte.

All’odierna udienza di discussione la causa è passata in decisione.

DIRITTO

E’ infondato il ricorso incidentale e fondato il ricorso principale.

Con la prima censura del ricorso incidentale la controinteressata sostiene che l’offerta formulata dalla ricorrente principale sarebbe illegittima per contraddittorietà interna ed indeterminatezza : la ******, ad avviso della ricorrente incidentale, avrebbe presentato un’offerta tecnica con la quale avrebbe indotto in errore la Commissione giudicatrice circa l’effettivo contenuto del progetto, lasciando intendere che sarebbero state eseguite alcune lavorazioni migliorative che in effetti non sarebbero state incluse fra le opere da eseguire.

Più precisamente, la ***** avrebbe indicato come lavorazione migliorativa, sia nella relazione tecnica illustrativa che in quella tecnica descrittiva della busta “B” contenente l’offerta tecnica, il massetto di sottofondo in calcestruzzo alleggerito ed isolante in luogo di quello ordinario previsto dal progetto base, mentre poi nell’elenco prezzi migliorativo e nel computo metrico estimativo, entrambi inseriti nella busta “C” relativa all’offerta economica, la ricorrente principale avrebbe riportato la voce 5.12.1. del prezziario regionale 2009, relativa al massetto ordinario e non a quello alleggerito, con la conseguenza, ad avviso di ********, che la differenza di prezzo tra il primo ed il secondo comporterebbe per ******** un risparmio di spesa di € 27.500,00 (€ 2,50 al mq x 11 mila mq., che è la superficie da pavimentare).

La censura non è fondata.

Rileva il Collegio che essa non ha alcun effetto escludente nei confronti della ******, poiché, anche a voler seguire le argomentazioni della ricorrente incidentale, la ***** ha comunque presentato un’offerta corrispondente a quanto previsto nel progetto a base di gara (massetto comune), attenendosi alle condizioni minime di offerta e, pertanto, non avrebbe potuto essere esclusa dalla gara.

La divergenza tra le due indicazioni non costituisce, ed in effetti non ha costituito, un sotterfugio inteso ad indurre in errore la Commissione tecnica circa l’effettivo contenuto del progetto, come sostenuto dalla ********, tanto è vero che la Commissione ha preso atto di tale divergenza senza essere indotta in alcun errore ( verbale n. 4 del 18.06.2012).

Tale divergenza, inoltre, non avrebbe potuto produrre altra conseguenza che quella di considerare l’offerta del massetto come non migliorativa, bensì confermativa delle previsioni del progetto base, potendo incidere eventualmente solo sul punteggio da attribuire all’offerta, ma non anche sull’ammissione della concorrente alla procedura di gara.

Sotto questo specifico profilo la censura è, dunque, da rigettare anche laddove la stessa investe l’indicato verbale del 18.06.2012 della Commissione di gara, lamentando che la Commissione avrebbe dovuto escludere la ricorrente principale.

Quanto all’aspetto concernente l’asserita maggiore spesa che deriverebbe dall’offerta della ******* relativa al massetto di sottofondo, si rileva che il prezzo unitario riportato dalla ***** nell’elenco prezzi e nel computo metrico estimativo di cui alla busta “C” – offerta economica- coincide con il prezzo base previsto dal progetto e, dunque, nessuna maggiore spesa in danno dell’Amministrazione è ravvisabile in tale offerta, e nessun correlativo risparmio di spesa per l’impresa, che ha offerto un massetto con caratteristiche identiche e prezzo identico alle previsioni del progetto base, o addirittura un massetto di qualità migliore allo stesso prezzo previsto per quello base.

Rileva inoltre il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ******, il progetto migliorativo proposto da ******** non comporta una spesa superiore all’importo complessivo dell’appalto, come può evincersi dall’esame del computo metrico estimativo della ricorrente principale, depositato in atti dall’A.S.P. resistente in ottemperanza all’istruttoria disposta dalla Sezione, dal quale risulta che la spesa complessiva prevista per la realizzazione del progetto della ***** coincide con quella del progetto base ( Euro 1.797.388,38 ).

Né a conclusioni diverse è possibile giungere attraverso l’argomentazione delle parti resistenti e, nello specifico, della ricorrente incidentale, secondo la quale la lex specialis di gara avrebbe previsto l’aggiudicazione dell’appalto a misura.

Posto infatti che dalla lettura del bando e del disciplinare di gara si evince che l’appalto è aggiudicato a corpo (art. 2 del disciplinare: “Si premette che l’appalto dei lavori in oggetto è assegnato a corpo. Ogni miglioramento proposto dal concorrente lascerà inalterata l’offerta economica”) con corrispettivo a misura ( punti 3.3 e 3.7 del bando), l’art. 2 del capitolato speciale chiarisce ulteriormente che l’importo dei lavori posti a base dell’affidamento risulta definito a misura, e l’art. 3 dello stesso capitolato precisa che il contratto è stipulato a corpo e a misura, ma che il ribasso percentuale offerto in sede di gara (che deve essere offerto sull’importo complessivo posto a base d’asta – art. 14 bando - e si estende e si applica ai prezzi unitari in elenco – art. 3 capitolato ), si applica altresì ai prezzi “… derivanti dal prezziario regionale in vigore…esclusivamente per la definizione, valutazione e contabilizzazione di eventuali varianti, addizioni o detrazioni in corso d’opera… che siano inequivocabilmente estranee ai lavori già previsti,…”.

