Giurisprudenza

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La mancanza di una espressa menzione all’assenza di condanne per i reati di fonte comunitaria non può essere causa di esclusione se l’impresa ha dichiarato di non essere incorsa in nessuna delle condizioni di cui all’art. 38

Tar Catania, sez. IV, sentenza n. 2757 del 12 novembre 2013
Data: 
12/11/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza
Materia: 
Requisiti di partecipazione
Se è vero che l’art. 38, lett. c, seconda parte, considera cause di esclusione ad effetto vincolato “la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’art. 45, paragrafo I, della Direttiva CE 2004/18”, appare corretta e conforme alla legge la condotta dell’impresa che in sede di gara ha certificato di non essere incorsa in nessuna delle condizioni di cui all’art. 38 del D. Lgs. 163/2006, e poco dopo ha anche precisato di non aver subìto condanne, ancorchè non definitive, relative a “reati che precludono la partecipazione alle gare d’appalto”. Quest’ultima precisazione, infatti, ha carattere più generale ed assorbe tutte le tipologie di condanne penali alle quali la legge conferisce valore ostativo per la partecipazione alle pubbliche gare, ivi incluse le specifiche condanne per reati “comunitari” di cui si lamenta la omessa menzione. Anzi, la predetta dichiarazione assume una valenza addirittura più incisiva, in quanto esclude la sussistenza di condanne anche non definitive, mentre la seconda parte della lettera c, dell’art. 38 in esame, contempla solo le sentenze passate in giudicato.
 

N. 02757/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01095/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1095 del 2012, proposto da:
Ricorrente Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Umberto Ilardo, con domicilio eletto presso avv. Andrea Libranti, in Catania, Corso Italia, 172;
contro
Comune di Milo, rappresentato e difeso dall'avv. Nicolo' D'Alessandro, con domicilio eletto presso avv. Nicolo' D'Alessandro, in Catania, P.zza Lanza 18/A;
nei confronti di
Edilgecos S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Benedetta Caruso, Gabriella Caudullo, con domicilio eletto presso avv. Gabriella Caudullo, in Catania, viale Raffaello Sanzio 60;
***, non costituite in giudizio;
per l'annullamento
dei verbali di gara del 29 febbraio e dell’1-2-5-6-8-9 Marzo 2012 relativi al pubblico incanto indetto dal Comune di Milo per l’affidamento dei lavori relativi al “Contratto di quartiere II Fornazzo – Praino”;
- della nota con la quale il RUP ha comunicato alla Ricorrente s.r.l. l’aggiudicazione provvisoria della gara a favore dell’ATI Edilgecos s.r.l.-Simeto Costruzioni s.r.l.;
- della determinazione dirigenziale n. 122 del 29 marzo 2012 con cui è stata disposta l’aggiudicazione definitiva;
- del provvedimento del 13 aprile 2012 con il quale il RUP ha respinto i rilievi e le contestazioni sollevate dalla Ricorrente Costruzioni s.r.l.;
- ove intervenuta, della verifica dei requisiti posseduti dall’ATI aggiudicataria;
- di ogni altro atto e/o provvedimento antecedente o successivo, comunque connesso, presupposto e/o consequenziale;
per il conseguimento dell’appalto e per la stipula del relativo contratto;
per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con l’ATI Edilgecos s.r.l.-Simeto Costruzioni s.r.l.;
in subordine, per il risarcimento dei danni per equivalente monetario;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milo e della Edilgecos S.r.l.;
Visto il ricorso incidentale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La gara d’appalto indetta dal Comune di Milo per l’assegnazione dei lavori relativi al “Contratto di quartiere II Fornazzo – Praino” è stata aggiudicata con determinazione dirigenziale n. 122 del 29 marzo 2012 alla costituenda ATI Edilgecos s.r.l.-Simeto Costruzioni S.r.l.
L’impresa ricorrente s.r.l. - in qualità di partecipante alla medesima selezione, collocatasi al secondo posto della graduatoria – ha impugnato l’esito della gara sostenendo che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa per aver presentato una domanda incompleta sotto il profilo della dichiarazione dei requisiti soggettivi di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici.
In dettaglio, viene censurata l’omessa specificazione da parte del legale rappresentane, del direttore tecnico e del socio di maggioranza, dell’assenza di condanne penali per gli specifici reati di “partecipazione ad un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, come definiti dagli atti comunitari citati all’art. 45, paragrafo I, della Direttiva CE 2004/18”, espressamente indicati nella lettera c dell’art. 38, e richiesti dal bando a pena di esclusione.
In più, viene contestata anche la decisione del RUP che, dopo aver ricevuto il preavviso di ricorso proposto dall’impresa ricorrente s.r.l., ha ritenuto tardive le contestazioni rispetto al termine di cui all’art. 4, co. 2, della L.R. 16/2010, e non le ha quindi esaminate nel merito.
Si è costituito in giudizio per resistere al ricorso l’intimato Comune di Milo.
Si è anche costituita la Edilgecos costruzioni s.r.l., quale capogruppo dell’A.T.I. aggiudicataria, che ha dedotto l’infondatezza delle censure, ed ha contestualmente proposto ricorso incidentale allo scopo di far valere irregolarità nelle dichiarazioni e nella documentazione prodotta in gara dalla ricorrente Costruzioni s.r.l., tali da condurre necessariamente alla sua esclusione, e tali da impedirle di vantare un apprezzabile interesse alla coltivazione del ricorso principale.
Con ordinanza n. 608/2012 questa Sezione ha respinto la domanda cautelare proposta dalla ricorrente s.r.l., ritenendo fondati i primi due motivi del ricorso incidentale.
In sede di appello, la domanda cautelare è stata ugualmente respinta, sul presupposto, tuttavia, della infondatezza di entrambi i ricorsi , principale ed incidentale (v. ordinanza n. 488/12).
Il Collegio, sulla scorta di un esame più approfondito dell’intera vicenda, ritiene di poter invertire il normale ordine di trattazione dei ricorsi, e di prendere le mosse – per ragioni di economia processuale - direttamente dal ricorso principale, respingendolo in quanto infondato.
Invero, va messo in rilievo il fatto che – come si deduce in ricorso – i rappresentanti delle imprese associate nell’ATI poi risultata aggiudicataria avevano dichiarato – con riferimento alla lettera c, dell’art. 38, del D. Lgs. 163/2006 – di non essere incorsi in condanne penali per reati gravi commessi in danno dello Stato e della Comunità che incidono sulla moralità professionale. Avevano però omesso di precisare – ed in questo si concentra la censura contenuta nel ricorso – di essere altresì esenti anche da condanne per gli specifici reati di “partecipazione ad un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, come definiti dagli atti comunitari citati all’art. 45, paragrafo I, della Direttiva CE 2004/18”, anch’essi indicati nell’art. 38 lett. c.
Mancando tale dichiarazione, che parrebbe sanzionata con l’esclusione anche dal bando di gara, laddove richiede ai partecipanti di affermare - indicandole specificamente - di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 38 del D. Lgs. 163/2006, ad avviso dell’impresa ricorrente, l’ATI aggiudicataria avrebbe dovuto essere necessariamente esclusa.
La doglianza non è fondata.
Si deve, infatti, evidenziare che – pur avendo omesso di menzionare l’assenza di condanne per i reati di fonte comunitaria suindicati – i rappresentanti dell’ATI aggiudicataria hanno tutti certificato ai sensi del D.P.R. 445/2000, nel corpo della stessa domanda, di non essere stati destinatari di “sentenze ancorchè non definitive relative a reati che precludono la partecipazione alle gare d’appalto”.
Ritiene il Collegio (con ciò condividendo parte delle deduzioni difensive della controinteressata) che la riportata affermazione, sottoscritta a pena di responsabilità penale, nel corpo della stessa domanda di partecipazione, sia sufficiente ed idonea a dichiarare l’assenza di quelle specifiche condanne penali (di matrice comunitaria) non espressamente esplicitate, che inibiscono la partecipazione alla gara.
Infatti, se è vero che l’art. 38, lett. c, seconda parte, considera cause di esclusione ad effetto vincolato “la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’art. 45, paragrafo I, della Direttiva CE 2004/18”, appare corretta e conforme alla legge la condotta dell’impresa che in sede di gara ha certificato di non essere incorsa in nessuna delle condizioni di cui all’art. 38 del D. Lgs. 163/2006, e poco dopo ha anche precisato di non aver subìto condanne, ancorchè non definitive, relative a “reati che precludono la partecipazione alle gare d’appalto”. Quest’ultima precisazione, infatti, ha carattere più generale ed assorbe tutte le tipologie di condanne penali alle quali la legge conferisce valore ostativo per la partecipazione alle pubbliche gare, ivi incluse le specifiche condanne per reati “comunitari” di cui si lamenta la omessa menzione. Anzi, la predetta dichiarazione assume una valenza addirittura più incisiva, in quanto esclude la sussistenza di condanne anche non definitive, mentre la seconda parte della lettera c, dell’art. 38 in esame, contempla solo le sentenze passate in giudicato.
Alle medesime conclusioni è già pervenuto questo Tribunale, in una fattispecie analoga, (con sentenza passata in giudicato ) statuendo che : “Alla luce di quanto messo in evidenza, allora, può affermarsi che - seppur sia mancata nella dichiarazione presentata per partecipare alla procedura di gara una espressa indicazione dell’assenza di condanne per i singoli reati individuati dalla legge (nell’ultima parte dell’art. 38, lett. c) – vi è stata comunque una dichiarazione ad ampio spettro che esclude l’esistenza di alcuna condanna penale che preclude la partecipazione alle gare d’appalto; categoria nella quale, per logica, devono essere senz’altro ricomprese anche le condanne per gli “specifici” reati considerati dalla legge come assolutamente ostativi, ancorchè non analiticamente elencati.” (Tar Catania, I, 920/2011). Tale avviso, peraltro, risulta in linea anche con la giurisprudenza del giudice d’appello che, in tema di formalità documentali per la partecipazione alle pubbliche gare, ha precisato: “Nelle procedure di gara degli appalti pubblici, il principio che ravvisa nel rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla lex specialis un efficace presidio a garanzia della par condicio tra i partecipanti può essere oggetto di temperamenti, perché del formalismo procedurale che sorregge il sistema selettivo va scongiurata un'applicazione meccanica che, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, contraddica la fondamentale e immanente esigenza di ragionevolezza dell'attività amministrativa, finendo così per porsi in contrasto con le finalità di tutela cui sono preordinati i generali canoni applicativi delle regole della contrattualistica pubblica” (C.G.A. 233/2012).
Né potrebbe ritenersi che l’esclusione della concorrente debba conseguire direttamente all’applicazione del disciplinare di gara, nella parte in cui stabilisce che “nella busta A devono essere contenuti a pena di esclusione i seguenti documenti: (…omissis…) dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del D.P.R. 445/2000 (… omissis…) con la quale il concorrente dichiara, indicandole, specificamente, di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 38 D. Lgs. 163/2006”.
Invero, le riferite modalità attraverso le quali il concorrente ha dichiarato il possesso dei requisiti ex art. 38 non risultano in contrasto con la prescrizione del disciplinare: anche se con affermazioni frazionate e con lessico diverso da quello usato dal legislatore, l’impresa ha comunque attestato la sussistenza del requisito, dichiarando di non essere incorsa in alcuna tipologia di condanna penale che, a norma della lettera c, preclude la partecipazione alla gara. La prescrizione del disciplinare non risulta quindi violata.
Si deve viepiù considerare che lo stesso disciplinare di gara – pur potendo legittimamente richiedere ai concorrenti l’elencazione analitica, lettera per lettera, delle condizioni previste dell’art. 38 - non avrebbe potuto sanzionare con l’esclusione le ipotesi di violazione del particolare regime formale così introdotto.
Infatti, dopo l’introduzione del comma 1 bis nell’art. 46 del D. Lgs. 163/2006, le condizioni di esclusione dalle pubbliche gare sono state tassativamente individuate dal legislatore con espresso richiamo al “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti”. Nel contempo, si è esclusa la discrezionalità delle singole stazioni appaltanti in ordine alla predisposizione di motivi di esclusione che non trovino la loro fonte nella legge o nel regolamento attuativo: difatti “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.
Ebbene, con riguardo alle modalità di dichiarazione del possesso dei requisiti generali di partecipazione di cui all’art. 38 lett. da a) ad m) quater, il Codice dei contratti prescrive al concorrente solo l’obbligo di produrre una dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/2000 (v. art. 38, co. 2), senza particolari formalità espressive e senza pretendere che questa debba elencare necessariamente le singole lettere ed, in negativo, le prescrizioni ivi contenute. Neanche il regolamento attuativo del Codice prevede specifiche formalità al riguardo.
Si può, quindi, concludere che la sanzione dell’esclusione non poteva essere comminata dal disciplinare di gara per la semplice omissione formale ora denunciata, trattandosi di causa di esclusione non codificata dal legislatore nell’art. 46, co. 1 bis, e nei testi di legge ivi richiamati. La clausola risulta, dunque, in parte affetta da nullità ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 46, co. 1 bis, del Codice dei contratti, e la nullità può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice in base a quanto prevede oggi l’art. 31, co. 4, del c.p.a.
Ne segue che la censura in esame è infondata.
Anche la seconda censura - con la quale la ricorrente lamenta l’illegittima condotta tenuta dal RUP allorquando ha omesso di esaminare nel merito, reputandole tardive, le contestazioni presentate in via amministrativa avverso l’aggiudicazione – non può essere accolta.
Senza addentrarsi nella questione della tempestività o meno del reclamo amministrativo, il Collegio si limita a rilevare come le censure rivolte dalla Spitale Costruzioni s.r.l. al provvedimento di aggiudicazione siano state poi trasfuse nel ricorso in esame che si è detto infondato; per cui non vi è più interesse ad una pronuncia circa la ritualità della informativa di proporre ricorso avanzata dalla ricorrente Costruzioni s.r.l. al RUP, dal momento che le doglianze inserite nel reclamo risultano comunque infondate nel merito.
In definitiva, il ricorso principale è infondato e va respinto; con la conseguente sopravvenuta carenza di interesse all’esame del ricorso incidentale.
Il differente esito fra la fase cautelare del giudizio e quella di merito induce a compensare le spese processuali fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, rigetta il ricorso principale, e dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse processuale il ricorso incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Cosimo Di Paola, Presidente
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere
Francesco Bruno, Consigliere, Estensore
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Il Tar Palermo solleva la questione di costituzionalità sulla normativa della Regione Siciliana che prevede un conto unico per gli appalti per contrasto con l’art. 117, comma 2, lettere h) e l), della Costituzione

Tar Palermo, ordinanza n. 2055 del 07 novembre 2013
Data: 
07/11/2013
Tipo di Provvedimento: 
ordinanza

L'ordinanza solleva dubbi di costituzionalità in ordine alla disciplina posta dall''art. 2 L.R. Siciliana n. 15/2008 e rimette  alla Corte costituzionale le seguente questioni di legittimità costituzionale:

--A) dell’art. 2, primo comma, della legge della Regione Siciliana 20 novembre 2008, n. 15, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), dell’art. 3, secondo comma, e dell’art. 97, primo comma, della Costituzione;

--B) dell’art. 2, secondo comma, della legge della Regione Siciliana 20 novembre 2008, n. 15, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), dell’art. 27, secondo comma, dell’art. 3, secondo comma, e dell’art.97, primo comma, della Costituzione;

 

 

N. 02055/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00853/2013 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 853 del 2013, proposto dalla Cooperativa C********, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e nella qualità di mandataria del RTI composto con le imprese Soc.Coop.Cult.-M**** M***** Srl- S***** E***** .Spa – B***** Soc Coop-A******* Soc.Coop-I***** Soc.Coop.-A*** N**** Srl-E*** T***** Cons.Soc.Coop., rappresentato e difeso dagli avv. ************** e *********, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. ********* sito in Palermo, via ********** N.40;

 

contro

l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana, Dip. Reg. dei Beni Cult. e Amb, la Presidenza della Regione Siciliana e l’Ass. Reg. dei Beni Cult. e dell'Identità Sic. Dip. Reg. dei Beni Cult. e dell'Id. Sic., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria per legge con uffici siti in Palermo, via A. De Gasperi 81;

nei confronti di

-Consorzio i L***** dell'A*****, non costituito; 
-N******* S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ******** e *******, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. ******* sito in Palermo, viale Francesco Scaduto 2/D

per l'annullamento

A) quanto al ricorso introduttivo proposto dalla Cooperativa C********:

- della nota prot. n. 10523 del 26.2.13 con cui è stata comunicata la sospensione della gara indetta per l'affidamento della gestione dei servizi per il pubblico di cui all'art. 117 del D. Lgs. n. 42 del 2004 nei siti di Palermo, Agrigento, Siracusa, Trapani e Messina;

- della deliberazione n. 34 del 31.1.13;

- della nota prot. n. 1392 del 31.1.13;

- di tutti gli atti presupposti, consequenziali e connessi;

B) quanto al ricorso incidentale, proposto da N****** s.r.l.:

- degli atti relativi alle procedure aperte per l’affidamento della gestione integrata dei servizi per il pubblico di cui all’art.117 del D.Lgs.42/2004 nei siti archeologici e museali della Regione Siciliana per le provincie di Palermo, Agrigento, Siracusa, Trapani e Messina con particolare riferimento: a) al bando di gara, capitolato speciale e allegati relativi inerenti i siti delle Provincie di Trapani, Messina, Caltanisetta-Ragusa-Siracusa, Palermo, Agrigento; b) agli atti e provvedimenti con i quali le ATI Coop ******** sono state ammesse a partecipare alle gare; c) ai verbali di gara tutti e relativi allegati; d) ai provvedimenti di aggiudicazione provvisoria e di aggiudicazione definitiva in favore delle suddetta ATI Coop. ********; e) ai provvedimenti di esclusione dell’ATI N******; f) agli atti di concessione/contratti eventualmente stipulati; g) ad ogni ulteriore atto presupposto, connesso, conseguente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato per le Amministrazioni regionali intimate e la successiva memoria;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di N******* S.r.l. e il successivo ricorso incidentale;

Vista l’ordinanza n. 353 del 22 maggio 2013 sulla domanda incidentale di sospensione degli effetti del provvedimenti impugnati;

Vista l’ordinanza n.1796 del 10 ottobre 2013 sulla domanda di accesso agli atti formulata dal ricorrente incidentale N****** ai sensi e per gli effetti dell’art.116, comma 2, c.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2013 il dott. Roberto Valenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;

Visto l'art. 79, co. 1, cod. proc. amm.;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;

 

FATTO

Con ricorso notificato il 05/04/2013 e depositato il successivo 24/04/2013, la società Cooperativa C******** ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione degli effetti, il provvedimento in epigrafe indicato (prot.10523 del 26/02/2013, ricevuto il 06/03/2013) con il quale l’Amministrazione regionale ha sospeso le gare indette per l’affidamento della gestione dei servizi per il pubblico di cui all’art.117 del D.Lgs. n. 42/2004 nei siti di Palermo, Agrigento, Siracusa, Trapani e Messina. Costituiscono oggetto di impugnazione altresì la deliberazione n.34 del 31 gennaio 2013 della giunta Regionale della Regione Siciliana, nonché la nota prot. 1392 del 31/01/2013 del Presidente della Regione.

Premette la società ricorrente di aver partecipato alle procedure indette dalla Regione Siciliana (con bandi approvati con decreto assessoriale 30 giugno 2010 e promulgati nel luglio 2010) per l’affidamento in concessione della gestione integrata dei servizi al pubblico nei siti museali presenti sul territorio, il cui termine per la presentazione delle domande di partecipazione è stato previsto, dall’art.11 del bando, al 3 marzo 2011. In esito alle relative procedure la medesima Cooperativa ******** è risultata aggiudicataria (in qualità di mandataria dei relativi RTI) delle gare per le rispettive provincie di Palermo (lotto Palermo 1) ed Agrigento (lotto Agrigento 1).

Espone quindi di aver ricevuto, in data 06/03/2013, la nota in epigrafe indicata con la quale l’Amministrazione comunica, giusta delibera della Giunta Regionale n.34 del 31/01/2013, di aver chiesto all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo di sollevare eccezione di nullità dei bandi in questione in quanto carenti della previsione normativa di cui all’art. 2 l.r. 15/2008; per cui, nelle more del relativo esito, ha ritenuto di sospendere le procedure di verificazione dei risultati delle gare, ivi comprese quelle aggiudicate in parola. Segnatamente, l’Amministrazione ha motivato detta richiesta, e la conseguente sospensione, nella considerazione che “ì bandi adottati sono carenti delle clausole di cui all’art.2, commi 1 e 2, della legge regionale 15/2008, risultando per questa ragione affetti da vizio di nullità insanabile che li rende di fatto inefficaci e dai quali deriva la nullità di tutti gli atti conseguenti”.

Il ricorso è affidato a due profili di doglianza riconducibili rispettivamente:

1) alla violazione degli artt. 1, 2, 3 e 21quater L.241/90, nonché alla violazione degli artt. 2, 11 e 12 D.Lgs. 163/2006 oltre che all’errore nei presupposti di fatto e di diritto, al difetto di istruttoria, illogicità e violazione dell’art.97 Cost. (prima censura), contestandosi in altri termini la sospensione sine die degli atti di gara in assenza di presupposti;

2) alla violazione dell’art.3 l. 136/2010, dell’art.38 D.Lgs. n. 163/2006, alla violazione del D.Lgs. 159/2011 nonché all’errata applicazione dei presupposti di fatto e di diritto e alla violazione degli artt. 117 e 97 Cost. (seconda censura), contestandosi sia l’inapplicabilità della norma in questione (art.2, commi uno e due, l.r. 15/2008) alla fattispecie concreta, sia comunque l’implicita abrogazione della norma regionale per effetto dell’entrata in vigore della disciplina nazionale di cui all’art.3 l. 136/2010.

Si è costituita l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo articolando scritti a difesa in vista della camera di consiglio del 22 maggio 2013, insistendo per il rigetto del ricorso in quanto infondato argomentando come, ratione temporis, debba trovare applicazione unicamente la mentovata normativa regionale.

Si è altresì costituita in giudizio l’intimata N*******.

Alla camera di consiglio del 22/05/2013, fissata per la trattazione della domanda cautelare, è stata adottata l’ordinanza n. 353/2013 di fissazione della presente pubblica udienza di discussione.

Con controricorso notificato il 13/05/2013 e depositato il successivo 21/05/2013, N******* ha incidentalmente impugnato gli atti di gara nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione della ricorrente principale (per omessa dichiarazione ex art. 38 D.Lgs.163/2006 quanto ad un amministratore asseritamente cessato dalla carica nel triennio precedente), nonché nella parte in cui è stata disposta l’esclusione della medesima ricorrente incidentale per mancanza dei requisiti ex art. 38 cit., così riproponendo analoghe prospettazioni e doglianze già articolate nel separato ricorso incardinato presso questo decidente R.G.1581/2010.

Con incidente ex art.116 comma 2 c.p.a. la stessa N******* ha chiesto l’annullamento del provvedimento con cui l’Amministrazione regionale ha riscontrato, in termini di diniego, l’istanza di accesso ai documenti amministrativi costituiti dalla documentazione prodotta dalla Cooperativa C******* per la partecipazione alle gare.

Con ordinanza n. 1796, pubblicata il 10/10/2013, la relativa domanda è stata respinta.

In prossimità della pubblica udienza di trattazione parte ricorrente ha articolato scritti a difesa insistendo per l’accoglimento ed eccependo altresì inammissibilità del ricorso incidentale presentato da N*******.

Quest’ultima, con memoria in termini, ha formulato istanza processuale insistendo altresì nelle proprie conclusioni.

Con memoria di replica parte ricorrente ha controdedotto, chiedendo l’accoglimento del ricorso e reiterando le eccezioni in rito.

DIRITTO

1.0 –La questione sottoposta al vaglio del Collegio.

1.1 – La ricorrente società Cooperativa C*******, aggiudicataria di alcune procedure di evidenza pubblica indette dall’Amministrazione regionale ex art.117 D.Lgs. 42/2004 (con bandi approvati il 30/06/2010 e pubblicati nel mese di luglio 2010) per la gestione dei servizi al pubblico nei siti museali ed archeologici presenti nei vari distretti del territorio regionale, si duole della illegittimità del provvedimento mercé il quale l’Amministrazione, nel presupposto che i relativi bandi risultano carenti rispetto a quanto previsto a pena di nullità dall’art. 15, commi 1 e 2, l.r. 15/2008, ha “sospeso” sine die le ulteriori fasi delle gare di che trattasi, chiedendo al contempo all’Avvocatura erariale dello Stato, patrocinante ex lege, di farne valere in ogni sede la nullità.

La pretesa sostanziale azionata con il ricorso, strumentalmente connessa alla contestata applicazione della norma regionale cit. fattane dall’Amministrazione, tende dunque a far valere l’illegittimità del provvedimento in parola, che si frappone (al di là del nomen iuris utilizzato) come vero e proprio arresto procedimentale immediatamente lesivo rispetto alla definitiva e materiale assegnazione dell’oggetto delle gare aggiudicate.

