Diritto e Giustizia Amministrativa
Costituisce una mera clausola di stile l'espressione secondo la quale l'impugnazione concerne "ogni altro atto comunque presupposto, conseguente o connesso"
l'espressione indeterminata racchiusa nella clausola di stile secondo cui l'impugnazione concerne altresì "ogni altro atto comunque presupposto, conseguente o connesso a quello odiernamente impugnato" (o simili) è per sua natura priva di attitudine a manifestare quale debba, secondo l'interessato, essere l'oggetto del giudizio e dell'annullamento da parte del giudice, perché solo una inequivoca indicazione consente al giudice stesso di identificare l'oggetto della domanda e ai contraddittori di esercitare il loro diritto di difesa (Consiglio Stato , sez. VI, 13 gennaio 2011 , n. 177).
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1264 del 2011, proposto da:
Istituto di Vigilanza Privata xxx. Srl, rappresentato e difeso dall'avv.xxx
contro
Azienda Servizi Municipalizzati di Taormina rappresentata e difesa dall'avv. Pietro Cami, con domicilio eletto presso l’avv. Maurizio Lisfera in Catania, via Leucatia, 26;
nei confronti di
Taosecurity Soc.Coop ., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
previa dichiarazione di illegittimità, del provvedimento prot. n. 209/11 con il quale si aggiudica la gara per l’affidamento del servizio di vigilanza, prelievo e trasporto valori, del verbale 24 febbraio 2011, della scelta di aggiudicare alla controinteressata, e di ogni altro atto prodromico, connesso e conseguenziale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Servizi Municipalizzati di Taormina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2011 il dott. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso introduttivo, notificato il 25.3.2011 e depositato il 6.4.2011 parte ricorrente impugnava il provvedimento prot. n. 209/11 di aggiudicazione della gara per l’affidamento del servizio di vigilanza, prelievo e trasporto valori, il verbale 24 febbraio 2011, la scelta di aggiudicare alla controinteressata, ed ogni altro atto prodromico, connesso e conseguenziale.
La domanda cautelare veniva accolta nella C.C. del 19.4.2011, con ordinanza n. 550/2011 .
Con memoria depositata il 17.11.2011, parte ricorrente ha rappresentato che l’Amm.ne ha comunicato, in corso di giudizio, di aver annullato in autotutela l’affidamento del servizio, ma ha insistito per l’accoglimento del ricorso e la conseguente aggiudicazione della gara, previa riedizione del bando di gara.
Il Collegio ritiene che le citate domande vadano respinte, dovendosi anzitutto rivedere l’orientamento espresso nella (necessariamente) sommaria fase cautelare.
Infatti, parte ricorrente risulta aver impugnato esclusivamente gli atti della gara in questione e l’aggiudicazione alla controinteressata, non potendosi, al riguardo, ascrivere alcun particolare rilievo alla indicazione, nell’oggetto dell’impugnazione, contenuta nell'atto introduttivo del giudizio, di “ogni altro atto prodromico, connesso e consequenziale”, dichiarazione che assume il carattere di mera clausola di stile di per sé irrilevante (essendo necessario che il ricorrente indichi in maniera espressa gli atti che intende impugnare) ed sufficiente a far ricomprendere nell'oggetto del gravame atti non specificamente nominati, seppure direttamente lesivi.
In proposito, la Giurisprudenza ritiene, con condivisibile orientamento, che l'espressione indeterminata racchiusa nella clausola di stile secondo cui l'impugnazione concerne altresì "ogni altro atto comunque presupposto, conseguente o connesso a quello odiernamente impugnato" (o simili) è per sua natura priva di attitudine a manifestare quale debba, secondo l'interessato, essere l'oggetto del giudizio e dell'annullamento da parte del giudice, perché solo una inequivoca indicazione consente al giudice stesso di identificare l'oggetto della domanda e ai contraddittori di esercitare il loro diritto di difesa (Consiglio Stato , sez. VI, 13 gennaio 2011 , n. 177).
Peraltro, avverso il bando, non espressamente menzionato quale oggetto di impugnazione, non sono neppure state formulate specifiche censure: infatti, parte ricorrente con il primo ed il secondo motivo ha lamentato la carenza di motivazione nella scelta di aggiudicare alla controinteressata, con il terzo la violazione delle garanzie partecipative per avere l’Amm.ne trasmesso solo il verbale di aggiudicazione.
Conseguentemente, confermato che gli atti impugnati sono i verbali di gara e l’aggiudicazione, e che gli stessi sono stati annullati in autotutela, per quanto dichiarato da parte ricorrente, non permane alcun residuo interesse all’esame del ricorso, per cui non resta al Collegio che dichiarare il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, con integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio, nella considerazione che non consta che l’autotutela sia stata determinata dall’accoglimento delle censure di cui al ricorso; ed avuto riguardo alla revisione dell’orientamento assunto in sede cautelare.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.