In buona sostanza, la Stazione appaltante ha preventivamente determinato a misura l’importo complessivo dell’appalto; quindi, con l’assegnazione dell’appalto a corpo, attraverso la previsione e l’indicazione dettagliata e minuziosa dei vari interventi e delle lavorazioni ricompresi nell’appalto stesso, si è garantita contro l’evenienza di dover affrontare maggiori esborsi a fronte dell’esecuzione di lavori di manutenzione, o comunque di ristrutturazione, della struttura ospedaliera con varianti migliorative, e per fruire di condizioni più vantaggiose ha stabilito che ogni miglioramento ( lavorazioni nuove o maggiori quantità di lavorazioni ) proposto dal concorrente avrebbe lasciato inalterata l’offerta economica; ha inoltre previsto che il ribasso offerto sarebbe stato applicato anche ad eventuali successive ulteriori varianti inequivocabilmente estranee ai lavori già previsti ed in relazione alle quali, in quanto non previste né prevedibili, i prezzi di riferimento non potevano essere quelli degli elenchi prezzi del progetto di gara e del progetto migliorativo, bensì i prezzi derivanti dal prezziario regionale in vigore.

Pertanto, anche sotto tale profilo nessuna maggiore spesa potrebbe derivare all’Azienda dall’offerta di *********** relativa al massetto di sottofondo, bensì l’ulteriore vantaggio consistente nella posa di un massetto alleggerito ed isolante allo stesso prezzo del massetto comune.

Da disattendere è altresì la seconda censura del ricorso incidentale, con la quale si lamenta che la ******** avrebbe falsato i risultati di gara per avere riportato nel computo metrico estimativo di cui alla busta “C” alcune voci, codici e specifiche così come indicate nel progetto base dell’amministrazione ( ed anche nella busta B della stessa ricorrente principale ), ma con un prezzo inferiore rispetto a quello previsto dal prezziario regionale di riferimento, vale a dire il prezziario del 2009.

La censura si fonda su una lettura erronea delle disposizioni del bando e del disciplinare di gara, atteso che né il punto 10.1. del bando ( “Il prezziario di riferimento è quello relativo all’anno 2009…”), né il disciplinare imponevano ai concorrenti di applicare i prezzi previsti dal prezziario regionale vigente, riferendosi il punto 10.1. del bando ( FINANZIAMENTO) al progetto redatto dall’amministrazione e posto a base di gara, e non ai progetti migliorativi di cui alle offerte tecniche dei concorrenti, e prevedendo il disciplinare che nella busta “C” dell’offerta economica, composta da quattro allegati, fossero presenti anche un computo metrico estimativo del progetto migliorativo ed un elenco prezzi del progetto migliorativo, ma non anche che i prezzi del progetto migliorativo dovessero coincidere con quelli del prezziario regionale vigente .

Il disciplinare non ha previsto la presentazione di analisi dei prezzi ed a pag. 10 ultimo cpv , prima richiamato, ha previsto che “Il ribasso offerto…sarà considerato ribasso valido da applicare ai prezzi contenuti negli elenchi prezzi del progetto di gara e migliorativo…”, mentre solo i prezzi “...non contenuti nei suddetti elenchi prezzi, necessari per successive varianti…” si sarebbero dovuti dedurre dal prezziario regionale.

Nessuna violazione delle clausole del bando dunque, né alcuna violazione delle norme in tema di offerte anomale o di principi comunitari, è ravvisabile nel caso di specie, atteso che la ricorrente principale ha presentato un proprio progetto, necessariamente migliorativo di quello a base di gara, con un proprio computo metrico ed un proprio elenco prezzi.

Con il terzo motivo del ricorso incidentale la Soredil sostiene che la ******* avrebbe omesso di prevedere la lucidatura del marmo in due dei cinque lotti in gara, ottenendo in tal modo un presunto risparmio di circa 15.000 Euro, ma soprattutto omettendo una lavorazione essenziale per fornire l’opera completa e a regola d’arte; ciò che renderebbe l’offerta inattendibile.

Anche tale censura è infondata, poiché il progetto posto a base di gara non prevede la lucidatura del marmo in tutti i lotti di gara ( la lavorazione è prevista nei due lotti “pavimentazione nel blocco” e “pazienti e salubrità negli ambienti” e non negli altri lotti ), come del resto è confermato dalla stessa ricorrente incidentale, oltre che dall’A.S.P., che pur dando atto che la lucidatura del marmo non era prevista nei lotti indicati, sostiene tuttavia che la stessa doveva considerarsi una lavorazione essenziale.

La censura è infondata in punto di fatto, ma sotto altro profilo è altresì inammissibile, in quanto sembra incidere su scelte e valutazioni di merito riservate alla stazione appaltante.

Ed invero, la valutazione delle parti resistenti non può sovrapporsi alla valutazione effettuata nella lex di gara dalla stazione appaltante che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente incidentale, non ha ritenuto la levigatura del marmo essenziale in tutti i lotti in gara.

Quanto, infine, alla quarta censura del ricorso incidentale, con la quale si assume una presunta contraddittorietà nei tempi offerti dalla ****** per la realizzazione dell’opera, tra quanto riportato nelle due relazioni tecniche inserite nella busta “B” e quanto invece indicato nel cronoprogramma inserito nella busta “C”, la censura non ha funzione paralizzante del ricorso principale, poiché tale asserita contraddittorietà è suscettibile di incidere negativamente solo sul punteggio da attribuire all’offerta della ricorrente e, sotto tale profilo, essa è inammissibile, in quanto impinge nel merito di una valutazione riservata esclusivamente alla Commissione di gara.

Il ricorso incidentale è, pertanto, infondato.

E’ invece fondato e da accogliere il ricorso principale.

E’ fondato il primo motivo del ricorso principale, con il quale la ****** sostiene l’illegittima ammissione alla gara de qua della controinteressata per inammissibilità della soluzione tecnica da questa proposta, che si sostanzierebbe in un progetto completamente diverso da quello posto a base di gara, come predisposto dall’Azienda sanitaria di Enna e finanziato dalla Regione.

Occorre preliminarmente chiarire che è pacifico, alla luce del criterio di aggiudicazione prescelto e della disciplina dettata dalla lex specialis, che il progetto definitivo posto a base di gara non fosse immodificabile, ma soggetto a proposte migliorative.