2.0 –Sull’applicabilità alla fattispecie dedotta in giudizio della norma invocata dall’Amministrazione regionale nei provvedimenti impugnati.

2.1 – Osserva il Collegio come i bandi delle procedure di evidenza pubblica per i quali è controversia, sottesi ai provvedimenti impugnati e pubblicati nel luglio 2010 (antecedentemente, quindi, alla legge nazionale 13/08/2013 n. 136 –pubblicata in G.U.R.I. 23/08/2010 n. 196- il cui art.3 rubricato “Tracciabilità dei flussi finanziari” è invocato dalla Cooperativa C******* per far valere l’abrogazione implicita della normativa regionale), in effetti non recano le clausole previste, a pena di nullità, dall’articolo 2, primo e secondo comma, della legge della Regione Siciliana 20 novembre 2008, n. 15, secondo cui:

« 1.Per gli appalti di importo superiore a 100 migliaia di euro, i bandi di gara prevedono, pena la nullità del bando, l'obbligo per gli aggiudicatari di indicare un numero di conto corrente unico sul quale gli enti appaltanti fanno confluire tutte le somme relative all'appalto. L'aggiudicatario si avvale di tale conto corrente per tutte le operazioni relative all'appalto, compresi i pagamenti delle retribuzioni al personale da effettuarsi esclusivamente a mezzo di bonifico postale o assegno circolare non trasferibile. Il mancato rispetto dell'obbligo di cui al presente comma comporta la risoluzione per inadempimento contrattuale. 2. I bandi di gara prevedono, pena la nullità degli stessi, la risoluzione del contratto nell'ipotesi in cui il legale rappresentante o uno dei dirigenti dell'impresa aggiudicataria siano rinviati a giudizio per favoreggiamento nell'ambito di procedimenti relativi a reati di criminalità organizzata. ».

2.2 – La giurisprudenza di questo Tribunale Amministrativo Regionale (sede di Palermo e sezione staccata di Catania) nonché del Giudice d’appello territoriale (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana), nelle fattispecie -sin qui susseguitesi- nelle quali si è fatta carico dell’accertata carenza di quelle previsioni, è pervenuta ad alcune conclusioni in grande prevalenza del tutto univoche.

Esse riguardano in primo luogo, e per quanto qui immediatamente rileva, il pieno titolo dell’organo giurisdizionale adito a rilevare d’ufficio la nullità del bando, in applicazione del precetto contenuto nell’articolo 31, quarto comma, secondo periodo, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (codice del processo amministrativo), peculiarmente in materia attribuita, ex art. 133, primo comma, lettera e), del medesimo testo normativo, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza 27 luglio 2012, n. 721, richiamata dall’ordinanza, resa dal medesimo organo giurisdizionale in sede di appello cautelare, 16 ottobre 2013, n. 786; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, sentenza 20 maggio 2013, n. 1441). Di talché appaiono non conducenti le considerazioni svolte dalla parte ricorrente (nell’ambito della prima censura) sulla non ancora intervenuta dichiarazione di nullità dei bandi in considerazione.

2.2.1 – La medesima giurisprudenza sopra richiamata concorda inoltre sulla sostanziale applicabilità della norma regionale a tutto il comparto degli appalti pubblici, non solo cioè a quelli relativi alla materia dei lavori [riservata alla legislazione esclusiva della Regione ai sensi dell’articolo 14, lettera g) del decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante lo Statuto della Regione Siciliana (approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2)]: l’indirizzo appena tracciato, tanto consolidato da costituire “diritto vivente” a livello regionale, ha ritenuto che nel difficile contesto dell’Isola anche gli appalti di servizi e forniture di importo superiore ai 100.000,00 euro devono rispettare, quindi, la speciale disciplina de quo in tema di tracciabilità dei flussi finanziari e di tutela avanzata nei confronti dei reati di criminalità organizzata, come stabilita nei commi primo e secondo dell’art. 2 della citata legge regionale n. 15 del 2008 (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza n. 721/2012 cit.; ordinanza n. 786/2013 cit.; T.A.R. Sicilia, Sez. III, sentenza 19 dicembre 2011, n. 2406; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, ord. 11 luglio 2013, n. 646). Tale indirizzo appare, peraltro, coerente con il chiaro tenore letterale della disposizione regionale (significativamente inserita nella legge regionale n. 15 del 2008 contenente “Misure di contrato alla criminalità organizzata” a fronte dell’iniziale previsione -desumibile dai lavori preparatori del disegno di legge- che concepiva la norma quale come aggiunto all’art.19 della l. 11 febbraio 1991, n. 109, come introdotta con modifiche in ambito regionale mercé la legge regionale 2 agosto 2002, n. 7), la quale fa riferimento, con formulazione volutamente ampia, agli “appalti di importo superiore a 100 migliaia di euro”.

2.3 – Ciò posto sul piano generale, il Collegio non dubita della diretta e immeditata applicazione della norma in parola ai bandi indetti dalla Regione che qui vengono in rilievo, quantunque occorre altresì riconoscere che al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte (03 marzo 2011, come previsto dall’art. 11 di ogni bando di gara) era certamente vigente ed operante in ambito nazionale la disciplina di cui l’art. 3 L. 136/2010 (osservandosi altresì che in virtù della disciplina “transitoria” introdotta dall’art. 6, comma 1, del d.l. n. 187/2010, la previsione nazionale verrebbe in rilievo al momento della sottoscrizione dei contratti). Ma sul piano dei rapporti tra la norma ragionale e quella nazionale il Collegio avrà modo si soffermarsi in seguito.

2.3.1 – Rispetto a quanto argomentato, con opposti intendimenti, rispettivamente dall’Avvocatura erariale (che qualifica come mero appalto di servizi l’oggetto delle gare) e dalla parte ricorrente (che invece qualifica le fattispecie quali mere “concessione di servizi” con impossibilità, quindi, di applicare la norma regionale di che trattasi, come dedotto con il primo profilo della seconda doglianza), il Collegio prende atto che con le procedure di che trattasi l’Amministrazione regionale abbia invece posto in essere quanto necessario al fine di individuare i soggetti cui affidare rispettivamente: a) sia la gestione dei servizi aggiuntivi ai siti museali ed archeologici ex art. 117 D.Lgs. 42/2004 (con previsione di un canone); b) sia i servizi di biglietteria (con previsione di un aggio sul singolo biglietto e versamento nelle casse pubbliche della restante parte di quanto percepito).

Ebbene, in fattispecie del tutto analoga a quella in discussione le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent.12252/2009) hanno avuto modo di precisare che la materia, limitatamente ai servizi aggiuntivi segnatamente individuati dalla norma cit., va qualificata come “concessione di servizi”; mentre residua la qualificazione quale appalto di servizi per il “servizio biglietteria” (in termini anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 26/06/2012 n. 3764). Con quel che ne consegue in ordine alla diretta applicazione delle disposizioni dell’art.2, commi primo e secondo, l.r. 15/2008 ai singoli bandi con i quali l’Amministrazione regionale ha contestualmente indetto uniche procedure di evidenza pubblica tanto per la concessione di servizi, quanto per l’appalto di servizi correlato.

2.3.2 – A ben vedere, rinviando oltre per l’ulteriore approfondimento, risulterebbe comunque limitativa della chiara volontà del legislatore regionale ritenere che la norma così come formulata, posta in essere nel chiaro intendimento di dettare in ambito regionale una disciplina in tema di tracciabilità dei flussi finanziari e di tutela avanzata nei confronti dei reati di criminalità organizzata, non sia applicabile anche alla concessione di servizi (che – ripetesi – costituisce una parte dell’oggetto delle gare).

Soccorre a tal fine quanto sottolineato, ad esempio, dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici (determinazione n. 4 del 7 luglio 2011) in relazione alla ritenuta e pacifica estensione anche al settore delle “concessioni” pubbliche della (sopravvenuta) norma (pure invocata dall’impresa ricorrente) di cui all’art. 3 L.136/2010: “Occorre precisare che l’applicazione della legge n. 136/2010 ai contratti di appalto ed a quelli di concessione, di cui agli articoli 30, nonché 142 e 253, comma 25, del Codice, prescinde dall’esperimento di una gara per l’affidamento degli stessi; in altri termini si ribadisce che non rileva né l’importo del contratto né la procedura di affidamento utilizzata”. Persuade l’argomentazione con cui la predetta autorità afferma che “Le disposizioni di cui alla legge n. 136/2010 si applicano anche ai contratti di concessione aventi ad oggetto l’acquisizione di lavori e servizi, posti in essere dalle stazioni appaltanti, dagli enti aggiudicatori e dai soggetti aggiudicatori sottoposti al Codice(…)”ciò in quanto “la legge fa riferimento all’esigenza di tracciare i flussi finanziari generati dalle commesse pubbliche (…)a prescindere dalla procedura utilizzata”.

Le predette considerazioni, che il Collegio condivide, possono trovare applicazione anche in sede di interpretazione del dato normativo regionale che qui rileva.

Ribadito, in conformità alla prevalente giurisprudenza (da ultimo Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 7 maggio 2013, n. 13), che “Ai sensi della direttiva comunitaria 2004/18/Ce e degli artt. 3, comma 12, e 30, comma 2, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, la concessione di servizi è il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi” (ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi e di sfruttare economicamente il servizio o in tale diritto accompagnato da un prezzo: distinzione che attiene alla struttura del rapporto, che nell'appalto di servizi intercorre tra due soggetti, mentre nella concessione di servizi pubblici intercorre tra tre soggetti), risulterebbe un’operazione ermeneutica non corretta, perché elusiva della chiara voluntas legis (ed impregiudicate le ulteriori considerazioni che di seguito verranno svolte), limitare l’applicazione della norma regionale cit. al solo settore degli “appalti pubblici” e non anche a tutti i “bandi” e/o alle altre procedure di evidenza pubblica preordinate alla stipula di contratti per la concessione di servizi pubblici (anche in combinato con “appalti di servizi”, come in specie).

3.0 –Sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, primo e secondo comma, della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15.

Il Collegio dubita della legittimità costituzionale delle disposizioni contenute nell’articolo 2, primo e secondo comma, della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15, con le quali il legislatore regionale incide anche potenzialmente nell’ambito di una materia, la sicurezza e l’ordine pubblico, appartenente alla competenza esclusiva statale.

Questo Tribunale, stante la normativa applicabile ratione temporis ai bandi di gara, laddove non nutrisse dubbi sulla legittimità costituzionale della norma posta a fondamento dei provvedimenti impugnati (dubbi che né il “diritto vivente”, né gli ulteriori tentativi cui per una lettura costituzionalmente orientata della norma riescono a revocare, come d’appresso meglio evidenziato), dovrebbe limitarsi a dare atto dell’assenza delle clausole previste dall’art.2 l.r. 15/2008, procedendo nel doveroso esercizio del potere-dovere di rilevare la nullità dei bandi presupposti (cfr. C.G.A., sent. 721/2010 cit.; T.A.R. Sicilia, Sez. Catania, sent. n. 3127/2010; T.A.R. Sicilia, Palermo, sent. n. 2406/2011; T.A.R. Sicilia, Catania, sent. n. 1411/2013; C.G.A., Sez. Giurisdiz., Ord. n. 786/2013), con conseguente declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo -proposto avverso il provvedimento di sospensione/arresto procedimentale- per carenza di interesse (C.G.A., sent. n. 427/2011). Diversamente, ove la norma in questione, in accoglimento dei dubbi di legittimità costituzionale che con la presente ordinanza si sollevano, venisse per l’effetto espunta dall’ordinamento in quanto incostituzionale, il primo provvedimento impugnato risulterebbe illegittimo e andrebbe per l’effetto annullato in accoglimento del mezzo e della prima censura dedotta.

La peculiarità della questione in esame è per altro connessa al fatto che, come dedotto dall’Avvocatura erariale, al momento della pubblicazione dei bandi non si poneva (ancora) il problema della vigenza della normativa nazionale in materia di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all’art.3 L. 136/2010 (la cui disciplina incide comunque non sui “bandi” ma sui contratti a valle delle aggiudicazioni).

Passando quindi al profilo relativo alla possibilità di configurare come solo parziale, piuttosto che totale, la nullità del bando di gara difforme dalla previsione normativa regionale in esame – con conseguente ipotizzata applicabilità del meccanismo dell’inserzione automatica di clausole, di cui all’art. 1339 del cod. civ. (ove applicabile anche all’atto amministrativo recante la lex specialis di una gara d’appalto) – il Collegio ritiene che una siffatta configurazione esegetica travalicherebbe i limiti di compatibilità con il tenore letterale della legge regionale, che un interprete che non voglia farsi legislatore è tenuto a osservare.

La norma regionale, infatti, non reca una mera sanzione di generica nullità, e neppure di “nullità assoluta” (come, per esempio, si legge invece nel comma 8 del cit. art. 3 della legge statale n. 136/2010); bensì una preclara sanzione di “nullità del bando”.

Il Giudice di seconde cure (C.G.A., Ord. 16/10/2013 n. 786), con argomentazioni condivisibili, ha infatti ritenuto che non si possono avere dubbi sul fatto che il legislatore regionale abbia inteso sanzionare con la nullità del bando (vale a dire di tutto il bando, ossia del bando nella sua interezza) la violazione, da parte della stazione appaltante, del precetto posto dall’art. 2, comma uno, L.R. n. 15/08. Stesse considerazioni varrebbero altresì per l’ipotesi di nullità prevista a sanzione del mancato rispetto del precetto di cui al comma secondo della stessa norma.

La scelta è frutto della valutazione, da ritenere evidentemente consapevole, del legislatore regionale: e ciò impedisce altresì di ipotizzare nullità parziale dei bandi, con meccanismi di eterointegrazione delle singole lex specialis ai sensi del già ricordato art.1339 cod. civ..

Differentemente da quanto opinato dal Giudice d’appello (il riferimento è sempre alla recente ordinanza del C.G.A. 16 ottobre 2013, n. 786) il Collegio dubita sulla stessa legittimità di poter introdurre una peculiare ipotesi di “nullità regionale” che, per il tramite della dichiarazione di nullità non sanabile del bando (per omessa previsione del dato normativo cit.) si riverbera sull’atto negoziale a valle dell’aggiudicazione.

4. - Non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, primo e secondo comma, della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), art. 3, comma secondo, e art.97, comma primo, della Costituzione; nonché, del secondo comma del ridetto art. 2 l.r. 15/2008 in riferimento anche all’art. 27, secondo comma, della Costituzione.

4.1. - Sul primo comma dell’articolo 2 della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15.

Il Collegio dubita della legittimità costituzionale della disposizione contenuta nell’articolo 2, primo comma, della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), della Costituzione.

4.1.1. – In relazione al primo parametro costituzionale - art. 117, secondo comma, lettera h).

Il Collegio dubita della legittimità costituzionale della norma regionale in commento, tenuto conto dei principi espressi da codesta Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 35 del 2012.

Con quella pronuncia si è qualificata la materia sulla “tracciabilità dei flussi finanziari” come strettamente connessa all’ordine pubblico e alla sicurezza: in quanto tale, la relativa disciplina risulta sottratta alla competenza legislativa delle Regioni ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera h), della Carta fondamentale. Ritiene il Collegio che il principio affermato dalla Corte Costituzionale valga anche nei confronti della normativa regionale in commento. Ad avviso del Tribunale, la circostanza che la disciplina colà dichiarata costituzionalmente illegittima fosse di una regione a statuto ordinario (nel caso di specie, la Regione Calabria) non altera le conclusioni raggiungibili anche nei riguardi della su indicata norma della Regione Siciliana.

Ciò, per la fondamentale ragione che la ritenuta appartenenza della legislazione sulla tracciabilità dei flussi alla prevenzione in materia di ordine pubblico e sicurezza non può modificarsi a seconda dell’ambito territoriale nel quale si venga ad operare; sicché, già sotto questo riguardo, si ravvisano ragioni per rimettere la questione al Giudice delle leggi.

Né, tanto meno, può configurarsi una peculiare specialità della causa che modificherebbe, per la tipicità della prevenzione relativa ai fenomeni mafiosi, l’appartenenza della materia a quella per dir così allargata dei “lavori pubblici” in sede regionale, anziché all’ordine pubblico e sicurezza con estensione nazionale.

Giova, invero, sottolineare che, pur se con origini prevalentemente insulari, le metodiche e le pratiche connesse a quei fenomeni sono estese e gestite su tutto il territorio nazionale, così che risulta ben difficile, allo stato delle cose, formulare un’ipotesi normativa esclusivamente orientata al quadro regionale, il quale presenta, certamente, una maggiore intensità, ma non certo l’esclusività rispetto al citato fenomeno.

Né varrebbe rilevare –come opinato dalla difesa erariale- che al momento della pubblicazione dei bandi in parola non era ancora stata emanata la legge n. 136/2010 (il cui art.3 ha dettagliatamente disposto in materia di tracciabilità dei flussi finanziari). Invero ritiene il Collegio che la materia (come in seguito normata dal legislatore nazionale con legge ordinaria ex art. 3 Legge 136/2010) è certamente di competenza esclusiva statale ancor prima (e potremmo dire a prescindere) dall’avvenuto o meno esercizio legislativo da parte del Parlamento nazionale. Ed è indiscutibile che con la norma della cui legittimità costituzionale il Collegio dubita, l’Assemblea Regionale Siciliana abbia inteso intervenire (ancorché con un tentativo certamente encomiabile) nel settore della tracciabilità dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, nei modi previsti dalla norma, al fine non taciuto di prevenire infiltrazioni criminali e prevenire la commissione di reati.

Non è infatti in discussione la legittimità di possibili interventi normativi, anche in ambito regionale, preposti alla promozione della legalità in quanto tesa alla diffusione dei valori di civiltà e pacifica convivenza su cui si regge la Repubblica: ciò in quanto, come riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale (sent. 35/2012 cit.) la promozione della legalità “non è attribuzione monopolistica, né può divenire oggetto di contesa tra i distinti livelli di legislazione e di governo: è tuttavia necessario che misure predisposte a tale scopo nell’esercizio di una competenza propria della Regione, per esempio nell’ambito dell’organizzazione degli uffici regionali (come fatto dalla stessa Regione Siciliana con l’adozione -sul piano interno alla pubblica amministrazione- del c.d. Codice Vigna – “Codice antimafia e anticorruzione della pubblica amministrazione”, come richiamato anche dall’art.15 legge regionale 5/2011, nonché con l’atto di indirizzo pubblicato in G.U.R.S. 54 del 30/12/2011), non costituiscano strumenti di politica criminale, né, in ogni caso, generino interferenze, anche potenziali, con la disciplina statale di prevenzione e repressione dei reati (sentenza n. 55 del 2001; da ultimo, sentenza n. 325 del 2011)”.

Come nel caso già deciso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 35/2012, anche le disposizioni di cui all’art.2, primo comma (ma analoghe considerazioni valgono anche per il secondo comma, come d’appresso precisato), l.r. 15/2008 appaiono esorbitare dai limiti individuati dal Giudice delle leggi, invadendo la sfera di competenza legislativa dello Stato oltre le previsioni dello stesso Statuto regionale, che non attribuisce alla Regione Siciliana (munita di competenza esclusiva solo nelle materie strettamente individuate dall’art.14 del proprio Statuto) alcuna competenza in materia di ordine pubblico e sicurezza (che diversamente appartengono allo Stato alla stregua della previsione costituzionale presa a parametro).

Ancorché non vigente al momento dell’emanazione della norma in argomento, oggi è anche nel codice antimafia, di cui al D.Lgs. 159/2011, che può rinvenirsi la prova ulteriore della non confluenza in diversa materia della disciplina della tracciabilità dei flussi finanziari, laddove si stabilisce che “il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da…nonché dall'accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la condizione della reiterazione prevista dall'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi, entro il termine di cui all'articolo 92, rilascia l'informazione antimafia interdittiva” (art. 91, sesto comma, d. lgs. n. 159 del 2011).

Il precetto statale assume particolare rilievo perché ricollega la tematica della tracciabilità dei flussi finanziari a misure sanzionatorie specifiche, confermando, di conseguenza, la riferibilità della disciplina alla legislazione sull’ordine e la pubblica sicurezza.

Il Collegio trae argomenti a conforto della rimessione della questione a Codesta Corte Costituzionale anche dal “diritto vivente” che ha cercato di interpretare la norma regionale in commento anche nel rapporto con la sopravvenuta disciplina statale di cui all’art.3 L.136/2010 (successiva, ratione temporis , alla pubblicazione dei bandi, come ancora sottolineato dall’Avvocatura di Stato nel controdurre alla richiesta di applicazione nella fattispecie concreta adombrata dalla Cooperativa ********).

Si fa qui riferimento:

- da un lato, all’orientamento espresso da questa stessa sede di Palermo del T.A.R. Sicilia con le sentenze rispettivamente della Sez. III, 28 febbraio 2013, n. 468 e della Sez. II, 26 marzo 2013, n. 725, secondo cui la norma regionale sarebbe stata tacitamente abrogata per effetto dell’entrata in vigore della sopravvenuta norma statale (mercé il meccanismo di cui all’art. 10 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, secondo cui la legge statale emanata successivamente a quella regionale, che abbia regolato il medesimo oggetto, ha effetto abrogativo della preesistente legislazione regionale nel caso in cui la norma statale sopravvenuta ponga principi diversi da quelli cui la precedente disciplina era ispirata);

- dall’altro, all’orientamento, per certi aspetti di segno opposto, espresso dal giudice di appello (C.G.A. Sent. 721/2011 cit., confermato ancora di recente in sede cautelare giusta ordinanza n.786 del 16/10/2013) secondo cui le norme in argomento risultano perfettamente sovrapponibili, non manifestando quella incompatibilità assoluta che è presupposto indispensabile per eventualmente predicare la sopravvenuta abrogazione implicita di una norma preesistente; con conseguente vigenza di entrambe le previsioni di legge (nazionale e regionale) da applicare rispettivamente, secondo il giudice di appello, in funzione dell’importo del singolo appalto (quella nazionale agli appalti al di sotto dei 100.000 euro; quella regionale per gli appalti di importo superiore alla predetta soglia), sussistendo tra le due norme un rapporto di “specialità”.

Per quanto possa rilevare nel caso in esame, entrambe le soluzioni corroborano il dubbio, che con la presente ordinanza si solleva, che la disposizione regionale, per le chiare ed univoche indicazioni che promanano dalla sedes materie in cui è inserita, per la finalità che persegue e per l’oggetto materiale su cui impatta - nonché per lo strumento normativo impiegato (cfr. Cort. Cost. 35/2012) - graviti e abbia potenziali refluenze dirette nell’ambito di una materia (la sicurezza e l’ordine pubblico) che è certamente di competenza esclusiva statale ancor prima (e potremmo dire a prescindere) dall’avvenuto o meno esercizio del relativo potere legislativo da parte del Parlamento nazionale.

La prospettata sussistenza (C.G.A. Ord. n. 786/2013 cit.) di un rapporto di specialità tra legge statale (in specie sopravvenuta ai bandi) e legge regionale, come sostenuto dal Giudice di appello territoriale (in disparte la non condivisibile idea che una norma statale espressamente dedicata, con strumenti di controllo tipici dell’attività di prevenzione, alla tutela e al contrasto di reati anche di tipo mafioso abbia dovuto sottoporsi a un duplice recepimento per operare nella Regione a Statuto speciale, ciò in quanto, a ben vedere, il primo comma dell’articolo 247 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è - al pari di altre norme sparse nel Codice dei Contratti Pubblici – una disposizione pleonastica, che non può fungere certo da valvola di scambio per la ricezione della disciplina ivi ricordata, attesa la piena capacità di quest’ultima di operare indipendentemente da qualsivoglia “autorizzazione” da parte di altri testi normativi, trattandosi di norma-promemoria, valida quale memento, ma priva di ogni innovatività), implica allora l’appartenenza delle disposizioni correlate ad una materia unitaria, nella quale può operare una priorità escludente rispetto a fattispecie astrattamente assoggettabili ad identico precetto. Se ne dovrebbe quindi dedurre che le due norme (nazionale e regionale) hanno quindi la medesimaratio, sottendono la medesima voluntas legis (ancorché espressa da due differenti legislatori), e partecipano della stessa materia: materia che, in relazione all’art. 3 della legge n. 136 del 2010, è stata già chiaramente individuata dalla Corte Costituzionale con la menzionata sentenza n. 35 del 2012.

Anche a voler considerare solo “parziale” il rapporto di specialità individuato nella su citata ordinanza del C.G.A. n. 786/2013 tra la norma regionale e quella statale, si addiverrebbe al risultato, non condivisibile, che l’interesse primario di contrasto alla criminalità - di competenza esclusiva statale anche sub specie di tracciabilità dei flussi finanziari intesa come mezzo per il perseguimento di politiche di contrasto alla criminalità – varrebbe solo per gli appalti sotto i 100.000,00 euro, per trasformarsi, al di sopra di detta soglia, nel recessivo interesse (di competenza regionale) alla trasparenza nei pubblici appalti e al buon funzionamento degli uffici (ivi comprese le stazioni appaltanti).