Spese compensate .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Gabriella Guzzardi, Consigliere
Maria Stella Boscarino, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sussiste la giurisdizione del g.a in materia di finanziamento concesso in sede di approvazione di un patto territoriale
in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, la giurisprudenza della Corte di Cassazione è da tempo orientata nel senso che occorre distinguere a seconda che la legge riconosca direttamente la spettanza del beneficio, ovvero la subordini ad una valutazione discrezionale della PA, in quanto se nel primo caso la posizione del privato è sempre qualificabile in termini di diritto soggettivo, nella seconda ipotesi è di interesse legittimo, come tale tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, nella fase procedimentale anteriore all’emanazione del provvedimento attributivo dell’aiuto, oppure nel caso che tale provvedimento venga annullato in via di autotutela per vizi di legittimità o per un suo contrasto originario con il pubblico interesse; mentre è di diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, nella fase di attuazione del rapporto, cioè qualora si lamenti la mancata erogazione del contributo, o si contesti l’avvenuta revoca dello stesso in relazione a presunti inadempimenti del destinatario del contributo (cfr., fra le altre, Sez. Un., 2001/66, 2002/10689, 2003/5617, 2005/21000, 2006/16896, 2007/117 e 2007/8232.
Secondo tali criteri, quindi, nel caso in esame la giurisdizione dovrebbe astrattamente spettare al giudice ordinario, poiché i ricorrenti lamentano la mancata erogazione di un contributo già concesso, facendo valere il proprio relativo diritto soggettivo alla percezione delle somme dovute.
Tuttavia, è da precisare che nel caso di specie si discute di un finanziamento concesso in sede di approvazione di un patto territoriale che, ai sensi della L. n. 662/96, art. 2, commi 203 e segg., costituisce una delle possibili forme della c.d. programmazione negoziata, cui è dato ricorrere in caso di interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed "implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome, nonchè degli enti pubblici".
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2531 del 2011, proposto da:
xxxxx, rappresentati e difesi dall'avv.
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
per l'accertamento
della illegittimità del silenzio mantenuto sull’istanza del 12 ottobre 2010, notificata a mezzo Ufficiale giudiziario il 13 ottobre 2010, finalizzata ad ottenere che il Ministero autorizzasse la xxx a richiedere alla Cassa Depositi e Prestiti l’erogazione del saldo del contributo già concesso,
e per la condanna
del Ministero intimato all’adozione dei relativi provvedimenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2011 il dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con decreto n. 2573 del 27 settembre 2001 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha approvato il Patto Territoriale per l’Agricoltura e la Pesca “dell’Alcantara e della riviera Jonica”, ed ha disposto l’impegno di spesa per un importo complessivo di € 6.598.434,10, di cui € 5.898.598,85 per iniziative imprenditoriali, € 379.218, 81 per la costruzione e l’ammodernamento dei pescherecci ed € 320.616,44 per interventi strutturali.
Con nota del 12 gennaio 2005, e successiva integrazione del 13 luglio 2006, la xxxxx s.p.a., soggetto responsabile del Patto Territoriale, ha richiesto al Ministero dello Sviluppo Economico l’autorizzazione alla rimodulazione delle risorse liberatesi per rinunce e/o revoche, per il finanziamento di un nuovo intervento infrastrutturale.
Con decreto n. 6393 del 23 luglio 2007 il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato la chiesta rimodulazione delle risorse e, conseguentemente, ha disposto che la finanza del Patto Territoriale sia così articolata: “€ 5.098.689,84 per iniziative imprenditoriali ancora in essere, per una occupazione aggiuntiva residua di n. 99,65 unità; € 320.616,44 per interventi infrastrutturali ancora in essere; € 80.990,77 per APQ; € 600.238,53 per un nuovo intervento infrastrutturale comprensivo di oneri istruttori; € 150.059,63 per ritenuta nella misura del 20%; € 347.838,89 residuo economie di Patto”.
Con decreto n. PT6861 del 18 dicembre 2007 il Ministero ha “approvato gli esiti istruttori della rimodulazione del Patto Territoriale”, per l’importo di € 595.807,52.
A seguito dell’espletamento, da parte della xxx, di procedura di gara aperta, in data 4 aprile 2008 è stato stipulato il contratto con l’impresa aggiudicataria, Creativa Impresa di comunicazione S.r.l., per la realizzazione dell’intervento oggetto di finanziamento, per l’acquisizione del servizio di “Promozione dei comparti agrituristico ed eno-gastronomico nel contesto del Distretto Taormina Etna”.
Con successivo decreto n. 7020 del 21 aprile 2008 è stata prevista la copertura finanziaria con le somme già impegnate a favore della Cassa Depositi e Prestiti.