Il disciplinare di gara ha previsto come obbligatoria, a pena di esclusione, la presentazione di un progetto migliorativo ed ha previsto gli elaborati minimi di tale progetto; ha però stabilito espressamente che “Il progetto migliorativo conforme alle impostazioni e alle linee essenziali del progetto a base di gara potrà contenere varianti migliorative con valenza estetica, funzionale, tecnico-costruttive e impiantistiche…”.

La “lex” di gara, pertanto, ha fissato le variazioni migliorative ammissibili (con valenza estetica, funzionale, tecnico-costruttive e impiantistiche) chiarendo, in linea con le coordinate ed i criteri guida elaborati dalla giurisprudenza con riferimento alle varianti in sede di offerta, che tali variazioni migliorative non avrebbero potuto alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste, al fine, come è ovvio, di non ledere la par condicio (Cons. Stato, sez. IV, 1 febbraio 1999, n. 149) e lo stesso interesse della stazione appaltante al conseguimento delle funzionalità perseguite (Cons. Stato, sez. IV, 23 gennaio 2012, n. 285).

In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che sono ammissibili varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell'opera (o del servizio), purché non si traducano in una diversa ideazione dell'oggetto del contratto che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dall'amministrazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2003, n. 923 e 9 febbraio 2001, n. 578), e che le proposte migliorative si identificano con tutte quelle precisazioni, integrazioni e migliorie che sono finalizzate a rendere il progetto prescelto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste e senza incidere sulla par condicio (Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2010, n. 3806; sez. V, 11 luglio 2008, n. 3481).

Facendo applicazione dei richiamati principi al caso di specie, ritiene il Collegio che la Commissione giudicatrice non abbia correttamente esercitato i suoi poteri discrezionali, e che le valutazioni rese da tale organo in merito alla natura degli scostamenti progettuali derivanti dalle soluzioni contenute nella proposta tecnica della controinteressata non abbiano tenuto conto dell’incidenza di tali soluzioni sui caratteri essenziali delle prestazioni definite dal progetto posto a base di gara, con conseguente violazione dellapar condicio dei concorrenti alla procedura di gara e lesione dell’interesse della stazione appaltante al conseguimento delle funzionalità perseguite con la scelta effettuata in sede di progetto base.

Per quanto di specifico interesse ai fini del presente giudizio, si rileva che nell'intervento oggetto di gara le soluzioni previste dal progetto base per il rifacimento della pavimentazione costituiscono l'idea progettuale centrale e più importante, ai fini della qualificazione dell'opera e del conseguimento degli obiettivi che il committente si è dato relativamente al “miglioramento della salubrità della struttura ospedaliera UMBERTO I° ” di Enna.

Ora, che i lavori di rifacimento della pavimentazione e del relativo battiscopa costituiscano la lavorazione principale del progetto base non è in contestazione tra le parti, in quanto circostanza ben evidenziata dalla ricorrente principale ( la quale specifica che si tratta della lavorazione principale ed essenziale per un importo di Euro 846.891,00, pari al 48,95 % del totale dei lavori ) e riconosciuta dalla stessa controinteressata nella sua relazione tecnica illustrativa ( “L’intervento di rifacimento della pavimentazione, che costituisce la lavorazione principale, riguarderà circa mq. 11.000,00 di superficie coinvolgendo quasi tutta la struttura e cioè:

1) LOTTO I – U.O. di Rianimazione per mq. 750,00

2) LOTTO 2 – Ambienti dell’UTIC per mq. 850,00

3) LOTTO 3 – Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza per mq. 450,00

4) LOTTO 4 – Rifacimento della pavimentazione di altre zone non previste nei precedenti lotti dal Piano Terra al 5° per un superficie complessiva di mq. 9.200,00…” (pag. 16) e nella memoria difensiva del 6 novembre 2012, pag. 10 ( “i lavori che costituiscono la linea essenziale del progetto base sono al più quelli che riguardano la salubrità dell’ambiente come cambio dei pavimenti, del battiscopa…” che sono proprio i punti in contestazione, oltre che “tinteggiatura delle pareti”, punto non contestato).

Tuttavia, dall’esame del capitolato speciale d’appalto, del computo metrico e dell’elenco prezzi del progetto base dell’Azienda, espressamente richiamati dal bando di gara come facenti parte della documentazione di gara (art. 6), è possibile evincere che la descrizione dell’intervento di rifacimento della pavimentazione e degli zoccoletti fa esplicito riferimento a “Pavimentazioni con elementi di marmo da taglio di 1a scelta del tipo Botticino, perlato di Sicilia proveniente da cave siciliane, dello spessore di 20 mm...” con “...elementi di dimensioni 30 x 60 cm...” e a “Fornitura e posa in opera di zoccoletto in marmo lucidato tipo Botticino, perlato di Sicilia proveniente da cave siciliane, dello spessore di 20 mm, di ottima qualità ...”, oltre a prevedere la “lucidatura a piombo eseguita con mezzo meccanico” della medesima pavimentazione in marmo.

Il Capitolato Speciale, inoltre, prescrive che “…i marmi dovranno essere della migliore qualità, perfettamente sani, senza scaglie, brecce, vene, spaccature, nodi, peli, o altri difetti che ne infirmino la omogeneità e la solidità …” e che “…le opere in marmo dovranno avere quella perfetta lavorazione che è richiesta dall’opera stessa con congiunzioni senza risalti e piani perfetti...” (articolo 73 ).

E’evidente che la analitica e dettagliata descrizione dell’intervento principale oggetto dell’appalto – rifacimento della pavimentazione e del relativo battiscopa - fa espresso riferimento ai materiali da utilizzare, anch’essi descritti nella documentazione di gara sopra richiamata con precisione certosina (specie, qualità, dimensione, spessore), mentre non fa riferimento alla possibilità di modifica degli stessi e non richiede, né consente ai concorrenti, di ricercare soluzioni diverse da quelle previste dal progetto definitivo posto a base di gara.