In altri termini, ritiene il Collegio che la disciplina introdotta dal legislatore regionale con il menzionato art.2, comma 1, l.r. 15/2008 in ogni caso determina, anche solo potenzialmente, una interferenza con una materia sicuramente di competenza dello Stato, come chiarito dalla Corte Costituzionale (v. sentenza n. 35/2012).

Né risulterebbe utile, nel rinnovato tentativo che incombe sull’interprete di percorrere tutte le opzioni per una lettura costituzionalmente orientata della norma prima di adire il Giudice delle leggi, il richiamo alla cd. clausola di cedevolezza desumibile dall’art. 1, primo comma, della l. n. 131 del 2003: non solo in quanto detta disposizione fa espressamente riferimento alle "disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore" della stessa l. n. 131 del 2003; ma soprattutto, in quanto l’applicazione di detta clausola è tendenzialmente riservata all’ambito delle materie a competenza concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.), in quanto funzionale a regolare la successione, nel tempo, fra norme di principio statali e norme di dettaglio regionali. Il che è da escludere nel caso di specie, attesa la qualificazione giuridica che la stessa Corte Costituzionale ha già chiaramente ed univocamente attribuito alla materia afferente ai controlli dei flussi finanziari.

Per tutto quanto finora esposto, ad avviso del Collegio è non manifestamente infondata - oltre che rilevante, per le ragioni sopra spiegate - la questione di legittimità costituzionale del primo comma dell’articolo 2 della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15, per contrasto con l’art. 117, comma 2, lettera h), della Costituzione.

4.1.2 - Per quanto attiene al secondo parametro costituzionale - art. 117, secondo comma, lettera l) – il Collegio ritiene che la risoluzione del contratto per inadempimento contrattuale prevista nell’ultimo periodo del primo comma dell’articolo 2 della L.R.S. n. 15 del 2008 confligga con l’attribuzione all’ordinamento civile che la lettera l) del secondo comma dell’art. 117 Cost. riserva alla legislazione esclusiva statale.

Ancora di recente la Corte costituzionale, con sentenza 27 giugno 2013, n. 159, ha chiaramente affermato: “l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. ha codificato il limite del "diritto privato", consolidatosi già nella giurisprudenza anteriore alla riforma costituzionale del 2001 (ex multis: sentenze n. 295 del 2009, n. 401 del 2007, n. 190 del 2001, 279 del 1994, e n.35 del 1992). Questa Corte ha più volte affermato che «L'ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale, in quanto fondato sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l'uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati. Esso, quindi, identifica un'area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e comprendente i rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione» (sentenza n. 352 del 2001). In particolare, questa Corte ha stabilito che la disciplina dei rapporti contrattuali (artt. 1321 e seguenti del codice civile ) va riservata alla legislazione statale (sentenze n. 411 e n. 29 del 2006).”

Le affermazioni appena trascritte trovano, ad avviso del Collegio, piana applicazione anche alla disposizione contenuta nell’ultimo periodo del primo comma dell’articolo 2 della L.R.S. n. 15 del 2008, per l’evidente invasione della competenza esclusiva dello Stato relativamente alla regolazione dei rapporti contrattuali, nei quali si esprime sia il principio di autonomia privata, sia quello di presidio e garanzia di eguaglianza nell’intero territorio nazionale.

4.1.3 – Venendo al terzo parametro costituzionale sopra menzionato - art. 3, secondo comma, Cost., qui invocato in via gradata rispetto ai parametri costituzionali già richiamati – il Collegio ritiene che , anche nell’esercizio del potere discrezionale, di cui è certamente munito il legislatore regionale, nel dettare canoni normativi per l’organizzazione dell’attività amministrativa del proprio apparato e degli enti sottoposti al proprio controllo (ivi ricomprese quindi anche le stazioni appaltanti), non si possa comunque prescindere dal principio di ragionevolezza intrinseca e dal divieto di introdurre meri automatismi non coerenti con lo stesso canone di ragionevolezza cit. desumibile, secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale, proprio dall’art.3, comma 2, della Carta fondamentale.

Con la sentenza n. 87/2012 la Corte Costituzionale riafferma e ripercorre la giurisprudenza che desume dall’art. 3 Cost. un canone di «razionalità» della legge svincolato da una normativa di raffronto, rintracciato nell’«esigenza di conformità dell’ordinamento a valori di giustizia e di equità» (sentenza n. 421 del 1991) ed a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, che costituisce un presidio contro l’eventuale manifesta irrazionalità o iniquità delle conseguenze della stessa (sentenze n. 46 del 1993, n. 81 del 1992) (cfr. relazione sulla Giurisprudenza Costituzionale dell’Anno 2012 del Presidente della Corte Costituzionale, Riunione Straordinaria della Corte del 12 aprile 2013, pagg. 95 e ss.).

Mutuando le considerazioni svolte (ancorché in riferimento ad altri contesti normativi) dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenza 166 del 2012) , la scelta di introdurre “automatismi” normativi deve costituire il risultato di un ragionevole e proporzionato bilanciamento degli interessi coinvolti, soprattutto quando quel meccanismo sia suscettibile di incidere (non solo e non semplicemente sul piano interno dell’attività amministrativa, ma anche) sull’affidamento ingenerato all’esterno sulla validità del bando di gara e sul conseguente contratto sottoscritto dall’aggiudicatario/concessionario. Il ché, ad avviso del Collegio, sembra difettare nel caso che qui ci occupa in quanto il legislatore regionale, introducendo un’ipotesi di nullità automatica e non sanabile del bando di gara, sembra prescindere dalla possibilità di operare –ove l’intento fosse realmente stato solo quello di approntare quanto necessario per una corretta e trasparente organizzazione del proprio apparato amministrativo, e non anche di incidere su una materia coperta da riserva assoluta di legge statale- sul piano del controllo interno traslando invece sul terzo gli effetti del mancato rispetto della norma per causa della stessa P.A. (che predispone il bando).

4.1.4 - Per quanto attiene al quarto parametro costituzionale – art.97, primo comma, Cost. – il Collegio osserva che la norma, così come formulata, ancorché voglia costituire un contributo alla trasparenza e alla correttezza dell’agere publicum,rischia di rappresentare (per l’impossibilità già evidenziata di far ricorso alla etero-integrazione della lex specialis) occasione per la proposizione di variegate e plurime azioni (anche di natura risarcitoria) contro la Pubblica Amministrazione, esperibili finanche da parte di soggetti esclusi dalle gare medesime, che perseguano l’interesse alla declaratoria di nullità delle stesse, con il travolgimento dei contratti sottoscritti. Tale rischio si è, infatti, dimostrato tutt’altro che meramente potenziale, siccome si è invece tradotto in concrete azioni proposte per la declaratoria di nullità dei bandi, con domande formulate anche in via gradata, ovvero con pronunce di nullità d’ufficio dei medesimi bandi di gara decretate dal Giudice cui erano state rimesse le questioni di legittimità dei relativi esiti (cfr. C.G.A. sent. 721/2011 cit. di conferma della sentenza T.A.R. Palermo, Sez.III, n.2406/2011). L’automatismo della sanzione della nullità del bando, che è atto amministrativo unilateralmente predisposto dalla P.A., lascerebbe altresì impregiudicata la strada ad azioni risarcitorie anche da parte degli aggiudicatari incolpevoli; di contro, si osserva che la differente previsione contenuta nell’art.3 l. 136/2010, spostando la sanzione della “nullità” sull’atto negoziale del contratto, all’evidenza coinvolge e responsabilizza al rispetto dell’ultima norma cit. lo stesso aggiudicatario. Va infine rilevato che la nullità del bando, per mancato inserimento delle condizioni previste dall’art. 2 l.r. 15/2008, non consente alla stazione appaltante di esercitare il tradizionale – e codificato (v. art.21 nonies L.241/90, applicabile certamente in Sicilia mercé il rinvio di cui all’art.37 L.R. 10/1991) - potere di “autotutela amministrativa”, cui doverosamente sarebbe tenuta in presenza dei necessari presupposti anche nella prospettiva dell’eventuale convalida di un provvedimento annullabile in presenza di ragioni di pubblico interesse; ma al contempo – operando invece la nullità cit. in modo automatico ed essendo altresì rilevabile da chiunque – rischia di incidere sullo stesso buon andamento dell’amministrazione la quale non potrebbe dar seguito all’oggetto della gara.

4.2 -Sul secondo comma dell’articolo 2 della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15.

Questo Tribunale dubita della legittimità costituzionale della disposizione contenuta nell’articolo 2, secondo comma, della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), all’art. 27, secondo comma, all’art.3, secondo comma, e all’art.97, primo comma, della Costituzione.

4.2.1. - Per quanto attiene al primo parametro costituzionale - art. 117, secondo comma, lettera h).

La disposizione introduce una causa di nullità del bando, che non prevede la risoluzione del contratto nell’ipotesi in cui il legale rappresentante o uno dei dirigenti dell’impresa aggiudicataria siano rinviati a giudizio per favoreggiamento nell’ambito di procedimenti relativi a reati di criminalità organizzata, stabilendo che “2. I bandi di gara prevedono, pena la nullità degli stessi, la risoluzione del contratto nell'ipotesi in cui il legale rappresentante o uno dei dirigenti dell'impresa aggiudicataria siano rinviati a giudizio per favoreggiamento nell'ambito di procedimenti relativi a reati di criminalità organizzata.”.

Si tratta, all’evidenza, di una disposizione automatica particolarmente grave che colpisce immediatamente la legge di gara, la quale, in assenza di tale clausola, non è in grado di condurre la procedura a buon esito, attesa la previsione della sanzione massima, dalla cui applicazione derivano conseguenze rilevanti: l’azzeramento della gara.

Ritiene il Collegio che l’art. 2, secondo comma, della L.R.S. n. 15 del 2008, costituente un unicum nel panorama legislativo nazionale, per quanto rileva in ordine alla fattispecie qui dedotta, non abbia subito ad oggi alcuna abrogazione implicita per l’effetto del recepimento in Sicilia del “codice dei Contratti” (D.Lgs.163/2006) avvenuto con legge regionale n. 12 del 2011 e, per tale via, del recepimento del Codice Antimafia (approvato con il D. Lgs. n. 159 del 2011), come, del resto, ritenuto dal Giudice siciliano di appello (v. C.G.A., ord. n. 786/2013 cit.).

Ed invero - rinviando a quanto già argomentato in ordine alla superfluità di qualsivoglia recepimento della normativa antimafia ai fini della applicabilità in Sicilia – non si riscontra alcuna sovrapposizione tra le norme statali sopravvenute e quella regionale.

In primo luogo, la norma regionale contenuta nell’art. 2, secondo comma, della L.R.S. n. 15 del 2008 prevede un meccanismo più rigoroso rispetto alla normativa contenuta nel codice antimafia, statuendo una automatica risoluzione del contratto per il solo fatto che il legale rappresentante, o uno dei dirigenti dell’impresa aggiudicataria, sia stato rinviato a giudizio per favoreggiamento nell’ambito di procedimenti relativi a reati di criminalità organizzata.

Di contro, in applicazione (anche) delle disposizioni normative in materia di informative prefettizie antimafia vigenti ratione temporis al momento di pubblicazione del bando (disposizioni oggi riunite nel del Codice Antimafia, di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011), il previsto recesso dal contratto eventualmente stipulato deve essere preceduto dalla valutazione discrezionale del Prefetto, che, allo scopo, emette una informazione antimafia interdittiva; residuando, peraltro, alla parte pubblica – pur in presenza di altre informazioni del Prefetto - un potere discrezionale sulle sorti del contratto nelle more sottoscritto.

Va altresì evidenziato che il citato art. 2 della L.R.S. n. 15 del 2008 struttura il (mero) rinvio a giudizio non già come semplice requisito - e, quindi come eventuale causa di esclusione dalla gara come previsto invece dalle condizioni di partecipazione alle gare di cui all’art.38 D.Lgs. 163/2006 (oggi recepito in Sicilia ex l.r. 12/2011 cit.) - bensì come causa di nullità del bando per mancanza di clausola risolutiva espressa, pur in assenza di tutte le cautele procedimentali e di coerenza del giudizio che, rispetto alla mera sussistenza del requisito, pone l’ultimo periodo della lettera m-ter) del primo comma dell’art. 38 del d. lgs, n. 163 del 2006 relativamente a soggetto non destinatario comunque del rinvio a giudizio.

La norma, così come redatta, appare, pertanto, strutturalmente priva di ogni altra finalità che ecceda quelle di contrasto alla criminalità organizzata, ponendosi, in tal modo, in palese contrasto con la riserva della legislazione esclusiva statale in materia ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost..

4.2.2 - Per quanto attiene al secondo parametro costituzionale - art. 117, secondo comma, lettera l).

Oltre che per gli aspetti differenziali rispetto alla disciplina generale del codice dei contratti pubblici, la norma in esame si rivela di assai dubbia legittimità costituzionale sotto un ulteriore profilo: la prescrizione di una specifica causa di risoluzione del contratto non sembra conforme al dettato costituzionale, perché invasiva della riserva statale in materia di ordinamento civile, secondo le su esposte osservazioni da ritenersi qui integralmente riprodotte (v. punto 4.1.2).

4.2.3. - Per quanto attiene al terzo parametro costituzionale - art. 27, secondo comma, Costituzione.

La previsione della sanzione, automatica e definitiva, in presenza di un mero rinvio a giudizio sembra confliggere con la presunzione di non colpevolezza, prevista dall’art. 27, secondo comma, della Costituzione (v. C.G.A., ordin. n. 786/2013 cit.), secondo cui “L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”; principio, il quale è stato ripreso nell’art. 6, secondo comma, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, a mente del quale “Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata”.

Invero, il principio costituzionale di non colpevolezza (fino a definitiva statuizione giurisdizionale) sembra opporsi anche alla incondizionata operatività di una così incisiva causa di nullità sulla legge di gara, ponendo l’interesse generale sottostante all’inqualificazione in un contesto temporale, nel quale non ne è certa la sussistenza (ad esempio per una successiva assoluzione con formula piena).

E’ ben vero che il legislatore statale ha previsto numerosi temperamenti alla incondizionata operatività di tale principio, introducendo misure finalizzate ad evitare che il decorso del tempo possa costituire un pericolo per l’accertamento del reato o per l’esecuzione di una sentenza (misure cautelari personali e reali), o misure special-preventive, formalmente di natura amministrativa, dirette ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti considerati socialmente pericolosi (misure di prevenzione); ma, a tale contemperamento è addivenuto nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in ambito penale, o nella delicata materia dell’ordine pubblico e sicurezza; e, sovente, con l’introduzione di misure di carattere provvisorio.

Nel caso della norma in commento, la non manifesta infondatezza della questione, sotto tale profilo, si apprezza ulteriormente, tenendo conto dell’inscindibile collegamento, creato dalla norma regionale, tra il dato del rinvio a giudizio e la risoluzione automatica del contratto medio tempore stipulato; con conseguente diretta e definitiva incidenza del (mero) rinvio a giudizio sul rapporto negoziale in corso, destinato – pur in presenza della apposita clausola nel presupposto bando di gara - ad essere risolto.

Tale definitiva ed automatica conseguenza sul contratto non trova riscontro neppure nella normativa nazionale emanata nel settore degli appalti pubblici, contenuta nell’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006, il cui primo comma, alla lettera c), esclude dalla partecipazione alle gare i (soli) soggetti nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; o sentenza di condanna, passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18; indicando i titolari di poteri, di cui vanno accertati i predetti precedenti penali.

L’analisi di tale costruzione giuridica rende ulteriormente evidente – qualora ve ne fosse bisogno – la reale finalità della norma regionale, di prevenzione e contrasto di fenomeni di infiltrazioni criminali nel delicato settore degli appalti pubblici; compito riservato dalla Carta Fondamentale esclusivamente al legislatore statale, al quale compete di stabilire il contemperamento tra i principi costituzionali che vengono in rilievo, per mezzo della normativa, penale o para-penale, esclusivamente volta al contrasto della criminalità (organizzata e non).

4.2.4 – Venendo al quarto parametro costituzionale - art. 3, secondo comma, Cost. – il Collegio ritiene di poter richiamare in questa sede le considerazioni già sopra svolte al punto 4.1.3 cui si rinvia. Appare tuttavia utile aggiungere come, in relazione al secondo comma dell’art.2 della legge reg.15/2008, l’irragionevolezza del’automatismo introdotto dalla norma si appalesa maggiormente grave e privo della necessaria razionalità laddove connette la nullità del bando alla mancata previsione dell’ipotesi di risoluzione del contratto (nei casi in cui il legale rappresentante o uno dei dirigenti dell'impresa aggiudicataria siano rinviati a giudizio per favoreggiamento nell'ambito di procedimenti relativi a reati di criminalità organizzata) prescindendo dall’esistenza di informative tipiche ovvero atipiche di competenza dell’autorità di polizia.

4.2.5 - Per quanto attiene al quinto parametro costituzionale - art. 97, primo comma, Costituzione, per brevità di trattazione, il Collegio rinvia alle considerazioni già svolte in ordine al primo comma (e per il medesimo parametro costituzionale) di cui al precedente punto 4.1.4, che qui si intendono integralmente richiamate.

5. - In conclusione, appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale che con la presente ordinanza viene rimessa alla corte Costituzionale in ordine:

A) all’art. 2, primo comma, della legge della Regione Siciliana 20 novembre 2008, n. 15, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettere h) e l), 3, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione;

B) all’art. 2, secondo comma, della legge della Regione Siciliana 20 novembre 2008, n. 15, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettere h) e l), 27, secondo comma, 3, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione.

Il processo deve, pertanto, essere sospeso, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per ogni conseguente statuizione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) non definitivamente pronunciando:

i)- dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale:

--A) dell’art. 2, primo comma, della legge della Regione Siciliana 20 novembre 2008, n. 15, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), dell’art. 3, secondo comma, e dell’art.97, primo comma, della Costituzione;

--B) dell’art. 2, secondo comma, della legge della Regione Siciliana 20 novembre 2008, n. 15, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), dell’art. 27, secondo comma, dell’art. 3, secondo comma, e dell’art.97, primo comma, della Costituzione;

ii)- sospende il presente giudizio ai sensi dell’art. 79, primo comma, cod. proc. amm.;

iii)- ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per il competente controllo di legittimità sulle questioni sollevate;

iv)- rinvia ogni definitiva statuizione nel merito e in rito del ricorso introduttivo e sul mezzo incidentale, nonché sulle spese di lite, all’esito del promosso giudizio di legittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 79 ed 80 del c.p.a.

Ordina che, a cura della segreteria della Sezione, la presente ordinanza: a) sia notificata a tutte le parti in causa, ivi comprese espressamente quelle intimate ancorché non costituite, e al Presidente della Regione Siciliana nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri; b) sia comunicata alla Presidenza dell’Assemblea Regionale Siciliana e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Giamportone, Presidente

Roberto Valenti, Consigliere, Estensore

Maria Barbara Cavallo, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Pubblicata l'Adunanza Plenaria che decide sulla questione relativa all'esatta individuazione del "socio di maggioranza" di cui all'art. 38, comma 1, lett. b) del D.lgs. n. 163/2006

Adunanza Plenaria n. 24, del 06 novembre 2013
Data: 
06/11/2013

L'Adunanza Plenaria in questione afferma il seguente principio di diritto: “L’espressione “socio di maggioranza” di cui alle lettere b) e c) dell’art. 38, comma 1, del d.lgs n. 163 del 2006, e alla lettera m-ter) del medesimo comma, si intende riferita, oltre che al socio titolare di più del 50% del capitale sociale, anche ai due soci titolari ciascuno del 50% del capitale o, se i soci sono tre, al socio titolare del 50%.”.

 

... in allegato il file della sentenza

No all'avvalimento del requisito della iscrizione all'Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale previsto dall’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006

Tar Catania, sez. III, sentenza n. 2503 del 24 ottobre 2013
Data: 
24/10/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

"L’iscrizione all’Albo di cui all’art. 212 del D.Lgs. n. 163/2006 è posta a garanzia della professionalità di operatori economici privati, la cui attività è suscettibile di incidere su beni/interessi di primario rilievo costituzionale: ovvero l’ambiente, cui si riferiscono le garanzie previste dall’art. 9 Cost., e la salute umana, cui si riferiscono le garanzie poste dall’art. 32 Cost. Ed allora, poiché a norma del secondo comma dell’art. 41 Cost. l’attività economica dei privati, benché libera, “non può svolgersi …in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, è evidente che la “sicurezza” dell’ambiente e della salute umana sono valori assolutamente sovraordinati rispetto a quello della concorrenzialità del mercato delle commesse pubbliche.

Il Collegio dunque, tenendo presenti i principi di cui agli art. 9, 32 e 41, secondo comma, Cost. ed accedendo ad una interpretazione costituzionalmente conforme, ritiene di dover prestare adesione all’opposto indirizzo giurisprudenziale che esclude la possibilità di ricorrere all’avvalimento per il requisito rappresentato dalla iscrizione all’Albo di cui all’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006, giacchè “sebbene l’avvalimento corrisponda all’esigenza di assicurare una maggiore concorrenza nel mercato, le caratteristiche dell’istituto non sono conciliabili con interessi di primario rilievo come la tutela dell’ambiente che, nel caso di specie, il legislatore nazionale ha inteso garantire prevedendo, per i soggetti che gestiscono rifiuti (anche pericolosi, come l’amianto), l’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale” (T.A.R. Lazio – Roma, sez. Seconda-ter, sent. 22 dicembre 2011, n. 10080)".

 

N. 02503/2013 REG.PROV.COLL.

 

N. 01452/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1452 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
N***** Srl, in persona del soggetto legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ******* e *******, con domicilio eletto presso ********** in Catania, via *************, 37; 

contro

Provincia Regionale di Siracusa, in persona del Presidente legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ***************, con domicilio eletto presso lo stesso in Catania, via *******, 37; 

nei confronti di

Societa' R********* S.R.L., in persona del soggetto legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ***********, con domicilio eletto presso lo stesso in Catania, via ***********, 39/A; 

per l'annullamento,

con il ricorso principale

- degli atti relativi alla gara indetta dalla Provincia Regionale di Siracusa, avente ad oggetto l'intervento straordinario di raccolta e trasporto ad impianti autorizzati dei rifiuti giacenti sul territorio e sugli arenili siti all'esterno dei parametri dei centri abitati della provincia, nella parte in cui viene valutata come valida e quindi non esclusa l'offerta della Societa' Rem e per l'effetto dichiarata aggiudicataria;

- di tutti i verbali di gara , ivi espressamente includendo il verbale di verifica mezzi del 24 maggio 2012;

- nonche' di ogni altro eventuale atto, presupposto o consequenziale;

e con il ricorso per motivi aggiunti

- della determinazione dirigenziale della provincia regionale di Siracusa, X settore - territorio ed ambiente, n. 125/sett X del 9 luglio 2012

- della nota della provincia regionale di Siracusa X settore - territorio ed ambiente, del 20 luglio 2012, prot. generale numero 0040938 del 24 luglio 2012

 

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia Regionale Di Siracusa e di Societa' R*************** S.R.L.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2013 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

La Provincia Regionale di Siracusa, ai fini di realizzare un intervento straordinario di raccolta e trasporto ad impianti autorizzati dei rifiuti giacenti sul territorio e sugli arenili siti all’esterno dei perimetri dei centri abitati della Provincia, si rivolgeva al mercato mediante ricorso ad una procedura aperta a norma dell’art. 55 del D.Lgs. n. 163/2006 onde individuare il soggetto cui commettere la sua esecuzione.

La procedura di gara si svolgeva secondo quanto previsto dall’apposito bando, e passava attraverso una prima deliberazione assunta dalla commissione giudicatrice in esito alla seduta del 03/05/2012, - durante la quale venivano aperte le buste contenenti le offerte fatte pervenire dalle ditte interessate -, con la quale si ammetteva con riserva la ditta R** s.r.l., in relazione al ricorso della stessa all’istituto dell’avvalimento per la dimostrazione dei requisiti richiesti dall’art. 12 della lex specialis tra cui l'iscrizione all'Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale. L’ammissione con riserva di tale ditta diveniva però definitiva dopo le ulteriori valutazioni effettuate dalla stazione appaltante; la quale, per determinazione della commissione giudicatrice in esito alla seduta del 14/05/2012, provvedeva ad ammettere – in via appunto definitiva – le ditte R** s.r.l. e N******* s.r.l., pronunciando poi la aggiudicazione provvisoria in favore della prima per il maggior ribasso (nella misura del 15,48) dalla stessa offerta.