Come esposto nel ricorso, la Cassa Depositi e Prestiti ha effettuato erogazioni fino al 90% dell’importo finanziato, per complessivi € 536.226,76 (€ 481.435,20 in data 11 agosto 2008 ed € 54.791,56 in data 26 novembre 2008).
Con nota n. 91 del 29 marzo 2010, diretta alla xxx, quale ente attuatore, ed alla xxx, quale soggetto responsabile, il Ministero ha contestato il presunto utilizzo non autorizzato del ribasso d’asta, mediante l’inserimento fra le somme a disposizione nel nuovo quadro di spesa, manifestando anche “qualche perplessità sull’oggetto dell’opera infrastrutturale de qua nonché sulla riconducibilità della stessa alla categoria del lavori pubblici (così come definiti dalla legge 109/94)”.
Con la medesima nota le Società ricorrenti sono state invitate a fornire le proprie deduzioni, presentate con note del 12 aprile 2010 e del 17 maggio 2010, con le quali si è precisato che “le economie derivanti dal ribasso d’asta, pari a complessive € 977,50, non risultano essere state utilizzate in alcun modo”, trattandosi di importo da non poter utilizzare nell’ambito del finanziamento in assenza di specifica autorizzazione da parte del Ministero. È stato anche inviato un nuovo quadro di spesa, al fine di rendere ulteriormente chiaro il non utilizzo del ribasso d’asta.
Inoltre, in merito alle perplessità nate sull’oggetto dell’intervento finanziato, è stato puntualizzato che il Ministero, con il citato decreto n. 6861 del 18 dicembre 2007, aveva già positivamente valutato la coerenza dell’intervento proposto con la normativa riguardante i Patti Territoriali e le relative rimodulazioni, dal momento che sono stati approvati gli esiti istruttori.
Non ricevendo risposta da parte del Ministero, in data 13 ottobre 2010 le citate società hanno notificato al Ministero resistente un atto stragiudiziale, con il quale l’hanno invitato e diffidato ad autorizzare il Soggetto responsabile, xxxxxx, a richiedere alla Cassa Depositi e Prestiti l’erogazione del saldo spettante, pari ad € 58.591,20.
Protraendosi l’inerzia del Ministero, in data 20.07.2011 le società hanno notificato il ricorso in esame, depositato il successivo 03.08, al fine di chiedere la dichiarazione di illegittimità del silenzio mantenuto sulla propria istanza.
Alla Camera di Consiglio del 07.12.2011 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
1) Preliminarmente, il Collegio ritiene opportuno, d’ufficio, precisare che nel caso in esame sussiste la propria giurisdizione.
Come è noto, in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, la giurisprudenza della Corte di Cassazione è da tempo orientata nel senso che occorre distinguere a seconda che la legge riconosca direttamente la spettanza del beneficio, ovvero la subordini ad una valutazione discrezionale della PA, in quanto se nel primo caso la posizione del privato è sempre qualificabile in termini di diritto soggettivo, nella seconda ipotesi è di interesse legittimo, come tale tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, nella fase procedimentale anteriore all’emanazione del provvedimento attributivo dell’aiuto, oppure nel caso che tale provvedimento venga annullato in via di autotutela per vizi di legittimità o per un suo contrasto originario con il pubblico interesse; mentre è di diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, nella fase di attuazione del rapporto, cioè qualora si lamenti la mancata erogazione del contributo, o si contesti l’avvenuta revoca dello stesso in relazione a presunti inadempimenti del destinatario del contributo (cfr., fra le altre, Sez. Un., 2001/66, 2002/10689, 2003/5617, 2005/21000, 2006/16896, 2007/117 e 2007/8232.
Secondo tali criteri, quindi, nel caso in esame la giurisdizione dovrebbe astrattamente spettare al giudice ordinario, poiché i ricorrenti lamentano la mancata erogazione di un contributo già concesso, facendo valere il proprio relativo diritto soggettivo alla percezione delle somme dovute.
Tuttavia, è da precisare che nel caso di specie si discute di un finanziamento concesso in sede di approvazione di un patto territoriale che, ai sensi della L. n. 662/96, art. 2, commi 203 e segg., costituisce una delle possibili forme della c.d. programmazione negoziata, cui è dato ricorrere in caso di interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed "implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome, nonchè degli enti pubblici".