In buona sostanza, non può seriamente revocarsi in dubbio che in un progetto di ristrutturazione nel quale il rifacimento della pavimentazione copre quasi il 50% dei lavori da eseguire ed i materiali richiesti vengono indicati in maniera minuziosa come nel caso di specie, la scelta di tali materiali, che la stazione appaltante ha effettuato in sede di progettazione base, possa considerarsi casuale, come sostiene la controinteressata ( “pavimento si richiede e pavimento si propone” : relazione di consulenza tecnica di parte del Prof. Ing. Cascone ).

Né tale scelta, che risponde ad una esigenza dell’amministrazione in funzione degli obiettivi di miglioramento della salubrità della struttura ospedaliera , può essere considerata irrilevante ai fini dell’aggiudicazione.

Cosicché l’offerta della controinteressata, che propone un tipo di materiale completamente diverso ( ceramica e pvc anziché marmo ) per la lavorazione principale del progetto, era tale da risultare ictu oculi idonea a configurare variante sostanziale della prestazione prevista in progetto.

Sulla base delle prescrizioni contenute nel progetto definitivo a base di gara, invece, nessuno dei concorrenti poteva eliminare una lavorazione essenziale sostituendola con un prestazione diversa, né la Commissione giudicatrice poteva, con una impostazione fuorviante, in alcun modo giustificare e tollerare tale mutamento sostanziale della prestazione, valorizzando quei profili migliorativi dell’offerta della controinteressata che investono lavorazioni del progetto base diverse da quella principale e determinante ai fini dell’aggiudicazione della gara ( raddoppio dei punti presa degenze, studio attento dei percorsi di cantiere, posa di appositi montacarichi, cronoprogramma esaustivo – verbale, già richiamato, del 18.06.2012).

Ciò che conferma da un lato il non corretto esercizio della discrezionalità tecnica della Commissione giudicatrice, e l’irrazionalità e il travisamento dell’impostazione che la Commissione stessa ha ritenuto di fare propria qualificando come migliorativo un progetto nel quale l'idea progettuale centrale e più importante veniva completamente modificata, e dall’altro lato conferma la tesi della ricorrente principale che lamenta l'eliminazione di singole lavorazioni previste dal progetto definitivo a base di gara (lucidatura dei marmi ).

Non è condivisibile neanche la tesi, sostenuta dall’Azienda sanitaria, in forza della quale il capitolato speciale d’appalto indicherebbe il marmo a titolo esclusivamente esemplificativo, lasciando di fatto libero il concorrente nella scelta del materiale da utilizzare per la realizzazione del pavimento, in quanto le norme del capitolato che a dire dell’Azienda consentirebbero la scelta di qualsiasi tipo di pavimento e di materiale (art. 15 e altre disposizioni genericamente richiamate a pag. 3 della memoria di costituzione ), vanno lette in combinato disposto con le altre disposizioni della documentazione di gara, che, come si è visto, prevede obbligatoriamente l’utilizzo di marmo Botticino.

Né maggiore pregio può riconoscersi al richiamo, da parte della difesa dell’Azienda resistente, alla griglia dei criteri stabiliti dal disciplinare per la valutazione dell’offerta tecnica, con specifico riferimento al punto B di tale griglia - indicata sotto la voce “ APERTURA BUSTA “B””-, nella parte in cui è prevista l’attribuzione di un punteggio massimo pari a 20 punti per le caratteristiche tecniche dei materiali che si intende utilizzare.

Invero la descrizione di tale sub criterio di valutazione dell’offerta tecnica fa riferimento alle caratteristiche tecniche, qualità, durabilità e facilità di manutenzione dei materiali e dei componenti che si intende utilizzare, ma il riferimento ai “materiali che si intende utilizzare” non può interpretarsi come avulso dalle scelte tecniche del progetto base, dovendosi invece correttamente interpretare come riferito ai materiali descritti nella documentazione del progetto base.

Pertanto, non può ritenersi che tale sub criterio di valutazione costituisca una clausola che autorizzi i concorrenti alla gara a poter scegliere qualsiasi tipo di materiale modificando le scelte del progetto base, poiché una tale soluzione condurrebbe alla violazione della par condicio dei concorrenti, obbligati dalla lex di gara ad utilizzare un particolare tipo di materiale.

In altri termini, poiché è ipotizzabile, analogamente a quanto ha riferito l’Azienda per i vari tipi di “gres porcellanato” che erano stati offerti da altre ditte, differenziando tra quello ordinario di qualità mediocre e quello rettificato di migliore qualità, che anche per il marmo Botticino di 1° scelta ( materiale richiesto dal progetto base ) esistano diverse varianti qualitative che si differenziano per pregio, durabilità e manutentabilità, il sub criterio richiamato consente alla Commissione di graduare il punteggio da attribuire ad ogni progetto migliorativo con riferimento alle caratteristiche specifiche che i materiali offerti, scelti nell’ambito del tipo indicato dal progetto base, presentano in concreto.

Sotto questo profilo va invece rilevato che, in maniera indiretta, le difese frapposte dalle parti resistenti confermano l’importanza del materiale come elemento sostanziale delle lavorazioni prescritte, proprio laddove l’Azienda giustifica con il richiamo alla particolare qualità della piastrella offerta dalla SOREDIL la differenza di trattamento con altre ditte, per le quali l’offerta di piastrelle in gres porcellanato era stato valutato come non corrispondente a quanto richiesto dall’Amministrazione.

Parimenti, la Soredil non contesta che i pavimenti offerti non appartengono al tipo richiesto ( vedasi anche consulenza di parte del Prof. Ing. Cascone ), ma sostiene che sono migliori, così come migliorativo sarebbe tutto il progetto presentato dalla società stessa, che offrirebbe alla stazione appaltante “la realizzazione di opere più costose rispetto a quelle del progetto base, ad eccezione del gres porcellanato e del pvc ” ( pag. 2 memoria 26.02.2013).