Con ricorso inoltrato per la notifica il 18/06/2012, e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 02/07/2012, la ditta N***** s.r.l. impugnava detta aggiudicazione evocando in giudizio la Provincia Regionale di Siracusa e la ditta R** s.r.l., in qualità di controinteressato.

Con ulteriore gravame per motivi aggiunti, notificato il 08/10/2012, e depositato in segreteria il 22/10/2012, la N****** impugnava il sopravvenuto provvedimento di aggiudicazione definitiva (Determinazione Dirigenziale della Provincia Regionale di Siracusa, X Settore – Territorio e Ambiente, n. 125/Sett X, del 09/07/2012 ed atti connessi, ivi compreso il non conosciuto contratto stipulato).

Si costituivano in giudizio sia l’amministrazione intimata, sia la ditta controinteressata: la prima replicando ai motivi proposti con il ricorso principale con atto depositato in segreteria il 02/07/2012, ed a quelli – pur contenutisticamente identici - reiterati all’interno del ricorso per motivi aggiunti con atto depositato in segreteria il 09/11/2012; la seconda, con un unico atto depositato in segreteria il 30/06/2012.

La domanda cautelare di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato è stata accolta ai sensi dell'art. 55, comma 10 cod. proc. amm. ai soli fini della fissazione dell'udienza di merita del 24/07/2013.

In relazione alla data così originariamente fissata, venivano depositati in segreteria, il 15/07/2013, un certificato di ultimazione dei lavori oggetto del contratto da parte dell’amministrazione intimata; ed ancora, il 25/09/2013, memorie della R** s.r.l. e della N****** s.rl., e di replica di quest’ultima in data 30/07/2013.

L’udienza veniva rinviata d'ufficio al 25/09/2013 per ragioni organizzative della Sezione.

In tale data avveniva infine la discussione in udienza pubblica, in esito alla quale il ricorso veniva riservato a futura decisione. Infine, nella Camera di Consiglio del 9 ottobre 2013, tale riserva veniva sciolta, ed il ricorso posto in decisione..

DIRITTO

I) Il Collegio deve innanzitutto prendere atto che, a seguito del sopravvenuto provvedimento di aggiudicazione definitiva con Determinazione Dirigenziale della Provincia Regionale di Siracusa, X Settore – Territorio e Ambiente, n. 125/Sett X, del 09/07/2012, si è determinata la sopravvenuta carenza di interesse con riguardo al ricorso principale avente ad oggetto il provvedimento di aggiudicazione provvisoria. Per quanto in concreto ciò non incida sull’oggetto del sindacato che il giudice adito è chiamato ad esercitare – stante la identità, sotto il profilo contenutistico, delle censure proposte con il ricorso principale e con il ricorso per motivi aggiunti -, il Collegio deve quindi preliminarmente dichiarare improcedibile il ricorso principale.

II) Prima di passare all’esame delle singole censure proposte con il ricorso per motivi aggiunti devono essere scrutinate le eccezioni preliminari di rito concernenti, rispettivamente, il difetto di giurisdizione prospettato dalla ditta controinteressata nella memoria depositata in segreteria il 25/09/2013, e la tardività del proposto ricorso prospettato dall’amministrazione intimata nei propri scritti defensionali.

II.1) Quanto al dedotto difetto di giurisdizione del giudice adito non ricorre la necessità di spender molte parole, poiché la tipologia degli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti (determina dirigenziale di approvazione dei verbali di gara e di aggiudicazione definitiva, e di ogni altro atto consequenziale e presupposto rispetto a quello) evidenzia in modo chiarissimo come essi attengano tutti alla fase pubblicistica di aggiudicazione del contratto – con consequenziale giurisdizione (esclusiva) del G.A. a norma dell’art. 133, comma primo, lettera e), numero 1) del C.P.A. -, piuttosto che a quella privatistica relativa all’esecuzione delle prestazioni oggetto del pactum conventum.

Le questioni poste col ricorso postulano, in sostanza, la verifica della capacità tecnica e dei mezzi disponibili, da parte dell'aggiudicataria, non come strumenti di esecuzione del contratto, ma come requisiti asseritamente richiesti dal lex specilis del procedimento e pertanto soggetti alla cognizione del giudice amministrativo.

Né può rilevare, in contrario, il precedente di questa Sezione n. 1640 del 29/06/2012 invocato dalla controparte - e citato nell'ord.za cautelare di cui in narrativa -, dato che in quel caso si trattava di formale "risoluzione" di un contratto già stipulato a seguito della verifica negativa dei mezzi e delle attrezzature richieste.

II.2) Per quanto concerne la prospettata tardività del ricorso, si tratta di un’eccezione parimenti infondata, poiché essa fa riferimento ad una circostanza – la presenza di un rappresentante legale della società poi ricorrente alla seduta della commissione giudicatrice che si concluse con l’aggiudicazione del contratto in favore dell’attuale controinteressato – bensì valorizzata dalla giurisprudenza amministrativa ai fini dell’individuazione del dies a quo per il calcolo del termine decadenziale (ridotto, nell’ambito del contenzioso relativo alla aggiudicazione di contratti da parte della P.A.) per la tempestiva proposizione del ricorso, ma in un tempo anteriore alle modifiche normative intervenute più di recente - ad applicabili nell’ambito del presente contenzioso - che hanno interessato l’art. 79 del D.Lgs. n. 163/2006. O che comunque, se pur risulta essere valorizzata a tutt’oggi, ciò esclusivamente nell’ambito della impugnazione di provvedimenti di esclusione illegittimi, piuttosto che dell’impugnazione di altrettanto illegittimi (in tesi) provvedimenti di aggiudicazione definitiva (in termini, Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2013, n. 1204; sez. III, 22 agosto 2012, n. 4593; sez. VI, 13 dicembre 2011, n. 6531). In seguito alle succitate più recenti modifiche normative invece, secondo un indirizzo giurisprudenziale sufficientemente univoco – e dal quale il Collegio non intende discostarsi nel decidere la presente questione - “nelle gare di appalto, il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva per le imprese che hanno partecipato alla gara decorre dalla data di notifica o comunicazione individuale dell’aggiudicazione definitiva stessa, così come dispone l’art. 79, comma 5, del codice dei contratti pubblici; in mancanza di comunicazione individuale, il termine decorre dalla conoscenza dell’atto”( Consiglio di Stato, sez. V, sent. 31 ottobre 2012, n. 5565) . Di conseguenza, poiché nel caso di specie la comunicazione prevista dalla lettera a) del quinto comma dell’art. 79 non è mai stata effettuata all’indirizzo del ricorrente, il dies a quo poteva decorrere soltanto dalla data dell’effettiva conoscenza dell’atto pregiudizievole; della quale, nel caso di specie, la parte resistente non ha fornito alcuna prova, malgrado essa fosse rigorosamente a proprio carico secondo una costante giurisprudenza (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 28 giugno 2004 n. 4790).

III) Con il ricorso per motivi aggiunti, la ditta ricorrente ha censurato l'ammissione in gara della ditta controinteressata per le seguenti ragioni:

a) Violazione del punto 17 del bando di gara, con riguardo, più specificatamente, a:

a.1) la documentazione amministrativa relativa ai mezzi richiesti dal bando di gara;

a.2) la natura e le caratteristiche dei mezzi richiesti dal bando di gara;

b) Violazione del punto 12 del bando di gara, con più specifico riguardo a:

b.1) iscrizione all’Albo di cui all’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006;

b.2) iscrizione alla CCIA;

c) Violazione del punto 1, numero 6, del bando di gara;

d) violazione del punto 17, lettera K), del bando di gara.

Si procede, quindi, nell’ordine risultante dalla precedente elencazione, all’esame delle relative censure, anche in relazione alle eccezioni proposte dalle parti evocate in giudizio all’interno dei rispettivi atti defensionali.

III.a.1) In relazione al motivo sub a1) , il Collegio ne esclude la fondatezza poiché, dall’esame degli atti di causa, appare sussistere già all’interno dell'offerta della ditta controinteressata un’adeguata indicazione dei mezzi richiesti dal bando di gara. Le precisazioni fornite successivamente, in risposta alla richiesta di chiarimenti formulata dalla stazione appaltante con atto prot 25195 del 04/05/2012, riguardano infatti gli estremi di identificazione di ciascun singolo mezzo, e non comportano, secondo la valutazione di questo Collegio, alcuna alterazione della par conditio fra i concorrenti.

Del resto, l'art. 17 lett. k) del bando prevedeva espressamente l'Amministrazione, prima della consegna dei lavori, avrebbe dovuto visionare "… i mezzi e le attrezzature di cui al punto 4. per accertare la conformità ai requisiti di cui all'Elenco Prezzi del progetto approvato. I mezzi di cui sopra dovranno essere visionati entro e non oltre 5 giorni lavorativi dalla notifica di avvenuta aggiudicazione provvisoria, pena l'esclusione" delineando, in tal modo una verifica prodromica alla stipula ed alla esatta esecuzione del contratto e non certo all'ammissione alla gara.

A sua volta l'art. 6 del C.S.A. richiedeva i mezzi e le attrezzature ai fini dell'esecuzione dei lavori di guisa che la circostanza che alcuni mezzi non fossero inclusi nell'originario elenco presentato in sede di gara non sembra abbia implicato la violazione di alcuna prescrizione posta a pena di esclusione.

III.a.2) Il motivo sub a.2) va rigettato, poiché con esso viene chiesto al Collegio, piuttosto che di compiere un sindacato ab estrinseco sulla ragionevolezza delle valutazioni già effettuate dall’amministrazione (cfr. verbale dei 17-18-21-22¬23/05/2012) circa l'idoneità dei mezzi da impiegare per l’esecuzione del contratto, di sostituirsi ad essa nell’esercizio di tale apprezzamento; cosa possibile esclusivamente nei casi di giurisdizione di merito del G.A., fra i quali certo non rientra la presente controversia.

In tal senso, corretta appare l'affermazione della resistente secondo cui essa, ai sensi dell'art. 46 comma 1-bis T.U. 12/04/2006 n. 163, non ha violato alcuna prescrizione prevista a pena di esclusione dal codice degli appalti, dal regolamento e da altre disposizioni vigenti, né ha violato precise prescrizioni previste a pena di esclusione dal bando di gara.

III.b.1) Quanto al motivo sub b), benchè il ricorso all’istituto dell’avvalimento non trovi ex art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 espressi limiti in ordine ai requisiti acquisibili da altro operatore economico, nondimeno esistono dubbi e perplessità nella stessa giurisprudenza circa la possibilità di un suo utilizzo indiscriminato, specie ove ciò comporti la possibilità, per soggetti non specificamente qualificati, di operare all’interno di settori che intercettano interessi “sensibili”. Venendo al caso di specie, siffatte perplessità hanno caratterizzato (anche) la possibilità o meno del ricorso all’avvalimento in relazione al requisito della iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale previsto dall’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006.

Il Collegio non ignora che, in tempi più recenti, sembra prevalere – soprattutto nella giurisprudenza amministrativa di secondo grado (in termini Consiglio di Stato, sez. V, sent. 8 ottobre 2011, n. 5496; Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 23 febbraio 2012, n. 1054) – un orientamento favorevole all’operare dell’istituto dell’avvalimento anche in tale ambito. E tuttavia, ciò non sembra al Collegio conseguire da visione ordinamentale ad ampio spettro, che ponga nell’esatto ordine secundum costitutionem i diversi valori ed interessi che possono porsi in conflitto ove all’avvalimento voglia farsi ricorso anche in tale ambito.

A questo proposito occorre rammentare che l’avvalimento nasce come strumento a supporto della piena concorrenzialità del mercato delle commesse pubbliche, consentendo anche a soggetti che non possiedano per intero i – spesso numerosissimi - requisiti richiesti per la partecipazione alle pubbliche gare, di potervi prendere parte, previa acquisizione di quelli mancanti mediante la collaborazione prestata da un diverso operatore economico. L’avvalimento dunque è uno strumento a favore della maggiore concorrenzialità dei mercati, mediante il quale si fa un passo ulteriore rispetto al mero riconoscimento del valore dell’iniziativa economica privata. E tuttavia, la tutela della concorrenza non diventa sol per questo un valore in sé: esso infatti rimane riconosciuto, protetto e promosso entro quegli stessi limiti in cui è riconosciuta, protetta e promossa “l’iniziativa economica”. Questo ancora significa che il riconoscimento di quel valore non è affatto incondizionato, poiché esso dialoga e fa sistema, nell’esatto ordine voluto dai Costituenti, con valori “altri”, e talora sovraordinati.

Nel caso di specie, l’iscrizione all’Albo di cui all’art. 212 del D.Lgs. n. 163/2006 è posta a garanzia della professionalità di operatori economici privati, la cui attività è suscettibile di incidere su beni/interessi di primario rilievo costituzionale: ovvero l’ambiente, cui si riferiscono le garanzie previste dall’art. 9 Cost., e la salute umana, cui si riferiscono le garanzie poste dall’art. 32 Cost. Ed allora, poiché a norma del secondo comma dell’art. 41 Cost. l’attività economica dei privati, benché libera, “non può svolgersi …in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, è evidente che la “sicurezza” dell’ambiente e della salute umana sono valori assolutamente sovraordinati rispetto a quello della concorrenzialità del mercato delle commesse pubbliche.

Il Collegio dunque, tenendo presenti i principi di cui agli art. 9, 32 e 41, secondo comma, Cost. ed accedendo ad una interpretazione costituzionalmente conforme, ritiene di dover prestare adesione all’opposto indirizzo giurisprudenziale che esclude la possibilità di ricorrere all’avvalimento per il requisito rappresentato dalla iscrizione all’Albo di cui all’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006, giacchè “sebbene l’avvalimento corrisponda all’esigenza di assicurare una maggiore concorrenza nel mercato, le caratteristiche dell’istituto non sono conciliabili con interessi di primario rilievo come la tutela dell’ambiente che, nel caso di specie, il legislatore nazionale ha inteso garantire prevedendo, per i soggetti che gestiscono rifiuti (anche pericolosi, come l’amianto), l’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale” (T.A.R. Lazio – Roma, sez. Seconda-ter, sent. 22 dicembre 2011, n. 10080).

Una tale esegesi, del resto, trova conforto nella deliberazione n. 28 del 19 giugno 2013 resa dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici proprio in relazione alla presente controversia in sede di parere pre-contenzioso. All’interno di tale atto, oltre che richiamare numerosi passi della precitata sentenza n. 10080/2011 del T.A.R. Lazio, l’Autorità (superata la propria precedente determinazione cui si riferisce la parte resistente, ossia il "parere n. 165 del 21/05/2008"), precisa, innovativamente, che “la soggettività del requisito dell’iscrizione a detto albo, che presuppone il possesso di stringenti caratteristiche aziendali ed organizzative necessario per il corretto espletamento di attività delicate e/o pericolose, caratterizzate dall’impiego di attrezzature particolari e di competenze specifiche, impedisce di ricorrere all’avvalimento per dimostrarne il possesso, in quanto non è possibile disgiungerlo dall’organizzazione che l’ha conseguito”. Per le ragioni esposte in precedenza il Collegio dunque accoglie il presente motivo di ricorso.

III.b.2) Non risulta invece essere fondato il motivo di censura legato al mancato possesso, da parte dell’aggiudicatario contestato, dell’iscrizione alla CCIA per attività corrispondenti all’oggetto del contratto da aggiudicare. Dall’esame degli atti di causa risulta infatti che, pur in mancanza di un oggetto sociale corrispondente all’attività oggetto del contratto da aggiudicare, la ditta controinteressata aveva supplito mediante l’oggetto sociale proprio alla ditta Franceschini Francesco, della quale la stessa si era avvalsa. E si tratta, in questo caso, di una collaborazione assolutamente ammissibile fra operatori economici diversi, che – a giudizio del Collegio - non si scontra, come in precedenza, con la peculiarità del requisito, e che correttamente quindi ha determinato la legittima partecipazione alla gara dell’aggiudicatario contestato.

III.c) Per quanto attiene al motivo di ricorso sub c), il Collegio ritiene che la mancata inserzione, all’interno della busta “A”, della dichiarazione resa ai sensi del protocollo di legalità e della circolare dell’Assessore Regionale Lavori Pubblici n. 593 del 31 gennaio 2006, benché sanzionata dal disciplinare di gara a pena di esclusione, correttamente non abbia stimolato i poteri di intervento della stazione appaltante. Infatti, a seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 70/2011 all’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006, il potere delle stazioni appaltanti di individuare autonomamente cause di esclusione dalla pubblica gara diverse da quelle contemplate da sovraordinate fonti normative non è più “libero”, potendo al contrario esplicarsi soltanto ove finalizzato a prevenire il rischio dell’ammissione di offerte caratterizzate da “incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza (di esse, o da) difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali” o da “non integrità del plico (che le contenga) o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte”. Ma poiché a nessuna di queste finalità appare essere preordinata la causa di esclusione contemplata dal punto 6, numero 1, del disciplinare di gara, la sua nullità, a norma del secondo periodo del comma 1-bis dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006 (in termini, più di recente e in relazione ad una clausola antitrust “atipica”, T.A.R. Lazio- Roma, sez. III, sent. 9 aprile 2013, n. 3558), rende legittima l'ammissione alla gara. In ragione di quanto già detto perde altresì di ogni rilevanza l’esame del distinguo proposto dall’amministrazione intimata fra fase di esecuzione del contratto e di partecipazione alla gara prodromica alla sua stipulazione, in relazione alla applicabilità della normativa in precedenza scrutinata anche con riguardo ai cd. noli a freddo: essendo infatti in ogni caso legittima la mancata esclusione della ditta controinteressata (relativamente al presente motivo di ricorso) per le ragioni indicate in precedenza, non sussiste più alcun interesse alla proposizione di tale difesa, e consequenzialmente nessun obbligo per il Collegio di pronunciare su di essa.

d) Quanto alla violazione del termine previsto dall’art. 17, lettera K), del bando di gara per la visione dei mezzi offerti per l’esecuzione del contratto, il Collegio ritiene la società ricorrente carente di un qualunque interesse alla proposizione della relativa censura. Il rispetto del termine in questione non può infatti che dipendere dalla complessità in concreto della verifica che debba essere effettuata, in uno con scelte organizzative non sindacabili ab estrinseco poste in essere dall’amministrazione che di essa è onerata - quantomeno ove il discostarsi dalle previsioni del bando di gara non sia talmente abnorme da incidere sulle legittime aspettative di ragionevole durata del procedimento di aggiudicazione. E poiché, nel caso di specie, il ritardo rispetto alla tempistica prevista all’interno del bando è stato pari ad appena tre giorni (dal 19 maggio al 22 maggio dello stesso anno), il Collegio ritiene che il suo verificarsi non sia tale da radicare in capo alla società ricorrente un interesse ad ottenere l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione per tale motivo. Del resto in una tale opinione il Collegio è confortato da una recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, il quale, con la sentenza n. 4884 del 3 ottobre 2013 della sua III sezione, proprio in relazione ad una controversia relativa all’aggiudicazione di contratti da parte della P.A., ha chiarito come “anche se il fattore tempo concorre a qualificare l’azione amministrativa nei profili del buon andamento e della pronta soddisfazione degli interessi di rilievo pubblico cui è preordinata, tale fattore tuttavia assume valenza viziante dei provvedimenti adottati solo in presenza della violazione di specifiche disposizioni che, al decorso del tempo, colleghino la perdita della potestà di provvedere”. E senza contare, altresì, che ove il termine perentorio per la verifica dovesse desumersi da una espressa previsione dei tempi per la sua effettuazione all’interno del bando di gara “a pena di esclusione”, una tale sua natura non potrebbe correttamente esser postulata in base al principio di tassatività delle cause di esclusione, e della consequenziale nullità di una tale previsione a mente dell’art. 46, comma 1-bis, secondo periodo, del D.Lgs. n. 163/2006.

IV) Quanto alla proposta domanda di risarcimento del danno, è evidente che l’ormai avvenuta esecuzione del contratto, della quale l’amministrazione intimata ha dato notizia mediante nota depositata in segreteria il 15/07/2013, preclude in toto al ricorrente la possibilità di ottenere un risarcimento del danno in forma specifica.

Essa pertanto, seppure genericamente proposta, va liquidata (nel rispetto del principio di effettività della tutela che il G.A. ex art. 1 C.P.A.) per equivalente, seguendo il criterio indicato dall’art. 345 della legge n. 2248/1865, All. F.

Va dunque riconosciuto alla ricorrente il diritto al risarcimento del danno da calcolarsi in misura al 10% del valore del contratto da aggiudicare al netto del ribasso d’asta, operando altresì un abbattimento del 50% in conseguenza dell’assoluta incertezza circa le possibilità di guadagno concretamente perdute, imputabile alla società ricorrente per carente svolgimento dell’attività processuale a proprio carico.

A titolo di danno curriculare va riconosciuto alla ricorrente un ulteriore importo pari al 50% della somma come sopra quantificata a titolo di danno.

Applicando tali criteri, il Collegio condanna pertanto l’amministrazione intimata al risarcimento del danno per equivalente pecuniario nella misura complessiva di euro 22.310,40 (di cui 14.873,60 per il risarcimento del danno patrimoniale, e 7.436,80 per il risarcimento del cd. danno curricolare) nei confronti del ricorrente.

V) Stante la mancanza di orientamenti giurisprudenziali univoci quanto alla possibilità di ricorrere all’avvalimento per il requisito rappresentato dall’iscrizione all’Albo di cui all’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006, il Collegio ritiene sussistere giustificati motivi per la compensazione totale delle spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto d’interesse, il ricorso principale, ed accoglie il ricorso per motivi aggiunti, per gli effetti annullando l’impugnato provvedimento di aggiudicazione definitiva, senza alcun pregiudizio per la efficacia del contratto stipulato sul suo presupposto. Accoglie altresì la proposta domanda di risarcimento del danno, condannando l’amministrazione a corrispondere in favore del ricorrente gli importi indicati in motivazione.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nelle camere di consiglio dei giorni 25 settembre 2013 e 9 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Calogero Ferlisi, Presidente

Agnese Anna Barone, Consigliere

Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Referendario, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Numero di conto corrente unico e nullitĂ  del bando.

CGA, sentenza n. 786 del 16 ottobre 2013
Data: 
16/10/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

"Pur dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 della legge statale 13 agosto 2010, n. 136 - quanto alla perdurante vigenza della norma di cui al citato art. 2, comma 1, L.R. 20 novembre 2008, n. 15 - deve ritenersi che sebbene entrambe le norme trovino applicazione nella Regione siciliana, quella statale per effetto del recepimento regionale del codice dei contratti pubblici, che a sua volta richiama la normativa antimafia – che non basti l’ovvio rilievo di una certa simiglianza tra le due discipline a supportare l’affermazione che la sopravvenienza di quella posteriore abbia tacitamente abrogato quella anteriore.

Invero, la normativa regionale, pur se anteriore, ha carattere di specialità rispetto a quella statale successiva; sicché, in applicazione di basilari canoni esegetici disciplinanti la successione delle leggi nel tempo, va escluso che la legge generale successiva deroghi alla legge speciale anteriore"

 

 

N. 00786/2013 REG.PROV.CAU.

N. 00738/2013 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 738 del 2013, proposto da:

 

L******** S.R.L., rappresentato e difeso dagli avv. *******, **********, con domicilio eletto presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa in Palermo, via F. Cordova 76;

 

contro

Azienda Ospedaliera Universitaria "Policlinico V. Emanuele" Di Catania, rappresentato e difeso dall'avv. ************, con domicilio eletto presso **** Studio in Palermo, via ********* N. 89; 

nei confronti di

S******** S.p.A. in P. E N.Q., rappresentato e difeso dagli avv. *****, ******, con domicilio eletto presso ******** in Palermo, V. ******* N. 40;

A.N.C.R. S.R.L.; 

per la riforma

dell' ordinanza cautelare del T.A.R. SICILIA - SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE III n. 00646/2013, resa tra le parti, concernente appalto - procedura aperta per l'affidamento triennale del servizio di vigilanza, sorveglianza, etc. del patrimonio dell'azienda

 

Visto l'art. 62 cod. proc. amm;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliera Universitaria "Policlinico V. Emanuele" Di Catania e di S******** S.p.A. in P. E N.Q.;

Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;

Viste le memorie difensive;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2013 il Cons. Giuseppe Mineo e uditi per le parti gli avvocati U. Ilardo su delega dell'avv. A. Bivona e l'avv. M. B. Miceli;

 

Il primo motivo dell’appello cautelare in trattazione – che reitera anche in questa fase l’allegazione, invero meramente sollecitatoria in quanto volta a stimolare l’esercizio di un potere ufficioso del giudice, della “nullità del bando di gara per violazione della normativa di cui all’art. 2 [comma 1] della L.R. n. 15/2008”, a causa del fatto che il bando medesimo ha obliterato detta norma di legge regionale, facendo unicamente riferimento, in ordine alla tracciabilità dei flussi finanziari connessi all’appalto, all’art. 3 della legge statale n. 136/2010, sebbene si tratti di appalto di valore superiore a € 100.000,00 – è assistito da adeguati profili di fumus boni iuris, per le ragioni di seguito esposte.