Nel quadro di tale più ampia categoria, i patti territoriali (già previsti dal D.L. n. 244/95, convertito in L. n. 341/95) rappresentano più specificamente gli accordi promossi dagli enti locali, dalle parti sociali o da altri soggetti pubblici o privati "per attuare un programma d'interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale"; in vista di ciò, il patto territoriale deve, fra l'altro, indicare: 1) le attività e gli interventi da realizzare, con i relativi tempi e modalità di attuazione e con i termini ridotti per gli adempimenti procedimentali; 2) i soggetti responsabili della loro realizzazione; 3) gli eventuali accordi di programma ai sensi della L. n. 142/90; 4) le eventuali conferenze di servizi o convenzioni necessarie per l'attuazione dell'accordo; 5) gli impegni di ciascun soggetto, nonchè del soggetto cui competono poteri sostitutivi in caso d'inerzie, ritardi o inadempienze; 6) i procedimenti di conciliazione o definizione di conflitti fra i partecipanti; 7) le risorse finanziarie occorrenti; 8) le procedure e i soggetti responsabili per il monitoraggio e la verifica dei risultati.
A questo proposito è stata prevista non soltanto la nomina di un Soggetto responsabile, con l'incarico di supervisionare tutte le attività e accertarne la regolare esecuzione, ma, prima ancora, la stipulazione di un'intesa fra tutte le componenti coinvolte, al fine di concordare l'obiettivo e ripartire i compiti dei vari partecipanti, per impegnarli fra loro e coagularne le volontà sul raggiungimento di traguardi condivisi ed interdipendenti.
Sotto questo profilo, i patti territoriali hanno dunque portato ad ulteriori sviluppi l'utilizzazione del modello consensuale sia nei rapporti della Pubblica Amministrazione con i privati che quale strumento di coordinamento dei vari enti pubblici fra loro, assommando, in una sorta di sintesi evolutiva, le diverse ipotesi disciplinate dagli artt. 11 e 15 della L. n. 241/1990, che peraltro devolvono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi da esse contemplati (per le precisazioni di cui sopra, cfr. Cass., Sez. Un., 23 marzo 2009 n. 6960, nonché, nella medesima materia dei suddetti patti, Id., sez. un., 8 luglio 2008 n. 18630, in un caso di revoca, per contestate inadempienze, del contributo concesso).
Pertanto, anche nel caso in esame, va affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
2) Nel merito, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere accolto.
Il giudizio camerale prima previsto dall’art. 21-bis della L. 1034/71 (introdotto dall’art. 2 della L. 205/2000), ed ora disciplinato dall’art. 31 del D.Lgs. n. 104/2010, finalizzato alla decisione dei ricorsi “avverso il silenzio dell'amministrazione”, è correlato alla previsione dell’art. 2, comma 1, della L. n. 241/90, il quale ha sancito l’obbligo per ogni Amministrazione, nel caso in cui il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, di concluderlo “mediante l'adozione di un provvedimento espresso”, senza necessità di apposita diffida.
Vale a dire che, nelle fattispecie di silenzio, il giudice è chiamato ad accertare la sussistenza di un obbligo dell’Amministrazione a provvedere sull’istanza dell’interessato, a fronte di una sua posizione qualificata a chiedere un certo provvedimento, mentre può verificare la fondatezza della pretesa sostanziale sottesa soltanto nelle ipotesi in cui si tratti di attività amministrativa vincolata.
Infatti, per quanto riguarda tale ultimo aspetto, il comma 3 del citato art. 31, del D.Lgs. 104/2010, precisa ora, nel recepire analogo orientamento giurisprudenziale, che “il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione”.
Nel caso in esame, il Collegio ritiene che tale obbligo sussista, in relazione alla posizione differenziata delle ricorrenti, derivante loro dall’avere interesse che il procedimento di erogazione delle varie rate del contributo si concluda, e che il progetto a suo tempo approvato dal Ministero trovi definitiva realizzazione.
Pertanto, le ricorrenti vantano un preciso interesse, giuridicamente rilevante, ad ottenere una pronuncia con la quale l’Amministrazione, esercitando il potere discrezionale attribuitole dalla legge, al fine di accogliere o rigettare la loro istanza, porti a termine il procedimento volto ad accertare se sussistono le condizioni per la concessione del saldo del contributo in questione.
Mantenendosi inerte sul descritto obbligo, quindi, il Ministero intimato è venuto meno ad un proprio preciso dovere giuridico, correlato all’obbligo di concludere il procedimento “mediante l'adozione di un provvedimento espresso”.
Nei termini precisati, il ricorso può pertanto ritenersi fondato e meritevole di accoglimento, per cui va dichiarato l’obbligo del Ministero di portare a termine la procedura descritta, entro il termine di sessanta giorni dalla data di notificazione della sentenza ad opera di parte, o dalla sua comunicazione in via amministrativa.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania – Sezione Quarta definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei termini di cui in motivazione, e per l’effetto dichiara illegittimo il silenzio tenuto dal Ministero intimato, e gli ordina di definire il citato procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla data di notificazione della sentenza ad opera di parte, o dalla sua comunicazione in via amministrativa.