Ebbene, è assolutamente inconferente che il progetto nel suo complesso apporti diverse migliorie al progetto base, ove però lo stesso determini il sostanziale mutamento della prestazione principale richiesta con una prestazione differente : se è richiesto un pavimento in marmo è evidente che non si può offrire un pavimento in parquet, anche se si tratta di un pavimento di particolare pregio e qualità, perché ciò che rileva è che all’Azienda serve un pavimento in marmo; pertanto, mentre chi offre un marmo di qualità migliore rispetto ad un altro concorrente conseguirà, come è ovvio, un punteggio più alto, chi offre un pavimento in parquet sarà escluso dalla gara a prescindere dalla qualità del prodotto offerto, che non può formare oggetto di una valutazione autonoma rispetto alla chiara ed inequivoca indicazione della documentazione di gara.

Non coglie nel segno neanche l’affermazione della difesa della società controinteressata per cui non possa attribuirsi rilevanza all’incidenza del costo del marmo (48%) al fine di qualificare l’opera come essenziale, atteso che l’affermazione confligge con i dati obiettivi del progetto base e con le stesse affermazioni della controinteressata in sede di relazione tecnica illustrativa; inoltre, non vengono fornite a supporto di tale tesi argomenti diversi da quelli, già esaminati, relativi ad una asserita superiorità del progetto e ad una presunta libertà di scelta della pavimentazione in relazione al sub criterio B2.

Il Collegio, infine, deve dare atto che è cessata la materia del contendere in relazione al terzo motivo del ricorso principale, con il quale la SIRIMED ha lamentato l’erroneità del punteggio assegnato alla propria offerta economica in dipendenza dell’utilizzazione, nella valutazione delle offerte economiche, di una formula diversa rispetto a quella prevista dal disciplinare, in quanto l’amministrazione ha riconosciuto l’errore e ricalcolato il punteggio.

Non pare dubbio pertanto, alla stregua delle considerazioni esposte, che la controinteressata SOREDIL s.r.l. dovesse essere esclusa dalla agra.

Consegue da quanto detto che, in accoglimento del ricorso principale, vanno annullati gli atti di ammissione alla gara della controinteressata SOREDIL s.r.l. e della aggiudicazione della gara stessa in suo favore.

L'annullamento dell'aggiudicazione alla SOREDIL s.r.l. comporta per l'Amministrazione di far luogo all'aggiudicazione della gara in favore dell'odierna ricorrente SIRIMED s.r.l., seconda graduata, ove concorrano tutte le restanti condizioni previste dalla legge, dal bando e dal disciplinare di gara.

Per questa satisfativa ragione, non vi è spazio qui per un riconoscimento risarcitorio per equivalente, peraltro domandato dall'odierna parte ricorrente solo in via subordinata, per il caso di impossibilità di conseguire la reintegrazione in forma specifica (id est, l'aggiudicazione della gara).

Le spese sono a carico dell’ A.S.P. di Enna e della controinteressata e ricorrente incidentale, secondo la liquidazione operata in dispositivo, mentre possono compensarsi con la società Medical Gas Criogenici s.r.l. che non ha svolto di fatto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

1) rigetta il ricorso incidentale;

2) accoglie il ricorso principale, e per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati e segnatamente gli atti di ammissione alla gara della Soredil s.r.l. e di aggiudicazione della stessa gara in suo favore;

3) condanna l'A.S.P. di Enna e la Soredil s.r.l. al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.500,00 ( tremilacinquecento/00), oltre accessori, di cui Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) a carico della Amministrazione ed Euro 2.000,00 ( duemila/00) a carico della Soredil s.r.l.., oltre al rimborso del contributo unificato, a carico dell’A.S.P. e della controinteressata Soredil s.r.l. in parti uguali; compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Biagio Campanella, Presidente

Maria Stella Boscarino, Consigliere

Giuseppa Leggio, Consigliere, Estensore

     
     

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Ricorso per l'accesso agli atti inammissibile se il ricorrente non ne prova la sussistenza dei presupposti

Tar Catania, sez. I, sentenza del 12 aprile 2013, n. 1076
Data: 
12/04/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

 

"Ai fini della proponibilità del cd. ricorso per l’accesso ai documenti occorre la necessaria sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto di accedere.

La richiesta di esibizione di documenti deve essere corredata con la prova del collegamento tra gli atti richiesti ed un interesse del ricorrente; in carenza, il giudice, infatti, viene privato della possibilità di controllare la concreta e individuale situazione della quale sia portatore il ricorrente e, quindi, l'effettiva sussistenza delle condizioni di ammissibilità del ricorso.

Tale onere sussiste in particolare in tutti i casi - quale quello di specie - nei quali sono nella piena disponibilità della parte gli elementi atti a sostenere la fondatezza della domanda, secondo i principi generali (che in tal caso trovano integrale applicazione pure nel processo amministrativo) in tema di onere della prova."

N. 01076/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00101/2013 REG.RIC.

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Catania/Sezione%201/2013/201300101/Provvedimenti/stemma.jpg

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 101 del 2013, proposto da: 
******* , rappresentato e difeso dall'avv. ********, con domicilio eletto presso la Segreteria di questo Tar Catania, via Milano 42a;

contro

Comune di Maniace, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del silenzio diniego tacito sull'istanza di accesso ai documenti relativi al conferimento incarico di consulenza geologica e delibera di adozione p.r.g. del Comune di Maniace.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 il dott. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il ricorrente, premettendo di essere creditore del Comune di Maniace di onorari per prestazioni professionali per consulenza geologica - affidatagli con delib. G.M. n.140/1997- propedeutica al PRG, approvato con delib. Comm.acta n.1/2010, di non essere in possesso di tali deliberazioni e di averne fatto apposita richiesta, rimasta inevasa, con il ricorso in epigrafe chiede, previo annullamento del silenzio diniego tacito sull'istanza di accesso, ordinarsi al Comune di Maniace il rilascio delle copie dei documenti relativi al conferimento dell’incarico in questione.

Il Comune non si è costituito in giudizio e nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione .

DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, atteso che parte ricorrente non ha in alcun modo provato la sussistenza dei necessari presupposti per l’azione.

Occorre ricordare che, ai fini della proponibilità del cd. ricorso per l’accesso ai documenti occorre la necessaria sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto di accedere.

Al riguardo, l’Ad. Plen. del Consiglio di Stato, con decis. N.7/2012, ha –tra l’altro – affermato che la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti.

Conseguentemente, la richiesta di esibizione di documenti deve essere corredata con la prova del collegamento tra gli atti richiesti ed un interesse del ricorrente; in carenza, il giudice, infatti, viene privato della possibilità di controllare la concreta e individuale situazione della quale sia portatore il ricorrente e, quindi, l'effettiva sussistenza delle condizioni di ammissibilità del ricorso.

Tale onere sussiste in particolare in tutti i casi - quale quello di specie - nei quali sono nella piena disponibilità della parte gli elementi atti a sostenere la fondatezza della domanda, secondo i principi generali (che in tal caso trovano integrale applicazione pure nel processo amministrativo) in tema di onere della prova.

Ora, nel caso in questione, il ricorrente adduce di aver interesse ad ottenere copia della deliberazione di incarico e della deliberazione di approvazione dello strumento urbanistico alla cui redazione ha concorso con la propria perizia geologica, ma non ha allegato nemmeno un principio di prova delle circostanze dedotte, avendo depositato unicamente la raccomandata di messa in mora al pagamento degli onorari ed al rilascio dei documenti in questione.

Al riguardo, pare inverosimile che egli abbia espletato una prestazione professionale tanto impegnativa da determinare una liquidazione di compensi di oltre 70 mila euro (come si evince dalla raccomandata con la quale ha chiesto il rilascio dei documenti in questione) senza neppure una lettera di incarico; e comunque, di copia dei propri elaborati, consegnati al Comune in adempimento all’incarico, dovrebbe pur essere rimasto in possesso.

In ogni caso, il ricorrente avrebbe quanto meno potuto produrre la parcella vidimata dal competente Consiglio dell’Ordine, menzionata nella raccomandata prodotta in giudizio.

La carenza di un principio di prova delle circostanze addotte a sostegno della propria istanza non consente il doveroso accertamento dei presupposti per l’azione, rispetto i quali, pur nella sommarietà del giudizio (nel senso che nel pronunciarsi sull'accertamento del diritto di accesso il giudice non deve indagare il merito della vicenda sottostante), il ricorrente deve pur fornire la prova circa la correlazione fra la documentazione a cui chiede di accedere e la posizione giuridica da tutelare per mezzo dell'accesso (in termini, T.A.R. Marche, sez. I Ancona, 22 dicembre 2009 n. 1464).

L'onere di prova dell'interesse connesso all'oggetto della richiesta non può, d’altra parte, ritenersi soddisfatto, in relazione alla domanda di accesso, dall'affermazione della qualità di creditore, rivestita dal richiedente, poiché la mera indicazione del possesso di una certa qualità non può essere idonea ai fini della valutazione della legittimazione soggettiva del richiedente; né può desumersi alcunché dal contegno della controparte, non costituita in giudizio.

Conclusivamente, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, stante la mancata costituzione del Comune.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Biagio Campanella, Presidente

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Dauno Trebastoni, Consigliere

     
     

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sulla proponibilitĂ  in via autonoma dell'azione di risarcimento danni e sull'omessa impugnazione degli atti lesivi come fatto valutabile al fine di escludere la risarcibilitĂ  dei danni

Tar Catania, sez. III, sentenza del 11 aprile 2013, n. 1021
Data: 
11/04/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

 

"È  pur vero che ai sensi dell'art. 30 comma 3 Cod. Poc. Amm. è stata espunta dal nostro ordinamento la c.d. pregiudiziale amministrativa, ma ai sensi del medesimo art. 30, comma 3, (il giudice " esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti") non può ignorarsi il fatto che il ricorrente, ha introdotto il giudizio senza tempestivamente impugnare la propria esclusione dalle gare in questione, della quali si era reso provvisoriamente aggiudicatario, con ciò dimostrando di non avere fatto tutto quello che era in proprio potere per evitare i danni di cui ora pretende il riconoscimento.

A tal proposito appare opportuno ricordare due principi fondamentali di recente affermati dal Consiglio di Stato (cfr sent. n. 2859 del 17 maggio 2012 - Sez. III -):

a) nell'attuale quadro normativo, sensibile all'esigenza di una piena protezione dell'interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, risulta coerente che la domanda risarcitoria proposta nei confronti della P.A. col ricorso giurisdizionale, ove si limiti alla richiesta di ristoro patrimoniale senza mirare alla cancellazione degli effetti prodotti del provvedimento, sia proponibile in via autonoma rispetto all'azione impugnatoria e non si atteggi più a semplice corollario del detto ultimo rimedio, secondo una logica gerarchica che il codice del processo ha con chiarezza superato; ma lo stesso codice, pur negando la sussistenza di una pregiudizialità di rito, mostra di apprezzare, sul versante sostanziale, la rilevanza eziologica dell'omessa impugnazione degli atti lesivi come fatto valutabile al fine di escludere la risarcibilità dei danni che, secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, sarebbero stati presumibilmente evitati usando l'ordinaria diligenza e la buon fede (entro la soglia del c.d. apprezzabile sacrificio) in caso di tempestiva reazione processuale (o anche sotto forma di invito all'autotutela o ricorso amministrativo) nei confronti del provvedimento potenzialmente dannoso;

b) nel processo amministrativo deve essere valorizzato il principio secondo il quale è vietato abusare del diritto, tenendo presente che le scelte e le domande proposte in giudizio devono essere vagliate anche alla stregua del concreto risultato perseguito dalle parte e della sua conformità agli scopi voluti dall'ordinamento"

 

N. 01021/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00089/2012 REG.RIC.

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Catania/Sezione%203/2012/201200089/Provvedimenti/stemma.jpg

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 89 del 2012, proposto da: 
*****, rappresentato e difeso dall'avv. *****, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.******** in Catania, via ********,29;

contro

Comune di Gioiosa Marea, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. *******, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. ********** in Catania, *****************, 171;

per il risarcimento

dei danni derivanti da mancata conferma dell'aggiudicazione provvisoria di n. 2 gare relative all'affidamento servizio trasporto alunni nel territorio comunale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gioiosa Marea;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2013 il Cons. dott. Gabriella Guzzardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, ha partecipato a tre delle gare indette dal Comune di Gioiosa Marea con bando pubblicato in data 22/08/2011 per l’affidamento del servizio di trasporto alunni e si è reso aggiudicatario provvisorio di due di esse (tragitto n. 2 e tragitto n. 5, giusti verbali del 7/09/2011).