Ciò in quanto il Collegio ritiene di dover ribadire – in tema di nullità del bando di gara per violazione dell’art. 2, comma 1, della L.R. 20 novembre 2008, n. 15, – l’orientamento già tracciato dalla sentenza 27 luglio 2012, n. 721, pur dopo aver attentamente vagliato e riconsiderato le osservazioni critiche (o, quantomeno, problematiche) che erano state svolte, in argomento, dall’ordinanza cautelare 28 marzo 2013, n. 139, anch’essa di questo stesso Consiglio.

In proposito, è d’uopo svolgere le considerazioni di cui appresso.

I) In punto di rilevabilità d’ufficio di una nullità espressamente comminata dalla legge, si ritiene sufficiente richiamare l’art. 31, comma 4, del codice del processo amministrativo; rinviando, per la relativa esegesi, ai paragrafi 3 e 4 della citata sentenza n. 721/2012. Tale richiamo appare dirimente anche di ogni profilo afferente alla (asseritamente ostativa) subordinazione delle questioni di merito a quelle di rito (tra queste ultime essendo ricomprese quelle concernenti la legittimazione a ricorrere, nonché, con specifico riguardo al caso di specie, la dedotta irritualità dell’introduzione in giudizio della tematica in esame a mezzo di memoria non notificata: profili che, invece, sono tutti assorbiti dalla piena rilevabilità d’ufficio della nullità testualmente comminata dalla legge).

II) Quanto alla perdurante vigenza della norma di cui al citato art. 2, comma 1, pur dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 della legge statale 13 agosto 2010, n. 136, il Collegio ritiene – sebbene entrambe le norme trovino applicazione nella Regione siciliana, quella statale per effetto del recepimento regionale del codice dei contratti pubblici, che a sua volta richiama la normativa antimafia – che non basti l’ovvio rilievo di una certa simiglianza tra le due discipline a supportare l’affermazione che la sopravvenienza di quella posteriore abbia tacitamente abrogato quella anteriore.

Invero, la normativa regionale, pur se anteriore, ha carattere di specialità rispetto a quella statale successiva; sicché, in applicazione di basilari canoni esegetici disciplinanti la successione delle leggi nel tempo, va escluso che la legge generale successiva deroghi alla legge speciale anteriore.

È in proposito dirimente il rilievo che la normativa statale – in aggiunta ad altre differenze, pure evidenti: giacché l’una pone un precetto rivolto agli appaltatori e ai concessionari di finanziamenti pubblici, l’altra alle stazioni appaltanti in sede di approvazione del bando di gara; la prima prescrive l’uso di uno o più conti correnti, utilizzabili peraltro “anche non in via esclusiva”, la seconda impone invece “di indicare un numero di conto corrente unico”, dunque utilizzabile esclusivamente per l’appalto di cui trattasi – si applica, oltre che ai finanziamenti pubblici, agli appalti senza ulteriori specificazioni; laddove, invece, la norma regionale riguarda unicamente “gli appalti di importo superiore a 100 migliaia di euro”.

Risulta perciò evidente che, pur dopo il doppio recepimento di cui si è fatto cenno, l’art. 3 della legge n. 136 debba trovare applicazione, anche in Sicilia (ove la Regione ha competenza legislativa primaria o esclusiva in materia di appalti pubblici, ai sensi dell’art. 14, lettera g), del proprio Statuto speciale), in tutti gli appalti di importo non superiore a € 100.000; laddove invece, al di sopra di detta soglia, per il già ricordato principio di specialità, è giocoforza affermare che debba trovare applicazione (solo) l’art. 2, comma 1, della citata legge regionale.

Si badi che ciò non implica, altresì, che alla medesima conclusione si debba pervenire anche in ordine al comma 2 di tale ultimo articolo; tuttavia di tale profilo – sebbene detto comma 2 non abbia alcun rilievo in riferimento alla vicenda in esame – si accennerà brevemente infra.

Quel che preme qui sottolineare è, piuttosto, che l’abrogazione tacita – concetto tecnicamente assai più preciso di quello, sostanzialmente sociologico o lato sensu politico, della c.d. “incompatibilità sostanziale” – postula un’effettiva e assoluta incompatibilità tra due discipline, che non è dato invece ravvisare tra quelle di cui trattasi (art. 3 L. n. 136/2010 e art. 2, comma 1, L.R. n. 15/2008).

Né, sempre a questo proposito, può pretermettersi di considerare, da ultimo ma non per ultimo, che l’art. 2 della L.R. n. 15/2008 non è indicato tra le norme che l’art. 32 della L.R. 12 luglio 2011, n. 12, considera abrogate in conseguenza del recepimento del codice dei contratti pubblici (operato dalla stessa L.R. n. 12/2011): sicché, anche per questo profilo, detto art. 2 va considerato vigente.

III) Passando quindi al profilo relativo alla possibilità di configurare come solo parziale, piuttosto che totale, la nullità del bando di gara difforme dalla previsione normativa regionale in esame – con conseguente ipotizzata applicabilità del meccanismo dell’inserzione automatica di clausole, di cui all’art. 1339 del cod. civ. (ove applicabile anche all’atto amministrativo recante la lex specialis di una gara d’appalto) – il Collegio ritiene che una siffatta configurazione esegetica travalicherebbe i limiti di compatibilità con il tenore letterale della legge regionale, che un interprete che non voglia farsi legislatore è tenuto a osservare.

La norma regionale, infatti, non reca una mera sanzione di generica nullità, e neppure di “nullità assoluta” (come, per esempio, si legge invece nel comma 8 del cit. art. 3 della legge statale n. 136/2010); bensì una preclara sanzione di “nullità del bando”.

Non si può ragionevolmente dubitare che il legislatore regionale abbia inteso sanzionare, appunto, con la nullità del bando (vale a dire di tutto il bando, ossia del bando nella sua interezza) la violazione, da parte della stazione appaltante, del precetto posto dall’art. 2, comma 1, L.R. n. 15/08.

È indubbiamente una sanzione grave, forse la più grave possibile, dalla cui applicazione derivano conseguenze gravissime: in pratica, l’azzeramento della gara, che di regola andrà ripetuta.

Ma essa è frutto della valutazione, da ritenere evidentemente consapevole, del legislatore regionale: il quale, almeno nelle materie in cui dispone di competenza legislativa esclusiva, non pare sfornito del potere di sanzionare con la nullità la violazione dei più pregnanti tra gli obblighi che ritiene di imporre ai destinatari del proprio precetto legale.

Di tale valutazione, dunque, l’interprete deve limitarsi a prendere atto, senza sovrapporre proprie considerazioni di opportunità (o di migliore funzionalità) a quelle compiute dal legislatore.

Rispetto a questa tematica, resta dunque sullo sfondo la grande difficoltà di ipotizzare integrazioni legali del bando di gara con precetti la cui violazione dovrebbe dar luogo all’esclusione del concorrente che tali precetti abbia violato (o alla risoluzione del contratto, se la violazione avviene nella fase di esecuzione di esso): giacché, essendosi costui attenuto a tutto quanto previsto dal bando, ogni sanzione applicatagli in esito a un processo interpretativo metatestuale potrebbe davvero sembrare una insopportabile violazione del suo incolpevole affidamento.

Invero, su di essa fa premio, come si è già detto, l’esigenza di non consentire all’interprete di forzare il dato testuale, giusto o sbagliato che lo ritenga, al di là di quello che potrebbe definirsi il suo intrinseco limite di elasticità (così mutuando un’espressione usata in dottrina con riguardo alla riconduzione dei contratti ai relativi tipi negoziali prefigurati dal codice civile); e infatti, nella specie, tale limite non sembra consentire, data l’assoluta chiarezza del dato normativo, di ritenere valido un bando anche ove non rechi la clausola voluta dalla legge, neppure predicando che esso sia automaticamente integrato da una clausola, ivi non scritta, di contenuto uguale a quello che avrebbe invece dovuto esservi inserito.

IV) Venendo, da ultimo, a trattare degli eventuali profili di incostituzionalità della L.R. n. 15/2008, il discorso sembra effettivamente atteggiarsi in modo diverso quanto al comma 1, che qui unicamente viene in rilievo, rispetto al comma 2 dello stesso art. 2 L.R. n. 15/2008.

Quest’ultimo, in quanto appaia strutturalmente privo di ogni altra finalità che ecceda quelle di contrasto alla criminalità organizzata, potrebbe incorrere in profili, non manifestamente infondati, di sospetta illegittimità costituzionale – sia per violazione della competenza normativa primaria spettante alla Regione siciliana (che è bensì competente sulle gare per l’affidamento di lavori pubblici, ma ovviamente non anche sulla normativa, penale o para-penale, esclusivamente volta al contrasto della criminalità, organizzata e non); sia per palese violazione della presunzione di non colpevolezza, ex art. 27, II comma, della Costituzione (poi divenuta presunzione di innocenza, in alcune convenzioni internazionali ratificate dall’Italia), che assiste l’imputato fino alla sentenza di condanna definitiva – con il corollario che detto comma 2, che però nella vicenda in esame non rilieva, rischia in effetti di essere espunto dall’ordinamento (magari non già in via di mera disapplicazione diffusa o di una c.d. interpretazione abrogatrice; bensì previa necessaria sua remissione alla Corte costituzionale e relativa eventuale pronunzia di incostituzionalità).

Discorso senz’altro opposto, invece, va fatto con riguardo alla norma recata dal comma 1 dell’art. 2 della L.R. n. 15/2008, ossia quella che unicamente rileva nella vicenda di cui ci si sta occupando.

Giova opportunamente premettere che a tale norma regionale siciliana non può meccanicamente traslarsi la declaratoria di incostituzionalità resa, sulla L.R. Calabria 7 marzo 2011, n. 4 (di analogo contenuto, ma emanata da una regione a statuto ordinario e come tale sprovvista di competenze legislative esclusive), da Corte costituzionale 23 febbraio 2012, n. 35.

In proposito, infatti, va essenzialmente osservato che la norma ora in esame, accanto a una dichiarata finalità “di contrasto alla criminalità organizzata” emergente dalla stessa rubrica della legge che la veicola, obiettivamente assolve anche a ulteriori finalità, afferenti essenzialmente a una corretta e trasparente gestione dei fondi ricevuti dalla stazione appaltante, le quali si ritiene che palesemente rientrino nell’ambito di un legittimo esercizio della competenza legislativa esclusiva nella materia dei “lavori pubblici” di cui la Regione siciliana dispone ai sensi dell’art. 14, lettera g), del proprio Statuto speciale di autonomia (R.D.Lgs. 15 maggio 1946 n. 455).

Sicché, per tal ragione, la norma sembra manifestamente immune da ipotizzati vizi di illegittimità costituzionale per violazione del riparto di competenze tra lo Stato e la Regione siciliana.

Le considerazioni svolte supportano il fumus boni iuris dell’appello cautelare in trattazione; il periculum in mora è evidentemente insito nel fatto stesso che una procedura inficiata da nullità della sua lex specialis prosegua il suo corso, nelle more di un giudizio che pare destinato a concludersi con la pertinente declaratoria.

I contrasti giurisprudenziali, effettivamente eccezionali, che si sono finora riscontrati sulle questioni qui trattate inducono tuttavia alla compensazione delle spese dell’odierno gravame cautelare.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,

accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma dell’ordinanza appellata, sospende l’efficacia dei provvedimenti impugnati in primo grado.

Spese del gravame cautelare compensate.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Ermanno de Francisco, Presidente FF

Gabriele Carlotti, Consigliere

Silvia La Guardia, Consigliere

Pietro Ciani, Consigliere

Giuseppe Mineo, Consigliere, Estensore

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

   

 

   

 

   


 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sul termine per proporre ricorso in caso di comunicazione incompleta

Tar Catania, sentenza n. 2682 del 23 ottobre 2013
Data: 
13/10/2013
Tipo di Provvedimento: 
Sentenza
Materia: 
Termini

"Nel caso in cui la comunicazione di cui all'art. 79, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006 non contenga tutti gli elementi ivi previsti il dies a quo del termine per proporre ricorso cincide con lo spirare dei dieci giorni previsti per esercitare il diritto di accesso".

 

N. 02682/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01939/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1939 del 2012, proposto da:
Meridional Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Natale Bonfiglio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandro Carrubba in Catania, via Umberto, 303;

contro

Sac - Società Aeroporto di Catania S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Seminara, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, corso delle Province, 203;

nei confronti di

PFE S.p.A. e Pulitori E Affini S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Agatino Cariola, Umberto Ilardo e Massimiliano Brugnoletti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Agatino Cariola in Catania, via G. Carnazza, 51;
L'Operosa Soc. Coop. A.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Castana e Silvia Marzot, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Filippo Castana in Catania, via G. D'Annunzio, 35- P.VI°;

per l'annullamento

- della comunicazione prot. n. 2376 del 22 maggio 2012, con la quale la S.A.C. ha comunicato l'aggiudicazione definitiva della procedura aperta per l'affidamento dell'appalto per le pulizie dell'aerostazione passeggeri e delle aree esterne dell'aeroporto di Catania e movimentazione carrelli portabagagli;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sac - Società Aeroporto di Catania S.p.A., e del costituendo RTI tra Pfe S.p.A. e Pulitori e Affini S.p.A. e di “L'Operosa Soc. Coop. A.R.L.”;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2013 la dott.ssa Gabriella Guzzardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente, che ha partecipato alla gara indetta dalla SAC- Società Aeroporto di Catania s.p.a. per l’affidamento dell’appalto per le pulizie del’aerostazione di cui all’avviso pubblicato nella GURS n. 153 del giorno 11/08/2011, classificandosi al seconda posto nella graduatoria degli ammessi alla gara dopo il raggruppamento di cui è mandataria la PFE s.p.a. ( mandante la PULITORI e AFFINI s.p.a.), con il ricorso introduttivo impugna l’aggiudicazione definitiva, comunicata in data 22 maggio 2012 a favore della prima graduata.

A sostegno del ricorso vengono addotte le seguenti censure:

1) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 38 commi 1 e 2 del D. L.vo 163/2006 e s.m. ed i. e dell’art. 75 del DPR 445/2000 e s.m. ed i. – Eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà con il bando di gara e del principio della par condicio tra i concorrenti.

Il legale rappresentante della Pulitori e Affini, mandante dell’ATI aggiudicataria, avrebbe reso la dichiarazione di cui all’art. 38 D. L.vo 163/2006 con riferimento a Consoli Enrico, presidente del c. di a. cessato dalla carica il 9/2/2011, dichiarando da un lato che nei confronti di quest’ultimo non è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., precisando però che “ha riportato sentenza ex art. 444 c.p.p. emessa in data 23 maggio 2008 dal G.I.P. presso il Tribunale di Milano……. per il reato di cui agli artt. 110, 112, comma 1, n. 1) e n.2), 81 cap. , 2637 c.c…”.

L’incidenza negativa del reato di aggiotaggio commesso da Consoli Enrico, avrebbe dovuto determinare l’esclusione dell’ATI aggiudicataria dalla gara de qua (come del resto è avvenuto, sempre a carico della società Pulitori e Affini, in altri casi, riferentesi ad altre gare cui afferiscono le sentenze citate in ricorso), qualora la stazione appaltante avesse correttamente valutato tutte le circostanze di fatto compresa la dimensione della partecipazione societaria di Consoli Enrico che è rimasto titolare del 43,4% del capitale sociale dopo avere trasferito 490.000 azioni alla società fiduciaria Aletti Fiduciaria s.p.a. , con ciò mantenendo il controllo della società (circostanza questa non dichiarata dall’attuale legale rappresentante della società, signor Consoli Stefano).

Rileva ancora parte ricorrente che la dichiarazione di dissociazione resa in data 31/01/2011 dal C. di A. della società Pulitori e Affini s.p.a., dopo tre anni dalla condanna inferta a Consoli Enrico, sarebbe intempestiva e comunque non sufficiente a garantire l’effettiva dissociazione dall’operato dell’ex legale rappresentante, e quindi l’affidabilità dell’ATI aggiudicataria.

2) Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà con la lex specislis di gara e con la nota prot. n. 1267 del 14/03/2012, e del travisamento dei fatti- Difetto di istruttoria ed illogicità.

L’offerta del raggruppamento aggiudicatario non avrebbe rispettato nella determinazione del costo del lavoro le tabelle FISE aggiornate con gli aumenti individuati nel CCNL di categoria decorrenti dal 31 maggio 2011. Sotto altro subordinato profilo le giustificazioni rese dall’ATI di cui è mandataria PFE s.p.a. sarebbero state immotivatamente ed illogicamente ritenute congrue in quanto l’Ati aggiudicataria non avrebbe effettuato la scomposizione del costo orario rispetto ai servizi individuati dall’allegato 9 per il quale il disciplinare di gara ha preteso il rispetto dei costi di cui alle tabelle FISE.

In ragione della dedotta illegittimità del’aggiudicazione della gara in questione alla controinteressata, la società ricorrente, seconda classificata, chiede il risarcimento del danno in forma specifica.

L’aggiudicataria ATI capeggiata dalla società PFE costituita in giudizio con memoria depositata in data 29 agosto 2012, eccepisce in primis la irricevibilità del ricorso che si assume tardivamente proposto prendendo come dies a quo la data di comunicazione dell’aggiudicazione definitiva alla ricorrente, intervenuta in data 22 maggio 2012 . Nel merito ne eccepisce la infondatezza con riferimento a ciascuna delle censure addotte.

Con ricorso incidentale depositato in data 3 settembre 2012 deduce la illegittimità della ammissione alla gara de qua della ditta ricorrente sulla scorta delle seguenti censure:

A) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1 lett. B), C) ed M ter) del D. L.vo 163/2006 e s.m. ed i.- Violazione e falsa applicazione del D.M. n. 274/97, del disciplinare di gara in ordine al contenuto della busta n. 1. Eccesso di potere- Carenza di istruttoria- Violazione della par condicio- Violazione dei principi di buon andamento, imparzialità, trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa.

Sostiene la ricorrente incidentale che la ricorrente principale, seconda classificata, avrebbe dovuto essere esclusa per non avere inserito nella busta n. 1 le dichiarazioni prescritte dall’art. 38 cod. contratti e dal disciplinare di gara con riferimento al responsabile tecnico (che non è stato neanche indicato) della Meridionale s.r.l..

B), C), D), E) Violazione e falsa applicazione del disciplinare di gara in ordine al contenuto della busta n. 1- violazione e falsa applicazione del DPR n. 445/2000- Eccesso di potere- Difetto di istruttoria- Carenza di motivazione – Violazione della par condicio- Violazione dei principi di buon andamento, imparzialità, trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa.

Il legale rappresentante della Meridional s.r.l. avrebbe reso dichiarazione ai sensi del punto 11 del disciplinare di gara, priva di sottoscrizione e quindi tanquam non esset e in quanto tale assolutamente insanabile.

Sotto altro profilo il legale rappresentante della Meridionale s.r.l., con riferimento alla dichiarazione attestante l’elenco dei servizi prestati, richiesta dal disciplinare di gara, non avrebbe osservato le forme previste dal DPR 445/2000, avendo omesso di fare riferimento alle conseguenze penali previste dall’art. 76 del DPR 445/2000 in caso di mendacio ed ha dichiarato i servizi prestati presso la fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” di Pavia con i relativi importi , ma tali servizi non riguardano solo i servizi di pulizia, contenendone altri quali quelli di sanificazione, facchinaggio, disinfestazione, ecc. non riconducibili all’oggetto dell’appalto in questione.

La ricorrente principale poi ha dichiarato di essere in regola con le norme sull’assunzione obbligatoria dei lavoratori disabili, senza specificare perché la stessa sarebbe in regola.

Il Direttore tecnico dell’impresa seconda classificata (che sarebbe anche socio di maggioranza) signor Giordano Antonino è stato fatto oggetto di condanna comminata con sent. n. 1456/2010 del Tribunale di Messina, circostanza questa che non sarebbe stata valutata dalla Commissione di gara al fine di determinare l’esclusione dalla gara della concorrente Meridional s.r.l.

F) Violazione e falsa applicazione della L. n. 726/1982 e della L. n. 410/1991. Eccesso di potere per difetto di istruttoria .

La Meridional s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara anche per non avere prodotto il modello GAP .

La Meridionale s.r.l. con memoria depositata in data 3 settembre 2012 deduce la infondatezza della eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo che assume tempestivamente proposto in quanto la comunicazione dell’aggiudicazione definitiva del 22 maggio 2012 non contiene tutti gli elementi prescritti dal comma 5 bis dell’art. 79 del c. contratti, elementi successivamente conosciuti a seguito di accesso intervenuto in data 18 giugno 2012, rispetto alla quale data il ricorso introduttivo, passato per la notifica in data 18 luglio 2012, sarebbe tempestivo.

La società Cooperativa L’OPERASA, pure convenuta in giudizio, protesta la infondatezza del ricorso con comparsa depositata in data 17 agosto 2012.

La SAC si costituisce con memoria depositata in data 3 settembre ed eccepisce la irricevibilità del ricorso sul presupposto che il diritto di accesso ( ove la comunicazione dell’aggiudicazione non sia ritenuta esaustiva), va esercitato entro il termine di 10 giorni fissato dall’art. 79 quater c. appalti , termine che si assume incluso in quello di 30 giorni per la proposizione del ricorso previsto dall’art. 120 c.p.a. Nel merito eccepisce la infondatezza di tutte le censure addotte avverso l’aggiudicazione della gara in questione alla prima graduata.

Con memoria depositata in data 7 ottobre 2011 parte ricorrente ribadisce l’infondatezza della eccezione di irricevibilità del ricorso ex adverso proposta sull’assunto che l’accesso agli atti richiesto dalla Meridional in data 24 maggio e reiteratamente in data 6 giugno 2012, si è svolto in data 18 e 19 giugno e quindi tempestivo sarebbe il ricorso notificato il successivo 18 luglio 2012.

Insiste poi nella infondatezza di tutte le censure su cui si fonda il ricorso incidentale.

Con memoria del 7 ottobre 2013 la SAC insiste nella eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo e, nel merito, di infondatezza.

Con memoria in pari data anche la PFE ribadisce l’eccezione di irricevibilità ed insiste nella eccepita infondatezza di tutte le censure del ricorso.

Anche la controinteressata L’OPEROSA Soc. Coop. con memoria depositata in data 7 ottobre insiste nell’eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo richiamando all’uopo il contenuto della sent. n. 14 del 22 aprile 2013 dell’Adunanza Plenaria.

Con memoria di replica depositata in data 11 ottobre 2013 parte ricorrente insiste in tutte le proprie argomentazioni poste a sostegno delle varie censure del ricorso.

Con memorie di replica depositate tutte in data 11 ottobre 2013 la SAC , la PFE s.p.a. e l’Operosa soc. coop. puntualizzano le eccezioni di rito e di merito formulate nel corso del giudizio.

Con ordinanza n. 839/12 è stata rigettata la domanda cautelare proposta con il ricorso introduttivo. Tale ordinanza e stata cassata dal Giudice d’appello che ha sospeso gli atti impugnati.

Alla Pubblica Udienza del 23 ottobre 2013 la causa è stata trattenuta per la decisone.

DIRITTO

Il Collegio, preso atto delle corpose difese spiegate da tutte le parti in causa ed ampiamente puntualizzate in udienza in sede di discussione, per esigenze di carattere sistematico e di economia processuale ritiene necessario intraprendere prioritariamente l’esame della pregiudiziale eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo sollevata dalla contro interessata PFE.

Dalla documentazione versata in atti si desume incontrovertibilmente che: a) la comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione è pervenuta via fax alla ricorrente, seconda classificata, in data 22 maggio 2011 senza la documentazione di corredo prescritta dal comma 5 dell'art. 79 D.L.vo n. 163/2006;

b) la ricorrente ha proposto istanza di accesso agli atti della procedura il successivo 24 maggio e l’ha reiterata precisandone il contenuto il successivo 6 giugno 2011;

c) la SAC ha risposto con nota prot. n. 2805 del giorno 8 giugno 2012 comunicando che l’accesso avrebbe potuto essere effettuato in data 11 giugno o in data 18 giugno a scelta dell’istante;

d) parte ricorrente ha scelto di effettuare l’accesso il giorno 18 giugno 2011 protraendo l’esame della documentazione offertagli in ostensione sino al 19 giugno;

e) il ricorso è stato passato per la notifica in data 18 luglio 2011.

Richiamata la cadenza temporale degli eventi qui di interesse occorre ora richiamare le disposizioni normative che dettano i termini decadenziali per la proposizione dei ricorsi in materia d’appalti.