Condanna il Ministero al pagamento delle spese di giudizio nei confronti delle ricorrenti, che si liquidano in € 750,00 per ciascuna, oltre accessori e al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Cosimo Di Paola, Presidente
Francesco Brugaletta, Consigliere
Dauno Trebastoni, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Approvato dal Governo lo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al codice del processo amministrativo
Di seguito il testo approvato dal Consiglio dei Ministri
Giudizio di ottemperanza: è inammissibile il ricorso allorchè sia stata omessa la notifica del titolo esecutivo
N. 02084/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00657/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 657 del 2011, proposto da ***, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Passanante, con domicilio eletto presso l’avv. Sergio Mango in Palermo, via E. Restivo 82;
contro
-il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria per legge in Palermo, via A. De Gasperi n. 81;
per l'esecuzione
-DEL DECRETO DI EQUA RIPARAZIONE N. 215/2009 DELLA CORTE D'APPELLO DI CALTANISSETTA.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2011 il Presidente dott. Nicolo' Monteleone e udita l’Avvocatura dello Stato, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Premesso che i giudizi di ottemperanza vanno decisi, ai sensi dell’art. 114, comma 3, del codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104), con “sentenza in forma semplificata”, osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile.
Ed invero, il ricorrente ha omesso di notificare all’Amministrazione intimata il titolo esecutivo (decreto della Corte di Appello di Caltanissetta n. 215/2009 del 29.10.2009, recante la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento della somma di € 11.100,00, a titolo di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, oltre interessi e spese processuali).
Al riguardo, deve ritenersi che la previsione dell’art. 14 del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 e s.m.i., secondo cui l’esecuzione forzata e la notifica di atto di precetto devono essere precedute dalla “notificazione del titolo esecutivo”, sia applicabile anche al giudizio di ottemperanza avanti al Giudice amministrativo, sulla base di una sostanziale identità di ratio con l’esecuzione forzata regolamentata dal c.p.c., trattandosi di due istituti che, se pure per vie diverse e con risultati diversificati, s'incentrano entrambi sull'adempimento dell'obbligazione pecuniaria scaturente dal comando del giudice (cfr. fra le tante, Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2160; T.a.r. Sicilia, sez. III, 13 luglio 2011, n. 1361, 8 giugno 2011, n. 1068; T.a.r. Campania, sez. IV, 17 gennaio 2011, n. 234; 29 giugno 2010, n. 16434; T.A.R. Lazio, Roma, III, 24 gennaio 2008, n. 531; T.A.R. Lazio Latina, I, 10 gennaio 2008, n. 25).
Il ricorso va, quindi dichiarato inammissibile.
In considerazione della natura della controversia, le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe indicato (n. 657/2011).
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 4 novembre 2011, con l'intervento dei signori magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente, Estensore
Maria Cappellano, Referendario
Anna Pignataro, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
E' inammissibile per carenza di interesse il ricorso dal cui accoglimento non possa derivare alcun vantaggio sostanziale
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, nel processo amministrativo l'interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti, che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità, che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato. È stato, pertanto, affermato che il ricorso deve essere considerato inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio sostanziale al ricorrente, neppure di carattere strumentale, precisando che quest'ultimo sussiste allorquando le censure dedotte siano tali da determinare, in caso di accoglimento, la rinnovazione dell'intera procedura (per tutte Consiglio di Stato, V, 4 marzo 2011, n. 1398).
N. 02053/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01894/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1894 del 2011, proposto da:
***, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dal prof. avv. Alfredo Galasso, presso il cui studio in Palermo, via G. Pacini, n. 67, è elettivamente domiciliata;
contro
- Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione “Civico di Cristina Benfratelli” di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla memoria di costituzione, sia congiuntamente che disgiuntamente, dagli avv. Caterina Rizzotto e Francesco Palma, elettivamente domiciliato presso l’ufficio legale dell’azienda in Palermo, piazza N. Leotta, n. 4;
- Assessorato Regionale della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via Alcide De Gasperi, n. 81, è domiciliato per legge;
per l'annullamento
- della deliberazione n. 816 del 4 luglio 2011 dell'Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione "Civico - Di Cristina - Benfratelli", affissa all'albo dell'ARNAS il successivo 10 luglio, avente per oggetto l'indizione di una "selezione pubblica per titoli e colloquio per il conferimento di incarichi a tempo determinato. Ruolo ‘Amministrativo’ Dirigenza P. T.A. ";
- del relativo bando di concorso pubblico per titoli e colloquio a n. 4 posti di Dirigente Amministrativo da destinare rispettivamente n. 1 unità alla U.O.C. Economico finanziario e Patrimoniale; n. 1 unità alla U.O.C. Provveditorato; n. 1 unità alla U.O.C. Risorse Umane, Sviluppo Organizzativo, Affari generali/tecnico; n. 1 unità alla U.O.C. Facility Management/Staff, emanato dall'Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione "Civico-Di Cristina-Benfratelli".