A seguito di espressa richiesta della stazione appaltante produceva, tra l’altro, a conferma delle dichiarazioni effettuate in sede di partecipazione, la visura camerale della propria iscrizione presso la CCIAA di Messina attestante l’attività di “autonoleggio da rimessa con conducente”.

Sul presupposto che tale certificazione non fosse coerente con le prescrizioni di gara, il Comune intimato, con propria nota prot. 14576 del 15/09/2010 (rectius 2011), procedeva alla esclusione del ricorrente con riferimento ad entrambi i tragitti oggetto di aggiudicazione provvisoria.

Il ricorrente, adducendo la illegittimità della disposta esclusione, chiede, con il ricorso introduttivo incardinato ai sensi dell’art. 30, comma 3 c.p.a., il risarcimento dei danni subiti che si quantificano, sotto il profilo del danno emergente, nella misura del 10%dell’importo a base d’asta depurato dal ribasso offerto con riferimento a ciascuna delle due gare di cui si era reso aggiudicatario; chiede altresì la refusione del danno curriculare e delle spese di partecipazione alla gara, con rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme complessivamente risultanti, con decorrenza dalla data in cui avrebbero dovuto essere stipulati i contratti, fino al soddisfo.

Il Comune di Gioiosa Marea, costituito in giudizio, eccepisce la inammissibilità, la irricevibilità e comunque l’infondatezza del ricorso introduttivo proposto al fine del riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni scaturente dalla mancata aggiudicazione definitiva cui il ricorrente assume avere diritto, ma senza mai avere impugnato l’esclusione dalle gare in questione operata dalla stazione appaltante con nota prot. n. 14576 del 15/09/2010.

Con memoria depositata in data 6 febbraio 2013 il ricorrente insiste nelle proprie richieste risarcitorie, ribadendo in questa sede la illegittimità della propria esclusione.

Alla Pubblica Udienza del 13 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Tutto ciò premesso in fatto, il Collegio, considerato che il ricorrente propone l'azione risarcitoria ai sensi dell'art. 30, comma 3, Cod. Poc. Amm. (che ha espunto dal nostro ordinamento la c.d. pregiudiziale amministrativa), deve valutare preliminarmente se l’esclusione del ricorrente dalle gare alle quali ha partecipato, e delle quali si era reso provvisoriamente aggiudicatario, abbia la connotazione della illegittimità, necessaria e propedeutica al fine del richiesto accoglimento delle avanzate istanze risarcitorie.

Come può desumersi dalla documentazione in atti, i bandi delle gare alle quali ha partecipato il ricorrente prescrivono l’iscrizione alla C.C.I.A.A. per la categoria relativa all’oggetto dell’appalto, id est “servizio trasporto alunni”.

Orbene, il ricorrente ha prodotto un certificato di iscrizione alla C.C.I.A.A. per il servizio di "autonoleggio da rimessa con conducente" ed il Comune ha ritenuto tale certificazione diversa e non assimilabile a quella richiesta dallalex specialis.

Tale decisione appare al Collegio corretta, in quanto il semplice servizio da rimessa (che nella specie sarebbe anche unica) non può asseverare l'idoneità tecnica per lo svolgimento del servizio di che trattasi alla stregua della descrizione risultante dai bandi delle gare alle quali il ricorrente ha partecipato rendendosi provvisoriamente aggiudicatario (tragitti n. 2 e n.5) e dei relativi capitolati, a tenore dei quale ultimi:

“l'appaltatore dovrà utilizzare, per l’espletamento del servizio anzidetto, personale qualificato e idoneo, mezzi efficienti e confortevoli, in buono stato di pulizia e manutenzione, in regola con le norme sulla circolazione stradale e dotato di tutte le attrezzature di sicurezza prescritte dalle norme vigenti, fino a soddisfare le esigenze del trasporto scolastico in ragione del numero degli utenti.

"I mezzi dovranno, altresì, essere dotati di riscaldamento e ventilazione e di porte da aprire e chiudere esclusivamente su comando dell’autista.

"Nell’esecuzione del servizio la Ditta aggiudicataria dovrà utilizzare automezzi regolarmente revisionati ed adeguati secondo la normativa vigente.

"Gli automezzi dovranno trasportare un numero massimo di utenti pari al numero dei posti a sedere o comunque alla capacità di trasporto del veicolo come indicato nella carta di circolazione. Non potranno essere utilizzati in nessun caso veicoli che obbligano il trasporto di passeggeri in piedi.

"Se il numero degli alunni risulta superiore, l’appaltatore dovrà in ogni caso provvedere a soddisfare l'esigenza dell’utenza scolastica effettuando più giri compatibili con gli orari scolastici di entrate e uscita;

"In presenza di alunni di scuola Materna il mezzo, inoltre, dovrà essere dotato di un accompagnatore come previsto dalla normativa in vigore e dal Regolamento Comunale approvato con delibera di C.C. N° 35”.