L’art. 120 del cod. proc. amm. stabilisce al comma 5 che il ricorso deve essere proposto nel termine di trenta giorni decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del D. L.vo n. 163/2006; quest’ultimo articolo, al comma 5 impone alla stazione appaltante di comunicare, oltre che all’aggiudicatario, al secondo graduato e a tutti i concorrenti ammessi alla gara l’aggiudicazione definitiva . Il successivo comma 5 bis (aggiunto dall’art. 2 1 lett. d del D.L.vo n. 53/2010) prescrive che la comunicazione sia accompagnata dal provvedimento e dalla relativa motivazione contenente i dati di cui alla lettera c) del comma 2 dello stesso art. 79 (vale a dire le caratteristiche ed i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto). Il successivo comma 5 quater dell’art. 79 sancisce il diritto dei partecipanti alle gare d’appalto cui sia stata comunicata l’intervenuta aggiudicazione a soggetto terzo, l’accesso agli atti del procedimento di gara entro dieci giorni dalla comunicazione, senza necessità di proporre apposita istanza.

Premesi i dati oggettivi della cadenza temporale dei fatti enunciati, e richiamata la normativa di riferimento, si passa a verificare se la notifica del ricorso introduttivo sia intervenuta tempestivamente rispetto ai termini decadenziali normativamente imposti. Occorre al fine individuare il dies a quo per il computo del prescritto termine di 30 giorni: se quello della comunicazione della intervenuta aggiudicazione o quello successivo in cui parte ricorrente sia venuto a conoscenza degli elementi salienti della operata aggiudicazione, ove non contenuti nella operata comunicazione.

Posto che, nella fattispecie, alla ricorrente è stata data comunicazione dell'aggiudicazione senza la prescritta documentazione di corredo ex comma 5, art. 79 cit, si pone la questione della decorrenza o meno del termine di impugnativa.

La questione è controversa ed ha trovato svariate soluzioni in sede giurisprudenziali a seconda che si sia privilegiata la tutela del diritto di difesa, che impone la completa conoscenza degli atti che si vanno ad impugnare, oppure l’esigenza acceleratoria propugnata dall’art. 120 c.p.a. a garanzia di una rapida definizione delle controversie in subiecta materia, tenuto conto, oltre che dei rilevanti interessi economici sottesi, del preminente interesse pubblico a che si consegua l’erogazione (nel caso di specie) del servizio oggetto del bando.

La questione ha costituito recentemente oggetto di approfondito esame da parte del Consiglio di Stato che con ordinanza n. 790/2013 l’ha rimessa all’adunanza plenaria, delimitandone però i termini ed i confini, nella considerazione che la previsione dell’art. 79 più volte richiamato al comma 5 quater prevede il diritto di accesso agli atti di gara da parte dei soggetti destinatari della comunicazione, da esercitare nel termine di dieci giorni decorrenti dalla intervenuta comunicazione.

In particolare il giudice d’appello con l’ordinanza richiamata si è posto il problema se si possa fornire un’interpretazione del richiamato quadro normativo tale per cui il termine di trenta giorni per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorra sempre dal momento della mera comunicazione di cui ai commi 2 e 5 dell’articolo 79, ma sia incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità (laddove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione e – comunque – entro il limite dei dieci giorni che il richiamato comma 5-quater fissa per esperire la particolare forma di accesso - semplificato ed accelerato - ivi disciplinata), espressamente pronunciandosi a favore di tale ultima soluzione

Vero è che, in via di principio, la piena conoscenza dell'atto censurato (dalla quale inizia a decorrere il termine decadenziale per l’impugnativa) si concretizza con la cognizione, da parte del soggetto interessato, degli elementi essenziali quali l'autorità emanante, l'oggetto, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo, perché tali elementi sono necessari e sufficienti a rendere il legittimato all'impugnativa consapevole dell'incidenza dell'atto nella sua sfera giuridica e a dargli la concreta possibilità di rendersi conto della lesività del provvedimento, senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione e degli atti del procedimento, che può rilevare solo ai fini della proposizione dei motivi aggiunti (Cons. Stato, IV, 26 gennaio 2010 n. 292), ma è anche vero, come si è pure affermato, che detti elementi essenziali devono essere tali da consentire all'interessato di poter valutare se l'atto è illegittimo o meno. In difetto, si deve ritenere che il destinatario abbia una mera facoltà, non un onere, di impugnare subito l'atto per poi proporre i motivi aggiunti, ben potendo attendere di conoscere la motivazione dell'atto per poter, una volta avuta completa conoscenza del contenuto dell'atto e quindi dell'effetto lesivo dello stesso, valutare se impugnarlo o meno (ex multis, Cons. Stato, VI, 8 febbraio 2007 n. 522); ciò in quanto, ai sensi dell'art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, la motivazione del provvedimento è obbligatoria e la mera conoscenza dell'esistenza del provvedimento non può essere equiparata alla "piena conoscenza" richiesta ai fini della decorrenza del termine in parola. Di conseguenza, la piena conoscenza del provvedimento presuppone la conoscenza del contenuto essenziale dell'atto, non potendo il termine per l'impugnazione decorrere dalla semplice conoscenza del suo contenuto dispositivo sfavorevole, ma occorrendo anche la consapevolezza dei vizi da cui eventualmente l'atto è affetto, conseguita attraverso la valutazione della motivazione (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2011, n. 8).

Ma tale tematica di ordine generale, non ha motivo d'essere, a ben vedere, in tema di appalti, atteso che l'art. 79 cit. disciplina compiutamente la tempistica della comunicazione, della facoltà di accesso agli atti da parte di qualsiasi impresa interessata e quindi, per conseguenza, la decorrenza del termine per impugnare. Sul punto, pertanto, il Collegio può limitarsi a richiamare la propria sentenza n. 2654/2012 secondo cui i dieci giorni previsti per l'accesso dall’art. 79, comma 5 quater, del Codice degli appalti, nel testo introdotto dall'art. 2 del d.lgs. n. 53 del 2010, sono intesi "… a privilegiare la risoluzione entro termini ristretti di ogni conflitto in materia di appalti pubblici, imponendo al privato l’ONERE DI ATTIVARSI entro termine breve, al fine di acquisire ogni ulteriore elemento conoscitivo relativo alle procedure di scelta del contraente"; sicché "La cognizione, in base ai documenti acquisiti, di ulteriori vizi del procedimento di aggiudicazione abilita alla proposizione di motivi aggiunti, ma non determina lo spostamento in avanti del termine decadenziale per l'introduzione del ricorso, il cui dies a quo l'art 8, comma 2 quinquies, del d.lgs. n. 53 del 2010 - con disposizione di chiaro contenuto prescrittivo e non derogabile in base ad interpretazioni sistematiche e manipolative - collega alla data di ricezione della comunicazione degli atti di esclusione o di aggiudicazione della gara, ai sensi dell'art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006" (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 24 aprile 2012, n. 2407 ).

In quest’ottica, e muovendosi nelle coordinate come sopra delineate, il Collegio non può che fare proprie le argomentazioni che hanno indotto il giudice d’appello a deferire - con la citata ordinanza n. 790/2013 - la questione all’Adunanza Plenaria, ritenendo non condivisibile far decorrere il termine per l’impugnativa dal momento della comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione ove da tale comunicazione non siano in alcun modo evincibili gli ulteriori e diversi aspetti sui quali innestare le censure di illegittimità, aspetti di cui l’interessato sia potuto venire a conoscenza solo a seguito dell’accesso, come del resto statuito dalla sentenza della Corte di giustizia delle CE, III Sezione, 28 gennaio 2010 in causa C-406/08 (Uniplex).

Con tale sentenza la Corte di giustizia ha affermato che:

- “l’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, esige che il termine per proporre un ricorso diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici ovvero ad ottenere un risarcimento dei danni per la violazione di detta normativa, decorra dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione stessa”;

- “la direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 92/50, impone al giudice nazionale di prorogare il termine di ricorso, esercitando il proprio potere discrezionale, in maniera tale da garantire al ricorrente un termine pari a quello del quale avrebbe usufruito se il termine previsto dalla normativa nazionale applicabile fosse decorso dalla data in cui egli era venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Qualora le disposizioni nazionali relative ai termini di ricorso non si dovessero prestare ad un’interpretazione conforme alla direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 92/50, il giudice nazionale sarebbe tenuto a disapplicarle, al fine di applicare integralmente il diritto comunitario e di proteggere i diritti che questo attribuisce ai singoli”.

Seppure la questione sottoposta al vaglio dell’adunanza plenaria non sia stata ancora affrontata e risolta, con la sentenza n. 14/2013 (richiamata dalla controinterssata L’Operosa soc. coop.) nella quale si è solo richiamato il percorso argomentativo seguito dal giudice remittente, ritiene il Collegio che, seguendo il filo argomentativo tracciato nella richiamata ordinanza 790/2013 del C. di Stato, al fine di operare un bilanciamento tra le opposte esigenze (acceleratorie ratione materia e di garanzia del diritto di difesa), può venire in soccorso il comma 5 quater dell’art. 79 cod. contratti che attribuisce agli interessati il diritto di esercitare il diritto di accesso agli atti di gara nel termine di dieci giorni dalla intervenuta incompleta comunicazione dell’aggiudicazione, conseguentemente ritenendo prorogato il termine decadenziale di trenta giorni non già dalla intervenuta incompleta comunicazione dell’aggiudicazione, ma dal decorso termine di dieci giorni entro il quale l’interessato può esercitare il diritto di accesso anche in assenza di espressa istanza.

Nell'ipotesi che la stazione appaltante non fornisca una comunicazione completa dell'esito della gara d’appalto ai soggetti di cui all'art. 79 cit., illogica e contraddittoria con i principi che ispirano la normativa ecceleratoria prevista dal codice dei contratti (ed ultronea rispetto alla giusta garanzia del diritto di difesa, sancita dal nostro ordinamento da norme anche di rango costituzionale e dall’Ordinamento comunitario), sarebbe ritenere procrastinato sine die il termine per impugnare l’esito della gara qualora il concorrente, che si ritenesse leso dalla comunicata aggiudicazione, potesse attendere l’esito dell’accesso (cui peraltro ha diritto ex lege) oltre il termine di dieci giorni fissato dal c.5 quater dell’art. 79 c. applati.

Applicando i principi sopra enunciati al caso di specie, si rileva la fondatezza della eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo, in quanto tardivamente proposto anche considerando come dies a quo per il calcolo del termine decadenziale di trenta giorni, quello corrispondente al decimo giorno (1 giugno 2011) successivo alla comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione (22 maggio 2011).

Il ricorrente, ricevuta tale incompleta comunicazione avrebbe potuto esercitare l’accesso ai sensi del co. 5 quater dell’art. 79 cod. contratti senza obbligo di formulare apposita formale richiesta. In carenza di ingiustificati impedimenti opposti dalla stazione appaltante, obbligata ex lege a consentire la visione dei documenti di gara ai destinatari della comunicazione di aggiudicazione, la ricorrente ha avviato un normale procedimento di accesso con richiesta in data 24 maggio 2011. Autorizzato all’accesso con comunicazione dell’8 giugno 2011 (anche sulla successiva istanza proposta i data 6 giugno), ha scelto di prendere visione degli atti di interesse non già alla prima data che gli è stata offerta (giorno 11 giugno 2011), ma il successivo 18 giugno, con ciò dimostrando un intento chiaramente dilatorio che non può avere agio al fine di dichiarare la tempestività del ricorso.

Il ricorso introduttivo, pertanto, è da dichiararsi irricevibile siccome proposto oltre il termine di trenta giorni fissato ex lege, a decorrere, nel caso a mano (in cui la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione non possiede gli elementi di completezza prescritti dal co. 5 bis dell’art. 79 cod. contratti), dallo spirare del termine di dieci giorni concesso agli aventi diritto al fine di procedere all’esame degli atti della procedura di aggiudicazione per verificare la concreta sussistenza dell’interesse a ricorrere.

Le spese del giudizio data la sussistenza dei richiamati contrastanti arresti giurisprudenziali in subiecta materia, possono andare interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Calogero Ferlisi, Presidente

Gabriella Guzzardi, Consigliere, Estensore

Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Referendario

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Avvalimento: dalla CGCE arriva l'o.k. all'avvalimento della capacitĂ  di piĂą imprese per una stessa categoria di qualificazione

CGCE, sez. V, sentenza del 10 ottobre 2013, Causa (C-94/12)
Data: 
10/10/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

"Gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, letti in combinato disposto con l'articolo 44, paragrafo 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese".

 

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

10 ottobre 2013 

«Appalti pubblici — Direttiva 2004/18/CE — Capacità economica e finanziaria — Capacità tecniche e professionali — Articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3 — Facoltà per un operatore economico di avvalersi delle capacità di altri soggetti — Articolo 52 — Sistema di certificazione — Appalti pubblici di lavori — Normativa nazionale che impone la titolarità di un’attestazione di qualificazione corrispondente alla categoria e all’importo dei lavori oggetto dell’appalto — Divieto di avvalersi delle attestazioni di più soggetti per lavori compresi in una stessa categoria»

Nella causa C‑94/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche (Italia), con decisione del 15 dicembre 2011, pervenuta in cancelleria il 20 febbraio 2012, nel procedimento

Swm Costruzioni 2 SpA,

Mannocchi Luigino DI

contro

Provincia di Fermo,

nei confronti di:

Torelli Dottori SpA,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, E. Juhász, A. Rosas, D. Šváby (relatore) e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Swm Costruzioni 2 SpA e la Mannocchi Luigino DI, da *********, avvocato;

–        per il governo italiano, da *******, in qualità di agente, assistita da ********, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da C. Zadra e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 febbraio 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

-        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 47, paragrafo 2, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114, e — rettifiche — GU L 351, pag. 44, e GU 2005, L 329, pag. 40).

-        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra, da un lato, la Swm Costruzioni 2 SpA (in prosieguo: la «Swm») e la Mannocchi Luigino DI, che hanno costituito un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (in prosieguo: un «RTI»), e, dall’altro, la Provincia di Fermo, relativamente alla decisione di quest’ultima di escludere detto RTI dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

-        Ai sensi del considerando 32 della direttiva 2004/18:

«Per favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, è necessario prevedere disposizioni in materia di subappalto».

-        Il considerando 45 di tale direttiva enuncia quanto segue:

«La presente direttiva prevede la possibilità per gli Stati membri di istituire elenchi ufficiali di imprenditori, di fornitori o di prestatori di servizi o una certificazione da parte di organismi pubblici o privati, nonché gli effetti di una siffatta iscrizione o di un siffatto certificato nel quadro di una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici in un altro Stato membro. Per quanto riguarda l’elenco ufficiale di operatori economici riconosciuti, si deve tener conto della giurisprudenza della Corte di giustizia nel caso in cui un operatore economico facente parte di un gruppo si avvale della capacità economica, finanziaria o tecnica di altre società del gruppo a sostegno della sua domanda di iscrizione. In tal caso spetta all’operatore economico comprovare che disporrà effettivamente di detti mezzi durante tutta la durata di validità dell’iscrizione. Ai fini di detta iscrizione, uno Stato membro può quindi determinare livelli di esigenze da raggiungere ed in particolare, ad esempio, allorquando detto operatore si avvale della capacità finanziaria di un’altra società del gruppo, l’impegno, se necessario solidale, di quest’ultima società».

-        L’articolo 1, paragrafi 2, lettera b), e 8, primo comma, della direttiva 2004/18 riporta le seguenti definizioni:

«2.      (...)

b)      Gli “appalti pubblici di lavori” sono appalti pubblici aventi per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, la progettazione e l’esecuzione di lavori relativi a una delle attività di cui all’allegato I o di un’opera, oppure l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dall’amministrazione aggiudicatrice. Per “opera” si intende il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica.

(...)

8.      I termini “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi” designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi».

-        Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della medesima direttiva:

«I raggruppamenti di operatori economici sono autorizzati a presentare un’offerta o a candidarsi (...)».

-        L’articolo 25, primo comma, della direttiva in parola così dispone:

«Nel capitolato d’oneri l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti».

-        L’articolo 44 della stessa direttiva prevede:

«1.      L’aggiudicazione degli appalti avviene (...) previo accertamento dell’idoneità degli operatori economici non esclusi (...), effettuato dalle amministrazioni aggiudicatrici conformemente ai criteri relativi alla capacità economica e finanziaria, alle conoscenze od alle capacità professionali e tecniche di cui agli articoli da 47 a 52 (...)

2.       Le amministrazioni aggiudicatrici possono richiedere livelli minimi di capacità, conformemente agli articoli 47 e 48, che i candidati e gli offerenti devono possedere.

La portata delle informazioni di cui agli articoli 47 e 48 e i livelli minimi di capacità richiesti per un determinato appalto devono essere connessi e proporzionati all’oggetto dell’appalto.

(...)».

-        L’articolo 47 della direttiva 2004/18, intitolato «Capacità economica e finanziaria», è formulato come segue:

«1.       In linea di massima, la capacità economica e finanziaria dell’operatore economico può essere provata mediante una o più delle seguenti referenze:

(...)

c)      una dichiarazione concernente il fatturato globale e, se del caso, il fatturato del settore di attività oggetto dell’appalto, al massimo per gli ultimi tre esercizi disponibili in base alla data di costituzione o all’avvio delle attività dell’operatore economico, nella misura in cui le informazioni su di tali fatturati siano disponibili.

2.      Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alla amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti.

3.      Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 4 può fare affidamento sulle capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti.

(...)».

-      L’articolo 48 della direttiva di cui trattasi, intitolato «Capacità tecniche e professionali», dispone quanto segue:

1.      Le capacità tecniche e professionali degli operatori economici sono valutate e verificate secondo i paragrafi 2 e 3.

2.      Le capacità tecniche degli operatori economici possono essere provate in uno o più dei seguenti modi, a seconda della natura, della quantità o dell’importanza e dell’uso dei lavori, delle forniture o dei servizi:

a)      i)     la presentazione dell’elenco dei lavori eseguiti negli ultimi cinque anni; tale elenco è corredato di certificati di buona esecuzione dei lavori più importanti. Tali certificati indicano l’importo, il periodo e il luogo di esecuzione dei lavori e precisano se questi sono stati effettuati a regola d’arte e con buon esito; se del caso, questi certificati sono trasmessi direttamente all’amministrazione aggiudicatrice dall’autorità competente;

(...)

b)      indicazione dei tecnici o degli organismi tecnici, che facciano o meno parte integrante dell’operatore economico, e più particolarmente di quelli responsabili del controllo della qualità e, per gli appalti pubblici di lavori, di cui l’imprenditore disporrà per l’esecuzione dell’opera;

(...)

h)      dichiarazione indicante l’attrezzatura, il materiale e l’equipaggiamento tecnico di cui l’imprenditore o il prestatore di servizi disporrà per eseguire l’appalto;

(...)

3.      Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie.

4.      Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 4 può fare affidamento sulle capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti.

(...)».

-      Intitolato «Elenchi ufficiali di operatori economici riconosciuti e certificazione da parte di organismi di diritto pubblico o privato», l’articolo 52 della direttiva 2004/18, al paragrafo 1, così stabilisce:

«Gli Stati membri possono instaurare elenchi ufficiali di imprenditori, di fornitori o di prestatori di servizi riconosciuti oppure una certificazione da parte di organismi pubblici o privati.

Gli Stati membri adeguano le condizioni di iscrizione su tali elenchi nonché quelle del rilascio di certificati da parte degli organismi di certificazione all’articolo 45, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettere da a) a d), e g), all’articolo 46, all’articolo 47, paragrafi 1, 4, e 5, all’articolo 48, paragrafi 1, 2, 5 e 6, e agli articoli 49 e, se del caso, 50.

Gli Stati membri le adeguano parimenti all’articolo 47, paragrafo 2 e all’articolo 48, paragrafo 3, per le domande di iscrizione o di certificazione presentate da operatori economici facenti parte di un gruppo che dispongono di mezzi forniti dalle altre società del gruppo. Detti operatori devono in tal caso dimostrare all’autorità che stabilisce l’elenco ufficiale o all’organismo di certificazione che disporranno di tali mezzi per tutta la durata di validità del certificato che attesta la loro iscrizione all’elenco o del certificato rilasciato dall’organismo di certificazione e che tali società continueranno a soddisfare, durante detta durata, i requisiti in materia di selezione qualitativa previsti agli articoli di cui al secondo comma di cui gli operatori si avvalgono ai fini della loro iscrizione».

 Il diritto italiano

-      Conformemente al decreto del Presidente della Repubblica n. 34, del 25 gennaio 2000 — Regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni (Supplemento ordinario alla GURI n. 49, del 29 febbraio 2000), applicabile nel contesto del procedimento principale, gli appalti pubblici di lavori di importo superiore a EUR 150 000 possono essere eseguiti unicamente da imprese in possesso delle cosiddette attestazioni «SOA».

-      Tali attestazioni corrispondono a categorie di qualificazione, a seconda della natura dei lavori di cui si tratti, e a classi, le quali determinano l’importo degli appalti cui un’attestazione consente di accedere.

-      Dette attestazioni sono rilasciate da organismi di certificazione, le società organismi di attestazione, che hanno il compito di attestare, segnatamente, che le imprese certificate soddisfino un complesso di requisiti di ordine generale, di ordine economico e finanziario nonché tecnico-organizzativo, considerati indispensabili per l’esecuzione di lavori pubblici.

-      Dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che l’adeguata capacità economico-finanziaria è dimostrata, segnatamente, da una cifra di affari relativa a lavori pari o superiore al 100% degli importi delle qualificazioni richieste nelle varie categorie. Quanto all’idoneità tecnica, è richiesto, inter alia, di dimostrare, per ciascuna delle categorie oggetto della richiesta di qualificazione, da un lato, l’esecuzione di lavori per un importo pari o superiore al 90% di quello della classifica richiesta e, dall’altro, la realizzazione di uno, due o tre lavori di valore pari o superiore, rispettivamente al 40%, 55% o 65% di siffatto importo.

-      L’articolo 49 del decreto legislativo n. 163, del 12 aprile 2006, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (Supplemento ordinario alla GURI n. 100, del 2 maggio 2006), come modificato dal decreto legislativo n. 152, dell’11 settembre 2008 (Supplemento ordinario alla GURI n. 231, del 2 ottobre 2008; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 163/2006»), dispone quanto segue:

«1.      Il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell’art. 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione (...) SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto.

(...)

6.      Per i lavori, il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria di qualificazione. Il bando di gara può ammettere l’avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni (...)».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

-      La Provincia di Fermo ha avviato una procedura di aggiudicazione per l’appalto di lavori di ammodernamento ed ampliamento di una strada provinciale, il cui valore stimato è superiore alla soglia rilevante di applicazione della direttiva 2004/18, quale stabilita all’articolo 7 della medesima. Nell’ambito della procedura in parola era richiesto che i concorrenti dimostrassero le relative capacità tecniche e professionali presentando un’attestazione SOA corrispondente alla natura e all’importo dei lavori oggetto dell’appalto.

-      L’RTI formato dalla Swm e dalla Mannocchi Luigino DI ha partecipato a detta procedura attraverso la mandataria Swm. Al fine di soddisfare il requisito relativo alla classe di attestazione SOA necessaria, la Swm si è avvalsa delle attestazioni SOA di due imprese terze.

-      Con decisione del 2 agosto 2011, il menzionato RTI è stato escluso dalla gara d’appalto in considerazione del divieto generale di avvalimento plurimo all’interno della medesima categoria di qualificazione, codificato dall’articolo 49, sesto comma, del decreto legislativo n. 163/2006.

-      Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche è stato investito di un ricorso avverso la menzionata decisione.

-      Esso richiama alcune pronunce del Consiglio di Stato in materia. Detto giudice ha infatti dichiarato, da un lato, che il divieto in parola non è applicabile alle imprese costituenti un RTI quando quest’ultimo sia esso stesso candidato o offerente. A fondamento di tale decisione si pone la ratio legis della facoltà di avvalersi delle capacità di soggetti terzi, ossia di favorire la più ampia partecipazione delle imprese alle gare. D’altro lato, il Consiglio di Stato ha parimenti giudicato che un concorrente non può cumulare la propria attestazione SOA e quella di un soggetto terzo per raggiungere la classe richiesta per un determinato appalto. Siffatta decisione è basata sulla finalità della disciplina dell’Unione in materia di appalti pubblici, secondo cui la massima concorrenza sarebbe anche condizione per la più efficiente e sicura esecuzione degli appalti.

-      In tale contesto il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 47, paragrafo 2 della direttiva [2004/18] debba essere interpretato nel senso che osti, in linea di principio, ad una [norma] di uno Stato membro, come quella (...) di cui all’articolo 49, comma 6, del decreto legislativo n. 163/2006, la quale vieta [agli operatori economici partecipanti ad una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori], tranne casi particolari, di avvalersi di più di un’impresa ausiliaria (...) per ciascuna categoria di qualificazione[, fatta salva la circostanza che il] bando di gara può ammettere l’avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni (...)».