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione Civico di Cristina Benfratelli di Palermo e dell’Avvocatura dello Stato per l’Assessorato Regionale della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2011 il primo referendario Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
La controversia ha ad oggetto la selezione per l’assunzione a tempo determinato di quattro dirigenti amministrativi indetta dall’Azienda Ospedaliera “Civico – Di Cristina – Benfratelli” ed è stato proposto da una dipendente della stessa amministrazione, avente la qualifica di collaboratore amministrativo, categoria D, che ha presentato istanza di partecipazione e non poteva evidentemente accedere a tale posto se non per concorso.
Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, nel processo amministrativo l'interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti, che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità, che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato. È stato, pertanto, affermato che il ricorso deve essere considerato inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio sostanziale al ricorrente, neppure di carattere strumentale, precisando che quest'ultimo sussiste allorquando le censure dedotte siano tali da determinare, in caso di accoglimento, la rinnovazione dell'intera procedura (per tutte Consiglio di Stato, V, 4 marzo 2011, n. 1398).
Per quanto riguarda le procedure selettive, sempre secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, può aversi l’immediata impugnazione degli atti di indizione delle stesse solo con riferimento alle disposizioni, che si riferiscono a requisiti soggettivi e comportano un'immediata preclusione della partecipazione, ossia per le clausole immediatamente e direttamente lesive dell’interesse sostanziale dell’interessato alla selezione. Le ulteriori questioni inerenti l'applicazione delle norme regolamentari generali, così come l'impugnazione di norme del bando devono essere proposte unitamente agli atti applicativi, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto danneggiato dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della sua situazione soggettiva (ex plurimis Consiglio Stato, V, 4 marzo 2011, n. 1380 e T.A.R. Lazio Roma, II, 17 settembre 2010, n. 32351).
Nella specie la ricorrente è in possesso dei requisiti richiesti dal bando ed ha presentato domanda di partecipazione alla selezione, che non è stata ancora espletata, cosicchè, facendo applicazione dei principi su enunciati, deve escludersi che abbia interesse alla proposizione del ricorso, che, pertanto, come detto, va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Pone a carico della parte soccombente le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 1.000,00 (Mille/00), oltre accessori, se e in quanto dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Nicola Maisano, Presidente FF
Aurora Lento, Primo Referendario, Estensore
Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
La motivazione del provvedimento amministrativo non può essere integrata nel corso del giudizio
E' inammissibile l'integrazione postuma della motivazione di un atto amministrativo, realizzata mediante gli atti difensivi predisposti dall’Amministrazione resistente, e ciò anche dopo le modifiche apportate alla l. n. 241/90 dalla l. 15/2005, rimanendo sempre valido il principio secondo cui la motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, a tutela del buon andamento amministrativo e dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario (vedi, ex multis, Cons. St., sez. VI, 29 maggio 2008 n. 2555, e la motivazione ivi contenuta).
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1988 del 2010, proposto da:
Harun Sorder, rappresentato e difeso dall'avv. Rosa Emanuela Lo Faro, con domicilio eletto presso Rosa Emanuela Lo Faro in Catania, via Asiago, n. 23;
contro
Ministero dell'Interno - Prefettura della Provincia di Catania, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, n. 149;
per l'annullamento,previa sospensione dell’efficacia,
del decreto del Prefetto di Catania del 31/5/2010, di rigetto della domanda di regolarizzazione presentata ai sensi della legge 102/09 dal sig. Puglisi Paolo, in favore del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Prefettura della Provincia di Catania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2011 il dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, notificato il 15.07.2010, depositato il successivo 20.07, il ricorrente ha impugnato il provvedimento, del 31.05.2010, con cui la Prefettura di Catania ha rigettato la domanda di regolarizzazione presentata ai sensi della legge 102/09 dal sig. Puglisi Paolo in favore del ricorrente.
Con ordinanza n. 1196 del 30.09.2010 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare.
Alla pubblica udienza del 26.10.2011 la causa è stata posta in decisione.
Il Collegio ritiene di dover accogliere il motivo di ricorso con cui è stata fatta valere l’assoluta carenza di motivazione del provvedimento impugnato.
Infatti, quest’ultimo riporta solamente la precisazione che “il dichiarante presenta motivi ostativi”, senza alcuna altra spiegazione.
È quindi evidente che è stata palesemente violata la disposizione di cui all’art. 3 della L. 241/90, ai sensi del quale “ogni provvedimento amministrativo…deve essere motivato…. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria”.