E' pur vero che tali disposizioni non menzionano espressamente il tipo di iscrizione o di automezzo da utilizzare per lo svolgimento del servizio, ma al Collegio pare evidente che le modalità e le caratteristiche di questo, come sopra descritte, escludano l'adeguatezza dell'iscrizione posseduta dal ricorrente, specie laddove è prescritto che debbano essere soddisfatte "…le esigenze del trasporto scolastico in ragione del numero degli utenti" e che debba essere assicurata la presenza di "un accompagnatore" per gli alunni di scuola Materna.

La circostanza addotta in ricorso, secondo cui il servizio del trasporto alunni frequentanti la scuola materna ed elementare possa rientrare nella più ampia categoria 2 dell’all. IIA del D.L.vo 163/2006 ("trasposto terrestre"), come previsto al punto 2 dei bandi ai quali il ricorrente ha partecipato, non determina automaticamente l'illegittimità della sua esclusione.

Il “trasporto terrestre” di cui all’allegato IIA D.L.vo 163/2006, costituisce ampia categoria nella quale rientrano tutte le ipotesi che non siano ivi espressamente escluse (ossia servizi con furgoni blindati, e servizi di corriere) e quindi occorreva, nel caso a mano, che il partecipante alle gare in questione, pur iscritto, come richiesto, alla C.C.I.AA. per la categoria generale sopra indicata, dimostrasse il possesso dei mezzi necessari ed adeguati al peculiare tipo di trasporto che era chiamato ad effettuare, come dettagliatamente descritto nel capitolato afferente a ciascuno dei bandi di gara qui di interesse, ove sono specificati i requisiti tecnici dei mezzi che l’appaltatore deve utilizzare per il delicato servizio al cui affidamento ambisce fino al punto da richiedersi - come prima precisato - la figura di un accompagnatore per il trasporto di alunni della scuola materna.

Peraltro, non risulta dagli atti di gara che il ricorrente abbia documentato il possesso dei requisiti tecnici richiesti, sia con riferimento ai mezzi che alle figure professionali di supporto al servizio, dai capitolati speciali delle gare alle quali ha partecipato. Conseguentemente legittima è stata la sua esclusione operata dalla stazione appaltante che ciò ha riscontrato anche a seguito delle controdeduzioni fornite dalla ditta ricorrente con propria nota del 30 settembre 2011 nelle quali si è limitato a ribadire la sufficienza dell’iscrizione alla categoria 2 dell’all. IIA del codice contratti, che al punto 2 descrive i servizi di trasporto terrestre.

Se così non fosse, si dovrebbe pervenire alla (per vero illogica) conclusione che alle gare in questioni potrebbero partecipare operatori autorizzati al trasporto terrestre di merci o materiali che nulla hanno a che vedere con il servizio de quo.

Del resto la valenza dell’iscrizione anagrafica presso le Camere di Commercio (che non ha natura costitutiva ma è preordinata meramente a fini statistici), comporta che l’ammissione o l’esclusione delle ditte dalle gare d’appalto va decisa dalla Pubblica Amministrazione, di volta in volta, sulla base di una valutazione in concreto della rispondenza dell’attività certificata con l’oggetto del contratto da stipulare (in termini ex multis, TAR Piemonte, sent. n. 1749 del 13 ottobre 2011).

La Stazione appaltante, quindi legittimamente, valutata l’offerta del ricorrente con riferimento al tipo di attività svolta (autonoleggio con conducente), genericamente rientrante nella tipologia “trasposto terrestre” ed ai mezzi di cui dispone, ha ritenuto non coerente con l’oggetto del servizio la qualificazione tecnica posseduta dallo stesso.

Il Collegio rileva, per completezza, che è pur vero che ai sensi dell'art. 30 comma 3 Cod. Poc. Amm. è stata espunta dal nostro ordinamento la c.d. pregiudiziale amministrativa, ma ai sensi del medesimo art. 30, comma 3, (il giudice " esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti") non può ignorarsi il fatto che il ricorrente, ha introdotto il giudizio senza tempestivamente impugnare la propria esclusione dalle gare in questione, della quali si era reso provvisoriamente aggiudicatario, con ciò dimostrando di non avere fatto tutto quello che era in proprio potere per evitare i danni di cui ora pretende il riconoscimento.

A tal proposito appare opportuno ricordare due principi fondamentali di recente affermati dal Consiglio di Stato (cfr sent. n. 2859 del 17 maggio 2012 - Sez. III -):

a) nell'attuale quadro normativo, sensibile all'esigenza di una piena protezione dell'interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, risulta coerente che la domanda risarcitoria proposta nei confronti della P.A. col ricorso giurisdizionale, ove si limiti alla richiesta di ristoro patrimoniale senza mirare alla cancellazione degli effetti prodotti del provvedimento, sia proponibile in via autonoma rispetto all'azione impugnatoria e non si atteggi più a semplice corollario del detto ultimo rimedio, secondo una logica gerarchica che il codice del processo ha con chiarezza superato; ma lo stesso codice, pur negando la sussistenza di una pregiudizialità di rito, mostra di apprezzare, sul versante sostanziale, la rilevanza eziologica dell'omessa impugnazione degli atti lesivi come fatto valutabile al fine di escludere la risarcibilità dei danni che, secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, sarebbero stati presumibilmente evitati usando l'ordinaria diligenza e la buon fede (entro la soglia del c.d. apprezzabile sacrificio) in caso di tempestiva reazione processuale (o anche sotto forma di invito all'autotutela o ricorso amministrativo) nei confronti del provvedimento potenzialmente dannoso;

b) nel processo amministrativo deve essere valorizzato il principio secondo il quale è vietato abusare del diritto, tenendo presente che le scelte e le domande proposte in giudizio devono essere vagliate anche alla stregua del concreto risultato perseguito dalle parte e della sua conformità agli scopi voluti dall'ordinamento.

Rilevata la infondatezza delle domande risarcitorie azionate, il ricorso introduttivo va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio, data la natura ed i peculiari profili della controversia, possono andare compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Calogero Ferlisi, Presidente

Gabriella Guzzardi, Consigliere, Estensore

Agnese Anna Barone, Consigliere

     
     

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)