 Sulla questione pregiudiziale

-      In via preliminare, è d’uopo rilevare che la disposizione nazionale presa in considerazione nella questione pregiudiziale si applica sia ai requisiti vertenti sulla capacità economica e finanziaria, sia a quelli concernenti la capacità tecnica e organizzativa. Orbene, l’articolo 47, paragrafo 2, della direttiva 2004/18che è l’unica disposizione cui fa riferimento la questione pregiudiziale, riguarda soltanto la capacità economica e finanziaria degli operatori economici partecipanti ad una procedura di aggiudicazione, mentre l’articolo 48 della direttiva in parola, relativo alle capacità tecniche e professionali di detti operatori, presenta un paragrafo 3 il cui contenuto è sostanzialmente identico a quello del citato articolo 47, paragrafo 2.

-      La circostanza che formalmente il giudice nazionale abbia formulato la questione pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possono essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto o meno riferimento nella formulazione delle sue questioni (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2012, NilaĹź e a., C‑248/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

-      Occorre pertanto rietenere che, con la questione sottoposta, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici partecipanti ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di fare valere, per una medesima categoria di qualificazione, le capacità di più imprese.

-      Ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, della direttiva 2004/18, spetta all’amministrazione aggiudicatrice verificare l’idoneità dei candidati o degli offerenti conformemente ai criteri di cui agli articoli da 47 a 52 della menzionata direttiva.

-      In proposito è d’uopo rilevare, da un lato, che il menzionato articolo 47, al paragrafo 1, lettera c), prevede che l’amministrazione aggiudicatrice segnatamente possa chiedere ai candidati o agli offerenti di provare la loro capacità economica e finanziaria mediante una dichiarazione concernente il fatturato globale nonché il fatturato del settore di attività oggetto dell’appalto, al massimo per gli ultimi tre esercizi disponibili. D’altro lato, detto articolo 48, dal canto suo, al paragrafo 2, lettera a), sub i), prevede la possibilità di chiedere agli operatori economici la prova delle loro capacità tecniche attraverso la presentazione dell’elenco dei lavori eseguiti negli ultimi cinque anni.

-      Ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2004/18, un’amministrazione aggiudicatrice può richiedere ai candidati o offerenti di soddisfare livelli minimi di capacità economica e finanziaria nonché di capacità tecniche e professionali, conformemente agli articoli 47 e 48 della medesima direttiva.

-      Ciò posto, detta amministrazione aggiudicatrice deve tenere conto del diritto che gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 riconoscono ad ogni operatore economico di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi, purché dimostri all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari per eseguire tale appalto.

-      In proposito si deve osservare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 18 delle sue conclusioni, che l’uso sistematico del plurale nelle succitate disposizioni indica che le stesse non vietano, in via di principio, ai candidati o agli offerenti di fare riferimento alle capacità di più soggetti terzi per comprovare che soddisfano un livello minimo di capacità. A fortiori, tali disposizioni non istituiscono divieti di principio relativi alla possibilità per un candidato o un offerente di avvalersi delle capacità di uno o più soggetti terzi in aggiunta alle proprie capacità, al fine di soddisfare i criteri fissati da un’amministrazione aggiudicatrice.

-      Siffatta constatazione è suffragata da svariate disposizioni della direttiva 2004/18. L’articolo 48, paragrafo 2, lettera b), della medesima concerne infatti la possibilità di avvalersi indistintamente di tecnici o di organismi tecnici, che facciano o meno parte integrante dell’operatore economico interessato, ma di cui quest’ultimo disporrà per l’esecuzione dell’opera. Analogamente, la lettera h) del citato paragrafo 2 fa riferimento all’attrezzatura, al materiale e all’equipaggiamento tecnico di cui l’imprenditore disporrà per eseguire l’appalto, senza limitazioni di sorta quanto al numero dei soggetti che forniranno tali strumenti. Ancora, nel medesimo senso, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola autorizza i raggruppamenti di operatori economici a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici senza prevedere limitazioni relative al cumulo di capacità, così come l’articolo 25 della stessa direttiva considera il ricorso a subappaltatori senza indicare limitazioni in proposito.

-      Infine, la Corte ha espressamente fatto menzione della facoltà, per un operatore economico, di avvalersi, per eseguire un appalto, di mezzi appartenenti ad uno o a svariati altri soggetti, eventualmente in aggiunta ai propri mezzi (v., in tal senso, sentenze del 2 dicembre 1999, Holst Italia, C‑176/98, Racc. pag. I‑8607, punti 26 e 27, e del 18 marzo 2004, Siemens e ARGE Telekom, C‑314/01, Racc. pag. I‑2549, punto 43).

-      È pertanto d’uopo considerare che la direttiva 2004/18 consente il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi di capacità imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, purché alla stessa si dimostri che il candidato o l’offerente che si avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti disporrà effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto.

-      Un’interpretazione del genere è conforme all’obiettivo dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, obiettivo perseguito dalle direttive in materia a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici (v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, CoNISMa, C‑305/08, Racc. pag. I‑12129, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 33 e 37 delle sue conclusioni, essa è anche idonea a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, cui tende altresì la direttiva 2004/18, come posto in rilievo dal considerando 32.

-      È pur vero che non si può escludere l’esistenza di lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori. In un’ipotesi del genere l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2004/18, laddove siffatta esigenza sia connessa e proporzionata all’oggetto dell’appalto interessato.

-      Tuttavia, poiché tale ipotesi costituisce una situazione eccezionale, la direttiva 2004/18 osta a che la summenzionata esigenza assurga a regola generale nella disciplina nazionale, come invece prevede una disposizione quale l’articolo 49, sesto comma, del decreto legislativo n. 163/2006.

-      La circostanza che, nella fattispecie, la valutazione del livello di capacità di un operatore economico, relativamente all’importo degli appalti pubblici di lavori accessibili per tale operatore, sia predeterminata in via generale nell’ambito di un sistema nazionale di certificazione o di iscrizione in elenchi è priva di rilevanza sotto questo aspetto. La facoltà, accordata agli Stati membri dall’articolo 52 della direttiva 2004/18, di prevedere un tale sistema può infatti essere attuata dai medesimi esclusivamente nel rispetto delle altre disposizioni di detta direttiva, segnatamente degli articoli 44, paragrafo 2, 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della stessa.

-      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione sottoposta che gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18, letti in combinato disposto con l’articolo 44, paragrafo 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese.

 Sulle spese

-      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

Gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, letti in combinato disposto con l’articolo 44, paragrafo 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese.

Firme

Revoca della gara: nessun legittimo affidamento in capo all'impresa aggiudicataria provvisoria

Cons. di Stato, sez. III, sentenza n. 4809 del 26 settembre 2013
Data: 
26/09/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

"Nelle gare di appalto, l'aggiudicazione provvisoria è atto endoprocedimentale che determina una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario della gara; la possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d.lgs. 163/2006, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile e obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell'operato dell’Amministrazione, a prescindere dall’inserimento nel bando di apposita clausola che preveda l’eventualità di non dare luogo alla gara o di revocarla." 

N. 04809/2013REG.PROV.COLL.

 

N. 03570/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3570 del 2013, proposto da: 
Societa' ************** S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. ***********, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. ******** in Roma, via ********, n.95;

contro

Azienda USL 10 Firenze, in persona del legale rappresentante pro-tempore;

nei confronti di

Cooperativa ********, in proprio e quale Capogruppo Mandataria dell’ATI con ********** S.p.A.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, SEZIONE I, n. 00185/2013, resa tra le parti, concernente affidamento realizzazione parcheggio strutturale - sistemazione a verde e della viabilita' - risarcimento danni

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2013 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e udito per la parte appellante l’avvocato *******;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. - L’Azienda Unità Sanitaria Locale n.10 di Firenze ha indetto appalto concorso per la realizzazione di un parcheggio con sistemazione del verde e della viabilità presso il polo ospedaliero Nuovo San Giovanni di Dio in località Torregalli.

L’aggiudicazione è stata disposta provvisoriamente in favore dell’impresa **************** S.p.A.

A seguito della produzione dei documenti richiesti e di successiva verifica dell’anomalia dell’offerta, l’Amministrazione, dopo la diffida a concludere il procedimento da parte dell’impresa, in data 24.2.2012, comunicava l’inaffidabilità della proposta contrattuale.

2. - L’impresa proponeva, quindi, ricorso al TAR Toscana e, nelle more, la AUSL adottava la delibera del D.G. del 12.4.2012, n. 271, impugnata con motivi aggiunti, con la quale disponeva la revoca della delibera di indizione della gara e degli atti conseguenti, sulla base di una duplice considerazione, attinente alla carenza di copertura finanziaria ed alla sopravvenuta mancata rispondenza della gara alle esigenze dell’azienda.

Veniva avanzata anche domanda di risarcimento dei danni, anche precontrattuali, derivati sia dalla redazione del progetto esecutivo, sia dalla perdita di chance.

3. - Con sentenza n. 185/2013, il TAR Toscana ha rigettato il ricorso, disattendendo le censure relative alla illegittimità della revoca, sia perché il provvedimento è congruamente motivato, sia perché la posizione della ricorrente non può ritenersi consolidata e definitiva, e rigettando altresì la domanda di risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale.

4. - Propone appello la Società *************** S.p.A., lamentando l’erroneità della sentenza che avrebbe travisato le risultanze documentali e non avrebbe tenuto conto delle conseguenze dannose prodottesi e dei profili di responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione.

5. - All’udienza del 21 giugno 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato.

1.1. - Col primo motivo di appello, la ditta lamenta che il TAR avrebbe erroneamente disatteso le censure svolte avverso la revoca della gara ( I e II motivo dei motivi aggiunti), ritenendo congruamente motivato il provvedimento impugnato e non consolidata la posizione della ricorrente ai fini della tutela dell’affidamento e del conseguente diritto al risarcimento.

Di contro, l’appellante osserva di aver evidenziato nel ricorso introduttivo la mancanza di logica motivazione, per difetto del nesso di consequenzialità tra la delibera della G.R. Toscana n. 1051/2011 (che aveva valutato positivamente il piano degli investimenti della AUSL 10) e la nota del D.A. AUSL prot. n. 20723/2012, allegato “H” al provvedimento di revoca 271/2012 ( in cui si proponeva invece l’esclusione dell’intervento).

Le risultanze documentali sarebbero state travisate dal primo giudice perché nella delibera di G.R. Toscana n. 1051/2011 non si legge che la Regione aveva deciso “di non includere la realizzazione dei lavori di cui si tratta tra gli interventi strategici”, ma al contrario che “era stato positivamente valutato di “sostenere il rinnovamento del patrimonio strutturale e strumentale delle aziende sanitarie”.

La decisione di sospendere la realizzazione del parcheggio per carenza di copertura economica sarebbe, pertanto, incongruente e contraddittoria.

Quanto al profilo dell’affidamento ingenerato, l’appellante fa riferimento alla posizione differenziata conseguita ed all’esigenza di operare un bilanciamento di interessi, tanto più che trattandosi di procedura di appalto-concorso, i concorrenti hanno sostenuto l’onere della progettazione esecutiva.

1.2 . - Il Collegio non ritiene fondata la censura e condivide le conclusioni del primo giudice, in primis, per quanto riguarda l’insussistenza in capo alla ricorrente di un affidamento qualificato.

Nelle gare di appalto, l'aggiudicazione provvisoria è atto endoprocedimentale che determina una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario della gara; la possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d.lgs. 163/2006, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile e obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell'operato dell’Amministrazione, a prescindere dall’inserimento nel bando di apposita clausola che preveda l’eventualità di non dare luogo alla gara o di revocarla ( questione pure sollevata dall’appellante). (Consiglio di Stato Sez. III - sentenza 24 maggio 2013, n. 2838)

1.3. - Non sussistono i vizi di legittimità denunciati.

Per quanto riguarda la motivazione della revoca, è costante la giurisprudenza che ritiene legittima la revoca in autotutela per il venir meno delle risorse finanziarie, purchè sia adeguata la motivazione.

Nel caso concreto la motivazione non appare né acritica, né illogica.

Vero è che la Regione ha valutato positivamente il piano degli investimenti aziendali 2011-2013 dell’Azienda USL 10 di Firenze e nell’allegato “A” ha incluso la voce “PO NSGD – Torregalli riqualificazione” quantificando il relativo costo complessivo in euro 19.625.516,88; tuttavia, non è condivisibile la deduzione che ne ricava l’appellante, priva di dimostrazione, che sia ricompreso in tale voce anche il costo della realizzazione del parcheggio, di cui alla delibera del Direttore Generale n. 1034 del 18.12.2008, inclusa nel piano investimenti 2008-2010 approvato con DG n. 985 del 28.11.2008.

Viceversa, la D.G. 271 del 12 aprile 2012 di revoca della gara, impugnata, si fonda sia sul richiamo della Giunta Regionale a verificare la coerenza degli interventi finanziati nel triennio 2011-2013 con la programmazione regionale e la loro reale sostenibilità finanziaria, sia sulla modifica del Piano di investimenti contrattato con l’Assessore alla salute con specifico verbale di impegni sottoscritto dalla AUSL nell’ottobre 2011, atti rispetto ai quali non sembra porsi in contrasto l’atto del Direttore Amministrativo datato 27 marzo 2012, prot. 0020723, con cui si comunicava al Direttore Generale l’impossibilità di includere tra gli interventi da realizzare anche il parcheggio, “trattandosi di intervento non strumentale allo svolgimento dell’attività sanitaria” e “stante la sensibile riduzione della capacità finanziaria regionale”.

D’altra parte, la valutazione di quali interventi presentino carattere di priorità, oltre che strumentalità, rispetto al servizio primario che l’Azienda è tenuta ad offrire all’utenza, in presenza di asserita riduzione delle risorse finanziarie, poiché attiene all’organizzazione del servizio, appartiene al novero delle scelte discrezionali, attinenti al merito dell’azione amministrativa e di conseguenza insindacabili da parte del giudice, in assenza di palesi e manifesti indici di irragionevolezza.

Inoltre, l’art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 ammette in via di principio un ripensamento da parte dell’Amministrazione a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (Consiglio di Stato, Sez. V - sentenza 2 maggio 2013 n. 2400; sez. III, 15 novembre 2011, n. 6039).

Deve essere ribadito, inoltre, il consolidato indirizzo giurisprudenziale per il quale nei contratti pubblici, anche dopo l’intervento dell’aggiudicazione definitiva, non è precluso all’amministrazione appaltante di revocare l’aggiudicazione stessa, in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, che ben può consistere nella mancanza di risorse economiche idonee a sostenere la realizzazione dell’opera (C.d. S., Sez. III,11 luglio 2012, n. 4116; Adunanza Plenaria, 5 settembre 2005, n.6; C.d. S., sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1457).

E ciò senza che vi sia contraddittorietà con gli atti di indizione della gara nei quali la stazione appaltante ha indicato la copertura finanziaria, perché, comunque, rimane integro il potere/dovere dell'amministrazione di rivedere i suoi impegni di spesa in ragione delle mutate condizioni delle risorse finanziarie disponibili (C.G.A., Sez. giurisdizionale, 25 gennaio 2013, n. 47).

1.4. - Quanto al terzo motivo di appello, secondo cui a fronte della revoca legittima il primo giudice avrebbe però erroneamente ritenuto insussistente la responsabilità precontrattuale, si ribadisce che l’aggiudicazione provvisoria non determina l’insorgere di affidamento nella conclusione del contratto, e che, pertanto, non è configurabile la responsabilità precontrattuale anteriormente alla scelta del contraente, fase in cui gli interessati sono solo meri partecipanti alla gara.

Ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della P.A., difatti, rileva la correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall'Amministrazione durante il corso dello svolgimento della gara che sia pervenuta alla conclusione ed alla individuazione del contraente, nonché nella fase della formazione del contratto, alla luce dell'obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede, ai sensi dell'art. 1337 c.c..( C.d.S., Sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662; Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6).

2. - In conclusione, l’appello va rigettato.

3. - Non vi è luogo a pronuncia sulle spese non essendosi costituita l’Amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Il potere/dovere di soccorso istruttorio non si applica al semplice lapsus calami

Cons. di stato, sez. IV, sentenza n. 4815 del 26 settembre 2013
Data: 
26/09/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

N. 04815/2013REG.PROV.COLL.

N. 03655/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3655 del 2013, proposto da: 
********* S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. **********, con domicilio eletto presso ************** in Roma, corso **********, 11;

contro

*********S.r.l., in proprio e quale mandataria Rti, rappresentato e difeso dall'avv. ***********, con domicilio eletto presso *********** in Roma, via ********, 13; Rti-************* S.r.l., Impresa Costruzioni ************* in proprio e quale mandataria Rti, Rti-*********** S.r.l., Rti-**** S.p.a., ********* S.r.l., in proprio e quale mandataria Rti, Rti-******** S.r.l., Impresa di Costruzioni ****** S.r.l., in proprio e quale mandataria Rti, Rti-****** Srl, ****** S.p.a., in proprio e quale mandataria Rti, Rti-*** S.r.l.; ************ S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. ***************, ************, con domicilio eletto presso *********** in Roma, via *********, 44;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. 00494/2013, resa tra le parti, concernente affidamento lavori di adeguamento sismico mediante sostituzione di cerniere, giunti e appoggi dei viadotti "Oliveto I, Oliveto II e Prino".

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di *********S.r.l., in proprio e quale mandataria Rti e di ************ S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati ******, ******, per delega dell'Avv. ******, e *******;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con il presente appello la ********* s.p.a.., originaria aggiudicataria provvisoria, e ricorrente incidentale in primo grado, impugna la sentenza in forma semplificata con cui il TAR Liguria, previo il rigetto del suo ricorso incidentale, ha accolto il ricorso principale della controinteressata ********* spa ed in conseguenza ha annullato la mancata esclusione dalla selezione di una terza partecipante **** s.p.a., in esito alla quale è stata poi ricalcolata la soglia di anomalia.

Il ricorso è affidato alla denuncia dell'erroneità della decisione rispettivamente nella parte in cui il TAR respinge il ricorso incidentale, ritenendo legittime le esclusioni delle altre tre concorrenti; e nella parte in cui ha ritenuto fondato le argomentazioni della ***********.

La Società ************** S.p.a. (********) si è costituita in giudizio e con le due memorie del 7 e del 26 giugno 2013:

-- ha riproposto l’eccezione d'inammissibilità sollevata in primo grado in linea preliminare, chiedendo quindi la riforma della sentenza;

-- ha contestato le censure di merito di ****** relative all’illegittimità della mancata esclusione delle altre tre concorrenti;

-- ha infine confutato la parte della sentenza condividendo le censure di ****** relative all’erroneità dell’accoglimento delle doglianze sul RTI ****.

Si è costituita in giudizio la *********, che, con analitica memoria per la discussione, ha contrastato tutte le argomentazioni della ******: ha contestato la riproposizione dell’eccezione d'inammissibilità del suo ricorso in primo grado, introdotta dalla Società ****** concludendo per l'integrale conferma della decisione impugnata.

Con memoria per la discussione l'appellante ha replicato agli scritti difensivi delle controparti.

Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

L’appello è infondato.

___1.§. Nell'ordine logico delle questioni deve essere esaminata preliminarmente l’eccezione -- che il Tar non ha esaminato -- con cui ****** assumeva l’inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata notifica dello stesso al Ministero delle Infrastrutture, al quale -- ai sensi dell'articolo 11, V° comma della legge n. 498/1992 -- avrebbe dovuto essere ricondotta la nomina della commissione permanente di cui al Dm n.221 del 2 luglio 2012. Tutte le operazioni della Commissione di valutazione delle offerte, di determinazione della soglia di anomalia e di individuazione dell’aggiudicataria provvisoria avrebbero dovuto essere ricondotte al Ministero.

L'eccezione è ammissibile ma infondata.

Contrariamente a quanto afferma la ********* nella sua memoria, l'eccezione di prime cure è stata ritualmente riproposta ai sensi dell'articolo 101, 2° co. c.p.a., in quanto risulta introdotta con una memoria tempestivamente depositata nel termine.

Nel merito si deve annotare che la fattispecie non si differenzia dai casi ordinari, nei quali la Commissione di gara, una volta terminato il proprio compito, rimette gli atti alla stazione appaltante per i conseguenti adempimenti.

Nel caso, come è per la generalità delle stazioni appaltanti, solo ****** aveva il potere di approvare o meno l’operato della Commissione, e quindi poteva non ratificare, o comunque rettificare, gli esiti della gara.

Anche nel caso, dunque, secondo le regole generali, l’attività istruttoria della Commissione di gara è del tutto priva di rilevanza esterna, e comunque viene approvata e trasfusa nel provvedimento finale di aggiudicazione della procedura di gara adottata dalla stazione appaltante ****** ai sensi dell’art. 11, 5° co., del d.lgs. n.163/2013.

Né l'articolo 11, 5° co, lett. f) della legge 498/1992, per cui “…f) nei casi di cui alle lettere c) e d), le commissioni di gara per l’aggiudicazione dei contratti sono nominate dal Ministro delle infrastrutture. ….”, muta la natura ausiliaria della commissione di gara, la quale è e resta, anche in tal caso, un organo straordinario di ******.

La facoltà del concessionario di nominare la commissione di gara, è una limitazione della sua sfera di autonomia, che deve, infatti, essere ricondotta ad una forma indiretta di “controllo collaborativo” dell’attività, che come tale è, dunque, riconducibile ad una funzione ontologicamente differente dall’amministrazione attiva.

Pertanto deve dunque del tutto escludersi:

-- sia che, nella fattispecie in esame, si possa configurare una qualsiasi forma di attività amministrativa associata, o di concerto, o di intesa tra Ministero e concessionario; e

-- sia che il Ministero possa essere configurato in termini di “Amministrazione co-emanante”, come vorrebbe ****** nella sua memoria.

In definitiva dunque il ricorso proposto contro i risultati di una gara non deve essere notificato:

-- né alla commissione medesima (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III 12 aprile 2012 n. 2082; Consiglio Stato sez. IV 30 dicembre 2003 n. 9153);

-- né, in caso di Commissione di gara nominata ai sensi dell'art. 11, V co, lett. f) della legge 498/1992, al Ministero delle Infrastrutture, che non può essere configurato come contraddittore processualmente necessario.

L’eccezione va dunque respinta ed il ricorso di primo grado era ammissibile.

__ 2.§. Con il primo motivo l'appellante ********* s.p.a. lamenta l'erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui, richiamando indebitamente il principio del favor partecipationis, ha ritenuto che:

-- non sussistesse alcuna omissione della produzione dell'attestazione con cui si richiedeva ai concorrenti l’effettuazione di una verifica della disponibilità della manodopera necessaria per l'esecuzione dei lavori, nonché della disponibilità di attrezzature adeguate all'entità, tipologia e categoria degli stessi;

-- che, in ogni caso, la stazione appaltante avrebbe potuto inserire una clausola di interesse alla stazione appaltante del contratto.

Al contrario, per ******, la ********** avrebbe invece dovuto essere esclusa, perché, in luogo di presentare l'attestazione richiesta, avrebbe riprodotto la identica frase del disciplinare di gara con un mero “taglia e incolla”.

Il Tar avrebbe confuso tra oneri dei concorrenti nell'ambito della procedura d'evidenza pubblica e gli oneri del successivo aggiudicatario. L'ambito della disciplina di gara riguarderebbe tutti i concorrenti per cui la controparte non avrebbe fornito la prova -- richiesta pena di esclusione – della serietà dell'offerta connessa alla produzione di un’attestazione impegnativa relativa al possesso della forza lavoro e dei mezzi adeguati alla particolare opera.

Si sarebbe trattato di una produzione tipicamente concernente la fase di gara che non avrebbe potuto essere surrogata con il contenuto del futuro contratto.

L’assunto va respinto.

Contrariamente a quanto vorrebbe l’appellante, la dichiarazione circa la disponibilità della manodopera necessaria e delle attrezzature adeguate non ha rilievo “civile o penale”.

Tali dichiarazioni infatti non attengono alla dimostrazione dell’effettivo possesso dei requisiti di qualificazione relativi alla manodopera ovvero alla disponibilità delle attrezzature all’uopo necessari, in quanto sul piano della qualificazione il possesso dei medesimi è necessariamente ricompreso ed assorbito nella qualificazione rilasciata dalla SOA.

Né si è in presenza di “clausole negoziali” di gara in senso stretto del bando — cioè di quelle concernenti la futura prestazione -- in quanto esse non attengono, ad esempio, né alle ipotesi nelle quali si richiede ai concorrenti una dichiarazione di accettazione di obblighi straordinari connessi con individuate difficoltà di carattere esecutivo (es. l'obbligo di particolari modalità di custodia dei luoghi per la presenza di violente contestazioni), né a deroghe di norme tecniche europee o nazionali ex art. 68, né all’imposizione dell’utilizzo di materiali rari, particolari o pericolosi; né si impone il raggiungimento di determinati standard, di carattere tecnico o prestazionale, al di fuori dell’ordinario, ecc. .

La prescrizione de qua è invece sostanzialmente riconducibile alle c.d. clausole di “presa di conoscenza” delle speciali difficoltà dell’esecuzione o delle peculiari condizioni locali, o comunque della ricorrenza di circostanze che potrebbero influire negativamente sull'esecuzione dell'opera.