Il Collegio rileva che non può neppure trovare applicazione l’art. 21 octies L. 241/90 (introdotto dalla l. 15/2005), nella parte in cui, nella prima parte del comma 2, dispone che “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”; infatti, è facile dimostrare che questa norma non è applicabile al caso di specie, almeno per tre ordini di motivi.
Innanzitutto, perché la motivazione di un provvedimento non ha nulla a che fare con la “forma degli atti”, né con le “norme sul procedimento”. Motivo per il quale in giurisprudenza viene ribadita l’inammissibilità dell’integrazione postuma della motivazione di un atto amministrativo, realizzata, come nel caso di specie, mediante gli atti difensivi predisposti dall’Amministrazione resistente, e ciò anche dopo le modifiche apportate alla l. n. 241/90 dalla l. 15/2005, rimanendo sempre valido il principio secondo cui la motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, a tutela del buon andamento amministrativo e dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario (vedi, ex multis, Cons. St., sez. VI, 29 maggio 2008 n. 2555, e la motivazione ivi contenuta).
In secondo luogo, l’art. 21 octies non è applicabile perché, come chiaramente precisato dalla stessa disposizione, deve trattarsi di provvedimenti aventi “natura vincolata”, mentre nel caso in esame trattasi, in modo più che evidente, di provvedimento discrezionale.
In terzo luogo, perché, anche per il caso di provvedimento avente “natura vincolata”, deve essere “palese” che il suo contenuto dispositivo “non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Ed anche tale presupposto non è, nel caso in esame, rilevabile.
In conclusione, assorbiti ulteriori motivi di ricorso non esaminati, il ricorso va accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese seguono la soccombenza, e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania – Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei termini di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione al pagamento in favore del ricorrente delle spese di giudizio, liquidate in € 1.000,00 oltre accessori, ed al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Cosimo Di Paola, Presidente
Rosalia Messina, Consigliere
Dauno Trebastoni, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il termine di 120 giorni assegnato alle PA per l'esecuzione dell'obbligo di pagamento di una somma di denaro decorre dalla notifica del titolo esecutivo presso l'Amministrazione e non presso l'Avvocatura dello Stato
Ai fini del decorso del termine di cui all’art. 14 l. n. 30/96, il titolo esecutivo munito della formula esecutiva deve essere notificato presso la sede dell’Amministrazione anche quando detta Amministrazione si avvalga del patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura erariale.
N. 01989/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00145/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con il numero di registro generale 145 del 2011, proposto da ***, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Maniscalco Bacile, presso il cui studio, sito in Palermo, Piazza Sacro Cuore, n. 3, è elettivamente domiciliato;
contro
l’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della formazione professionale, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui Uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è domiciliato ex lege;
per l'ottemperanza:
del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Palermo in data 23/11/2009, con il quale è stato ordinato il pagamento della somma di € 31.479,64 in favore dell’***;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione regionale intimata;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore alla camera di consiglio del giorno 23 settembre 2011 il Presidente F.F., Consigliere Federica Cabrini;
Uditi i difensori delle parti, come da verbale;
Vista l’ordinanza collegiale n. 1746/2011;
Vista la memoria difensiva depositata in giudizio dalla ricorrente in data 13/10/2011;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 11/1/2011 e depositato in data 20/1/2011, l’Associazione ricorrente ha chiesto l’ottemperanza del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Palermo 23/11/2009, n. 4757, passato in giudicato per mancata opposizione in data 23/11/2010, con la quale all’Assessorato è stato ingiunto il pagamento, in favore della ricorrente, di € 31.479,64, oltre interessi e spese.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio con memoria di mera forma.
Nel corso della camera di consiglio del 23 settembre 2011, il Collegio ha rilevato una possibile causa di inammissibilità del ricorso in relazione alla mancata notifica del decreto ingiuntivo non opposto prima della proposizione del ricorso per l’ottemperanza.
Uditi i difensori delle parti, come da verbale, il ricorso è stato quindi posto in decisione.
Dopo il passaggio in decisione del ricorso il Collegio ha rilevato una ulteriore possibile causa di inammissibilità in ragione del luogo della notifica del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e ha concesso alle parti, ai sensi dell’art. 73, c. 3, c.p.a., termine di giorni quindici per il deposito di memorie.
Il ricorso è stato quindi deciso alla camera di consiglio del giorno 3 novembre 2011.
DIRITTO
Risulta dalla documentazione in atti che il decreto ingiuntivo n. 4757/2009 è stato dichiarato provvisoriamente esecutivo in data 4/12/2009 e notificato all’Assessorato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato in data 14/12/2009.
Stante la mancata opposizione nei termini, il decreto ingiuntivo è passato in giudicato, come risultante dall’attestazione della Cancelleria del Tribunale resa in data 23/11/2010.