Esse quindi non rilevano realmente ai fini del futuro impegno negoziale del RTI concorrente ad eseguire l'appalto con prestazioni conformi al disciplinare.

Si tratta di disposizioni che pongono un dovere esclusivamente cognitivo a carico all'impresa partecipante (cfr. Consiglio di Stato sez. V 17 maggio 2012 n. 2819).

Nel caso la richiesta è diretta ad indurre la piena consapevolezza del concorrente circa le possibili indisponibilità di manodopera qualificata e delle attrezzature necessarie.

E’ evidente a tal proposito la finalità di tutelare la stazione appaltante, precludendo all’esecutore la possibilità di invocare l’indisponibilità di lavoratori specializzati come causa di forza maggiore, ovvero la richiesta di proroghe per ritardi non imputabili; o ancora di pretendere ulteriori integrazioni economiche del rapporto contrattuale.

Ciò premesso in generale, appare comunque risolvente, nel caso in esame, il fatto per cui non può nemmeno dirsi che la dichiarazione sia mancata del tutto.

Come esattamente ricordato dalla stessa appellata, la *********nella parte introduttiva della medesima dichiarazione aveva testualmente dichiarato "… di aver esaminato gli elaborati progettuali, compreso il computo metrico, di essersi recata sul luogo di esecuzione dei lavori, di aver preso conoscenza delle condizioni locali della viabilità di accesso, delle cave eventualmente necessari delle discariche autorizzate, nonché di tutte le circostanze generali e particolari compresi gli oneri per la sicurezza dei lavoratori dei cantieri, suscettibili di influire sulla determinazione dei prezzi, sulle condizioni contrattuali e sull'esecuzione dei lavori... ".

Nel periodo immediatamente seguente però la ******* in luogo di dichiarare "… di aver effettuato una verifica della disponibilità della manodopera necessaria per l'esecuzione di lavori… " aveva meccanicamente riprodotto la frase del disciplinare per cui “La medesima dichiarazione dovrà altresì contenere l'attestazione di aver effettuato una verifica della disponibilità della manodopera necessaria per l'esecuzione dei lavori, nonché della disponibilità di attrezzature adeguate all'entità, tipologie categoria degli stessi".

E’ evidente che, per un mero lapsus calami, in sede di redazione della dichiarazione non era stata fatta la corretta parafrasi del disciplinare di gara.

Tuttavia, a tal riguardo, si deve ricordare che – proprio per la finalità di salvaguardare, ove possibile, l'ammissibilità delle offerte -- le dichiarazioni richieste in sede di gara, qualora rivestano carattere genericamente cognitivo, come quella in esame, devono essere interpretate secondo i tradizionali cardini – comuni invero sia agli atti amministrativi si a quelli negoziali -- della buona fede, dell’intima coerenza, e dell’affidamento reciproco.

Su tale piano, la considerazione non formalistica del contesto complessivo ove era allocata la dichiarazione in questione porta, dunque, a ritenere che l’attestazione presentata costituisse -- sia sotto il profilo sia formale, che sotto quello sostanziale – una testimonianza comunque inequivoca della consapevolezza richiesta circa le possibili difficoltà esecutive dei lavori.

Pur se in una forma perfettamente coincidente con la lettera di invito, non vi sono dubbi che l’apposizione stessa di tale dichiarazione nel contesto della più ampia dizione richiesta fosse un sufficiente indizio della serietà della valutazione circa la consapevolezza delle condizioni complessivamente necessarie per l’esecuzione dell’appalto.

Deve quindi del tutto escludersi la rilevanza delle tematiche del potere-dovere di integrazione di cui all’art. 46-bis, apparendo l’adempimento in questione del tutto sufficiente, e comunque sostanzialmente idoneo al suo scopo.

In conseguenza deve escludersi che l’appellata *********** dovesse essere esclusa, ed al riguardo le conclusioni del TAR sul punto devono essere comunque sostanzialmente confermate.

___2. Con la seconda rubrica si censura partitamente il rigetto dei motivi del ricorso incidentale con cui in primo grado si lamentava l’illegittimità dell’ammissione di tre RTI controinteressati, la cui contemporanea esclusione avrebbe fatto conseguire aggiudicazione all'odierna appellante.

___2. 1. Nell’ordine logico delle questioni deve essere esaminato preliminarmente il terzo profilo.

Con tale mezzo si assume che anche la mandataria ******* avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, perché, avendo partecipato in forma di RTI orizzontale, anziché di RTI verticale, avrebbe dichiarato di assumere il 75% della categoria principale OS/11 e solo il 50% -- e non il 51% -- dei lavori per la categoria scorporabile OG/3. Per cui non avrebbe posseduto i requisiti per la qualificazione in misura maggioritaria ex articolo 92, 2º comma del d.p.r. 207/2010.

Né in materia avrebbe portato una qualche novità la novella legislativa con cui il predetto precetto era stato integrato "con riferimento alla specifica gara", che invece concerne il diverso caso in cui una mandataria abbia requisiti inferiori alla mandante, purché per un singolo appalto ne spenda concretamente più della mandante.

L’assunto va respinto.

In primo luogo si rivelano del tutto inconferenti le numerose citazioni, in sé anche corrette, ma comunque estranee al caso in esame e sia il giusto riferimento “alla specifica gara”.

L’art. 92, 2° co del Regolamento di esecuzione al Codice di cui al D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207, prevede, infatti, testualmente che per i raggruppamenti di tipo orizzontale “...i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara devono essere posseduti dalla mandataria o da un’impresa consorziata nella misura minima del quaranta per cento dell'importo dei lavori”. La norma impone cioè alla mandataria il possesso di requisiti per una quota minima del 40% riferito unitariamente al complessivo “…importo dei lavori..” e non sulle singole categorie.

L’ultimo periodo del secondo comma specifica poi che “Nell’ambito dei propri requisiti posseduti, la mandataria in ogni caso assume, in sede di offerta, i requisiti in misura percentuale superiore rispetto a ciascuna delle mandanti con riferimento alla specifica gara”; e ciò per la fondamentale e manifesta ragione, per cui la mandataria deve assumere effettivamente il ruolo di esecutore ed interlocutore principale della stazione appaltante.

In tale scia ricostruttiva, si deve dunque rilevare che la mandataria ****** nella categoria prevalente OS/11 possedeva la qualificazione nella misura del 75% e per il 50 % della categoria scorporabile OG/3, per cui nel raggruppamento in questione la capogruppo assicurava il rispetto sostanziale della ricordata norma, in quanto la sua qualificazione copriva l’importo complessivo dei lavori in misura pari al 72,22 % , e quindi in una misura percentuale ben superiore a quella minima richiesta del 40 % dei lavori.

Il motivo va dunque respinto.

___2.2 In conseguenza del rigetto del motivo che precede deve rilevarsi la carenza di interesse sopravvenuta alla decisione rispettivamente:

-- sul primo profilo relativo, con cui si denunciava l'erroneità dell’asserita legittimità della mancata esclusione del raggruppamento Edil 2000 per violazione dell'articolo 92, 2º co. del d.p.r. n. 207/2010 (per cui la mandataria non avrebbe avuto il 40% dei lavori di cui “alla categoria assunta” dalla sua ATI orizzontale ma solo il 40% dell'importo totale “dei lavori”) e dell'espresso divieto di cui all'articolo 61, comma 2 del d.p.r. n. 207/2010 (che esclude dalla qualificazione l'incremento del c.d. sesto/quinto).

-- sul secondo profilo con cui, analogamente al punto che precede, si lamenta il mancato scrutinio della censura relativa alla mancata esclusione del RTI con mandataria Costruzioni ***************, che sarebbe stata anch'essa priva dei requisiti di qualificazione di cui all'articolo 92, comma 2º del d.p.r. n. 207/2010, perché, essendo in possesso della classifica III-bis (fino ad euro 1.500.000), avrebbe avuto una qualificazione corrispondente solo al 36,5% e non al 40% dell'importo della categoria prevalente OS/11.

Al riguardo si deve infatti rilevare che la legittimità dell’ammissione della *** ************** srl con la conseguente modifica della soglia dell’anomalia, preclude la possibilità dell’appellante ****** di conseguire l’aggiudicazione.

Il che fa venir del tutto meno il suo interesse processuale ad una decisione sulle predette censure.

___ 3.§ Con il terzo motivo, il quale è ripartito in tre profili si assume l’erroneità della decisione nella parte in cui ha accolto il ricorso dell’appellata.

___ 3.§.1. Nell’ordine delle questioni deve essere esaminato preliminarmente il secondo capo del primo profilo, con cui si lamenta che il Tar non avrebbe scrutinato la sua eccezione preliminare di inammissibilità introdotta in primo grado, con cui assumeva che altri concorrenti non avrebbero avuto titolo a contestare -- meno che mai quando si fondi su solo elementi formali – "un fatto" quale sarebbe l’inclusione delle offerte ai fini del calcolo della soglia nelle gare da aggiudicarsi con il criterio di del prezzo più basso ai sensi dell'articolo 86 del d.lgs. n. 163/2006.

In caso contrario si sarebbe dato rilievo processuale a interessi “di fatto”.

La contestazione delle offerte ammesse ai fini del calcolo dell’anomalia non potrebbe essere utilizzata dagli altri concorrenti al fine di modificare a loro vantaggio la predetta soglia. Pertanto, anche in caso di esclusione di un'offerta di un concorrente per carenze documentali o formali, la relativa offerta dovrebbe essere considerata in quanto indice di mercato ai fini della determinazione del giusto valore della prestazione richiesta

L’assunto va respinto.

A parte la singolarità di un’eccezione da parte di chi, come emerge nei punti che precedono, aveva comunque mosso contestazioni di contenuto del tutto analogo, si deve rilevare, sul piano strettamente letterale, che l'art. 86, comma 1, d.lgs. n. 163/2006 prescrive che la congruità sia valutata con riferimento alle offerte che presentano un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali, ma tenendo solo presenti “..tutte le offerte ammesse..” e non “tutte le offerte presentate”.

Una volta esclusa un’impresa per difetto di requisiti, o altre carenze dell’offerta, la medesima non può più essere a tutti i fini considerata tra le “offerte ammesse”.

L’inequivoca necessità di computare solo le “offerte ammesse” vale da sola a togliere ogni valenza suggestiva alle argomentazioni circa il preteso difetto di interesse di un’impresa ad impugnare l’ammissione delle offerte di altre società o comunque la pretesa a considerare quale sintomo del relativo valore di mercato anche le offerte escluse, a prescindere dalla causa.

In ogni caso, però, l’indebito computo di offerte legittimamente escluse ai fini del calcolo della soglia dell’anomalia non può mai essere considerato “un fatto” procedimentalmente neutro. L’indebita ammissione di un altro concorrente, che altera la soglia dell’anomalia, dà, infatti, luogo alla lesione non di un interesse di fatto, ma un “interesse legittimo” in senso stretto, connesso al nocumento conseguente ad un fatto illegittimo (quando non illecito), che come tale legittima i controinteressati a tutelare in sede giurisdizionale la propria sfera di interessi.

L’eccezione va dunque respinta.

___ 3.§.2. Devono poi essere confutati unitariamente:

-- il primo capo del primo profilo, con cui ****** lamenta l'erroneità dell’affermazione del TAR circa l’illegittimità dell’ammissione del concorrente RTI ****, nonostante l’omessa allegazione di alcune dichiarazioni, e comunque del mancato computo della sua offerta ai fini del calcolo della soglia di anomalia della relativa offerta;

-- il secondo profilo con cui si denuncia l'infondatezza delle argomentazioni del giudice di primo grado circa l’illegittimità dell’ammissione del RTI ****, per l’omessa allegazione all'offerta delle dichiarazioni sostitutive di cui all'articolo 38 lettere b) c) e m-ter), relative ai requisiti generali di moralità con riferimento all'amministratore delegato e al presidente del consiglio di amministrazione della società, subentrati in carica dal 19 luglio 2012 e, quindi, successivamente alla pubblicazione del bando di gara del 28 giugno 2012.

Il Tar sarebbe andato in contrario avviso all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.10/2012, per la quale il dovere di soccorso procedimentale sussiste tutta la volte in cui la mancata presentazione non contenga espressa comminatoria di esclusione.

Il RTI **** aveva allegato solo le dichiarazioni dei soggetti cessati prima del bando e di quelli in carica al momento del bando, ma non di quelli in carica al momento di scadenza del bando. Per cui la stazione appaltante avrebbe dovuto preliminarmente verificare in concreto anche gli amministratori sopravvenuti. Ciò soprattutto in considerazione del fatto che le cause di esclusione sono insuscettibili di interpretazione estensiva, a maggior ragione dopo la codificazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, con riferimento alla riforma, non sostenute dalla concreta carenza del requisito.

L’assunto va respinto.

In linea preliminare si osserva che l'art. 1 bis dell’art. 46 d.lgs. n. 163/2006 (nel testo introdotto dal d.l. n. 70/2011) per cui “La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti“ deve essere collegata al primo comma della predetta norma, per cui “Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati.”

In relazione al testo letterale della norma la novella concernente il dovere di soccorso è connessa ad irregolarità, incompletezze parziali delle dichiarazioni, che siano state comunque ritualmente presentate in sede di gara, e non già nel caso di totale omissione delle stesse (cfr. Cons. St. III n. 3550/ 2013, idem V n. 4654/ 2012; idem sez. V n. 5408/ 2012, Corte di Giustizia europea, sentenza n. 599 del 29 marzo 2012).

Il principio di integrazione documentale, anche dopo l’art. 46, comma 1 bis, del Codice, trova comunque il limite del rispetto del principio di "par condicio" fra i concorrenti, che viene violato quando ad un soggetto si consente di produrre fuori termine una dichiarazione essenziale o un documento necessario (cfr. Consiglio di Stato sez. III 05 aprile 2013 n. 1894).

Ciò premesso, si ricorda che, nelle gare pubbliche, tutti i soggetti che rivestono cariche societarie, alle quali per legge sono istituzionalmente connessi poteri rappresentativi e di amministrazione, sono tenuti a rendere la dichiarazione ai sensi dell'art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006.

La predetta disciplina limita l’attestazione all'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, ma non per questo esclude dall'alveo dichiarativo il periodo intercorrente dalla pubblicazione del bando di gara alla scadenza dei termini per la presentazione delle offerte.

La prescrizione si può peraltro considerare imposta a pena di esclusione -- pur in mancanza di una previsione esplicita comminatoria di esclusione -- in quanto adempimento necessario ad assicurare il corretto svolgimento del confronto concorrenziale (cfr. Cons. St., n. 1471 del 16 marzo 2012).

L'art. 38 comma 1 del d.lgs. n. 163/2006 comprende, infatti, anche ipotesi non testuali, ma pur sempre riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità, al soggetto imprenditoriale cui si riferiscono.

Pertanto, oltre ai soggetti cessati dalla carica, devono essere considerati implicitamente ricompresi nell’obbligo anche gli amministratori in carica che siano subentrati -- anche dopo la presentazione dell’offerta, ma in un momento precedente la scadenza del bando -- per evitare che, successivamente ad un’offerta già presentata in pendenza del termine, eventuali modifiche pregiudichino comunque l’andamento del procedimento di gara. In tale ottica, le dichiarazioni di soggetti che, successivamente alla pubblicazione del bando -- ma prima della relativa scadenza --, assumono cariche societarie costituiscono un elemento essenziale dell’offerta stessa, perché l'Amministrazione possa decidere in merito alla legittima ammissione alla gara.

Ciò posto, nel caso in esame il bando di gara era stato pubblicato in data 28/06/2012 e prevedeva quale termine di ricezione delle offerte la data del 26 settembre 2012.

Nel contesto di fatto, perciò, essendo i nuovi amministratori subentrati in carica fin dal 19 luglio 2012, è evidente che l’offerta del RTI dell’**** spa era priva proprio delle dichiarazioni dei titolari, nell’attualità, delle cariche gestionali e che tale omissione inficiava la validità stessa della manifestazione di volontà contenuta nell’offerta.

L’integrazione, al limite, avrebbe potuto essere ammissibile se il mutamento delle cariche fosse stato comunque tempestivamente comunicato prima della scadenza, anche se accompagnato da attestazioni incomplete o non esaustive.

In definitiva, l’assenza della dichiarazione da parte dei soggetti che rivestivano cariche societarie al momento di scadenza del bando, da un lato, si poneva in contrasto con i generali obblighi informativi e di leale collaborazione tra concorrenti e Stazione appaltante e, dall’altro, costituiva l'inosservanza di una disposizione che, pur senza espressa sanzione di esclusione, faceva venir meno un adempimento doveroso da parte dei rappresentanti con poteri gestionali subentrati antecedentemente alla scadenza del bando.

Il motivo va dunque respinto e deve concordarsi con le conclusioni del TAR circa l’illegittimità dell’ammissione del RTI ****.

___ 3.§.3. Appare infine carente di interesse alla decisione, e comunque del tutto inconferente, l'ultimo profilo di censura con cui ****** contesta l'infondatezza dell'altro motivo del ricorso principale della Padana -- non esaminato dal Tar -- per cui l'offerta di RTI **** sarebbe stata sottoscritta da un soggetto non munito di poteri necessari. Al contrario per ****** il predetto soggetto avrebbe il potere di ".. concludere sottoscrivere con enti pubblici, statali, parastatali ANAS , ogni altro ente pubblico e privato..… contratti di appalto, di noleggio, domande documenti ed atti inerenti" alle predette procedure .

Tenuto conto, infatti, di quanto deciso sul punto che precede, anche in caso di accoglimento della predetta censura, il RTI **** doveva comunque essere escluso.

___ 4.§. In conclusione l’appello deve essere respinto e, in conseguenza, la decisione impugnata deve essere confermata nella sostanza, sia pure con le integrazioni motivazionali di cui sopra.

Sussistono tuttavia le speciali ragioni connesse con la peculiarità e la novità di alcune questioni trattate, per cui può disporsi l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando:

__1. respinge l'appello, come in epigrafe proposto;

__2. spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

L'offerta è incompleta se non indica i costi per la sicurezza e l'impresa va esclusa anche in assenza di specifica previsione della lex specialis

Tar Palermo, sentenza n. 1683 del 17 settembre 2013
Data: 
17/09/2013
Tipo di Provvedimento: 
sentenza

“La mancata indicazione preventiva dei costi per la sicurezza rende l’offerta incompleta sotto un profilo particolarmente pregnante, alla luce della natura costituzionalmente sensibile degli interessi protetti, impedendo alla p.a. un adeguato controllo sulla affidabilità della stessa: detto altrimenti, l’offerta economica manca di un elemento essenziale e costitutivo, con conseguente applicazione della sanzione dell’esclusione dalla gara anche in assenza di una specifica previsione in seno alla lex specialis, non essendo consentita l’integrazione mediante esercizio del potere/dovere di soccorso da parte della stazione appaltante (ex art. 46, co. 1 bis, cit. d.lgs. n. 163 del 2006)"

 

 

N. 01683/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01061/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1061 del 2013, proposto da: 
*** s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. *******, con domicilio eletto presso il predetto difensore in Palermo, via ********* n.11;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia delle Entrate Dir. Reg. per la Sicilia, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliata in Palermo, via A. De Gasperi 81;

nei confronti di

****Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. *********, con domicilio eletto presso il predetto difensore in Palermo, ******* n.84;

per l'annullamento

1°) del provvedimento del Direttore regionale della Sicilia dell'Agenzia delle Entrate, prot. n. 2013/23250 del 3 aprile 2013, comunicato con nota inviata a mezzo mail in data 15 aprile 2013, con il quale è stata disposta, in favore della ****s.r.l., l'aggiudicazione definitiva dell'appalto per "l'affidamento in economia mediante cottimo fiduciario ai sensi dell'art. comma 1, lettera b), e comma 9, del d.igs. 163/06 del servizio di controllo accessi, portierato e videosorveglianza" presso alcuni uffici dell'agenzia;

2°) della nota inviata a mezzo mail dall'agenzia delle entrate in data 15 aprile 2013;

3°) del verbale del 5 giugno 2012, prot. n. 2012/38476, nella parte in cui la commissione di gara ha disposto l'ammissione della **** nonostante l'offerta economica da questa prodotta non fosse corredata delle giustificazioni relative alle voci di prezzo offerte, ed in particolare non contenesse l'indicazione dei costi di sicurezza aziendale;

4°) del verbale del 29 novembre 2012, prot. n. 2012/79194, nella parte in cui la commissione di gara, "esaminati i chiarimenti richiesti in sede di verifica dell'anomalia", ha ritenuto idonea l'offerta della controinteressata, ed ha stilato la graduatoria provvisoria in cui la **** s.r.l. risulta collocata al primo posto;

5°) della nota del 18 gennaio 2013, prot. n. 2012/4030, con la quale si comunica alla **** s.r.l., e per conoscenza alla ricorrente, che la gara è stata aggiudicata provvisoriamente alla prima;

6°) ove occorra, della lettera di invito.

nonche' per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Dell'Economia E Delle Finanze e di Agenzia Delle Entrate Dir. Reg. Per La Sicilia e di ****Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2013 il dott. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 15-16 maggio 2013, e depositato il successivo 24 maggio, la società ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità.

Si sono costituite in giudizio, per resistere al ricorso, l’amministrazione intimata e la società contro interessata.

Con ordinanza n. 392/2013 è stata accolta la domanda cautelare di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati.

Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 9 luglio 2013.

Il ricorso in esame contesta la legittimità degli atti della gara per l'affidamento in economia mediante cottimo fiduciario del servizio di controllo accessi, portierato e videosorveglianza" presso alcuni uffici dell'Agenzia delle Entrate.

Con il primo motivo di ricorso si contesta, in particolare, l’ammissione alla gara della contro interessata, la cui offerta economica non contiene l’indicazione dei costi per la sicurezza aziendale.

La censura è fondata.

Come già la Sezione ha avuto modo di osservare in sede di motivazione della richiamata ordinanza cautelare, richiamando la propria sentenza n. 124/2013, “La mancata indicazione preventiva dei costi per la sicurezza rende l’offerta incompleta sotto un profilo particolarmente pregnante, alla luce della natura costituzionalmente sensibile degli interessi protetti, impedendo alla p.a. un adeguato controllo sulla affidabilità della stessa: detto altrimenti, l’offerta economica manca di un elemento essenziale e costitutivo, con conseguente applicazione della sanzione dell’esclusione dalla gara anche in assenza di una specifica previsione in seno alla lex specialis, attesa la natura immediatamente precettiva della disciplina contenuta nelle norme citate, idonea ad eterointegrare le regole procedurali (su tale specifico punto: Cons. St., n. 4622/2012; n. 4849/2010 citate; T.a.r. Lazio, Roma, n. 7871/2011 cit.)”.

Tale indirizzo esegetico è stato recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, sez. III, nella sentenza 3 luglio 2013 n. 3565, secondo la quale:

“l’indicazione in sede di offerta degli oneri aziendali di sicurezza, non soggetti a ribasso, costituisce – sia nel comparto dei lavori che in quelli dei servizi e delle forniture - un adempimento imposto dagli artt. 86, co. 3 bis, e 87, co. 4, del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 ss.mm.ii. all’evidente scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all’entità ed alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura da affidare;

- stante la natura di obbligo legale rivestita dall’indicazione, resta irrilevante la circostanza che la lex specialis di gara non abbia richiesto la medesima indicazione, rendendosi altrimenti scusabile una ignorantia legis;

- poiché la medesima indicazione riguarda l’offerta, non può ritenersene consentita l’integrazione mediante esercizio del potere/dovere di soccorso da parte della stazione appaltante (ex art. 46, co. 1 bis, cit. d.lgs. n. 163 del 2006), pena la violazione della par condicio tra i concorrenti”.

Nel caso di specie è incontestata la premessa fattuale della censura (vale a dire la mancata indicazione, nell’offerta economica della contro interessata, dei costi per la sicurezza), mentre le contrarie argomentazioni in diritto sviluppate dalle parti resistenti appaiono infondate alla luce del richiamato, e consolidato, indirizzo giurisprudenziale.

In merito al secondo motivo di ricorso – e ferma restando la portata assorbente della fondatezza del primo motivo - il Collegio non può che richiamare quanto già osservato nella citata ordinanza n. 392/2013, nel senso che “l’aggiudicataria ha indicato un costo orario per il servizio di portierato incongruo, inferiore ai minimi salariali inderogabili, ed ha reso in merito giustificazioni implausibili”.

Ne consegue che in accoglimento delle predette censure il ricorso dev’essere accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna le parti resistenti, in solido fra loro, al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese del presente giudizio che liquida, per ciascuna parte resistente, nella somma di euro duemila/00, oltre I.V.A. e C.P.A., oltre alla restituzione dell’importo del contributo unificato versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Filoreto D'Agostino, Presidente

Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore

Maria Cappellano, Primo Referendario

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)