La ricorrente ha quindi notificato atto di precetto e atto di diffida all’Assessorato personalmente e presso l’Avvocatura dello Stato.
Successivamente ha notificato il ricorso per l’ottemperanza.
Osserva preliminarmente il Collego che ai sensi dell’art. 112, c. 2, lett. c), c.p.a., applicabile ratione temporis, il giudizio di ottemperanza può essere proposto per ottenere l’esecuzione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario (non è quindi possibile agire in giudizio a fronte di un provvedimento privo di esecutorietà o munito di provvisoria esecutorietà, ma solo di un provvedimento munito dell’autorità di cosa giudicata).
Sotto tale profilo ritiene il Collegio che il ricorso sia ammissibile essendo sufficiente, per come rilevato anche dalla difesa della ricorrente nel corso della camera di consiglio del giorno 23/9/2011 che il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo non opposto si sia verificato prima della proposizione del ricorso per l’ottemperanza, essendo invece irrilevante che il titolo esecutivo sia stato rinotificato all’Amministrazione intimata dopo il passaggio in giudicato.
D’altra parte, osserva il Collegio che l’art. 14, cc. 1-1 bis, d.l. n. 669/96, conv. in l. n. 30/96 s.m.i., recita: “1.Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto. 1-bis Gli atti introduttivi del giudizio di cognizione, gli atti di precetto nonché gli atti di pignoramento e sequestro devono essere notificati a pena di nullità presso la struttura territoriale dell'Ente pubblico nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati e contenere i dati anagrafici dell'interessato, il codice fiscale ed il domicilio.”.
Costituisce ormai ius receptum l’applicabilità di detta norma anche al giudizio di ottemperanza, il quale ha come obiettivo, in modo analogo all'esecuzione forzata disciplinata dal c.p.c., se pure per vie diverse, l'adempimento dell'obbligazione scaturente dal comando del giudice (v. in tal senso la prevalente giurisprudenza amministrativa: T.A.R. Sicilia-Palermo, sez. III, 13 luglio 2011, n. 1361; T.A.R. Sicilia-Palermo, sez. III, 8 giugno 2011, n. 1068; T.A.R. Campania-Napoli, sez. IV, 17 gennaio 2011, n. 234; T.A.R. Campania-Napoli, sez. IV, 29 giugno 2010, n. 16434; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 24 gennaio 2008, n. 531; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 10 gennaio 2008, n. 25; T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 21 dicembre 2005, n. 2956 e T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 12 giugno 2003, n. 3302).
Resta da chiarire se, per come prospettato nell’ordinanza collegiale n. 1746/2011, ai fini del decorso del termine di cui all’art. 14 l. n. 30/96, il titolo esecutivo munito della formula esecutiva debba essere notificato presso la sede dell’Amministrazione anche quando, come nel caso di specie, detta Amministrazione si avvalga del patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura erariale, ovvero se, per come sostenuto dalla difesa della parte ricorrente nella memoria depositata in giudizio in data 13/10/2010, la notifica debba essere effettuata presso l’Avvocatura dello Stato.
Ritiene il Collegio che debba essere seguita la prima opzione interpretativa.
Invero, la ratio dell’art. 14 l. n. 30/96 è quella di consentire all'Amministrazione, la quale va direttamente compulsata, di attivare e concludere il procedimento di pagamento nell'arco temporale assegnato dalla legge, e ciò prima che sia introdotta la procedura giudiziale di esecuzione che può comportare anche un ulteriore aggravio di spese processuali (così T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 21 dicembre 2005, n. 2956).
Segue da ciò che la notifica del titolo esecutivo al fine di ottenere il pagamento di somme di denaro da parte di Amministrazioni statali ed enti pubblici, va effettuata direttamente all’Amministrazione tenuta ad avviare le procedure di pagamento, valendo invece la notifica presso l’Avvocatura ai sensi dell’art. 11 r.d. n. 1611/1933 solo ai fini del decorso del termine per la proposizione dell’eventuale giudizio di impugnazione del provvedimento (nel caso di specie opposizione del decreto ingiuntivo) (v. in tal senso l’ampia ordinanza del Trib. di Napoli 18 aprile 2002).
Ne deriva quindi l’inammissibilità del ricorso proposto.
Ritiene peraltro il Collegio che, quanto alle spese del giudizio, sussistano le eccezionali ragioni di cui all’art. 92, c. 2, c.p.c., per poterle compensare tra le parti tenuto conto della circostanza che l’Avvocatura erariale non ha svolto difese, nemmeno a seguito dell’ordinanza collegiale n. 1746/2011.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei giorni 23 settembre, 7 ottobre e 3 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Federica Cabrini, Presidente FF, Estensore
Maria Cappellano, Referendario
Anna Pignataro, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)